Quand'è che si può affermare con certezza che un certo prodotto ha avuto un impatto sul mercato? E quando, invece, possiamo allargarne la portata all'intera cultura di una certa società? Recentemente la rivista TIME ha indicato l'iPhone come l'apparecchio elettronico con il maggiore impatto culturale di sempre. Capire perché non è difficile: gli smartphone sono ormai parte della vita quotidiana di milioni di persone, che trovano assimilati pezzi interi delle loro vite dentro quegli schermi. L'iPhone ha modificato completamente il mercato mobile.
Forse sarebbe più corretto dire che Apple ha raccolto nel momento giusto i segnali di un cambiamento epocale nella fruizione dei contenuti iniziato anni prima, e lo ha traghettato verso il livello evolutivo successivo. In questa sede non ci interessa discutere se si sia trattata di un'evoluzione positiva o negativa. Parlarne ci serve soltanto per sottolineare che attualmente è impossibile negarla come fenomeno di massa. Basta osservare la nostra quotidianità per trovare tracce dell'iPhone, anche se non abbiamo un iPhone. Ovviamente non tutti gli apparecchi elettronici, nemmeno quando hanno successo, possono avere un impatto del genere. Solitamente però, quando una nuova tecnologia viene introdotta sul mercato, in caso di buone vendite, una certa eco la produce, anche solo nel settore a cui si rivolge. Per questo siamo preoccupati per lo stato di salute dei visori per la realtà virtuale, ormai disponibili da più di un mese. Stiamo parlando in particolare di Oculus Rift e HTC Vive, il cui lancio è stato accompagnato da campagne marketing imponenti e da dichiarazioni roboanti degli operatori dell'industria videoludica e non. Gli articoli pubblicati dalla stampa generalista e da quella specializzata sono stati innumerevoli. In un certo momento è sembrato quasi che il mercato fosse già segnato: vive la VR! Solo dopo la divulgazione dei prezzi al pubblico del Rift e del Vive si è iniziato a sentire lo stridore dei freni: "Costano troppo, non riusciranno mai a diffondersi". Nel giro di ore, nemmeno di giorni, si è passati dall'euforia allo scetticismo, nonostante qualcuno abbia provato a minimizzare e a proiettare il potenziale successo nel futuro prossimo.
L'impatto dei visori per la realtà virtuale sul mercato è stato nullo: cerchiamo di capire perché
Quanti visori?
La triste verità è che per ora i visori VR sono stati ignorati dal pubblico e i vari produttori hanno accumulato brutte figure a raffica. Come già scritto in un altro speciale, a un certo punto hanno addirittura provato ad affermare che non sono periferiche da gioco.
Certo, probabilmente con il tempo avranno decine di applicazioni diverse in campi che nemmeno immaginiamo, ma per ora ci si può solo giocare... o guardare porno. Comunque non ci lambicchiamo troppo su ciò che sarà, ma cerchiamo di capire meglio ciò che è, ossia proviamo a dare almeno una vaga dimensione del fenomeno. Per ora non esistono numeri ufficiali sulle vendite dei visori, però possiamo ricavare un valore, sicuramente impreciso, ragionando su alcuni dati tratti da SteamSpy. Attualmente ci sono centinaia di videogiochi compatibili o esclusivi per i visori VR su Steam (ve ne siete accorti?). Ne riparleremo nel prossimo paragrafo. Ora concentriamoci soltanto su quelli più rilevanti. Iniziamo da The Lab di Valve (sì, Gabe e i suoi sanno ancora sviluppare videogiochi, quando vogliono). Probabilmente è il migliore tra le esclusive per HTC Vive. Essendo gratuito possiamo ritenere che quasi tutti i possessori del visore lo abbiamo quantomeno scaricato. SteamSpy ci dice che il gioco è posseduto da circa centomila persone. Tante? In realtà si tratta di un dato fin troppo ottimista, perché nel mucchio vengono conteggiati anche i curiosi che magari lo hanno installato solo per curiosità (in fondo dietro c'è sempre il nome di Valve), pur non avendo un visore.
Studiando gli altri titoli gratuiti per visori VR, scopriamo che il secondo più diffuso è IKEA VR Experience, posseduto da circa sessantamila persone, anch'esso esclusivo per HTC Vive. Ma prendiamo ora in considerazione un titolo a pagamento: ADR1FT, sicuramente uno dei videogiochi per VR (in questo caso Oculus Rift) più pubblicizzato. Bene, a quanto pare ha venduto davvero poco, visto che si parla di meno di quindicimila copie. Se consideriamo che è giocabile anche senza visori, si tratta di un risultato davvero sconfortante. Ancora più sconfortante è la difficoltà di trovare vendite superiori tra i titoli esclusivi per visori 3D. Insomma, la situazione non è buona, direbbe Celentano. A questo punto però possiamo fare una stima: anche prendendo in considerazione il solo dato migliore (The Lab) è difficile affermare che siano stati venduti più di centomila visori. Nel caso il numero fosse maggiore, significherebbe che i loro proprietari non sono molto interessati all'acquisto di giochi dedicati, oppure che preferiscono usarli con giochi che pur supportandoli, non sono nativi per VR, come Elite Dangerous. Insomma, le conclusioni non sono positive: nel primo caso non abbiamo un mercato, mentre nel secondo abbiamo uno scenario in cui i visori VR sono intesi come monitor di lusso; un modo per condire diversamente un piatto che si è già mangiato in precedenza.
E i giochi?
Ma parlavamo di giochi. Moltissimi giochi, in verità. Se su Steam selezionate la categoria "Realtà Virtuale" vi verrà fuori un elenco di più di duecento titoli. Se ci pensate bene sono tantissimi: non è mai esistito un apparecchio da gioco con una lineup di lancio così vasta. Il problema in questo caso è però un altro, ossia che la maggior parte dei giochi per la realtà virtuale sono minimali, per così dire. Anzi, forse sarebbe meglio definirli "esperienze mordi e fuggi". Si tratta in line generale di prodotti dal respiro molto corto, buoni per partite di pochi minuti.
Certo, qualcosa di decente e più strutturato lo si trova. Escludendo i titoli che non richiedono necessariamente un visore per essere giocati, tra i più validi abbiamo il già citato The Lab di Valve, Hover Junkers di Stress Level Zero, Final Approach di Phaser Lock Interactive, FATED: The Silent Oath di Frima Studio, Job Simulator di Owlchemy Labs, Fantastic Contraption di Northway Games, The Gallery - Episode 1: Call of the Starseed di Cloudhead Games e poco altro. Purtroppo, nonostante qualche buon esperimento, c'è davvero poco che faccia gridare al miracolo o che valga l'acquisto di un visore. Il fatto poi che molti videogiochi per visori VR escano e rimangano di fatto sconosciuti al pubblico è un altro grosso problema, causato dalla diffusione a macchia d'olio dei devkit negli scorsi anni. Va così concretizzandosi la paura espressa saggiamente da alcuni quando si era ancora in euforia da VR, ossia che i produttori (Oculus VR in primis) abbiano fatto di tutto per avere una massa critica di titoli di lancio, senza curarsi troppo di impostare un mercato per accoglierli e, anzi, voltandogli le spalle quando hanno capito che l'hardware sarebbe arrivato sul mercato a un prezzo elevato. Il risultato è che a oggi i visori VR sono irrilevanti e i giochi che li supportano faticano a vendere anche poche migliaia di copie. Della tanto paventata rivoluzione rimane per ora il timido chiacchiericcio di una ristretta cerchia di entusiasti. In futuro le cose potranno andare sicuramente meglio, magari dopo il lancio di PlayStation VR, ma per ora è difficile essere ottimisti.