Come anticipato qualche mese fa, Nintendo ha chiuso l'anno fiscale, terminato a marzo 2014, in rosso. La perdita netta ammonta a circa 230 milioni di dollari. Sono cifre preoccupanti, ma quasi risibili se rapportate a quelle Sony, che limitandoci al bilancio 2014, nonostante una pimpante Play Station 4, si è caricata 1 miliardo e 300 milioni di dollari sul groppone. Volendo estendere l'analisi al recente passato, il 2013 è stato l'unico degli ultimi sei anni in cui l'azienda giapponese, ci riferiamo a Sony, ha guadagnato qualcosa. Ma allora perché il "rosso" Nintendo fa tanto rumore? Per la sua storia, innanzitutto.
È sempre stata un'azienda sana, e foriera di profitti: anche nelle epoche considerate buie - da critici e analisti - ha generato guadagno, erigendo un'immagine virtuosa che si è corrotta nel 2012. In secondo luogo perché, a differenza che in passato, il futuro appare opaco, imperscrutabile. Quando Nintendo chiuse la prima "console war" da sconfitta, in epoca PlayStation One, la mossa successiva sembrò comunque obbligata: mantenere alta la qualità dei propri titoli, cercando allo stesso tempo di riallacciare i rapporti con le terze parti. Storicamente è proprio il 2004, un'esatta decade fa, a ricordare maggiormente la situazione attuale: un periodo segnato da un GameCube allo sbando e da un Game Boy Advance dominante, con la temuta Sony pronta a conquistare anche il settore portatile. Sappiamo com'è andata: DS e Wii avrebbero riportato le cose a posto, ma ciò che ci interessa in questo caso, ciò che accomuna i due contesti, è proprio la concomitante minaccia a entrambi i settori, portatile e casalingo. Con un agonizzante Wii U e un Nintendo 3DS rimasto solo contro gli smartphone (et similia), la situazione è seria. Molto più critica dei 230 milioni di dollari persi quest'anno.
Dare dignità alla vita del Wii U mentre si finanzia il riarmo: Nintendo, adesso, è questo
Salvate il soldato Wii U
Le frasi di Iwata non vanno mai sottovalutate, perché quando nel 2004/2005 parlava di Blue Ocean e concetti affini, quando nessuno lo ascoltava, stava inviando moniti pre-imperiali. Se siete interessati voi stessi a leggere il recente colloquio con gli azionisti, naturalmente in inglese, lo trovate qui. I temi trattati sono stati principalmente due: cosa fare per migliorare le condizioni attuali, e dove investire per garantirsi un futuro prosperoso.
Partiamo dalle stime di vendita per il 2015: Nintendo prospetta di piazzare 12 milioni di Nintendo 3DS e soli 3,6 milioni di Wii U, con l'unico obbiettivo di non terminare un altro anno fiscale in rosso. Accantonando per un attimo il Nintendo 3DS, che pur fruttuoso risulterebbe lontano dai numeri di Game Boy Advance e (soprattutto) Nintendo DS, a sconcertare sono le previsioni relative alla home console: accadesse quanto profilato, il Wii U arriverebbe a marzo 2015 con circa 9,5 milioni di unità vendute worldwide, un traguardo tagliato dal GameCube dopo un anno e mezzo dall'uscita, quindi dodici mesi prima della piattaforma attuale. Un GameCube che avrebbe chiuso il suo ciclo vitale piazzando globalmente 21 milioni di macchine, una cifra che, dovessero gli eventi andare come preventivato da Nintendo, diverrebbe addirittura un miraggio per Wii U. Di certo Iwata non ha millantato cifre improbabili come l'anno scorso: i 3,6 milioni sono la soglia minima che consentirebbe di tornare in attivo, e dovrebbero essere garantiti, secondo i piani, anche dai soli Mario Kart 8 e Smash Bros. Quello che è emerso dalle parole del presidente Nintendo, e poco c'entrano onore ed etica, è che il Wii U verrà supportato fino alla fine, costi quel che costi, per incentivare l'acquisto della prossima piattaforma. O, sarebbe meglio dire, per non precluderlo. Sostenere il proprio sistema è fondamentale, per vendite, immagine e mosse future: il GameCube ne è un esempio, e un esempio ancor più fortunato è costituito da PlayStation 3, che nonostante la partenza ha chiuso alla grande, e soprattutto ha spianato la strada alla macchina successiva. Iwata ne è consapevole, e almeno a parole si è dimostrato determinato a proseguire su questa strada. All'E3 vedremo in che maniera si concretizzeranno gli intenti.
Ipotesi di futuro
Tra le risposte discorsive di Iwata ci sono alcuni concetti, alcune frasi che, estrapolate dal resto, danno un'idea di quello che sarà Nintendo in futuro. E consigliamo ai conservatori di prepararsi a qualche trauma, perché pare che il piccolo nipponico dall'improbabile inglese non sia intenzionato a subire gli eventi. Le novità coinvolgeranno sia le prossime console sia la strutturazione stessa dell'azienda.
Poco interessante per i giocatori l'istituzione di un dipartimento business che riferirà direttamente al presidente - meno potere ai creativi? - più rilevante la centralità riservata agli account utente, che consentiranno, in un futuro non troppo lontano, di interagire coi titoli Nintendo anche da cellulare e computer, oltre che, auspicabilmente, di trasportare software da una piattaforma all'altra. Delle mosse fin qui relativamente prevedibili; meno pronosticabile invece l'interesse per il potenziale sviluppo extra-console. Iwata ha più volte rimarcato che Nintendo è un compagnia che crea intrattenimento, un'azienda che esisteva ben prima dei videogiochi, e che questa identità, ora messa in disparte, dovrebbe consentire dei profitti anche nel caso le console andassero male. Un'affermazione forte, sebbene avvolta ancora dalla nebbia. Cosa intende fare di preciso? Non abbiamo indizi concreti, se non il famigerato QoL, "Quality of Life", che potrebbe inserirsi in questo discorso: almeno su questo argomento, ne sapremo di più all'E3. È possibile, se non probabile, che Iwata ritenga che le console possano costituire un limite per i software stile Wii Fit: perché privarsi di simili introiti per cinque lunghi anni, quando questi prodotti potrebbero essere commercializzati su una piattaforma a parte? Si tratta di un argomento complesso, per il momento fermiamoci qui. Altrettanto misteriose le stilettate sulle nuove console, di cui non si è parlato in dettaglio; è stato chiarito però, senza possibilità di fraintendimento, che la direzione da seguire è già stata presa. E dal tono della frase, l'impressione è che possa trattarsi di una svolta importante nella storia Nintendo, un cambiamento che metta in discussione le basi dell'azienda, basi che sono rimaste le stesse dall'epoca NES - Wii incluso. Iwata si è anche premurato di evidenziare la fusione tra l'R&D portatile e casalingo: evento già noto, ribadito di fronte agli azionisti. Potrebbe significare che le competenze siano ormai talmente simili da non giustificare la scissione dei dipartimenti: di certo la notizia non sederà i rumors riguardanti il Nintendo Fusion, vagheggiato sistema che dovrebbe consistere in una "home console portatile". Del resto, come detto prima, il presidente sta cercando di edificare un terzo pilastro che possa sostenere l'azienda anche in caso di contemporaneo fallimento di gaming tascabile e non. Solo una cosa è certa: Nintendo sta per essere ribaltata, e se l'avete amata per com'è stata finora, è il momento giusto per godersi il Wii U. Che sopravanzi il GameCube o meno.