Scocchiamo una freccia, manchiamo il bersaglio, che si abbassa d'improvviso, ma colpiamo comunque qualcosa. Ne scocchiamo una seconda e succede lo stesso. Abbiamo appena ucciso un nemico che non sapevamo nemmeno fosse apparso. Probabilmente non lo sapeva nemmeno lui, perché normalmente avrebbe potuto schivare, ma essendo fuori dall'inquadratura evidentemente non ha ritenuto necessario farlo. In fondo The Spirit of the Samurai è tutto in questa rozzezza di fondo qua, il che non è proprio un complimento.
Vorrei ma non posso
Sviluppato da Digital Mind Games, The Spirit of the Samurai prometteva davvero bene. Un gioco d'azione 2D a scorrimento laterale con grafica in stop motion non si vede tutti i giorni. In effetti ogni tanto, durante le cinque ore che abbiamo impiegato per finirlo, ci siamo fermati per ammirare alcuni scenari davvero ben realizzati, tra villaggi in fiamme e montagne con speroni rocciosi che sembrano dei demoni.
Eppure la storia di Takeshi, un samurai con delle premonizioni che gli annunciano il risveglio di una forza malvagia e del suo esercito demoniaco, non decolla mai, con il gameplay che rimane sempre rasoterra, il sistema di combattimento che peggiora con l'avanzare del gioco e una sensazione generale di vorrei ma non posso dovuta in parte proprio allo stile grafico, che rende l'azione meno fluida di quanto dovrebbe, creando non pochi problemi sia nelle sezioni platform, sia negli scontri contro più avversari.
Storia e personaggi
All'inizio di The Spirit of the Samurai il villaggio di Takeshi viene attaccato. Il suo mentore, più preoccupato di farci da tutorial che di difendere gli abitanti, non riesce a contenere l'aggressione insieme ai suoi uomini, che pure si erano preparati per anni proprio per l'occasione. In questo senso l'avvio della storia è abbastanza confuso e non viene fatto molto per farci empatizzare con la situazione. Il nostro villaggio è stato distrutto, ma non sembra interessarci granché.
Di preciso non sappiamo nemmeno che fine abbiano fatto gli abitanti, di cui non ci preoccupiamo minimamente, nonostante dovremmo saperne qualcosa dei piani d'emergenza; dopotutto siamo il guerriero più in vista del posto, braccio destro del gran capo, a cui tutti si rivolgono in caso di necessità. Inoltre non viviamo propriamente in una metropoli. Comunque sia, a un certo punto incontriamo il nostro gatto, Chisai, che esce da una pila di cadaveri e si unisce alla battaglia, dandoci una mano ad affrontare i demoni. In alcune sequenze dovremo anche controllarlo. Si tratta per lo più di fasi platform o di scalata, in cui il felino è incaricato di raggiungere dei luoghi altrimenti inaccessibili.
Purtroppo anche con il proseguo della storia non viene fatto nulla per coinvolgerci nelle vicende dei personaggi, che appaiono come dei gusci vuoti di cui non si sa nulla e di cui non interessa sapere nulla, tanto che uno dei colpi di scena principali, in cui finiamo per prendere il controllo di uno spirito kodama (uno spiritello degli alberi), si vive nella totale indifferenza.
Sistema di combattimento
Quindi Takeshi (ma anche il gatto e il kodama) è un avatar pensato per prendere e dare schiaffi, per così dire, senza che le sue vicende pesino troppo sull'esperienza. Verrebbe da pensare che questo sia il focus dell'esperienza, ma non lo è in senso positivo. Il sistema di combattimento è basato sul portare attacchi differenti con lo stick destro del controller (sconsigliamo di giocare con mouse e tastiera su PC). A ogni direzione corrisponde una combo, che può essere modificata in un apposito menù, inserendo ad esempio dei colpi più lenti e potenti, o creando sequenze di fendenti molto veloci, ma relativamente deboli.
Alcuni attacchi vengono influenzati dalle pose di Takeshi, che può parare, saltare e rotolare dietro agli avversari. Volendo si possono anche eseguire dei virtuosismi cambiando la direzione dell'attacco durante l'esecuzione dello stesso. Il tutto al prezzo della classica barra di stamina. Nemmeno a dirlo, uccidendo mostri si sale di esperienza e si possono distribuire punti su quattro caratteristiche, che sbloccano dei nuovi colpi. Altri si possono trovare esplorando la mappa. Takeshi ha anche altre armi a disposizione, come un arco o dei kunai, che però incidono poco sul sistema.
In linea teorica il giocatore deve studiare le combo cercando di creare il mix che più si adatta al suo stile di combattimento. In pratica, però, The Spirit of the Samurai riesce nell'impresa di vanificare tutto il suo potenziale, finendo per premiare gli attacchi ripetuti e casuali. Fondamentalmente, quando si affronta più di un nemico alla volta, in particolare quando ci sono anche degli arcieri, a regnare è la confusione: gli attacchi arrivano da tutte le parti, eroe e nemici si muovono leggermente a scatti per via dello stop motion e l'unica tattica che sembra davvero pagare è quella di continuare a rotolare di qua e di là per colpire al primo spiraglio che si presenta.
Sulla carta possiamo anche eseguire delle parry per poi portare dei potenti contrattacchi, ma conviene farlo solo negli scontri uno contro uno, visto che quando ci sono più nemici diventa spesso impossibile capire da dove arrivano i colpi e di energia non se ne ha mai a sufficienza (nonostante la grande abbondanza di pozioni curative che si trovano in giro). I boss stessi da questo punto di vista non offrono molto di più. Sono nemici più grossi e con una barra della salute più ampia, dotati di schemi di attacco unici. Il problema è che anche contro di loro finisce per pagare la tattica usata contro i nemici comuni, nonostante il maggiore impegno richiesto per eseguire le schivate e l'attenzione necessaria per piazzare le combo. A peggiorare le cose è il sistema di feedback, che non rende proprio evidente quando un colpo è andato a segno, rendendo alcuni scontri davvero scivolosi, con i nemici che sembrano attraversare alcuni attacchi.
Fasi platform
Altro grosso problema di The Spirit of the Samurai è nelle fasi platform. Anche qui ritorna il discorso fatto in precedenza sullo stop motion, che visivamente è gradevole, ma crea alcune situazioni davvero goffe, tra salti che vanno a vuoto perché non riesce a leggere bene la posizione di Takeshi in movimento, trappole posizionate in modo tale da ucciderci a sorpresa almeno una volta, cadute accidentali dovute alla difficoltà di lettura dello scenario e così via. Alla fine ci si abitua a tutto e si riescono ad anticipare anche alcune situazioni, ma non è così che dovrebbe funzionare. Con questo non vogliamo dire che The Spirit of the Samurai sia troppo difficile o che non si riesca ad andare avanti. Tutt'altro. Semplicemente lo si fa nel modo meno piacevole possibile.
Per il resto rimane poco da dire. Sinceramente non troviamo un motivo per consigliare davvero The Spirit of the Samurai. Forse i fan sfegatati dello stop motion potrebbero trovarlo interessante per capire quanto sia difficile aggirare i limiti di questa tecnica d'animazione in un action, ma è davvero poco. Peccato.
Conclusioni
The Spirit of the Samurai è un progetto nato da un'idea estetica, quella di realizzare un gioco d'azione in stop motion, che non si è concretizzata in un gameplay apprezzabile, tra problemi nei controlli, un sistema di combattimento che non riesce mai davvero a esprimersi e delle fasi platform da dimenticare. Se ci aggiungiamo anche la storia mal raccontata, capirete che il quadro è abbastanza penoso, nonostante la bellezza di alcuni scenari e la simpatica idea di farci usare dei personaggi alternativi in alcune sezioni del gioco.
PRO
- Tre personaggi da usare
- Alcuni scenari sono molto belli
CONTRO
- Sistema di combattimento
- Fasi platform imprecise e, a volte, poco leggibili
- Storia senza mordente, per personaggi piatti