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YuYu Hakusho, la recensione del nuovo live action su Netflix

La leggendaria opera di Yoshihiro Togashi rivive in carne e ossa su Netflix: una miniserie da guardare o da scartare?

RECENSIONE di Christian Colli   —   17/12/2023
YuYu Hakusho, la recensione del nuovo live action su Netflix

Prima di diventare famoso con Hunter x Hunter, il mangaka Yoshihiro Togashi si era già ritagliato una fetta di appassionati col suo YuYu Hakusho: un'opera che negli anni '90 andava forte anche da noi, più che altro a fumetti e col titolo italiano Yu degli spettri, ma che ha conquistato il mondo specialmente nella sua incarnazione animata. Presa bene dal successo di One Piece, Netflix ha proseguito la sua altalenante striscia di adattamenti live action proprio con YuYu Hakusho: prodotta da Robot Communications - gli stessi di Alice in Borderland e l'ottimo Godzilla Minus One, tra gli altri - la nuova miniserie TV conta solo cinque episodi da un'oretta ciascuno.

La vera domanda, a questo punto, non è neanche "perché?" ma "devo proprio?" e la risposta, maggiormente elaborata nella recensione di YuYu Hakusho a seguire, è un rigoroso, cristallino: nì.

Un primo episodio eccellente...

Yusuke Urameshi è il protagonista di YuYu Hakusho
Yusuke Urameshi è il protagonista di YuYu Hakusho

Considerato generalmente uno dei migliori shonen anni '90, YuYu Hakusho si appoggia a una serie di stereotipi che Togashi ha rimodellato e fatto iconici, a cominciare da quello del teppista dal cuore d'oro, incarnato nella figura del protagonista Yusuke Urameshi: un liceale che fa a botte, insulta i professori, ha un rapporto complicato con la madre single e un'amica d'infanzia che sembrerebbe essere l'unica a saperlo domare. Quando la serie TV inizia, Yusuke è già morto, e un lungo flashback contestualizza la situazione, catapultandoci insieme a lui in uno scenario pazzesco: l'aldilà e il mondo degli umani sono sovrapposti, ma negli ultimi tempi il confine che li separa si sta assottigliando e gli yokai - i demoni - si stanno intrufolando nella nostra dimensione, scatenando il caos.

Così a Yusuke viene concessa una seconda occasione: tornare in vita come "detective dell'aldilà" e occuparsi degli yokai, cioè prenderli a schiaffi coi suoi insoliti poteri astrali. Il primo episodio serve da introduzione all'immaginario di YuYu Hakusho e lavora sul personaggio di Yusuke, soprattutto sui legami coi comprimari che servono a capire meglio il protagonista, il suo carattere e le ragioni che lo spingeranno ad accettare l'incarico.

Il piccolo Enma in una scena della miniserie su Netflix
Il piccolo Enma in una scena della miniserie su Netflix

È un pilota fantastico, specialmente per il tatto e la sensibilità con cui scava nella caratterizzazione dei personaggi principali passando per l'elaborazione del lutto. Non ci vergogniamo ad ammettere che in un paio di occasioni ci siamo anche commossi, anche perché il rapporto tra Yusuke e Keiko riesce a essere toccante proprio per la sua semplicità. Takumi Kitamura, che interpreta Yusuke, riesce a trasmettere la caratteristica apatia del personaggio tratteggiato originariamente da Togashi, spezzata dai momenti in cui trapelano i suoi veri sentimenti e le sue convinzioni: non a caso è stato proprio l'autore originale a firmare il copione del primo episodio insieme allo scrittore Tatsuro Mishima.

Il tocco del padre di YuYu Hakusho si sente nel modo in cui il pilota comincia a delineare i comprimari, soprattutto Kazuma Kuwabara e la sua "bromance" con Yusuke. Pur non somigliando troppo alla sua controparte anime, Shuhei Uesugi restituisce un'interpretazione convincente del migliore amico e rivale di Yusuke, che è un po' anche il cuore della miniserie con le sue stravaganze e i suoi scleri.

L'episodio pilota funziona: incuriosisce lo spettatore che non conosce YuYu Hakusho e che non sa cosa aspettarsi, trovando un buon equilibrio tra il realismo e il fantasy grazie a una fotografia che magari non può contare su un budget milionario e sulla migliore CGI del mondo, ma che riesce a essere quasi sempre ispirata, e a una scrittura che predilige l'introspezione alle botte, ma che non lesina sulla violenza e sul body horror quando necessario o funzionale alla narrazione.

Le premesse per un buon adattamento sembravano esserci tutte, ma gli episodi successivi hanno lentamente logorato il nostro entusiasmo perché dal secondo in poi la miniserie mette l'acceleratore, scavalcando intere sottotrame per correre verso il finale, riassumendo in solo quattro ore gli oltre cinquanta episodi dell'anime che costituiscono l'arco narrativo del Torneo Oscuro.

...e poi la discesa nella mediocrità

Toguro minore è il boss finale della miniserie
Toguro minore è il boss finale della miniserie

Nella sua corsa a perdifiato di soli cinque episodi, il live action realizzato da Akira Morii e Kazutaka Sakamoto si perde per strada i pezzi più importanti dell'opera di Togashi, un autore che negli anni si è distinto per la sua capacità di descrivere meticolosamente storie, mondi e personaggi: la miniserie televisiva sacrifica soprattutto comprimari come Hiei e Genkai, relegando al ruolo di macchiette non troppo comiche il Piccolo Enma e Botan. A Kurama - un flemmatico Jun Shison - dedica più tempo, e infatti lo yokai dalla chioma scarlatta risulta più convincente del suddetto Hiei (Kanata Hongo) che è invece uno stereotipo ambulante. In comune i due hanno le vistose parrucche e le lenti a contatto che cercano disperatamente di farli somigliare alle loro controparti animate, senza riuscirci.

Uno dei problemi di YuYu Hakusho è infatti quello di prendersi un po' troppo sul serio. Invece di abbracciarne la natura anime, si è preferito trovare una via di mezzo col realismo che un po' funziona e un po' no: il ricorso a protesi e trucco piuttosto che alla computer grafica è sicuramente lodevole, ma in qualche caso il famigerato effetto "cosplay" si sente pure troppo.

La computer grafica lascia a desiderare
La computer grafica lascia a desiderare

Nonostante questo, YuYu Hakusho ha il merito di aver messo in scena alcuni tra i combattimenti meglio coreografati che ci sia capitato di vedere in TV. Gli scontri sono sanguinosi, dinamici e creativi, ma soprattutto trasmettono un senso di violenza indescrivibile. Sembra quasi di sentire ogni impatto e la regia riesce a mozzare il fiato anche quando l'esito è abbastanza prevedibile, ricorrendo a soluzioni visive da anime che spettacolarizzano il tutto tra crateri che si aprono nei muri e nei pavimenti, improbabili volteggi e trasformazioni varie.

Purtroppo i combattimenti, per quanto scenici, sono proprio ciò che indebolisce la seconda metà della miniserie, quando fondamentalmente YuYu Hakusho getta la maschera e diventa un susseguirsi di battaglie inframmezzate da spiegoni o lunghe riprese dei nostri eroi agonizzanti. Gli antagonisti sono appena abbozzati: l'unico per cui la sceneggiatura fa quantomeno uno sforzo è naturalmente Toguro minore, ma troppo poco e troppo tardi, mentre tutti gli altri sono miniboss di secondo piano. Anche Saikyo è pesantemente sacrificato rispetto al manga e soprattutto all'anime, e dopo un inizio promettente perde spessore in fretta fino a diventare dimenticabile. Un po' come questo nuovo esperimento di Netflix, che non ha ancora capito che di adattamenti come One Piece ne capita uno ogni dieci anni. E pure quello non è che abbia messo tutti d'accordo.

Conclusioni

Multiplayer.it

6.5

Grazie all'impegno degli attori, a una buona regia e a coreografie d'eccellenza nelle scene d'azione, YuYu Hakusho è una miniserie breve che si lascia guardare, ma che non convince al 100% più che altro perché non cattura veramente lo spirito dell'opera di Togashi. È un peccato perché il primo episodio è davvero un gioiello e i successivi hanno tutti qualcosa da offrire, ma nel finale la miniserie si perde in un susseguirsi di combattimenti e banalità che deluderà i fan e annoierà gli spettatori occasionali.

PRO

  • Combattimenti avvincenti e ottimamente coreografati
  • Il primo episodio è fantastico
  • Il cast funziona, soprattutto Yusuke e Kuwabara

CONTRO

  • Sacrifica sottotrame e personaggi in una miniserie troppo breve
  • Computer grafica appena discreta
  • Nella seconda metà i troppi combattimenti annoiano