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Uccidile, squartale, decapitale, sterminale ma non penetrarle!

Come mai il sesso nei videogiochi fa ancora tanta sensazione?

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   27/09/2015

Se si guarda al materiale promozionale dei videogiochi in modo critico, è impossibile non notare alcuni temi ricorrenti. Le immagini e i filmati sono composti secondo canoni precisi, che tendono a sottolineare alcuni elementi, mettendone in ombra altri.

Uccidile, squartale, decapitale, sterminale ma non penetrarle!

Con il passare degli anni ogni genere ha costruito la sua retorica, assimilata dai reparti marketing, creando punti di riferimento per rendere un prodotto immediatamente riconoscibile dal consumatore. Se ci fate caso, difficilmente i filmati di annuncio di un titolo contengono del gameplay. Generalmente sono filmati in computer grafica che, per quanto ben fatti, non dicono niente su quello che sarà il prodotto finale. O invece ci dicono già tutto? Gli studi neurofisiologici hanno dimostrato che l'impulso ad agire si genera nel cervello qualche decimo di secondo prima che la coscienza possa elaborarlo. Insomma, la mente inconscia si attiva prima della mente cosciente, con quest'ultima che si limita a un lavoro di giudizio sull'azione, più che di controllo. Senza addentrarci troppo in questa materia affascinante, ma fin troppo complessa per il raggio d'azione dell'articolo, affermiamo che quello che ci interessa capire non è tanto se ciò che vediamo sullo schermo ci piaccia o meno, ma a chi quel materiale si stia effettivamente rivolgendo. Ossia, più precisamente non a "chi", ma a quale parte di noi. Chi sta scrivendo potrebbe dirvi con una certa precisione quali sono le immagini che più destano il suo interesse e anche voi, se vi fermaste a riflettere su ciò che più vi attira nei videogiochi e non solo, scoprireste delle forme che risvegliano immediatamente la vostra attenzione. Generalmente tendiamo a catalogare il tutto sotto il nome comune di "gusto", finendo però per autoingannarci. Si tratta di un tentativo estremo di affermare un controllo su noi stessi che in realtà non esiste nelle modalità che immaginiamo, e forse non esiste proprio.

Uccidile, squartale, decapitale, sterminale ma non penetrarle!

Il marketing non si rivolge quasi mai alla nostra coscienza. Ciò che gli interessa maggiormente è capire come andare a stimolare la nostra mente inconscia, dandoci l'illusione della scelta. Non si tratta di un processo semplice e lineare come potrebbe sembrare e, ovviamente, la coscienza ha un suo ruolo nell'elaborazione finale, perché applica una serie di filtri culturali che trasformano l'impulso iniziale in altro. Il nostro interesse verte principalmente su una deduzione che possiamo fare partendo da questi pochi assunti: se il materiale che viene prodotto per promuovere un videogioco mira a vendercelo a un livello inconscio, cos'è che possiamo considerare commerciale e cosa no? La risposta può sembrare abbastanza scontata: non sono commerciali tutti quei titoli che ci chiedono di assumere un ruolo intellettualmente attivo nella formazione del giudizio sulla possibilità dell'acquisto. È ovvio che ci stiamo muovendo in un campo minato. Anche mentre scriviamo ci vengono in mente decine di possibili obiezioni alla nostra stessa tesi. In realtà non ci importa avere ragione in senso assoluto, ma solo arrivare a convenire che quelle belle immagini che tanto ci piacciono (in movimento o statiche), sono costruite, con coscienza o esperienza, in modo da persuaderci.

Vende più il sesso o la violenza? Scopritelo in questo speciale dedicato a un argomento spinoso

Più sesso o più violenza?

Quali sono i videogiochi più venduti degli ultimi anni? Sicuramente Grand Theft Auto V di Rockstar, la serie Call of Duty di sviluppatori vari, Destiny di Bungie, The Witcher 3: Wild Hunt di Cd Projekt RED, gli Assassin's Creed di Ubisoft, Metal Gear Solid V: The Phantom Pain di Konami e così via. Su PC c'è il genere survival ad andare molto forte, in cui il giocatore è chiamato a combattere contro ambienti ostili popolati da mostri di varia natura. Sono survival titoli come DayZ, Minecraft, ARK: Survival Evolved e molti altri. Converrete con noi che tutti i titoli sopracitati sono definibili senza remore "commerciali" (badate che non stiamo dando alla parola una connotazione negativa), anche perché sono giocati da milioni di persone, quindi avrebbe poco senso negarlo. Qual è la caratteristica che li accomuna? Facile: sono tutti titoli in cui la violenza ha un ruolo determinante nell'esperienza di gioco. Anzi, è centrale. In quanti però c'è anche una qualche forma di rappresentazione sessuale? Vediamo: in GTA V ci sono delle scene di sesso abbastanza esplicite, ma con personaggi vestiti. In The Witcher 3: Wild Hunt gli accoppiamenti di Geralt sono molteplici e si vedono anche parecchie nudità. Negli Assassin's Creed ci sono delle scene di sesso, ma sono sempre molto pudiche. In The Phantom Pain c'è Quiet che gira vestita - per modo di dire - e che ammicca appena può, ma per il resto non si vede nulla. Negli altri la sessualità è di fatto assente o molto velata. Del resto in tutti quanti si possono ammazzare esseri umani nei modi più disparati. Giusto prima di scrivere questo articolo ce ne stavamo in Africa con il buon Big Boss a piantare mine con cui far saltare in aria dei miliziani. Oltre alle mine ci portavamo dietro un fucile d'assalto, un lanciarazzi, una pistola silenziata, altri esplosivi e così via. Uccisa un bel po' di gente e conclusa la missione, abbiamo chiamato l'elicottero e, insieme a Quiet, ce ne siamo tornati alla Mother Base per raccogliere i frutti del nostro lavoro.

L'ipocrisia del videogiocatore

Quanto siamo diventati ipocriti noi videogiocatori? Perché ogni volta che vediamo un personaggio virtuale poco vestito urliamo allo scandalo e affermiamo che è stato creato solo per vendere più copie? Forse perché abbiamo ragione: un personaggio come Quiet serve per attirare l'attenzione del videogiocatore maschio adolescente, quello sempre eccitato che pretende di affermare la sua virilità appena gli è possibile, perché privo di un'identità forte.

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Il problema è che c'è un passaggio logico che non consideriamo mai quando affibbiamo bollini del genere. In un gioco come Metal Gear Solid V la presenza di Quiet occupa la scena per una frazione del tempo effettivo dell'azione. Lo stesso si può dire delle scene di sesso in The Witcher 3 o di quelle degli Assassin's Creed. Possibile allora che sia la prospettiva di fugaci visioni di scene di sesso tra bambole virtuali a venderci un videogioco? A seguire: come mai la serie videoludica più venduta, Call of Duty, non ha scene di sesso? Cos'è che la vende allora? La verità è che la violenza è molto più commerciale di qualsiasi scena di sesso, violenza che nei fatti occupa la gran parte del tempo di gioco e intorno alla quale è impostata la retorica procedurale della maggioranza dei blockbuster commerciali. Come mai però quando vediamo trailer incentrati sulla violenza non ci scandalizziamo? Perché non urliamo alla "commercialata" come ad esempio facciamo di fronte ai molti titoli giapponesi che propongono contenuti per guardoni come loro punto di forza? Eppure non ci sembra che i jRPG pieni di ragazzine dai seni grossi e dai vestiti poco coprenti vadano benissimo sul nostro mercato. La rappresentazione della sessualità ci colpisce sicuramente (in fondo se siamo sopravvissuti come specie lo dobbiamo anche a questo) ma per motivi culturali siamo propensi a difendercene. Il paradosso che ne nasce è che molti, troppi videogiocatori sono più infastiditi da un capezzolo che da un massacro, pronti a difendere dei titoli violentissimi dalla censura, ma altrettanto determinati a puntare il dito contro qualsiasi scena di nudo. Perché viviamo la violenza come liberatoria, mentre la sessualità ci mette a disagio?

Chi vende di più?

Dopo anni di dibattiti sull'essere e l'avere la società contemporanea ha sancito la vittoria dell'avere. Tutto è diventato prodotto, anche il corpo umano, sia quello maschile che quello femminile. Attualmente i rapporti umani sono costruiti sulla vendita continua della propria immagine e hanno come vetrine i social network. Non si sente più l'esigenza della ricerca dell'altro, ma si pretende che tutti aderiscano a un sistema simbolico di valori molto definito, pena l'abbattimento dalla scena sociale. La generazione della vita spericolata è vittima di un conformismo spietato che ha trasmesso ai suoi figli, macchine dall'educazione informe programmate per umiliare ogni diversità (fisica, di giudizio, di sentimenti).

Uccidile, squartale, decapitale, sterminale ma non penetrarle!

In un contesto simile il sesso è diventato un prodotto come un altro, sottoposto quindi alle regole del mercato, pur con molti freni dovuti ai forti residui di cultura cattolica che permeano ancora la nostra vita comune. Attualmente di fronte alla nudità non si prova più lo scandalo di una volta, ma il rapporto di molti con la sfera sessuale è ancora conflittuale ed è facile che la rappresentazione del sesso in un contesto pubblico crei rifiuto. La sessualità è ancora qualcosa che si vive soprattutto in privato. Non parliamo solo del coito in sé, ma anche della fruizione della sua rappresentazione. In fondo se la nostra società consuma una quantità smodata di pornografia un motivo ci sarà. Eppure è probabile che molti dei visitatori dei siti pornografici non vorrebbero vedere quel tipo di contenuti trasportati in altri lidi. Il sesso è qualcosa che va comunque isolato, probabilmente perché gli si riconosce una forza che va oltre la coscienza e che determina parte dei nostri comportamenti a prescindere dalla nostra capacità di giudizio. Così chi deve vendere un prodotto sa che la scelta commercialmente più vincente non è puntare sulla sfera sessuale che, quando presente, viene invece messa tra delle parentesi ideali, come se fosse un alterazione del contesto più che una sua parte. Pensate ai giochi BioWare o ai The Witcher, in cui l'integrazione dei momenti erotici nelle trame è quantomeno goffa e spesso questi vengono rappresentati come scenette comiche per smorzarne gli effetti. Insomma, il marketing sottolinea la presenza di contenuti di natura sessuale, spesso li sottintende ammiccando al fruitore, ma in linea di massima se guardiamo trailer e immagini promozionali, troveremo molta più violenza che sessualità. Quindi è evidente che nella società occidentale attuale la violenza venda molto di più di due tette, perché non trova barriere nel fruitore. Anzi, è probabile che se il marketing puntasse su contenuti di natura sessuale espliciti (quelli impliciti sono moltissimi), creerebbe più un senso di rifiuto nel prodotto promosso, che quell'aderenza identitaria necessaria per venderlo. Con questo non vogliamo negare l'attrattiva che il nudo ha sul pubblico, ma solo sottolineare come, se dovessimo stilare una classifica ideale degli oggetti più adatti per vendere un videogioco, un vibratore starebbe parecchie posizioni sotto a una bella spada affilata che tanto ci piace brandire contro i nemici.