Con i suoi milioni di account - otto l'ultima volta che abbiamo controllato, ma ha raggiunto il picco di dodici e passa - e i fumetti, i libri, i giochi di carte, le action figures, i cosplay, il merchandise vario, l'enorme pubblicità internazionale e chi più ne ha più ne metta, il kolossal targato Blizzard non ha certo bisogno di presentazioni, quindi perdonateci se saltiamo i preamboli e cominciamo questo Vita, Morte e Miracoli senza il classico "c'era una volta" che non servirebbe a nessuno.
Anche perché World of Warcraft c'è ancora e dato che dobbiamo raccontarvi dieci anni di vita e quattro (presto cinque) espansioni, meglio andare subito al dunque, che lo spazio è tiranno. Considerate che di World of Warcraft si comincia a parlare, sebbene a porte chiuse, già nel 1999, quando negli uffici di Irvine cominciano i lavori per il primo MMORPG di Blizzard, contemporaneamente a quelli per i sequel di Diablo e StarCraft. La sua esistenza sarebbe stata resa pubblica soltanto due anni dopo, all'European Computer Trade Show, ma il gioco avrebbe visto la luce alla fine del 2004 (in America, all'inizio del 2005 per noi) dopo una lunga fase di beta cominciata nel 2003. In altre parole, se è vero che il 23 novembre World of Warcraft festeggerà ufficialmente i suoi dieci anni, il gioco ne ha essenzialmente quindici.
World of Warcraft ha cambiato il volto dei MMORPG, c'è chi dice in meglio e c'è chi dice in peggio
"Vanilla"
E considerando la sua "veneranda" età, a volte si dimentica che il World of Warcraft che cominciammo a giocare nel 2004/2005 era drasticamente diverso da quello di oggi. Al lancio, i continenti da esplorare erano soltanto due: niente isole coi panda, niente pianeti diroccati o viaggi nel tempo, solo Kalimdor e gli Eastern Kingdoms, e neanche del tutto completi.
Alcune regioni che oggi sono la normalità, a quei tempi non c'erano neppure o erano avvolte nel mistero, inaccessibili a chiunque tranne a coloro che avevano la pazienza di sfruttare i bug della modellazione poligonale per intrufolarsi nelle viscere di Ironforge o del monte Hyjal. Quando si creava il personaggio non c'erano i pandaren, ovviamente, ma neppure elfi del sangue e draenei, worgen e goblin: solo umani, nani, elfi della notte, gnomi, orchi, troll, tauren e non morti. E non tutti potevano scegliere tutte le classi o quasi, anzi alcune erano persino esclusive di fazione: all'Alleanza i paladini, all'Orda gli sciamani. Era un panorama diverso sul nascere, ma non per questo meno affascinante visto che, una volta entrati in gioco, qualunque altro MMORPG - compreso il blasonato EverQuest di Sony - sembrava appartenere all'era geologica precedente. World of Warcraft offriva una libertà di movimento e possibilità incredibili, e benché non fosse un sandbox (non permettesse, cioè, di fare praticamente tutto quello che si voleva) ma un semplice theme park, aveva dalla sua l'intramontabile carta dell'accessibilità: era un titolo stratificato, adatto a tutti ma non per tutti. Eppure, in quel fatidico anno di lancio, servirono parecchie patch per "completarlo": all'inizio non c'era neppure un canale di chat per creare i gruppi e affrontare i dungeon istanziati, non c'era un sistema PvP vero e proprio ma schermaglie che i giocatori si inventavano negli spazi aperti (chi si ricorda le guerre tra Tarren Mill e Southshore?) e maldestri assedi alle capitali.
Non c'erano i Battleground: per i primi due, Warsong Gulch e Alterac Valley, si dovette aspettare giugno senza avere un criterio nel sistema PvP introdotto poche settimane prima, che solo a spiegarlo oggi ci sentiamo in imbarazzo per Blizzard. Non c'erano gli eventi festivi: oggi ne abbiamo quasi uno ogni mese, ma nel settembre del 2005 erano due, e cioè la gara di pesca di Stranglethorn Vale e la Darkmoon Faire. Quel settembre, peraltro, fu significativo perché introdusse due nuovi raid - Zul'Gurub e Blackwing Lair - che si andavano ad affiancare agli unici altri due in gioco dal lancio, ovvero Onyxia's Lair e Molten Core. Se state leggendo questo paragrafo e non avete giocato a quello che comunemente viene definito World of Warcraft "Vanilla", allora queste informazioni vi diranno molto poco, ma per tutti gli altri l'inverno del 2005 fu il momento in cui World of Warcraft prese veramente forma, nonostante se ne parlasse già da tempo e il gioco fosse stato lanciato un anno prima: da lì a poco, Blizzard avrebbe annunciato The Burning Crusade, la prima espansione, durante il BlizzCon e, quasi contemporaneamente, World of Warcraft, che già stava avendo un successo mediatico strepitoso, faceva capolino in TV con una... domanda nel quiz-show Jeopardy! Una domanda alla quale nessuno dei tre concorrenti seppe rispondere. Chissà se ci riuscirebbero adesso...
The Burning Crusade
Dicevamo che Blizzard annunciò la prima espansione durante il BlizzCon dell'ottobre 2005, ma il pacchetto The Burning Crusade si dovette attendere per più di un anno. E nel 2006 World of Warcraft continuava a prendere forma, ma ad essere comunque ben lontano dalla visione che Blizzard ha oggi del suo "macinasoldi" per eccellenza. All'inizio dell'anno, Blizzard pubblicava una nuova mega-patch, un'abitudine che per qualche tempo sarebbe stata quasi un appuntamento fisso: la 1.9.0 introduceva i raid di Ahn'Qiraj e faceva l'esperimento dei "world event" da cui avrebbero tratto insegnamento moltissimi MMORPG successivi.
Cosa succede se te ne esci con un evento "one-time" e concentri nello stesso punto e nello stesso momento praticamente l'intera popolazione del server? Succede che scoppia il server. Anche quel passo falso servì a crescere e di eventi come quello, in seguito, se ne videro molto pochi. Nei mesi successivi, lo sviluppatore di Irvine integrava nel gioco feature che oggi diamo per scontate: gli effetti atmosferici risalgono soltanto al marzo del 2006, e tanto per la cronaca prima di allora le quest completate al massimo livello non ricompensavano mica con dei soldi. Tre mesi dopo arriva Naxxramas (in questi giorni protagonista della prima "espansione" del videogioco di carte Hearthstone) e cominciano a nascere e a diventare sempre più famosi i "siti database" legati al gioco, come Wowhead o Wowiki. In piena estate, Blizzard ha un'altra idea geniale e collega i server quando ci si mette in coda per i Battleground, ampliando il pool e diminuendo i tempi di attesa: un'altra soluzione che molti sviluppatori prenderanno in considerazione mentre cominciano a clonare quello che, al secondo anno di vita, è già un kolossal videoludico. L'annuncio della release date di The Burning Crusade e dell'inizio della Beta sono quindi seguiti da un altro boom mediatico con il lancio del Trading Card Game ufficiale e un'intera puntata di South Park (Make love, not Warcraft) in cui il gioco Blizzard è protagonista assoluto. Sul finire dell'anno, a pochi giorni dall'uscita dell'espansione, Blizzard introduce due nuove feature che cambieranno il volto di World of Warcraft per sempre: il cosiddetto Group Finder e le Arene.
Poi, il 16 gennaio 2007, si apre il Dark Portal e i giocatori possono finalmente raggiungere Outland... o creare dei nuovi personaggi appartenenti alla razza aliena dei draenei o agli inquietanti elfi del sangue. L'espansione porta con sé non poche novità, oltre a un mondo nuovo da esplorare e dieci livelli in più da scalare. Ci sono un nuovo Battleground (Eye of the Storm) e una nuova professione commerciale (Jewelcrafting) ma anche tanti nuovi dungeon e raid-dungeon, world boss e altro ancora. Il sistema stesso delle quest viene leggermente modificato in modo da apparire più vario e remunerativo, ma a parte il boom del lancio di The Burning Crusade il 2007, per World of Warcraft, è un anno abbastanza tranquillo. Verso l'estate viene aperto un nuovo raid che permette ai giocatori di affrontare un avversario iconico della saga, Illidan Stormrage in cima al suo Black Temple, e mentre molti giocatori stanno ancora cercando di sconfiggerlo inizia il BlizzCon e viene annunciata la prossima espansione, Wrath of the Lich King: un reveal che scatena un boato di applausi, e per ovvie ragioni su cui ci soffermeremo tra poco. Sul finire del 2007, Blizzard continua ad aggiungere nuovi contenuti (Zul'Aman) e a rivedere i vecchi, introduce le banche di gilda e produce i primi spot pubblicitari con il mitico Mr. T che parla del suo elfo della notte. A quel punto, World of Warcraft ha registrato già dieci milioni di account.
Wrath of the Lich King
I veterani di World of Warcraft ricordano il 2008 come uno degli anni più entusiasmanti, in cui l'hype generato dalla nuova espansione raggiunse vette astronomiche e Blizzard ebbe alcune tra le migliori idee nella sua lunghissima carriera di developer. Mentre i giocatori aspettavano l'inizio della Beta della nuova espansione, i ragazzi di Irvine sfornavano alcuni tra i content più ardui di sempre, talmente difficili che a quel punto divenne davvero evidente la differenza tra i giocatori "casual" e quelli "hardcore".
Sunwell Plateau, l'ultimo raid di The Burning Crusade, fece letteralmente a pezzi alcune gilde, e l'isola che entrambe le fazioni dovevano dividersi in PvE convinse Blizzard che forse era meglio strutturare meglio i suoi content quando ci andava di mezzo il PvP. Contemporaneamente, diventava sempre più comune il furto di account e il relativo fenomeno dei venditori illegali di denaro virtuale, ragion per cui Blizzard si inventò l'Authenticator, una chiavetta che ancora oggi vi consigliamo di procurarvi per difendere i vostri dati personali e che tantissimi MMORPG, in seguito, avrebbero proposto fisicamente o sotto forma di app. Nello stesso periodo nacque anche il programma Recruit a Friend, grazie al quale i giocatori potevano invitare i loro amici a provare World of Warcraft, ricevendo delle belle ricompense in caso quelli avessero deciso di acquistarlo. L'espansione ormai si avvicinava: prevista per il 13 novembre, fu anticipata da alcuni sconquassamenti in termini di gameplay con una patch che invase il mondo di zombi e cambiò un po' di carte in tavola. Wrath of the Lich King, dal canto suo, sbancò "i botteghini", vedendo quasi tre milioni di copie nel giro di ventiquattro ore e battendo il record dell'espansione precedente. A dicembre, Blizzard annunciava di aver raggiunto gli undici milioni e mezzo di account.
L'espansione non aveva solo attirato l'interesse dei giocatori di World of Warcraft che fremevano nell'attesa di nuovi contenuti, ma anche quello dei fan della serie vere e propria e in particolare dello strategico Warcraft III: Wrath of the Lich King riportava in scena, infatti, un villain amatissimo, e cioè l'omonimo Re Lich, Arthas Menethil, di cui si erano perse le tracce sin dal finale dell'epica espansione di Warcraft III, The Frozen Throne. Si prevedevano, insomma, delle botte da orbi, anticipate da un'altra scalata di dieci livelli (il nuovo level cap era 80) e dall'esplorazione dell'affascinante continente di Northrend. L'espansione introduceva anche una nuova classe, il Death Knight che iniziava automaticamente da livello 55, e ritoccava ulteriormente le meccaniche dei dungeon, rendendoli più accessibili e meno impegnativi: un cambiamento che, in seguito, avrebbe fatto storcere il naso ai giocatori più accaniti. L'espansione viene oggi considerata il momento in cui World of Warcraft raggiunse il suo picco. Introdusse tantissime tra le feature più amate di sempre, a cominciare dagli Achievement, passando per i servizi a pagamento per il cambio di fazione o di razza, o l'inizialmente discusso e poi apprezzato Real ID di Battle.net, e propose alcuni tra i migliori raid ed encounter di sempre: chi ha affrontato Ulduar - specialmente le battaglie in modalità Heroic - sa di cosa stiamo parlando. Non è un caso che al BlizzCon successivo, poco prima di annunciare Cataclysm, il presidente di Blizzard, Mike Morhaime, annunciò che gli account avevano raggiunto i dodici milioni.
Cataclysm
Annunciata nel 2009, la terza espansione di World of Warcraft fu preceduta da non poche polemiche e difficoltà di vario genere. Blizzard dovette affrontare la patata bollente della distribuzione in Cina (dove Wrath of the Lich King fu pesantemente ritoccato) e poi quella del Real ID, che nei piani originali avrebbe dovuto mostrare i veri nomi dei proprietari degli account... prima che la community scoppiasse come un petardo per paura che fosse violata la privacy degli utenti, ragion per cui Morhaime e soci tornarono sui loro passi.
Il lancio di Cataclysm fu preceduto anche da una lunghissima fase di gestazione, piuttosto prevedibile dato che già al BlizzCon erano stati annunciati dei cambiamenti davvero spropositati all'intero gioco, sia dal punto di vista tecnico sia da quello contenutistico. L'espansione si sarebbe intitolata Cataclysm proprio perché Azeroth sarebbe stato sconquassato dal ritorno di un antico avversario, il drago Deathwing: il volto del pianeta sarebbe cambiato, alcune regioni sarebbero state distrutte, altre sarebbero emerse. Per gli aficionados stufi di ripetere il raid di Icecrown Citadel ne fu concepito un altro abbastanza posticcio, Ruby Sanctum, e cominciarono a susseguirsi una serie di aggiornamenti e questline pensati per introdurre lentamente la nuova minaccia (Operation: Gnomeregan e Zalazane's Fall, per esempio). L'aggiornamento 4.0.1 che avrebbe spianato la strada all'espansione non si limitò ad introdurre alcune feature come il Reforging, ma a cambiare completamente il modo in cui avrebbero funzionato certe classi da quel momento in avanti, aprendole al contempo a razze che in precedenza non potevano seguire quei sentieri. Cataclysm, però, uscì dopo ancora un altro BlizzCon, nel dicembre del 2010, e vendette più di tre milioni di copie nel giro di ventiquattro ore, infrangendo il record precedente e quello delle vendite più rapide nella storia del gaming per PC.
Ma quella di Cataclysm fu la sfida più difficile in assoluto per Blizzard, una sfida che oggi non tutti considerano vinta, un cambiamento così radicale che, agli occhi di chi aveva visto nascere World of Warcraft, Cataclysm pareva quasi un altro gioco, con le cavalcature volanti che solcavano i cieli degli Eastern Kingdoms e di Kalimdor, le vecchie zone istanziate aperte a tutti, i goblin e i worgen che fino a quel momento erano stati NPC finalmente giocabili come nuove razze. Tra una nuova professione (Archaeology) e un sistema di leveling per le gilde intere, nuovi Battleground e raid e dungeon e boss, Cataclysm sembrava essere l'idea moderna che Blizzard aveva del suo MMORPG in cui tutto era per tutti, in cui bastava mettersi in coda per affrontare i raid in versione semplificata o cliccare sul Real ID di un amico in un altro server per giocare insieme, in cui si potevano sfoggiare le armature che i veterani si erano conquistati col sudore e col sangue in Vanilla grazie al sistema di Trasmogrificazione. Eppure, nonostante tutto fosse alla portata di tutti eccetto quei content dedicati a una community hardcore che sfiorava appena il due percento, le cifre di World of Warcraft cominciarono a vacillare e alla fine del 2010 si era passati da dodici a dieci milioni di account: Blizzard ne aveva persi più di due. Cifre ancora astronomiche in un mercato dove i MMORPG cominciavano a sorgere e a crollare nel giro di pochi mesi con giusto qualche centinaio di migliaia di utenti, ma comunque significative per un tronista che pareva in difficoltà.
Mists of Pandaria
Che qualcosa era tramontato per sempre lo dimostrò la reazione del pubblico all'annuncio dell'espansione successiva, durante il BlizzCon del 2011. Sì, tanti applausi in platea, ma anche tanto scetticismo nel web, con i social network impestati di critiche e perplessità. La domanda più diffusa: perché i panda? Mists of Pandaria, infatti, avrebbe riportato in auge una razza che era nata quasi per scherzo ai tempi di Warcraft III, quella dei pandaren, pacifiche creature leggendarie che vivevano perlopiù rintanate su un'isola avvolta da una nebbia incantata.
Il volo catastrofico di Deathwing aveva spezzato l'incantesimo, e ora l'isola stava per diventare il teatro di una guerra che era stata il cuore del gioco finché Blizzard non l'aveva messa da parte nelle ultime espansioni: quella tra Orda e Alleanza. Non a caso i giocatori, scelto di cominciare un nuovo personaggio come pandaren, avrebbero deciso soltanto alla fine del tutorial la fazione cui unirsi. Mists of Pandaria fu annunciata poco prima del settimo anniversario di World of Warcraft, insieme a una valanga di nuove feature che avrebbero proiettato ulteriormente il MMORPG di Blizzard in un futuro tutto suo cui la concorrenza attingeva ormai a piene mani. La gestazione fu una delle più lunghe, e l'espansione uscì soltanto alla fine del 2012, poco dopo lo sconsolato annuncio che World of Warcraft aveva perso un altro milione di utenti in un'emorragia che gli analisti ritenevano non si sarebbe arrestata, un po' per la concorrenza e un po' perché il gioco, per usare parole un po' forti, aveva cominciato a stancare. Non è un caso che l'espansione vendette comunque parecchio, due milioni e settecentomila copie al day one, ma non quanto Wrath of the Lich King e Cataclysm. Ironicamente, Mists of Pandaria si presentava subito come una delle espansioni più ricche di contenuti in assoluto. C'era una nuova razza, ma anche una nuova classe per tutti, e cioè il divertentissimo monaco. Un nuovo continente, Pandaria, pieno di dungeon e raid e segreti, achievement da sbloccare (ora condivisi da tutti i personaggi sullo stesso account) ed eventi di ogni genere. Meccaniche intere erano state rivedute e corrette, le classi ulteriormente bilanciate, e nel corso dei mesi successivi furono implementate tantissime feature tra le quali spiccava un vero e proprio rip-off di Pokémon che permetteva ai giocatori di far scontrare le loro "mascotte", collezionandone a centinaia.
Tutto questo non bastò, però, a convincere i giocatori che avevano deciso di cancellare le loro sottoscrizioni, e il fatto che Blizzard avesse deciso persino di annullare il BlizzCon del 2012, fino a quel momento un appuntamento annuale, parve quasi il proverbiale chiodo sulla bara. Nonostante tutti gli sforzi di accontentare ogni casta di giocatori, strizzando l'occhio soprattutto ai casual, World of Warcraft scese a sette milioni e settecentomila account nel corso del 2013, praticamente la metà rispetto al picco toccato solo tre anni prima. Non staremo a discutere le ragioni possibili e plausibili di questa inversione di tendenza, perché sono veramente tante e vanno da quelle personali (dieci anni sono tanti, ragazzi: i giocatori crescono, mettono su famiglia e non hanno più tempo per dungeon e raid) a quelle commerciali (la diffusione dei MMO e, specialmente, del gaming free to play: ricordiamo che World of Warcraft è tuttora un gioco a sottoscrizione mensile). Fatto sta che qualcosa era cambiato drasticamente sia nella percezione che la community aveva di World of Warcraft, sia in quella che Blizzard aveva dei suoi utenti. Mancava un punto d'incontro, insomma, una scintilla che servisse a far esplodere di nuovo l'interesse dei giocatori nelle vicende di Thrall, Jaina e tutti gli eroi e i cattivoni di Azeroth.
Warlords of Draenor
Non è possibile concludere la storia di World of Warcraft perché non è finita, né sentenziare o raccontare quello che è successo con la quinta espansione, perché non è ancora uscita. Annunciata durante il BlizzCon del 2013, Warlords of Draenor rappresenta forse quel punto di contatto di cui stavamo parlando poche righe più sopra. Gran parte di quello che ruota intorno all'espansione appare quasi simbolico: il viaggio nel tempo che ci riporta sul pianeta Draenor che sarebbe diventato Outland, ai tempi in cui gli orchi erano una forza militare soverchiante che solo un villain carismatico come Garrosh Hellscream potrebbe riunire in un'unica legione.
E poi il revamp grafico pressoché totale delle razze, richiesto a gran voce per anni, che proietta il MMORPG di Blizzard - il quale non si è mai fatto notare per la forza bruta quanto per le scelte stilistiche al limite della perfezione - in un'epoca in cui i giocatori sono più attenti alle curve dei loro personaggi che ai numeri che infliggono quando combattono. Una mossa con cui Blizzard pare voler accontentare un po' tutti, rispondendo alle critiche con un revamp totale persino del gameplay, con un ritorno alle cifre contenute, alle statistiche di facile identificazione, ai dungeon di elevata difficoltà, senza strafare ma ricompensando maggiormente i giocatori che si impegnano di più. Non sono mancate le polemiche - specialmente quelle inerenti al chiacchieratissimo level cap istantaneo acquistabile con denaro reale - e gli ex giocatori più diffidenti sembrano non volersi smuovere dalla loro posizione, ma se Warlords of Draenor invertirà il declino del kolossal Blizzard lo sapremo solo tra qualche mese. Una cosa, però, è sicura: stiamo parlando di un titolo che sta per compiere dieci anni e che dal suo trono, commercialmente parlando, non si è mai smosso, nonostante la sua tanto vituperata sottoscrizione mensile. Cosa succederebbe se, un giorno, Blizzard dovesse passare al modello free to play?