Chi ha paura di Don’t Knock Twice?

Un colpo per svegliarla dal suo letto, due colpi per risollevarla dai morti. Con queste parole molto poco confortanti si è presentato al mondo Don't Knock Twice, film arrivato in Italia in piena estate con il titolo Non Bussate a Quella Porta. Interpretata da Katee Sackhoff di Battlestar Galactica, la pellicola appartiene come avrete intuito al genere horror, anche prima di Resident Evil 7 tra i più gettonati per l'uso della realtà virtuale in ambito videoludico. Ai ragazzi di Wales Interactive, team di sviluppo di Soul Axiom, è toccato il compito di portarci in prima persona nell'incubo di una leggenda metropolitana legata a una strega demoniaca, disponibile proprio da oggi per PC, PlayStation 4 e Xbox One. Anche se non siete dotati di un visore, potete infatti giocare lo stesso a Don't Knock Twice: ma ne vale la pena?

Toc-toc!

La trama di Don't Knock Twice ruota intorno alla ricerca della propria figlia da parte di una madre, divorata dai sensi di colpa per essere stata la causa dell'allontanamento forzato della giovane avvenuto tempo prima. Se avete visto il film ne saprete sicuramente più di noi sull'argomento, visto che nel videogioco non vengono fatti troppi preamboli prima di metterci là dove ha luogo tutta la vicenda. In possesso di pochissimi elementi che ci spingano a farlo, iniziamo dunque a esplorare la casa in cui è ambientato Don't Knock Twice, come da tradizione del genere horror racchiuso tra le sinistre pareti di una vecchia abitazione, ubicata stavolta nel Galles. Se nella pellicola il regista Caradog W. James ha provato a inserire il rapporto conflittuale tra madre e figlia al centro del racconto, nel Don't Knock Twice videoludico questo elemento resta solo accennato, lasciando che sia il giocatore eventualmente ad approfondire un po' la questione. Andandosene in giro per la casa della strega, è infatti possibile trovare documenti di vario tipo che ci raccontano qualcosa in più sia sulla storia personale di Jess e Chloe, sia sull'entità con cui esse hanno a che fare. L'obiettivo è naturalmente quello di farci sentire coinvolti nell'avventura vissuta dalle due donne, sempre una un passo dietro l'altra mentre il mostro di turno si diverte a giocare con entrambe. Con un'ambientazione così classica, si sarebbe dovuto fare senza dubbio qualcosa in più in termini di elementi narrativi: così com'è, il gioco impedisce di calarsi con successo nella parte, chiedendoci di avere fiducia nel telefonatissimo "madre e figlia contro creatura soprannaturale" per vivere un'esperienza spaventosa in realtà virtuale. Come stiamo per vedere, purtroppo, Don't Knock Twice fallisce anche da questo punto di vista.

Sono il lupo cattivo!

La creatura demoniaca che perseguita le protagoniste di Don't Knock Twice riesce a essere uno spauracchio solo nella fase iniziale, soprattutto perché il giocatore non ha ancora idea di cosa aspettarsi. Il gioco mette ben presto le cose in chiaro servendo il primo dei cosiddetti "jump scare", vale a dire gli eventi inaspettati di cui il genere horror è infarcito da sempre. Un espediente per spaventare non necessariamente cattivo, ma del quale non bisogna abusare: è quello che purtroppo fa Wales Interactive, provando così a mettere la paura addosso a chi si trova col caschetto in testa. Non c'è dubbio che in un ambiente coinvolgente come quello della realtà virtuale il classico salto assuma tutto un altro effetto, ma per risultare credibile esso necessita di essere coadiuvato da altre dinamiche che rendano l'esperienza realmente terrificante. Questo purtroppo non avviene in Don't Knock Twice, dove passati i primi minuti di gioco tutto diventa telefonato: la presenza che sentiamo costantemente dietro alle nostre spalle non ci fa più paura, così come sappiamo benissimo dov'è che ci aspetterà la prossima porta che sbatte o il lampo che entra dalla finestra. L'assenza di enigmi degni di nota rende inoltre Don't Knock Twice un'esperienza meramente esplorativa, così come il fatto che la strega in realtà non prova mai ad attentare alla nostra vita - se non facendo saltare le coronarie. A seconda del tempo dedicato a soffermarsi sugli elementi che si trovano via via, la durata si aggira intorno alle due ore e qualcosina.

Libertà virtuale

Nonostante Don't Knock Twice sia un gioco concepito per la realtà virtuale, Wales Interactive ha dedicato parte dei suoi sforzi anche alla fruizione senza visori. In quest'ultimo caso il sistema di controllo è abbastanza classico, mentre nel momento in cui si va vivere la storia in primissima persona le cose cambiano a seconda della piattaforma di gioco. Su PC sono supportati i controller di Oculus e HTC Vive, mentre su PlayStation 4 viene offerta una libertà pressoché totale per la scelta del sistema di gioco. Qualora si sia in possesso del solo DualShock 4 l'interfaccia si lega infatti a quest'ultimo, adattandosi inoltre all'uso di un singolo Move o di una coppia nel caso in cui se ne posseggano due. Il movimento avviene tramite teletrasporto, scelta che permette agli stomaci più delicati di stare un po' più sereni, anche se a discapito del coinvolgimento garantito dal movimento lineare. Su PlayStation 4 la grafica appare senza infamia e senza lode, perdendo come da tradizione qualcosa nel caso in cui si impieghi PlayStation VR. Non sappiamo se ci siano o meno differenze di supporto tra PlayStation 4 base e modello Pro, su cui tuttavia è stato fatto girare Don't Knock Twice per questa recensione.