Wolfenstein: Cyberpilot, oggetto di questa recensione, approfitta del lancio di Youngblood per proporci la prima esperienza in realtà virtuale ambientata nel mondo di Wolfenstein. Uno spin-off che non nasce a caso, insomma, visto che ha il grosso vantaggio di poter riutilizzare le ambientazioni e gli asset del nuovo episodio della serie per raccontarci una storia parallela a quella delle gemelle Blazkowicz, ambientata anch'essa nella Parigi del 1980 alternativo in cui l'Europa è ancora sotto il dominio dell'esercito nazista. Indossato il visore PlayStation VR, ci si ritrova nei panni di un personaggio non meglio identificato, seduto in una postazione di controllo che si trova all'interno di una base della resistenza francese. Veniamo messi al corrente della situazione dalla voce di Maria e dai messaggi testuali della sua assistente: i ribelli sono entrati in possesso di alcuni dei potenti robot costruiti dai tedeschi, allo scopo di riprogrammarli per consentirci di comandarli in remoto e utilizzare dunque le armi del nemico contro il nemico stesso.
Gameplay e controlli
L'incipit di Wolfenstein: Cyberpilot non è affatto malvagio, insomma, e navigare la struttura in cui ci troviamo diventa ben presto un'esperienza affascinante e immersiva: il sedile a cui siamo ancorati può spostarsi rapidamente in verticale per raggiungere quattro differenti livelli, uno dei quali è deputato alla configurazione dei tre robot che andremo a utilizzare nel corso delle missioni: il quadrupede lanciafiamme Panzerhund, il drone volante Wespe e il colossale Zitadelle. Le operazioni di hacking si svolgono alla stregua di un semplice minigame basato sulla manualità: ci viene chiesto di ruotare l'unità fino a individuare uno sportello con una luce lampeggiante, avvicinarla alla nostra postazione, usare un piede di porco per aprire il vano, estrarre un chip, riprogrammarlo e quindi reinserirlo.
Ci sono alcune varianti di queste meccaniche che trovano posto nel corso della breve campagna del gioco, e che purtroppo entrano un po' in crisi dal punto di vista dei controlli quando ci viene chiesto di eseguire operazioni su oggetti che si trovano alla nostra destra o alla nostra sinistra: in tali occasioni la rilevazione del DualShock da parte della PlayStation Camera appare particolarmente problematica e bisogna andare un po' a tentoni. Fortunatamente una volta in missione tutto funziona bene, si può optare per il tradizionale spostamento della visuale a scatti (regolando in tal senso i gradi dell'inclinazione istantanea) oppure renderla fluida nel caso non si abbiano problemi di motion sickness, mentre è l'inclinazione del controller a gestire il mirino.
Ogni macchina da morte nazista dispone di armi differenti: il Panzerhund sputa letteralmente fuoco dalla bocca, il drone è equipaggiato con un cannone elettrico efficace solo dalla breve distanza e infine il Zitadelle può optare per un mitragliatore Gatling sul braccio destro e un lanciamissili su quello sinistro. Il reticolo tende talvolta a decentrarsi, ma basta ricorrere alla funzione di auto-riparazione (dei piccoli droni intervengono al volo per riparare i danni della macchina) per ricalibrarlo. Proprio questa funzionalità, unitamente all'abilità speciale (un sistema di occultamento per il drone, una barriera energetica per il colosso), contribuisce a sminuire in maniera sostanziale il grado di sfida dell'esperienza: basta sopravvivere a un singolo scontro a fuoco per poter ripristinare l'energia vitale e procedere oltre e questo, insieme a un'intelligenza artificiale dei nemici decisamente basica, trasforma la campagna in una passeggiata di salute.
Trofei PlayStation 4
Sono ventitré i Trofei disponibili in Wolfenstein: Cyberpilot. Alcuni di essi si ottengono semplicemente portando a termine le missioni che compongono la campagna, altri sono legati ad azioni specifiche che si svolgono sia durante le fasi di briefing che nel mezzo dell'azione: uccidere dieci nazisti in cinque secondi con il Zitadelle, completare un incarico con il Panzerhund senza usare il lanciafiamme, ricorrere all'abilità Sfondamento per eliminare cinque nemici e così via.
Struttura e realizzazione tecnica
La mancanza di sfida è certamente uno dei problemi di Wolfenstein: Cyberpilot, segno evidente che per le applicazioni in realtà virtuale si cerca ancora il giusto equilibrio fra accessibilità e complessità, cosa che nel caso di un team esperto ma alle prime armi con la VR ( come Arkane Studios) si pone purtroppo come un dazio parecchio salato da pagare. Dopodiché c'è il proverbiale elefante nella stanza, la durata: la campagna del gioco è composta da appena quattro missioni che si completano in meno di due ore, e qui purtroppo è impossibile trovare qualsivoglia giustificazione. Se infatti si è pensato di realizzare questo spin-off approfittando degli asset già pronti di Wolfenstein: Youngblood, non riusciamo a comprendere quale sarebbe stato il problema nell'inserire come minimo il doppio degli incarichi, portando la durata totale dell'esperienza vicino a quelle quattro ore che rappresentano solitamente la media per questo tipo di applicazioni e per la fascia di prezzo dei 19,99 euro.
Non viene neanche da fare il paragone con il già citato Youngblood in termini di rapporto fra costo e contenuti: sarebbe davvero impietoso. È un peccato, perché l'espediente narrativo messo in piedi per l'occasione aveva un certo potenziale (e abbiamo apprezzato la sorpresa finale), il gameplay vanta un certo grado di varietà grazie all'approccio stealth del drone e il lore creato da MachineGames si conferma anche in questo caso molto affascinante. Sul piano tecnico ci si muove invece fra alti e bassi: la diminuzione della risoluzione si percepisce in maniera abbastanza netta e si è giocato al risparmio su qualità degli asset ed effettistica, ma visivamente il gioco si comporta discretamente bene e il doppiaggio in italiano risulta ben fatto.
Conclusioni
Wolfenstein: Cyberpilot parte da ottimi presupposti ma non riesce a sfruttare se non in minima parte il proprio potenziale. L'idea di controllare in remoto alcune fra le più potenti macchine della morte tedesche e combattere i soldati nazisti fra le strade di una Parigi alternativa del 1980 è senza dubbio vincente, e in termini di gameplay e controlli le cose funzionano esattamente come dovrebbero; ma la sfida è davvero troppo banale per via di reazioni appena accennate da parte degli avversari, che il più delle volte se ne stanno fermi a farsi bruciare o riempire di proiettili. Le sezioni stealth con il drone appaiono più interessanti e variegate, ma non si ha neppure il tempo di apprezzare tali sfumature che la campagna è già finita, essendo composta da sole quattro missioni.
PRO
- Incipit affascinante
- Ottimi controlli
- Interessanti sezioni stealth
CONTRO
- Brevissimo, si completa in meno di due ore
- Troppo facile
- Downgrade grafico evidente rispetto a Youngblood