Esiste un periodo per tutto. La storia questo tende a raccontarcelo e a ricordarcelo costantemente. Corsi e ricorsi, così diceva qualcuno, nonostante a volte si tenti di anticipare troppo o magari si rischia di arrivare tardi. The Centennial Case: A Shijima Story vive questa doppia sensazione. Sarebbe troppo duro dire che sia automaticamente un titolo vecchio e di poco conto, ma senza dubbio si può affermare come sia fuori dal tempo allo stato attuale.
Questa recensione di The Centennial Case risulta più difficoltosa del previsto proprio perché ci mette di fronte a un'esperienza particolare, così maledettamente ancorata alle sue ispirazioni e in alcuni aspetti vogliosa di tornare a unire i giochi in live action con l'interattività. Come si faceva ben prima di poter ingannare l'immaginazione con valori tecnici pazzeschi ormai raggiunti dall'industria, ma tentando anche di recuperare quella voglia di provare a sorprendere senza sfruttare mezzucci francamente spiccioli, come fa un Super Seducer qualunque.
Il caso dei cento anni
La storia di The Centennial Case: A Shijima Story, edito da Square Enix ci mette nei panni della scrittrice di gialli Haruka Kagami che si trova suo malgrado nel bel mezzo di un'indagine che scava nel passato della famiglia Shijima, di cui Eiji Shijima è attualmente il membro cardine in un certo qual modo. Tutto sembrerebbe richiamare la presenza di un frutto mitologico giapponese che dovrebbe racchiudere il segreto dell'eterna giovinezza e che tanto dolore e mistero ha portato alla famiglia nel corso delle generazioni.
Con questo presupposto si aprono le indagini che ci porteranno a tornare fino all'inizio del secolo scorso, nel 1922, anno del primo delitto che porterà i suoi strascichi fino al presente nel 2022. Una storia che costruisce le sue fondamenta sugli stilemi del giallo alla Agatha Christie e che trasforma la nostra protagonista in una vera e proprie versione orientale e meno eccentrica di Hercule Poirot.
Non aspettatevi l'intreccio del secolo, né tanto meno soluzioni di penna sopraffine, ma ciò che genera davvero il grande dubbio nel "giocatore" quando si tratta di dare un giudizio a The Centennial Case è che le sequenze filmate in live action risultano davvero di ottima fattura. Ben dirette e ben recitate - ovviamente senza dimenticare quel pizzico di over acting asiatico - che però tramutano il titolo in un'esperienza che vale il viaggio. Da questo punto di vista difficilmente si son viste produzioni di questo genere. Nella sua notevole brevità solo Her Story ci aveva colpito per la fattura, donando forse qualche vana speranza a progetti di questo tipo.
Square Enix continua invece questa sua opera di sperimentazione che ci ha regalato grandi scivoloni come The Quiet Man, ma che evidentemente sa dove andare a pescare visto quanto realizzato in questo caso.
Gameplay, si fa per dire
Veniamo alla struttura dell'esperienza, che segue dei binari ben specifici e che, seppur anche provandoci, finisce per crollare sotto al peso della mancanza d'interattività vera e propria, reale croce di questo genere di prodotti. Tutto The Centennial Case, che vede anche l'utilizzo degli stessi attori per le diverse epoche, sulla falsariga di quanto fatto dalle sorelle Wachowski per l'adattamento di un capolavoro della letteratura moderna come Cloud Atlas, è infatti strutturato secondo tre diverse e separate sezioni di "gioco". Il tutto viene poi reiterato per la totalità dei casi sui quali si andrà a indagare.
La prima parte dell'esperienza è quindi prettamente legata all'aspetto visivo e narrativo. Si assiste a diverse decine di minuti di filmati, che è possibile gestire nell'avanzamento come meglio si crede, prendendo anche decisioni relativamente ad alcune direzioni da far prendere alla discussione, andando avanti e indietro con naturalezza e potendo quindi cercare di carpire tutte le differenti sfaccettature degli eventi.
Una volta presa visione di tutto quel che si considera fondamentale, è la volta della fase di deduzione. In questa sezione ci si ritrova a mettere insieme tutti i vari indizi raccolti su una sorta di griglia esagonale. Accostare gli indizi e scegliere le giuste deduzioni porterà chiaramente a formulare una tesi, giusta o sbagliata che sia. Qui si va incontro a una sorta di cortocircuito. Il gioco infatti, per evitare di diventare troppo frustrante ed eccessivamente trial and error (pericolo che comunque si sfiora in diverse occasioni) mette già a disposizione del giocatore tutti gli indizi presenti in quella specifica sequenza, a prescindere dall'averli effettivamente visionati o meno nel corso delle scene.
L'eventuale grado di sfida va quindi affievolendosi drasticamente, seppur l'obiettivo del gioco non sia certo quello di mettere i bastoni tra le ruote del giocatore.
Una volta formulata quindi la propria ipotesi si passa alla fase finale, quella che davvero sembra scimmiottare le opere di Agatha Christie e che ci vede a dover illustrare le nostre conclusioni ai presenti, accusando e scagionando chi di dovere.
Se la struttura in sé risulta anche ben congegnata, sono la ripetitività e la poco chiarezza di alcune delle situazioni a trarre spesso in inganno il giocatore, che finisce per mettere insieme indizi e deduzioni che a volte sanno un po' di ridicolo e che evidenziano poca attenzione nelle varie declinazioni del racconto messe in piedi dal team di sceneggiatori. Nulla che cambi le sorti del progetto, ma un dettaglio che chiaramente non fa onore a un titolo che fa della scrittura la sua principale fonte di sostentamento.
The Centennial Case: A Shijima Story insomma non rivoluziona il genere, seppur facciamo fatica a negare che si tratti di uno degli esperimenti più interessanti e curati per questo genere di titoli.
Conclusioni
The Centennial Case: A Shijima Story è un viaggio in un secolo di momenti di una famiglia e, in certo modo, anche di un intero paese. Ne tocca la mitologia, le tradizioni e le contraddizioni, senza per questo lasciare il segno fino in fondo. Non vi è dubbio che stiamo parlando di una produzione fuori dal tempo e che attirerà solo un certo tipo di appassionati, ma è pur vero che la qualità della regia e della recitazione delle sequenze ne fanno un esperimento davvero interessante e da tenere d'occhio. Il tutto nonostante un prezzo quasi premium, non certamente il modo migliore per calamitare il pubblico.
PRO
- Ben girato e ben recitato: due elementi necessari, ma per niente scontati
- Longevo, forse anche tendente al prolisso
- Capace di citare alcuni capolavori del genere mantenendo una propria identità
CONTRO
- Fuori dal tempo, se in bene o in male sta a voi deciderlo
- La struttura paga il dazio della ripetitività e della poca attenzione ai dettagli ludici
- La fase di deduzione poteva onestamente essere realizzata meglio