E prima o poi doveva succedere anche noi. Queste righe le abbiamo scritte alle sette di sera, alla vigilia della manutenzione che, Yoshida ha promesso mano-sul-cuore-che-io-possa-morire, dovrebbe risolvere gli imbarazzanti problemi di collegamento ai server di Final Fantasy XIV: A Realm Reborn. È stata una gran seccatura, credeteci, perché siamo sempre riusciti ad entrare dopo pochi minuti di tentativi fin dall'early access.
Poi in America c'è stato il Labor Day, e quel giorno di vacanza in più dei nostri amici yankee deve aver dato il colpo di grazia ai criceti che facevano girare i server occidentali di Square Enix: in quel weekend, noi siamo riusciti a collegarci solo col contagocce, e a tarda notte, giusto il tempo di fabbricare qualche armatura e completare qualche Levequest, comprendendo finalmente l'irritazione di una gran parte dell'utenza, soprattutto perché avevamo appena sconfitto Titan e volevamo scoprire come sarebbe proseguita la storia. E questa brutta pubblicità è stata un gran peccato, per due ragioni: primo, perché A Realm Reborn è proprio un bel gioco che tutti i fan del genere MMORPG dovrebbero provare e, secondo, perché tutti questi problemi hanno gravato sulla già difficile eredità del titolo firmato Square Enix. Ironicamente, il reboot orchestrato da Naoki Yoshida non sembra solo un buon MMORPG, ma anche uno dei migliori Final Fantasy degli ultimi anni. E considerando la schifezza che era il client originale del 2010, ci sarebbe da esibirsi nei proverbiali novanta minuti di applausi.
Il problema dei server
Nota bene: tra l'introduzione e questo primo paragrafo abbiamo passato altri dieci minuti a spingere ripetutamente il tasto 0 sul numpad per accedere alla schermata di selezione del personaggio, selezionare appunto il nostro personaggio e lanciare la connessione con il server di gioco... per poi vederci sbattere in faccia il solito messaggio a schermo nero, che il mondo è pieno e che dobbiamo riprovare più tardi, bla bla bla.
Questo quando la connessione con il server non si è proprio interrotta e il client non si è chiuso automaticamente, costringendoci a rilanciare il software e ad imprecare ogni volta in sanscrito antico. Insomma, ma che è successo? I lanci problematici di un nuovo MMORPG non sono esattamente una novità, e generalmente si traducono in ingolfamenti e disservizi che rendono la vita ardua sia ai giocatori sia agli sviluppatori in quei primi, cruciali giorni dopo la release. Nel caso di Final Fantasy XIV, la community si è "divertita" a elaborare le teorie più disparate. Qualcuno ha suggerito che Square Enix non si aspettasse una tale affluenza di giocatori (si è parlato di un picco di 280.000 contemporaneamente) soprattutto dopo il catastrofico flop della versione 1.0, che ragionevolmente avrebbe dovuto suscitare qualche dubbio persino nei suoi acquirenti originali. Però no, non è un'ipotesi valida: Square Enix sapeva bene quale mole avessero raggiunto i preordini del gioco, soprattutto dopo che si era palesata già in Beta la qualità quantomeno iniziale del prodotto. Qualcun altro ha accusato Square Enix di razzismo: i server giapponesi sembrerebbero essere più numerosi e più stabili di quelli occidentali che, collocati in America, comprenderebbero anche i famigerati server europei (il che spiega il ping generalmente abbastanza elevato).
Altri ancora ritengono che Square Enix abbia dormito sugli allori, proponendo una versione riciclata e moderatamente aggiornata dei vetusti codici di Final Fantasy XI: questo spiegherebbe assurdità come la coda che a volte appare e a volte no e che quando appare il più delle volte viene interrotta da una disconnessione. Ci sono anche altri fattori che hanno suscitato non poche perplessità, come per esempio il fatto che non esista un algoritmo in grado di scollegare dai server i personaggi inattivi (AFK) per più di trenta minuti. Forse credendo che tutti abbiano il senso dell'onore dei giapponesi, Yoshida non ha tenuto conto del fatto che moltissimi giocatori - anche italiani, spiace dirlo - hanno approfittato della cosa per non scollegare mai il personaggio, vivendo la propria vita, dormendo, mangiando e andando a lavorare, con il loro avatar ad attenderli sempre nello stesso posto, pronto a essere controllato al loro ritorno dopo aver occupato per ore e ore un preziosissimo slot nel server. La verità, per noi, sta un po' nel mezzo. È chiaro che il team di Yoshida sia stato colto impreparato dall'interesse dei giocatori nei confronti della sua creatura, ed è altrettanto chiaro che almeno parte della tecnologia a cui si è appoggiato non è esattamente al passo coi tempi: basti pensare ai problemi con la registrazione dei codici di accesso anticipato e della Collector's Edition che si sono verificati prima del lancio ufficiale, con ritardi, errori a profusione e astruse meccaniche basate su codici necessari a ottenere... altri codici. Alle soluzioni provvisorie e abbastanza eccessive come la chiusura dei server e la sospensione della vendita in digital delivery del gioco, è seguita una manutenzione di quasi dodici ore che ha potenziato i sistemi e aggiunto nuovi server, ampliando la capacità di ciascuno di essi, mentre lo staff ha promesso sette giorni di gioco gratis aggiuntivi in segno di scusa nei confronti di chi ha comprato e registrato il gioco ma non ha potuto usufruire, come meritava, dei primi giorni del mese di prova. A una settimana dalla manutenzione, i risultati si vedono, ma se volete sapere com'è finita davvero non vi resta che leggere la nostra futura recensione (o il settimanale Expa che ti Passa nel contenitore PC Magazine del sabato, dove sicuramente torneremo a parlarne).
Il reboot di Naoki Yoshida si sta rivelando uno dei migliori Final Fantasy degli ultimi anni
Chi ha paura del Primal cattivo?
Ma torniamo al gioco. Scopo di questo articolo è rendervi partecipi delle nostre prime impressioni maturate in queste due settimane (qualcosa di più, se contiamo anche la fase quattro della Beta) per darvi un'idea di come stiamo affrontando l'avventura e di che tipo di voto potreste aspettarvi in sede di recensione. Un'operazione delicata, se si considera la proposta ai limiti della truffa che era la versione 1.0 del client, lentamente trasformata in un prodotto quantomeno decente dal team di Yoshida dopo l'allontanamento del precedente staff di pagliacci. Come forse alcuni di voi sapranno, le varie fasi della Beta imponevano un limite ai livelli raggiungibili e alle zone esplorabili; un espediente che, in tanti anni di MMORPG, di solito si è tradotto in due modi:
volontà di mantenere il riserbo sui contenuti successivi per sorprendere i giocatori, a volte, ma molto più spesso l'incompletezza generale del gioco. Qualcuno ricorderà i lanci di Age of Conan o di Aion, con quei primi venti livelli ricchissimi ai quali seguivano problemi a mai finire. Il nostro timore, insomma, era che anche con A Realm Reborn potesse verificarsi qualcosa di simile. Una paura smentita, fortunatamente, dalla quantità e ricchezza di contenuti a tutto tondo che il gioco propone praticamente da subito. Dicevamo di Titan, in apertura: si tratta di una Trial di livello 34 circa, praticamente un singolo encounter istanziato che si sblocca dopo aver completato un lungo arco narrativo composto da molteplici missioni. I Primal giocano un ruolo importantissimo in questo reboot, scatenati dalle tribù indigene di Eorzea dopo la Calamità che l'ha colpita quando l'Impero di Garlean ha risvegliato Bahamut alla fine della versione 1. Noi avevamo già sconfitto Ifrit, ma per combattere Titan abbiamo prima dovuto chiedere aiuto alla compagnia di eroi che l'aveva affrontato e sconfitto qualche anno prima: abbiamo quindi dovuto superare le loro prove per dimostrare di essere all'altezza, e infine, dopo aver sbloccato la Trial, abbiamo usato il pratico Duty Finder per unirci ad altri tre giocatori e combattere l'enorme Primal della terra. Uno scontro avvincente, caratterizzato da meccaniche piuttosto interessanti che suggeriscono quello che vedremo in futuro - specialmente durante i raid in endgame - e che dimostrano la bontà del gameplay fin dai primi livelli. Titan non è una mezza calzetta; anzi, può uccidere sul colpo se non si sta attenti a schivare le sue abilità ad area. Richiede un minimo di coordinazione nel cambiare bersaglio, soprattutto quando imprigiona nella roccia i nostri compagni, e riflessi pronti. Un bello scontro, insomma, spiato da Nero tol Scaeva e l'Uomo Mascherato, due nuovi nemici che, da bravi villain fantasy, tramano nell'ombra e sghignazzano alle nostre spalle.
La storia di Final Fantasy XIV: A Realm Reborn parte dall'ottimo presupposto (narrativo, ovviamente) della Calamità e ci accompagna per tutta l'avventura, circondata da una quantità esorbitante di missioni secondarie a volte stupide e a volte meno. Non nascondiamo che ci ha messo un bel po' a ingranare: lo stile tutto giapponese di propinarci testi lunghissimi da leggere (raramente parlati, a differenza di quanto inizialmente promesso) si è rivelato un po' indigesto quando c'era ben poco mordente a reggere le nostre vicissitudini. Intorno a livello 25-30, però, le cose si fanno molto più interessanti: si comincia a delineare una nuova minaccia, si scopre di più sui beastmen e sui Primal, l'Impero ricomincia a rompere le scatole e ci ritroviamo sempre più spesso a interagire con i vari personaggi, specialmente quelli già incontrati nella versione 1 come la fiera Kan-e-Senna o il buffo Papalymo. In questo senso, insomma, non si tratta di un mero pretesto per giustificare il leveling, ma un plot organico - anche se magari un po' prolisso - che sembra presagire un'evoluzione coi fiocchi. C'è anche una cosa che all'inizio ci ha lasciato un po' perplessi ma che via via abbiamo apprezzato: il backtracking. Una specie, cioè. Più volte, la main quest ci chiede di tornare a visitare zone di basso livello già esplorate, soltanto per parlare con un NPC o affrontare un singolo combattimento prima di spostarci in una nuova area. Alla fine, abbiamo cominciato a rispettare una scelta forse non proprio fluida, ma che comunque ha due grandi pregi: primo, rende il mondo più coeso; secondo, lo rende più popolato e più vivo.
Hit it like you mean it!
Un'altra perplessità di cui avevamo parlato durante la Beta e che è stata sfatata da queste due settimane di gioco (be', non del tutto) riguarda il sistema di combattimento. Abituati come eravamo al frenetico e collaudato sistema di World of Warcraft o all'action-game che sostanzialmente è Guild Wars 2, avevamo mal digerito i tempi di ricarica globali di A Realm Reborn, temendo di addormentarci durante gli scontri. Bisogna ammettere che il sistema di combattimento rinnovato di A Realm Reborn fa una magra impressione iniziale, sopratutto per via della penuria di abilità attive e del suddetto tempo di ricarica globale.
Si comincia ad apprezzare di più dopo aver sbloccato il sistema Armory e le abilità mutuabili dalle altre classi, e solo verso il 30, dopo essersi messi alla prova nei dungeon un po' più complicati come Bryflox' Longstop o Haukke Manor, se ne comincia ad apprezzare molto di più le caratteristiche ibride, con quegli attacchi ad area dei nemici che bisogna accuratamente evitare e le combo di attacchi speciali da ruotare minuziosamente per infliggere più danni o tenersi i nemici incollati addosso, nel caso dei tank. I livelli iniziali del gioco soffrono di una potente anonimia, perché le varie classi iniziali cercano di essere quelle tradizionali del franchise senza riuscirci davvero (a parte l'ultimo arrivato, l'Arcanist con il suo adorabile Pika--- ehm, Carbuncle). Problema, anche questo, che si risolve raggiunti determinati livelli con alcune combinazioni di classi, sbloccando i famosissimi Job e tutta una serie di feature e abilità che caratterizzano/specializzano meglio i ruoli dei giocatori. A Realm Reborn, insomma, soffre un po' l'eredità del suo fallimentare predecessore nella forma di radici che il buon Naoki Yoshida non poteva recidere del tutto. Ci è apparso, anzi, semplicemente superlativo il lavoro svolto dal suo staff nell'arco di un misero biennio: A Realm Reborn non sarà forse il miglior MMORPG sulla piazza in campo visivo, ma offre comunque scorci e panorami incredibilmente complessi e affascinanti. Si soffre un po' per le aree divise da caricamenti, le barriere invisibili e il limite di movimento imposto da mappe un po' ristrette, ma la struttura del gioco non fa rimpiangere più di tanto la libertà offerta dalla concorrenza. Abbondano i mezzi di trasporto, ad esempio, tra traghetti, teletrasporti, aeronavi e Chocobo automatici. La mascotte pennuta di Square Enix, peraltro, si ottiene intorno a livello 20, le si da un nome e si può cavalcare a piacimento;
poi, una decina di livelli più tardi, si impara persino a convocarla per combattere insieme a lei, sviluppandola un po' come fosse un personaggio. Yoshida ha infarcito il "suo" gioco di chicche come questa, mutuate da un po' tutti gli altri MMORPG sulla piazza. Esempio eclatante, le F.A.T.E.: missioni aperte a tutti e temporanee palesemente ispirate agli eventi dinamici di Guild Wars 2, e che infatti i giocatori cominciano a sfruttare alla stessa maniera, passando a mo' di trenino da una all'altra per massimizzare l'introito in termini di ricompense. Le F.A.T.E. sono solo una delle alternative proposte in fase di leveling, tra dungeon, Levequest, Hunting Log e Guildhest. Spiegare tutto qui non avrebbe senso, sta di fatto che quando ci si collega si ha una buona varietà di opzioni che, amalgamate per bene, rendono l'esperienza ricca e interessante ad ogni partita. Resta da verificare un dubbio, nelle prossime settimane: la crescita delle altre classi. Esaurite le missioni principali proposte dal gioco, principale fonte di punti esperienza, le possibilità offerte al nostro personaggio nel caso voglia intraprendere una nuova classe si restringono, rendendone la crescita un po' più faticosa. Ci penseremo a tempo debito e vi diremo se Square Enix ha gestito nella maniera appropriata anche questo importane aspetto del franchise che probabilmente hanno tenuto particolarmente d'occhio soprattutto i veterani di Final Fantasy XI, il precedente MMORPG di Square Enix.
Tirando qualche somma
Dopo quasi due ore di tentativi sparsi, siamo finalmente riusciti a collegarci al server, e siamo apparsi nella nostra stanza presa in affitto ieri sera prima di chiudere il client. La prima cosa che abbiamo fatto al nostro ingresso, però, non è stato salutare in Linkshell o uscire dalla locanda per ricominciare la nostra avventura; no, noi abbiamo chiamato i nostri Retainer per vedere un po' cosa abbiamo venduto in asta, perché siamo anche degli avidi commercianti. Al sistema di crafting di Final Fantasy XIV: A Realm Reborn dedicheremo più di qualche rigo in fase di recensione, non solo perché è molto interessante (la buttiamo lì: il migliore attualmente esistente sul mercato MMORPG) ma perché suscita un conflitto all'interno del gioco che rischia di intaccarne l'esperienza. Per farla breve, in A Realm Reborn si vive un netto contrasto tra l'essenza stessa dei Disciple of the Hand/Land (cioè le classi votate al crafting, appunto) e la loro necessità. Mentre in molti altri MMORPG il crafting è una pratica accessoria che serve a sostenere il nostro personaggio in modo del tutto facoltativo, in Final Fantasy XIV vuole essere, sì, un sostegno, soprattutto attraverso la possibilità di ripararsi automaticamente l'equipaggiamento o di incastonare le Materia,
ma contemporaneamente cerca di essere anche una valida alternativa contenutistica nel senso che le classi crafting richiedono un impegno e una dedizione pari - se non addirittura superiore! - a quelle da combattimento. Soddisfazioni? Tante, ma solo a livelli alti, e arrivarci non è questione di premere un tastino e guardare una barra crescere mentre si prende il caffè. Torneremo a parlarne, come abbiamo detto. Per il momento, siamo sorprendentemente soddisfatti dalla qualità del prodotto di Naoki Yoshida, anche se ad aver fatto breccia nel nostro cuore sono soprattutto due cose, più che il gameplay: la colonna sonora, strabiliante, e la quantità spropositata di fanservice che rasenta un preoccupante "livello nerd". Abbiamo incontrato un Roegadyn tonto con i capelli arancioni e un chocobo tatuato sulla guancia che parlava di Titan ostinandosi a chiamarlo "Tidus"... volete mettere? Detto questo, mentre salvavamo l'articolo nel nostro database, abbiamo dato un'occhiata al nostro client: siamo stati disconnessi e ora si ricomincia la trafila del log-in. Se in quel momento stavate giocando alla faccia nostra, sappiate che vi abbiamo odiato con tutto il cuore.