Niente di nuovo sul dungeon occidentale
The Warrior’s Code prende effettivamente le distanze da alcuni degli elementi meno riusciti del primo episodio, a cominciare dalla trama che fa da sfondo all’azione, non più relegata al ruolo di esile collante tra una missione e l’altra. Ciò non basta comunque a fare dello storyline del prodotto SOE un capolavoro di originalità e complessità, anzi: tutto gira intorno alla classica figura di un protagonista reietto che decide di lottare contro un malvagio impero, ma perlomeno un miglioramento in questo senso c’è stato. Il suddetto eroe può essere inizialmente selezionato dall’utente all’interno di una rosa di cinque personaggi diversi (in fin dei conti sempre riconducibili alle categorie guerriero-ranger-mago e varianti del caso), customizzabili per nome e per alcuni dettagli come il colore della pelle o lo stile dei capelli. Leggermente più elaborato sotto il profilo stilistico, The Warrior’s Code lo è anche per quanto riguarda il comparto tecnico, a partire da una cosmesi che è senz’altro tra i punti di forza del prodotto SOE. Inquadrata da una visuale isometrica (purtroppo non ruotabile a piacimento), la grafica del titolo sfoggia modelli poligonali discretamente complessi ed animati in maniera convincente, arricchendo il tutto con effetti di luce all’altezza ed un design dei livelli finalmente più ricco. Questo grazie soprattutto all’abbandono della formula dei dungeon generati casualmente, che rendeva obiettivamente noiosa all’inverosimile la struttura ludica di un prodotto che, per caratteristiche insite del genere, tende già di per sé a diventare ripetitivo. In effetti, anche The Warrior’s Code, pur con tutte le migliorie elencate finora, non si distacca molto dal prequel in questo senso: l’azione del titolo SOE si risolve per la maggior parte del tempo in un frenetico button smashing del tasto X, delegato all’attacco con l’arma primaria. Divertente in un primo momento, la struttura ludica del gioco arriva ad una soglia di eccessiva ripetitività con fin troppo anticipo sui tempi, e a patto di non essere veri e propri fan sfegatati del genere, l’opportunità di abbandonare The Warrior’s Code dopo anche solo un paio di livelli è tutt’altro che remota...
Codice grigio
La maggiore critica che va rivolta a The Warrior’s Code riguarda la pressoché totale inefficienza nell’applicazione di nuove feature che avrebbero potenzialmente potuto arricchire il gameplay del prodotto SOE. A cominciare dalla varietà di attacchi messi a disposizione del protagonista, scomodi o accessori al punto da accantonarli in favore della sciabolata di base. Ecco dunque che la disponibilità di armi a lungo raggio è resa sostanzialmente inutile da una telecamera assai vicina all’azione e che impedisce di colpire i nemici da lontano. Ancora, le possibilità di effettuare attacchi caricati e di opportunità (i quali consentono di infliggere danni ulteriori ad avversari colti fuori guardia) offrono vantaggi davvero troppo lievi rispetto al button smashing di cui parlavamo prima. Le uniche eccezioni alla regola sono rappresentate dalle varie magie sbloccabili a suon di level-up e da un’inedita feature che consente la trasformazione temporanea in una bestia potentissima al riempimento dell’indicatore di essenze raccolte dai nemici sconfitti. Ma sono variazioni troppo labili di una meccanica ludica davvero limitata e ripetitiva, che trova un minimo di respiro grazie alle modalità multiplayer del prodotto SOE, sfruttabili sia in connessione locale sia tramite internet. Queste si dividono tra una sezione di battaglia per un massimo di quattro giocatori (composta da deathmatch, capture the flag, last man standing e varianti di squadra) ed un’interessante opzione co-op per affrontare gli stage in compagnia di un amico. Per quanto quest’ultima sia di gran lunga la più appetibile, l’altra parte del multiplayer svolge comunque degnamente il proprio dovere, se non altro come piccolo antidoto alla routine dello story mode. Quella stessa routine che, in definitiva, finisce per condannare The Warrior’s Code ad una valutazione appena sufficiente.
Commento
Per quanto migliorato in certi elementi rispetto al predecessore, Untold Legends: The Warrior’s Code rimane un action rpg sostanzialmente anonimo, sia nello stile che nella struttura ludica. Chiunque con un minimo di esperienza del genere non faticherà a riconoscere nel prodotto SOE tutta una serie di limiti e clichè tipici del settore, evidenziati in questo caso da un gameplay capace di offrire davvero pochi acuti. Con pochi elementi distintivi -peraltro spesso mal implementati- The Warrior’s Code finisce per rilevarsi una scelta veramente adatta solo a chi avesse disperatamente bisogno di un po’ di azione rpg portatile.
Pro
- Buona realizzazione tecnica
- Modalità online convincenti
- Alcune migliorie rispetto al prequel
- Gameplay eccessivamente monotono e ripetitivo
- Elementi originali pressoché assenti
- Diverse feature mal implementate
Primo action-rpg a vedere la luce su PSP, l’originale Untold Legends: Brotherhood of the Blade non seppe certo sfruttare al meglio la sua naturale leadership nel settore: caratterizzato da uno stile piuttosto blando, da uno storyline praticamente assente e da monotoni dungeon a generazione casuale, il prodotto SOE non apparve convincente, rivelandosi ultimamente appetibile solo ai veri fanatici del genere. Ora, lo stesso team di sviluppo ci riprova con un seguito, intitolato The Warrior’s Code, che promette di aver imparato dagli errori del proprio predecessore: vediamo se è vero...