La recensione di Yakuza: Like a Dragon segna un nuovo inizio per la serie SEGA, che introduce un nuovo protagonista e una nuova ambientazione, ma che soprattutto abbandona clamorosamente la formula action che da sempre la caratterizza in favore di combattimenti a turni in stile jRPG.
Si tratta inoltre del primo episodio di Yakuza dotato di doppiaggio in giapponese e inglese, nonché di sottotitoli in italiano: un fattore estremamente importante per chi finora si è tenuto alla larga dal franchise, intimorito dall'abbondante quantità di dialoghi non tradotti nella nostra lingua, e che ora potrà finalmente respirare le sue atmosfere così tipicamente giapponesi.
Storia
Iniziamo col dire che la storia di Yakuza: Like a Dragon non delude minimamente e anzi si pone come una delle migliori di sempre per il franchise SEGA. Un risultato incredibile, a pensarci: il team ha sviluppo si è ritrovato a dover gestire e tratteggiare un protagonista completamente nuovo, dopo aver salutato il leggendario Kazuma Kiryu al termine di Yakuza 6: The Song of Life, eppure non ha sbagliato nulla.
Ichiban Kasuga è un giovane membro della famiglia Arakawa, affiliata al clan Tojo di Tokyo. Nato in una soapland e cresciuto senza genitori, il ragazzo trova nella figura del suo patriarca il padre che non ha mai avuto. Così, quando il capo gli chiede di sacrificarsi per il bene del gruppo, assumendosi la responsabilità di un omicidio che non ha commesso, Ichiban non ci pensa due volte e va a costituirsi.
Uscito dal carcere diciotto anni dopo, l'uomo scopre che durante questo tempo tutto è cambiato: il clan Tojo è stato spazzato via da una feroce campagna anti-Yakuza portata avanti dal governo locale, e la sua ex famiglia è entrata a far parte dell'odiata Alleanza Omi del Kansai. Incredulo, cerca di farsi dare delle spiegazioni dal suo patriarca, Masumi Arakawa, che per tutta risposta gli spara.
Ichiban si risveglia ore dopo nel quartiere di Isezaki Ijincho, a Yokohama. Yu Nanba, un ex infermiere divenuto senzatetto, gli ha ricucito la ferita con degli strumenti di fortuna, salvandogli la vita: una seconda possibilità che non vuole sprecare, cercando di mettere da parte il passato e di rifarsi una vita nella nuova città, senza però abbandonare la vecchia abitudine di opporsi alle ingiustizie.
Così insieme a Nanba, all'ex poliziotto Koichi Adachi e all'avvenente barista Saeko Mukouda, Ichiban si ritrova a vivere una nuova avventura fra le strade di Yokohama, scoprendo ben presto gli aspetti più oscuri e inquietanti di una città che sopravvive in un precario equilibrio tra la mafia giapponese, cinese e coreana, sommersa in una zona grigia fra legalità e illegalità. Un modo anche di esplorare tematiche inedite, come sono appunto il dramma dei senzatetto e le prospettive lavorative delle persone di mezza età, con un dialogo fra Ichiban e Nanba in particolare che ci ha davvero emozionati.
Nulla però è stato davvero lasciato alle spalle, e così gli eventi della campagna di Yakuza: Like a Dragon, composta da quindici capitoli per una durata di almeno quaranta ore, si rivelano in qualche modo collegati, in un avvincente intreccio narrativo che non risparmia poderosi colpi di scena e si lascia fortunatamente andare a poche semplificazioni etiche mentre lottiamo per sopravvivere e per scoprire cosa c'è dietro al tradimento di Arakawa.
Ambientazione
Sebbene i primi capitoli ci vedano ancora una volta esplorare le strade del quartiere fittizio di Kamurocho a Tokyo, mentre quelli finali ci portino invece in uno scenario classico per la serie che torna a sorpresa, l'ambientazione principale di Yakuza: Like a Dragon è il distretto anch'esso fittizio di Isezaki Ijincho, che riprende le fattezze di Isezakicho e ci proietta dunque nel centro della città di Yokohama.
La mappa è grande tre o quattro volte Kamurocho, dunque parliamo di uno scenario davvero impegnativo da girare a piedi (fortuna che anche qui c'è il servizio taxi per spostarsi rapidamente da un punto all'altro), eppure al contempo denso di attività commerciali di vario genere, passanti distratti, persone bisognose di aiuto (protagonisti delle numerose, immancabili subquest) e paesaggi davvero suggestivi.
Il Dragon Engine utilizzato dal Ryu Ga Gotoku Studio ha certamente i suoi difetti e al contempo è vero che le ambientazioni del gioco si rifanno a luoghi reali, togliendo ai designer il compito di creare qualcosa di nuovo e originale, ma non c'è dubbio che passeggiare per le vie di Yokohama, specialmente di sera, sia una gran bella esperienza.
C'è un fiume che scorre a ovest della mappa, e sulle sue rive troviamo bar, ristoranti e finanche case di appuntamenti, mentre a sud ci sono parchi, stradine decentrate, gli immancabili minimarket aperti ventiquattro ore al giorno e qualche banco dei pegni dove vendere e acquistare oggetti utili. Le strade principali e il relativo traffico non sono più elementi passivi, anzi bisogna fare attenzione quando si attraversa per evitare di essere investiti. Aspettare che il semaforo diventi rosso, magari.
L'ambientazione viene tagliata in due dalla stazione dei treni, dove potremo recarci in alcuni casi per raggiungere zone fuori porta, dopodiché ci si avvicina all'anima commerciale della città con uno splendido corso pedonale, i quartieri cinesi, la zona degli uffici con i suoi palazzi e le banchine che danno sul mare, mentre in lontananza possiamo ammirare la ruota panoramica di Yokohama, sempre in funzione.
Come da tradizione, a seconda dei momenti della giornata lo scenario cambia in maniera sostanziale. Nelle ore diurne possiamo apprezzare i colori di alcuni scorci e una piattezza delle superfici inferiore rispetto ai precedenti episodi di Yakuza, dovuta con ogni probabilità a un sistema di illuminazione migliorato. È però di sera che Isezaki Ijincho dà il meglio di sé, avvolgendoci fra le insegne luminose e i suoni della sua area commerciale, in una sorta di viaggio virtuale davvero suggestivo.
Gameplay
Il gameplay di Yakuza: Like a Dragon è caratterizzato dalla contrapposizione di due anime differenti. Da una parte abbiamo delle fasi esplorative tradizionali, che ci consentono di visitare la mappa in lungo e in largo, interagire con le attività commerciali, entrare in bar e ristoranti per un pasto rinvigorente, nonché acquistare in un convenience store cibo e medicine utili a garantirci la sopravvivenza.
Potremo naturalmente cimentarci anche con minigame classici come i coin-op dei Club SEGA (rappresentati in questo caso da Space Harrier, Out Run, Fantasy Zone, Super Hang-On, Virtua Fighter 2 e Virtua Fighter 5: Final Showdown), il karaoke, il batting center, le partite di shogi e le novità della PedaLatta (una gara fra senzatetto a chi raccoglie più lattine), il cinema soporifero con i suoi "grandi classici", i quiz a risposta multipla dell'istituto di formazione professionale, le gare di go kart e la gestione aziendale.
Quest'ultima rappresenta per certi versi una campagna nella campagna: Ichiban si offre di gestire un'azienda a conduzione familiare e, grazie all'aiuto di un amico facoltoso, riesce a farla crescere a dismisura nell'ambito di un minigioco gestionale in cui bisogna acquistare attività commerciali, assumere e formare personale, licenziare i dipendenti in eccedenza e infine affrontare i temibili incontri con gli investitori.
Dopodiché c'è l'ampiamente annunciata rivoluzione del sistema di combattimento: quando Ichiban e il suo party incontrano dei nemici, parte una battaglia a turni in cui ogni personaggio coinvolto può eseguire una singola azione, che si tratti di attaccare, chiudersi in difesa, usare oggetti oppure tecniche speciali che vanno a consumare l'apposito indicatore. La cosa divertente è che la fantasia del protagonista, appassionato dei classici Dragon Quest, "trasforma" gli avversari di volta in volta in figure completamente fuori di testa.
L'interfaccia grafica mostra chiaramente i comandi sullo schermo, tradotti in italiano, e la progressione consente di familiarizzare con queste meccaniche in maniera graduale, partendo da scontri decisamente banali e arrivando nella seconda metà della campagna a combattimenti parecchio impegnativi, che purtroppo richiederanno per forza di cose una pausa di riflessione e un po' di grinding in giro per la città: un difetto tipico dei jRPG a turni.
L'impianto funziona bene, pur con i suoi limiti. Le mosse sono parecchie ed è stato introdotto un job system reso in maniera letterale, ovverosia un ufficio di collocamento presso cui Ichiban e i suoi amici possono recarsi per cambiare mestiere e acquisire in questo modo abilità molto differenti, che tuttavia dovremo sviluppare e far crescere al fine di recuperare la competitività che vantavamo in precedenza. A volte il cambio conviene, a volte no: in generale, serve tempo per comprendere quale sia il setup migliore e come sfruttarlo.
Il sistema a turni valorizza aspetti messi decisamente in secondo piano nei precedenti episodi di Yakuza, come l'uso di armi e corazzature, che diventano fondamentali; ma al contempo finisce per evidenziare le mancanze della serie piuttosto che mascherarle. Come abbiamo ripetuto più volte, la formula del titolo SEGA è molto semplice e lineare, con spostamenti da un punto A a un punto B che vengono inframezzati da combattimenti, cutscene, subquest e da un'abbondanza di attività collaterali che fungono da elemento di distrazione. L'approccio in stile jRPG fa l'esatto contrario, sbattendoci in faccia, talvolta spietatamente, i limiti storici del franchise.
Il nuovo combat system, inoltre, toglie emotività all'esperienza. Come abbiamo già avuto modo di scrivere nel provato di Yakuza: Like a Dragon, la narrazione straordinariamente coinvolgente messa a punto di volta in volta dagli sceneggiatori del Ryu Ga Gotoku Studio e la sua capacità di effettuare il necessario build up in vista di uno scontro vengono letteralmente sprecate per via del fatto che alla resa dei conti bisogna appunto ragionare in maniera distaccata e strategica. Menare le mani è un'altra cosa, insomma.
Job System
Come detto, i protagonisti di Yakuza: Like a Dragon possono recarsi presso l'ufficio di collocamento di Yokohama e selezionare un lavoro differente sulla base delle loro competenze. Ogni mestiere è caratterizzato da abilità specifiche, e la cosa interessante è che portarne avanti uno per un po' e poi tornare alla professione precedente si traduce nel mantenimento di alcune di queste abilità. Così Ichiban può passare dal fare l'eroe part-time alla guardia del corpo, Adachi può usare la sua esperienza di poliziotto per fare l'agente in tenuta antisommossa, Nanba può improvvisarsi cantautore e Saeko può diventare una hostess o una idol, ad esempio, ma le possibilità sono molteplici e il gioco ci invita a sperimentarle tutte.
Trofei PlayStation 4
Sono ben settantuno i Trofei ottenibili giocando con Yakuza: Like a Dragon. Molti di essi sono legati all'impostazione open world del gioco e si sbloccano dunque portando a termine le tante subquest disponibili, altri si conquistano facendo salire di livello Ichiban e i suoi compagni nel corso della campagna, cambiando lavoro, acquistando armi e oggetti, nonché semplicemente passeggiando per Yokohama.
Realizzazione tecnica
Dopo aver provato la versione PC di Yakuza: Like a Dragon, siamo rimasti piacevolmente sorpresi da come si comporta il gioco su PS4 Pro. Il frame rate in questo caso è limitato a 30 fps che però vengono gestiti molto bene, rimanendo stabili e consistenti, a differenza di quanto visto in Judgment che aveva tantissime incertezze. Considerando poi che gli scenari del gioco sono i migliori che si siano mai visti nella serie, si tratta di un traguardo non da poco.
Al di là della bellezza dell'ambientazione di Yokohama, di cui abbiamo già parlato, i modelli poligonali sono ottimi, straordinari durante le cutscene ma sorprendentemente dettagliati e arricchiti di effetti anche in-game, cosa tutt'altro che scontata. Se poi aggiungiamo che nelle sequenze cinematiche il labiale è stato sincronizzato sia con il giapponese che con l'inglese, a seconda della lingua selezionata, si comprende quanta cura sia stata riposta in questa produzione.
Dopodiché persistono alcuni espedienti decisamente old-gen fra mura più o meno invisibili e level design buttati lì, come l'enorme e straziante dungeon che monopolizza il sesto capitolo della campagna e che rappresenta l'esempio più lampante di come il sistema di combattimento a turni possa diventare ripetitivo e stucchevole nel momento in cui non ci vengono lasciate alternative percorribili. Insomma, le concessioni al vecchio sono presenti anche qui, non si scappa.
Nutriamo invece sentimenti contrastanti nei confronti della colonna sonora, che vanta senza dubbio una propria personalità ma ripropone tantissimi temi classici perdendo dunque l'occasione di rinfrescare il repertorio. Nulla da dire sul doppiaggio, presente come detto sia in giapponese che in inglese: il primo è ovviamente superiore, ma il secondo ci ha colpiti in positivo. In tutti i casi, lo ribadiamo, i sottotitoli sono disponibili anche in italiano.
Conclusioni
Yakuza: Like a Dragon è un capitolo bellissimo e controverso della serie SEGA. Una rivoluzione che non ritenevamo necessaria sul fronte del gameplay, e che anzi evidenzia i limiti di una formula che per troppo tempo è rimasta simile a se stessa, ma che viene coadiuvata da una delle migliori trame di sempre, un cast di personaggi strepitoso, un'ambientazione inedita e spettacolare, nonché la classica abbondanza di attività collaterali ad arricchire una campagna di grande spessore. Dotato anche di sottotitoli in italiano, Like a Dragon si prepara ad accogliere con entusiasmo nuovi potenziali fan, che tuttavia continueranno a non sapere cosa si sono persi finora.
PRO
- Storia, personaggi e ambientazione strepitosi
- Campagna estremamente ricca e duratura
- Tecnicamente è il miglior Yakuza di sempre
CONTRO
- I combattimenti a turni depotenziano l'esperienza
- L'azione diventa spesso ripetitiva
- Alcuni svarioni in termini di level design