Redemption’s Song
Correva infatti il 1991 quando i giocatori giapponesi, sui loro allora nuovi fiammanti Super Famicom, si trovarono a vivere le vicende del Cavaliere delle Tenebre Cecil, dalla sua amata Rosa, del suo amico/rivale Cain e dì numerosi altri protagonisti che il dipanarsi della storia metteva loro man mano di fronte. C’era qualcosa di sensibilmente nuovo in quel quarto episodio, a parte l’ovvio upgrade grafico-sonoro reso obbligatorio dalla raddoppiata potenza computazionale rispetto a quella della quale avevano potuto giovarsi le prime tre Fantasie di Sakaguchi. Innanzitutto c’era per la prima volta una prima, reale intenzione di evolvere il genere ludicamente parlando, con l’introduzione dell’Active Time Battle System che rendeva i combattimenti a turni più dinamici e frenetici che non in passato. Ma soprattutto – perché, è inutile nasconderlo, la ragion d’essere principale del genere sta, oggi come ieri, nella sua efficacia nel raccontare una storia – c’era tutta una tensione nuova nella sceneggiatura, nei dialoghi, nella caratterizzazione dei personaggi. La storia di Cecil è ancora ambientata in un classicissimo medioevo fantasy con tutte le sue convenzioni al posto giusto, ma già si cominciano a vedere accenni di steampunk nelle aeronavi volanti che da qui in poi ricopriranno sempre un grosso ruolo in ogni episodio. La storia di Cecil però per la prima volta non è più una fiaba che vede a confronto il Bene e il Male Assoluti, perché lo stesso Cecil deve muoversi tra i due Regni in un vero e proprio percorso verso la redenzione, e operare la propria scelta tra mille umanissimi dubbi e perplessità resi dagli sceneggiatori con una maestria che da allora in poi sarà orgoglio e vanto del JRPG Made in Square e inevitabile pietra di paragone per tutti gli altri team. Chiaramente, chi oggi è abituato alle delizie del JRPG moderno, alla sua ricchezza di situazioni, di sfaccettature, di emozioni (e i filmati, in CG o Real Time che siano, in questo senso sono parte integrante dell’appeal di questo genere), troverà qualche ingenuità, un paio di limiti, una o due cose che sarebbero potute essere approfondite meglio, ma non faticherà a riconoscere, anche se talvolta solo in nuce, tutto lo stile che ancora oggi accompagna le vicende degli eroi – e degli antieroi – Square. Se poi questo vada più a favore della Squaresoft del 1991 o a detrimento della Square Enix del 2006, è tutto un altro problema.
Tempo Reale
Dal punto di vista prettamente ludico (per quanto il termine vada visto in un’accezione tutta sua quando si parla di JRPG) il discorso è più o meno lo stesso, perché anche in questo caso fu proprio con Final Fantasy IV che Square mise in campo tutta una serie di concetti, intuizioni, canoni che hanno accompagnato la saga fino ad oggi e che solo il dodicesimo episodio, l’ultimo, dimostra nei fatti di voler abbandonare, non considerando FFXI che va ascritto a tutto un altro genere. Il più importante dei quali è il già ricordato ATB System, che implementava la classica regola dei turni riconoscendo per la prima volta ad ogni personaggio una sua velocità nell’entrare in azione e permettendo conseguentemente ai mostri di agire anche mentre il giocatore era ancora impegnato a scegliere l’azione da compiere. Per il resto poi abbiamo fondamentalmente la stessa struttura a cui siamo abituati nei FF più recenti, estremamente lineare e caratterizzata dalla presenza di tutta una serie di elementi (i Chocobo!) che renderanno familiare l’atmosfera. Anche qui si potrebbe prendere spunto per un discorso su quanto sia cambiata la presentazione e quanto invece la sostanza nei giochi Square in tutti questi anni, ma non è questa la sede.
La storia di Cecil però per la prima volta non è più una fiaba
Quella che ci troviamo di fronte però non è la conversione pedissequa di un Capolavoro del decennio scorso, come abbiamo invece avuto modo di vedere nientemeno che su PlayStation e WonderSwan, piattaforme sulle quali FFIV già era stato convertito: il suffisso Advance è giustificato per questa nuova edizione portatile innanzitutto da una rivisitazione grafico-sonora che ora pone il titolo allo stesso, splendido livello di Final Fantasy VI per Super NES, e poi da diverse aggiunte alla trama e al sistema di gioco. Da quelle, rilevantissime, di un paio di dungeon freschi freschi e di nuovi dialoghi che arricchiscono e approfondiscono parte delle vicende e della personalità dei protagonisti, a quelle, meno importanti ma sempre piacevoli, della barra che indica il raggiungimento del proprio turno nella schermata di combattimento, di qualche opzione extra come il Bestiario Illustrato e di un paio di simpatici minigiochi e easter egg qua e là, in linea con l’evoluzione del genere. A parte questo il gioco rimane lo stesso, portandosi appresso anche delle caratteristiche che oggi sono francamente superate come i combattimenti casuali troppo frequenti e la scarsa varietà dei mostri da affrontare. Altre caratteristiche di fatto superate ma non per questo necessariamente da vedere con sfavore sono una certa difficoltà del tutto, e una linearità e semplicità nella crescita dei personaggi (da quand’è che non vedevamo nascere un eroe dal Livello 0 e praticamente privo di qualsiasi possibilità offensiva e difensiva?) e nello sviluppo della storia e nel sistema di gioco in generale che però, a seconda dei punti di vista, possono anche far piacere in un’epoca nella quale, per cercare evoluzione e originalità, in questi aspetti si sfiora spesso l’arzigogolo e il barocchismo. Fortunatamente FFIV Advance si porta appresso anche la leggendaria, sublime, assolutamente perfetta colonna sonora di Uematsu, secondo molti ancora oggi insuperata. Ascoltatela in ogni sua sfaccettatura e poi compratevi l’OST, che siamo di fronte ad una pietra miliare. Infine, riguardo alle altre conversioni, prima fra tutte la prima edizione occidentale che in America divenne Final Fantasy II, qui notiamo una fedeltà maggiore alla versione giapponese; da questo punto di vista nota di demerito all’edizione italiana, che sebbene come al solito impeccabile per correttezza e grammatica, troppo spesso non riesce a mantenere i toni drammatici dell’originale, per un effetto di contrasto tra la gravità dei fatti e il tono dei protagonisti poco piacevole.
Giudicare Final Fantasy IV nel 2006 non è facile come lo era nel 1991, quando la parola da usare era semplicemente Capolavoro. Ci troviamo in giorni nei quali a gran voce e da più parti si chiede la completa revisione di un genere che da anni non riesce a rinnovare altro che il modo in cui si offre al pubblico – a parte sporadici casi – e se Square Enix e Nintendo ci propongono nientemeno che il gioco che più di ogni altro ha posto quelle stesse basi che oggi si criticano, la perplessità è comprensibile. Chi riuscirà però a mettere da parte queste riserve, si ritroverà con un’esperienza memorabile, magari poco esaltante dal punto di vista ludico ma ancora splendida per storia, narrazione, personaggi e colonna sonora che entreranno nella memoria e ci resteranno per tanto tempo. Paradossalmente, il rivivere il solito schema privo però di quegli arzigogoli comparsi nel tempo potrebbe anche indurre in qualche giocatore la tanto sospirata sensazione di freschezza…
Come conversione e valore aggiunto poi FFIV Advance non si discute, lo sforzo c’è stato e si vede, e anche se già conoscete il titolo vale veramente la pena riviverlo in questa nuova edizione. Sempre che superiate le riserve di cui sopra…
Pro
- E’ nella top 3 della saga
- Remake eccellente
- Storia memorabile, colonna sonora superba
- Schema di gioco vecchio e lineare
- Troppi combattimenti casuali!
- Adattamento italiano non all’altezza
E’ opinione comune tra pubblico e addetti ai lavori che la quasi ventennale saga Squaresoft abbia visto la propria affermazione globale, a livello di successo e di qualità, solo col settimo episodio. Final Fantasy VII fu, in effetti, una vera rivoluzione per il mercato, per l’impatto che ebbe sulle classifiche e sull’accettazione del genere tra i giocatori occidentali. Non può più essere considerato tale qualora si andassero a considerare le caratteristiche del gioco vero e proprio, ovvero la sua storia, le sue tematiche così inusuali per il mondo dei videogiochi e il modo drammatico di esporle, nonché sistema di combattimento, crescita dei personaggi e via via enumerando tutti i fondamentali del Gioco di Ruolo alla giapponese. Da questo punto di vista FFVII fu “solo” il culmine di un lungo percorso che in realtà era iniziato ben sei anni prima con, per l’appunto, Final Fantasy IV.