Mentre scrivevamo questa recensione di Xenoblade Chronicles: Definitive Edition ci siamo resi conto di quante cose sono cambiate nelle nostre vite, e nel nostro hobby preferito, da quando abbiamo giocato la prima release su Nintendo Wii. Oggi siamo persone diverse rispetto a quelle che eravamo nell'estate del 2011, e anche il mercato si è trasformato, nel bene e nel male. I giochi di ruolo nipponici, dopo aver attraversato una lunga crisi d'identità, sono riemersi prepotentemente e hanno dimostrato che possono coesistere più filosofie: quella della tradizione e quella della sperimentazione, e tutto quello che c'è nel mezzo. E se il genere ha intrapreso con coraggio una nuova strada, uscendo da quella nicchia in cui si era costretto per anni, è stato anche e soprattutto per merito di Xenoblade Chronicles, il titolo che ha finalmente consacrato il director Tetsuya Takahashi dopo una carriera passata ad accontentarsi.
E quindi, dopo tanti anni e una seconda, molto meno nota, release su New Nintendo 3DS, Xenoblade Chronicles arriva su Nintendo Switch in pompa magna per concludere questo semestre che abbiamo trascorso all'insegna della nostalgia, quasi come se volesse chiudere un cerchio. Lo fa con una Definitive Edition difficile da inquadrare, una produzione a metà strada tra il remake e la rimasterizzazione che ci ha ricordato subito perché abbiamo amato il titolo originale, ma anche che è importate contestualizzare ogni esperienza. Sulle note dello strepitoso main theme composto da Yoko Shimomura, che abbiamo ascoltato per la prima volta quando la vita era più bella, più libera, e tutto sembrava possibile, abbiamo scelto la Storia extra e ci siamo tuffati immediatamente nel capitolo inedito Un futuro comune, ansiosi di scoprire tutti i suoi segreti.
Un futuro comune... o no?
Nelle prossime righe cercheremo di ridurre al minimo le anticipazioni, i terribili spoiler che potrebbero rovinarvi il finale di Xenoblade Chronicles, nel caso in cui non l'abbiate mai giocato. Capirete, però, che sarebbe difficile analizzare quello che poi sarebbe una specie di epilogo, senza approfondire l'argomento nel rispetto di chi, invece, ha già completato un JRPG uscito quasi dieci anni fa e che magari vorrebbe comprare la Definitive Edition proprio per Un futuro comune, giocabile fin da subito scegliendo Storia extra dalla schermata del titolo. Dobbiamo scendere a compromessi, insomma, e ci limiteremo a dire che Un futuro comune si svolge un anno dopo il finale di Xenoblade Chronicles e si concentra soprattutto su Melia, un personaggio estremamente importante che finiva un po' in secondo piano nelle ultime battute della sceneggiatura originale.
Un futuro comune riporta in scena alcuni comprimari e introduce un paio di personaggi giocabili che, insieme a Shulk e Melia, costituiscono il party principale. Nene e Kino sono gli adorabili figli di Riki il Nopon: determinati a diventare eroi come il padre, fanno entrambi da comic relief nell'economia della narrazione, pur sfoggiando una caratterizzazione sorprendentemente interessante, e in termini di gameplay sopperiscono all'assenza di Reyn e Sharla, impiegando le loro stesse tecniche in combattimento. In questo senso, Un futuro comune, che si svolge tutto sulla spalla del Bionis, una nuova mappa che Monolith Soft aveva disegnato tanti anni fa ma non era riuscita a implementare completamente per motivi di tempo, assume chiaramente i connotati di un DLC tardivo e mai pubblicato: condivide col gioco originale la stessa, identica struttura e, nell'ottica della trama, si limita a chiudere qualche storyline, ammiccando all'esistenza di un multiverso nel quale Takahashi potrebbe ambientare nuove avventure.
Ciò detto, saremo molto chiari, soprattutto nei confronti di chi ha conosciuto questo franchise su Switch con Xenoblade Chronicles: non aspettatevi comparse particolari, strani crossover o riferimenti diretti alle altre opere della software house nipponica. In questo senso, ammettiamo di essere rimasti un po' delusi, dato che il fanboy dentro di noi sperava davvero in una svolta che congiungesse tutti quei puntini che abbiamo intravisto nel finale di Xenoblade Chronicles 2 o che addirittura ci rimandasse al compianto Xenoblade Chronicles X per Wii U. Nonostante il disappunto, Un futuro comune resta un'ottima chiosa che rende giustizia al mondo di Shulk e compagnia con un finale asciutto e soddisfacente che abbiamo raggiunto in circa dieci ore di gioco dopo aver completato ogni missione secondaria. Una durata più che discreta per quella che è solo un'appendice, seppur decisamente inferiore a quella di Torna ~ The Golden Country che Monolith Soft aveva brandizzato, giustamente, come una vera e propria espansione.
Miglioramenti vari
Un futuro comune sembra a tutti gli effetti un'estensione di Xenoblade Chronicles per com'è strutturato e come si gioca, e in quanto tale sente anche tutto il peso dei suoi dieci anni quando si comincia a parlare di missioni secondarie, vere e proprie fetch quest in cui bisogna uccidere un certo numero di nemici o raccogliere gli oggetti che compaiono in giro per la mappa. È l'aspetto che probabilmente è invecchiato peggio di tutto il pacchetto, anche nei confronti di quanto giocato in Xenoblade Chronicles 2, dove le fetch quest abbondavano ma spesso erano accompagnate da cinematiche curate e motivazioni un po' meno pretestuose. Abbiamo già parlato del sistema di combattimento nel nostro provato di due settimane fa - cui vi rimandiamo se volete saperne di più sulle differenze tra la Storia extra e il titolo originale, compresa l'inedita meccanica dei Prospettori che va a sostituire l'Assalto di gruppo - ma è importante sottolineare come oggi i combattimenti suscitino sensazioni contrastanti.
Il sistema di combattimento in Xenoblade Chronicles: Definitive Edition nel 2020 ci appare certamente meno elaborato rispetto a quello di Xenoblade Chronicles 2, quasi sperimentale in confronto, con le tecniche da scegliere una alla volta senza assegnarle a scorciatoie o simili. Resta però immediato e intuitivo, sebbene si evolva poco nel corso del gioco, specialmente se consideriamo che nel sequel si sbloccavano nuove meccaniche anche a cinquanta ore suonate, nonché godibile e coinvolgente grazie alla netta distinzione tra i vari personaggi, alla possibilità di alterare i loro ruoli agendo sulle Linee abilità - seppur assenti in Un futuro comune - e alle peculiari capacità della spada Monade che trasformano il potere della preveggenza di Shulk in un vero e proprio elemento di gameplay. Monolith Soft è intervenuta sull'interfaccia, l'ha snellita e ridisegnata per ridurne l'invasività a schermo, primo di una lunga serie di miglioramenti che hanno aggiornato un titolo di dieci anni fa agli standard odierni.
Lo sviluppatore non si è limitato a rivedere l'interfaccia in combattimento, ma ogni singolo menù, schermata o funzione. L'inventario caotico e la limitata schermata dell'equipaggiamento originali sono ora molto più facili da consultare, e Monolith Soft ha trovato persino lo spazio per aggiungere la possibilità di scegliere l'aspetto di ogni singolo accessorio indossato: una novità molto apprezzata, se si considera la quantità e la varietà degli oggetti nel gioco, che trova un posto ovvio e funzionale proprio sotto gli slot dell'equipaggiamento, nella stessa videata. Lo stesso discorso potremmo farlo anche per la schermata della Collezione, dei Dialoghi empatici e soprattutto del Diagramma intesa, adesso molto più chiaro e preciso, che permette di conoscere tutti i dettagli dei PNG più importanti con una rapida occhiata.
In questo senso, evidentemente consapevoli delle critiche rivolte alla ripetitività delle fetch quest summenzionate, ma soprattutto alla poca chiarezza delle mappe originali, i ragazzi di Takahashi hanno ben pensato di mettere mano anche a questo aspetto del gioco, ritoccando al ribasso qualche numero e ridisegnando in parte le cartine, ora più facili da consultare e fornite di nuove opzioni, come la possibilità di mettere puntine personalizzate o di visualizzare la mappa in sovrimpressione durante l'esplorazione. Grazie a tutta una serie di scorciatoie, che aprono in un attimo i menù più importanti dalla schermata di gioco, l'esperienza ci è apparsa nettamente migliorata in termini di immediatezza e accessibilità, che non è una cosa da poco.
Nessuna di queste implementazioni va a cambiare quello che Xenoblade Chronicles è stato in tutti questi anni: un JRPG immenso, impegnativo e ricco di contenuti. Strizzando l'occhio ai giocatori meno scrupolosi, e soprattutto a chi si è avvicinato al franchise con Xenoblade Chronicles 2, lo sviluppatore nipponico ha ben pensato di implementare una nutrita schiera di opzioni inedite che consentono una moderata personalizzazione dell'interfaccia di gioco, ma anche e soprattutto del livello di difficoltà. Stiamo parlando di quelle che la Definitive Edition chiama Modalità casual e Modalità Pro: la prima semplicemente abbassa il livello di difficoltà del gioco, riducendo le statistiche dei nemici per consentire a chi si vuole godere soltanto la storia di spazzarli via senza troppi patemi. In realtà, questa impostazione non automatizza i combattimenti come si potrebbe pensare, dato che continuano a richiedere un minimo di dimestichezza e abilità, ma sicuramente rende molto più facili le battaglie con certi boss o nemici speciali.
La Modalità Pro cambia invece drasticamente un altro aspetto del gioco, e cioè l'assegnazione dei punti esperienza guadagnati completando le missioni secondarie: invece di essere sommati immediatamente a quelli posseduti dai singoli personaggi nel gruppo, i punti finiscono in una sorta di serbatoio comune. Sta al giocatore decidere quando assegnare i punti esperienza risparmiati, agendo artificialmente sui livelli dei singoli personaggi e, in definitiva, sulla curva della difficoltà in generale. La Modalità Pro è semplicemente lo stesso meccanismo impiegato in Xenoblade Chronicles 2: serve a personalizzare l'afflusso dei punti esperienza in un gioco che ne straripa, tra nemici da sconfiggere, missioni da completare, aree da scoprire e altro ancora. Le due Modalità in questione non si escludono a vicenda, quindi il giocatore può attivarle individualmente o contemporaneamente in qualsiasi momento, stabilendo da sé i propri ritmi di crescita e il generico bilanciamento del livello di difficoltà. Un'ottima pensata, non c'è che dire.
Contro il tempo
Sorpresa sorpresa, Un futuro comune non è l'unico contenuto inedito implementato in questa Definitive Edition. Sebbene il titolo originale sia rimasto fondamentalmente immutato, Monolith Soft ha ben pensato di aggiungere un piccolo extra chiamato Contro il tempo che ci ha colto un po' alla sprovvista quando abbiamo raggiunto la Gamba del Bionis e ci siamo trovati di fronte a una specie di varco interdimensionale che su Wii e Nintendo 3DS proprio non c'era. Questi varchi, che troverete sparsi per il mondo di gioco, conducono tutti nello stesso luogo: una specie di tempio in cui un Nopon - anzi, un Saggiopon - misterioso vi sfiderà ad affrontare una serie di prove a tempo che aumenteranno proseguendo nella storyline. Le sfide in questione si dividono in due categorie: Libere e Limitate. Potete affrontare le prime coi personaggi che preferite, nel rispetto del livello che hanno già raggiunto, dell'equipaggiamento che indossano e delle tecniche che avete impostato.
Le sfide Limitate, invece, impongono una composizione ben precisa del gruppo e vi costringono a usare un personaggio specifico. Una volta selezionata la sfida, il giocatore viene catapultato in un'arena specifica dove deve affrontare una o più ondate di nemici, mettendo a frutto quanto imparato fino a quel momento. Superando queste sfide in tempo con le valutazioni migliori, si ottengono equipaggiamenti di buona qualità che compongono alcuni costumi inediti e non poco eccentrici per i singoli personaggi: se volete vestire Sharla da pirata, insomma, dovete passare da qui. Non solo: giocando ripetutamente le varie sfide, si accumulano anche i Cristalli Nopon, una valuta che si può scambiare col Saggiopon per altri accessori, gemme da incastonare nell'equipaggiamento o manuali che consentono di sublimare alla massima potenza le tecniche dei vari personaggi. Un contenuto extra non particolarmente brillante, insomma, ma sicuramente apprezzabile, che prolunga ulteriormente un'esperienza già particolarmente longeva di per sé.
Cambio di look
Veniamo dunque alla questione più delicata: il nuovo look di Xenoblade Chronicles. Siamo consapevoli che ci sono alcuni fan che non hanno apprezzato il nuovo stile cartoonesco, ma nessuno dovrebbe stupirsi che Monolith Soft abbia scelto questo character design. Considerando la decisiva sterzata di Xenoblade Chronicles 2, e il fatto che Shulk e Fiora fossero già comparsi in un DLC di quel gioco con un look molto più cartoonesco, è logico presupporre che fosse questo il look che Takahashi e i suoi avrebbero voluto sfoggiare fin dal principio. La buona notizia è che Xenoblade Chronicles: Definitive Edition abbandona le esagerazioni e le eccentricità di Xenoblade Chronicles 2 a favore di un design più asciutto e proporzionato. Del resto questo non è un remake e non è neppure una remastered, bensì quella che potremmo considerare una via di mezzo.
Pur avendo cambiato il motore grafico, Monolith Soft non ha ridisegnato completamente il gioco, ma ha aumentato la risoluzione della maggior parte delle texture e il numero di poligoni nei modelli 3D, migliorando a tutti gli effetti l'impatto visivo di un gioco che già dieci anni fa ci appariva maestoso. Oggi il colpo d'occhio è sensibilmente migliore, grazie anche alla rinnovata palette cromatica e alle nuovissime illuminazioni dinamiche, ma permangono ancora alcuni strascichi del passato, specialmente se ci si sofferma su qualche texture di minore importanza che può finire per caso in primo piano come un brutto schiaffo. Nulla che valga la pena additare, in tutta onestà, quando ogni altra inquadratura restituisce una varietà di dettagli che adombra completamente l'edizione originale per Wii. Solo le rinnovate cinematiche valgono il prezzo di questo biglietto: i personaggi ora sfoggiano una varietà di espressioni che impreziosiscono le scene più importanti, coinvolgendo il giocatore ancora più che in passato.
Potrebbe sembrare che ci sia qualche prezzo salato da pagare, specialmente quando si rimette piede nel Mare di Eryth o nella magnifica Foresta di Makna e si ammirano i paesaggi sublimi, ma la verità è che non c'è. Non ci sono caricamenti troppo lunghi da aspettare o fastidiosi cali di frame rate durante i combattimenti più concitati. Tutto fila liscio come l'olio; i caricamenti nella versione digitale sono spesso fulminei o durano massimo qualche secondo anche quando ci si sposta da un punto all'altro della mappa, i menù si aprono e si chiudono all'istante, tutto è reattivo e puntuale. Monolith Soft ha persino ritoccato il volume del doppiaggio, famoso per essere molto basso nel titolo originale, e già che c'era ha implementato persino un'opzione per scegliere se ascoltare le musiche originali o i nuovi riarrangiamenti che, per inciso, sono eccellenti, casomai servisse sottolineare ancora una volta quanto strepitosa sia la colonna sonora composta da Manami Kiyota, ACE+ e Yoko Shimomura.
Senza dilungarci in noiosi tecnicismi, sciorinando numeri che lasciano il tempo che trovano, possiamo dire che Monolith Soft è riuscito a restituire un'immagine decisamente pulita: non aspettatevi una definizione sempre impeccabile, specialmente se allontanate l'inquadratura per abbracciare i panorami nella loro interezza, ma neppure una marcata sporcizia pixellosa. Il colpo d'occhio è ottimo non solo con Switch nel Dock, ma pure in modalità portatile: le immagini ci hanno colpito per la loro chiarezza e per la fluidità in generale, consentita dalla scelta di adottare una risoluzione minore per garantire la stabilità dei fotogrammi che, tuttavia, non incide più di tanto sulla resa finale. Fare le pulci alla risoluzione, insomma, non ha molto senso, perché alla fin della fiera Xenoblade Chronicles: Definitive Edition ci è parso un sensibile passo avanti rispetto a Xenoblade Chronicles 2.
Alla luce di queste considerazioni, non possiamo fare a meno di promuovere questa riedizione del titolo che ha consegnato Tetsuya Takahashi e il suo team all'Olimpo delle esclusive Nintendo, un titolo che negli anni è diventato sempre più famoso quanto difficile da recuperare, e che meritava assolutamente un giro della vittoria in tempi moderni. Questa Definitive Edition, pur rimanendo fedelissima all'opera originale, inaugura un nuovo corso nella filosofia di riproposte che sta prendendo piede da qualche tempo a colpi di rimasterizzazioni e remake, e possiamo solo sperare che questa Definitive Edition attiri l'attenzione su di sé e spinga altre compagnie a resuscitare qualche altra classico mai dimenticato.
Conclusioni
Dopo un'attenta considerazione, per Xenoblade Chronicles: Definitive Edition abbiamo deciso di riconfermare il voto originale che avevamo assegnato a Xenoblade Chronicles su Wii: sì, i tempi sono cambiati e il titolo Monolith Soft mostra oggi più che mai qualche acciacco che nel 2011 gli perdonammo senza problemi, ma le migliorie apportate a tutto tondo compensano gli aspetti più deboli. I voti sono aridi numeri, intendiamoci: non vi stiamo dicendo che Xenoblade Chronicles: Definitive Edition è un titolo quasi perfetto, ma che rappresenta ancora oggi uno dei picchi più alti raggiunti dal genere JRPG. Merita la vostra attenzione se amate il genere e pure se non l'amate perché, onestamente, siete sempre in tempo a innamorarvene, e i giochi che hanno questo potere cominciano a diventare sempre più rari e preziosi.
PRO
- Tante piccole spigolosità sono state limate, smussate e svecchiate
- I contenuti aggiuntivi prolungano un'esperienza già mastodontica di per sé
- È semplicemente uno dei migliori JRPG mai sviluppati
CONTRO
- La storia di Un futuro comune potrebbe deludere le aspettative di alcuni fan
- Le missioni secondarie rimangono il punto più debole del pacchetto