Diario del capitano
E' ora che io dica la mia su Max Payne. Dopo che ne hanno parlato Kilamdil, Baldus, Archaon e infine anche Almor, tocca a me. Sapete che di tempo per giocare ne trovo sempre poco, purtroppo. E poi, parliamoci sinceramente: dopo dieci anni ne ho visti talmente tanti di giochi, che per rimanere stupito ci vuole un bel po'. Ecco, Max Payne è uno di quei giochi che mi ha lasciato stupito.
Sarà forse anche merito del motore grafico proprietario (e non l'ennesima licenza pagata a peso d'oro), della storia verosimile, dello slow motion che mi ricorda tanto Matrix, della sottile ironia che pervade ogni passo, ma di questi tempi le idee originali valgono a peso d'oro. Fatto sta, che ogni volta che lancio il gioco, so quando inizio, non so quando smetto. Il problema piuttosto è quando inizio: dieci minuti prima di cena, cinque minuti dopo pranzo, tre minuti la mattina presto.
Dunque, lunga vita a Max Payne. Una volta tanto le aspettative non hanno ucciso il gioco, anzi.