Fresco di uscita dalle sale e di conseguente debutto in home video, The Batman, il colossale film dedicato all'uomo-pipistrello con Robert Pattinson, diretto da Matt Reeves, ha fatto molto parlare di sé. Pur andando a richiamare principalmente i fumetti DC, il film sembra non essere scevro da "influenze" videoludiche, in special modo legate all'esperienza di Rocksteady con la sua tetralogia di Batman Arkham.
Vediamo fino a che punto videogiochi e cinema riescono a incontrarsi all'interno del panorama mediale attuale, sempre più ibridato, in questo forse non troppo azzardato confronto fra The Batman e la serie Arkham.
La paura come arma
The Batman ha portato sul grande schermo un Bruce Wayne diverso dal solito, più giovane, snello, cupo e solitario. Senza fare spoiler di sorta (anche perché sono superflui all'analisi che vogliamo ricavare), il miliardario di Gotham City che tutti abbiamo imparato a conoscere negli anni è più sfumato, quasi accennato, messo in secondo piano da una personalità chiusa ed enigmatica, che preferisce l'ombra della sua gotica dimora alla luce dei riflettori. L'esatto opposto di quanto si dimostra essere il Batman di Rocksteady. Massiccio, quasi caricaturale (fumettistico, in definitiva), il Bruce Wayne della serie Arkham è ampiamente coinvolto nella vita socio-politica della metropoli, non disdegnando apparizioni pubbliche durante le quali si espone senza troppi problemi.
Due Batman agli antipodi, quindi, quelli del film e della serie videoludica. Così sembrerebbe, almeno fino a quando non entra in gioco il quarto capitolo della tetralogia di Rocksteady, Arkham Knight. Qui troviamo un focus maggiore su Batman e non tanto sulla "maschera" di Bruce, apparendo ancora più vulnerabile che in passato, costretto a indossare un costume corazzato per riuscire a debellare la vera e propria apocalisse criminale che si è abbattuta su Gotham. I sentieri iniziano a convergere, con due Batman visibilmente "umani", privi, come sempre, di qualsivoglia superpotere (all'infuori dell'eredità finanziaria della famiglia Wayne) che li aiuti ad affrontare il male che alberga tra le strade della città.
Un tratto caratteristico del personaggio dell'uomo-pipistrello è proprio la sua immagine. Questa è l'unico repellente che ha a disposizione per debellare la criminalità a Gotham, perché Batman sa quanto un'icona possa influenzare la percezione della realtà di altri individui. La maschera non serve per nascondere agli altri la sua identità: la maschera è il suo volto, e il suo volto è paura. Una convinzione che unisce gran parte dei personaggi che vagano per Gotham (ma non solo), dallo Spaventapasseri al Joker; un elemento che accomuna molto il vigilante con i suoi folli rivali, mettendolo su un piano che oscilla in continuazione tra la luce e le tenebre.
Tale aspetto emerge molto prepotentemente dalle due interpretazioni del personaggio date, da un lato, da Matt Reeves e, dall'altro, dal team di Rocksteady. Nel primo caso, i minuti iniziali del film sono illuminanti (e, probabilmente, quelli che si cristallizzeranno con maggiore efficacia nella memoria collettiva), mentre nel secondo, pur non essendo assente nei precedenti tre episodi della saga, il tema diventa centrale in Arkham Knight, dove esplode in tutta la sua potenza durante il finale "segreto".
L'idea dell'icona come timore perpetuo è un tema ricorrente, sì, ma che può essere fatto risalire anche ai fumetti. Quindi, non è dato sapere con precisione quanto i due universi narrativi possano aver dialogato tra loro, anche perché le due narrazioni rimangono ampiamente serrate su tematiche e generi differenti: se da un lato abbiamo un'impostazione da noir anni Quaranta, quasi un hard-boiled, dall'altro troviamo un'atmosfera più propriamente da "fanta-guerriglia urbana", con sì alcune dinamiche investigative, ma fortemente risicate rispetto al marcatissimo ruolo svolto dallo scontro aperto e altamente "pirotecnico" (oltre a una grande quantità di elementi che inficiano sul realismo generale, sostenuto vivamente dall'esperimento cinematografico). Forse non si sono neanche sfiorati, ma, in questo marasma d'incontri e scontri mediali, è perlopiù improbabile che prodotti così affini non abbiano avuto un'influenza gli uni sugli altri.
Brutalità e ossa rotte
Un'associazione che è balzata subito alla mente di molti è stata quella tra le scene di combattimento di The Batman e gli scontri cadenzati dal freeflow della serie Arkham. Sin dai primi trailer, era evidente la spinta matura e cruda che Reeves ha impresso sulla sua pellicola. Il Batman di Pattinson è brutale; non si ferma dinanzi al pericolo e avanza come un blindato anche contro nemici pesantemente armati, non importa quanto alto sia il dolore da sopportare. Questa caratteristica si ricollega direttamente a quanto detto riguardo la paura, dato che la sua apparente inarrestabilità, scandita dal suo inesorabile incedere moderato, incrementano il livello di terrore provato dai suoi avversari. Un po' come quanto accade in Arkham Knight, uno degli ultimi esempi di gioco dove la velocità standard di movimento è la camminata, laddove si è tornati a una riscoperta dell'immediatezza della corsa e dell'intensità del movimento variabile attraverso la sola inclinazione dell'analogico sinistro.
Oltre all'armatura (in questo caso molto più all'avanguardia rispetto a quella del film) e alla possibilità di approccio relativamente ponderata e pacata, come una macchina di "morte" sapientemente calibrata, il gioco porta a compimento quella parabola d'affermazione del freeflow che tanto ha stregato il mercato videoludico per svariati anni.
Questo approccio al sistema di combattimento consiste in una fluidità dei movimenti che devono essere agilmente collegati attraverso attacchi, contrattacchi, schivate e colpi finali o stordenti, così da accrescere il proprio livello di combo e anche l'efficacia durante lo scontro (se sviluppati a dovere i rispettivi alberi delle abilità). Non solo. La particolarità del freeflow sta proprio nell'alto numero di nemici che (il più delle volte) aspetta il proprio turno per colpire il giocatore.
Quindi, molti nemici che vengono inibiti durante un combattimento estremamente dinamico, che spazia tra contrattacchi ed eliminazioni ambientali. Se ci aggiungiamo poi la ferocia e la brutalità degli scontri, dove i nemici non vengono semplicemente messi fuori gioco con un pugno ben assestato, ma necessitano di commozioni cerebrali e fratture scomposte per cascare al suolo, è impossibile non creare parallelismi tra i combattimenti della serie Arkham e quelli di The Batman.
Non sappiamo quanto e a che livello The Batman sia stato influenzato dalla serie Arkham di Rocksteady. Questo perché quello videoludico non è l'unico medium che entra in gioco nella creazione di un'opera come quella composta da Matt Reeves. Infatti, non possiamo lasciare in disparte i film, le serie tv, le produzioni animate e, soprattutto, gli innumerevoli fumetti che compongono il corpus teorico e pratico della rappresentazione visiva di un (s)oggetto simulacrale come Batman. Tuttavia, non possiamo neanche negare a priori l'incontro con il mondo dei videogiochi, comunque parte integrante e, a suo modo, fondamentale della costruzione figurativa dell'uomo-pipistrello in termini di costrutto sociale globalmente riconosciuto. La maschera è prima di tutto un'icona. E un icona è in grado di parlare una lingua universale. Nella sua fissità, è estremamente malleabile.
Speriamo che questo piccolo speciale dedicato a The Batman e la serie Arkham vi abbia stimolato a condividere con noi le vostre conclusioni a riguardo. Vi aspettiamo nei commenti.