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La Grande Guerra

Inizia il percorso di avvicinamento alla recensione di Battlefield 1: ecco le nostre impressioni su Operazioni e Campagna

PROVATO di Matteo Santicchia   —   12/10/2016
Battlefield 1
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La settimana scorsa siamo volati in casa DICE a Stoccolma per provare estensivamente Battlefield 1 in vista della sua uscita e ovviamente della recensione. Oggi, un giorno prima che venga reso disponibile il gioco (o meglio, parte di esso) per gli abbonati EA Access abbiamo la possibilità di parlarvi di alcune mappe e modalità di gioco. Il menu imbandito dagli sviluppatori svedesi per l'uscita nei negozi è particolarmente ricco: cinque modalità "classiche", l'inedita Operazioni e sei fronti, da intendere come vere e proprie ambientazioni, con più campi di battaglia al loro interno. Un assaggio decisamente importante, in attesa del resto della copertura che vedrete arrivare nei prossimi giorni.

Battlefield 1 sta per arrivare: oggi parliamo della nuova modalità Operazioni e della Campagna!

Chi si ferma è perduto!

Operazioni rappresenta il grosso di quanto di nuovo vedremo in Battlefield 1 nel multiplayer. L'idea è estremamente intrigante e rende pienamente giustizia al concetto di conquista del terreno. Due fazioni (da quaranta a sessanta quattro giocatori) si contendono un fronte, composto da più mappe, ognuna a sua volta divisa in numerosi settori e relativi obiettivi da conquistare. Conquistato il settore si va al successivo e così fino alla conquista totale della mappa, o fino a quando i ticket di rientro sono finiti. Kaiserslacht è composto da due mappe San Quentin Scar e Amiens. Le trincee del piccolo villaggio di San Quentin ospitano cinque settori, mentre la strette viuzze della città di Amiens quattro. Si capisce come chi attacca spinga sempre furiosamente in avanti, ma non può farlo senza criterio perché DICE ha introdotto un'altra limitazione. Si hanno solo tre tentativi per tutto il fronte, una volta finiti è "game over" anche se si è arrivati all'ultimo settore della seconda mappa.

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Chi attacca ha però un vantaggio: all'inizio del secondo e del terzo tentativo arriveranno rinforzi, sotto forma di dirigibili, treni blindati o corazzate. Ma questo non vuol dire che la vittoria sia assicurata. Operazioni è perfetta come modalità di gioco, sia per il gameplay di Battlefield 1 sia per mettere in mostra il level design da 110 e lode messo in piedi da DICE. San Quentin Scar la conosciamo, l'abbiamo giocata allo sfinimento nella beta estiva, eppure ci ha di nuovo sorpreso. Il meteo dinamico ce l'ha presentata già sotto una pesante pioggia, tutta distrutta, dove tra fango e detriti tanto i carri quanto i soldati facevano fatica a muoversi. Un vero spettacolo, una mappa non piatta, tra fossi, collinette, trincee, chiesette diroccate, tronchi di alberi bruciacchiati e resti di case e bunker minacciosi, dove chi sta in alto ha gioco facile sugli assaltatori in basso. Una prima guerra mondiale "canonica", un vero e proprio tritacarne in cui chi si ferma è perduto. Successivamente si è passati nella ben più ospitale Amiens. Una cittadina davvero carina, dove accanto alla claustrofobiche sparatorie nelle stradine tra palazzi di due o tre piani, si alternano zone ben più ariose e dalle lunghe linee di tiro, come tra i due lati di un ponte dove sotto scorre una ferrovia, o nel parco dietro un gruppo di case. Una mappa molto grande, non gigantesca ma capace "in piccolo" di restituire tutti gli approcci possibili alla battaglia, dove la distruttibilità ambientale è ben proposta, con palazzi che si sgretolano e che smettono da subito di essere nei loro secondi piani zone da dove cecchinare in grande tranquillità. Una bel setting urbano, ma anche qui per nulla piatto, con tutti i defilamenti al posto giusto, dove si sente la stessa libertà di movimento delle mappe "campestri", dove è anche possibile spararsi da una casa all'altra sporgendosi dalle finestre, da non meno di tre metri di distanza. L'effetto comico in alcuni casi è garantito.

La partita mediorientale

Dal fronte occidentale si è passati a quello mediorientale di Oil of Empires. Tre mappe: Fao Fortress, Suez e Sinai Desert (giocata nella beta), tre campi di battaglia che ci faranno provare il lato rovente e sabbioso della prima guerra mondiale. Fao Fortress è la migliore delle tre: si combatte in riva al mare, tra dune, piccoli stagni, rigagnoli, isolette e collinette, di corsa fino alla fortezza all'estremità opposta del punto di partenza. La distruttibilità gioca un ruolo minore vista la presenza solo di alcune casupole e piccoli accampamenti, ma il leitmotiv è anche qui quello giusto e che rende la mappa vincente.

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La mappa è un continuo saliscendi, pieno zeppo tanto di posti dove appostarsi per approfittare delle lunghe linee di tiro, quanto di ripari e anfratti dove muoversi di copertura in copertura. Senza poi dimenticare l'assedio alla fortezza e il combattimento ravvicinato che si scatena dentro e sotto le sue mura. Grande importanza è data ai mezzi: non solo i carri, ci sono anche i motoscafi, utili non solo per coprire l'avanzata della fanteria con letali mitragliate ma soprattutto per affondare la corazzata che arriverà come rinforzo per gli attaccanti grazie alla sua coppia di siluri. Suez invece ci porta sulla riva del canale. Non è molto dissimile rispetto a Fao Fortress come impostazione, l'impianto è "longitudinale", con i primo settori prettamente sabbiosi, anche qui tra dune, trincee e vari accampamenti, mentre sulla parte finale c'è un piccolo villaggio a donare un sapore "urbano" al campo di battaglia. Mappa senza dubbio divertente, forse meno spettacolare rispetto a Fao Fortress, ma comunque ben congegnata e per nulla banale. Niente dirigibili o corazzate come rinforzo per gli attaccanti, un treno blindato può ribaltare le sorti della battaglia. Cosa ci è piaciuto di questo primo assaggio di multiplayer? Avendo avuto la possibilità di pasticciare con tutte le armi, possiamo ben dire che sono davvero molte, ognuna con delle spiccate caratteristiche proprie e un feeling particolare tirato il grilletto. Ce n'è per tutti i gusti, mitragliatrici, mitragliatrici pesanti da supporto, pistole, fucili semi automatici, a colpo singolo e da cecchino. Su praticamente tutte c'è poi la possibilità di "inserire" un'ottica, di scegliere il grado di zoom e addirittura la direzione del rinculo. C'è tanta scelta insomma, e da questo punto non possiamo non ritenerci soddisfatti.

Non tutti i colpi a segno

Non ci è piaciuto però il loro sistema di danni, non sempre è facile capire come essi siano distribuiti sul bersaglio: il time to kill non è così immediato da "razionalizzare" viste le tante tipologie di armi. La conseguenza è che spesso e volentieri numerosi colpi di armi non garantiscono una uccisione che dovrebbe esser naturale anche dalla breve distanza. Insomma il bilanciamento è un po' da rivedere. Stessa cosa per le hitbox, problema antico della serie. I proiettili vanno a segno, ma la croce bianca che indica il danno arrecato non viene a volte "accesa". Inutile dire che in questi frangenti si rimane basiti e decisamente frustrati. Un'altra cosa che molti potranno vedere come qualcosa di negativo è l'alleggerimento della balistica, probabilmente sacrificata sull'altare dell'accessibilità. Intendiamoci, i proiettili non volano sempre dritti al bersaglio anche da centinaia di metri di distanza, ma senza dubbio la loro traiettoria parabolica è stata ben ridotta. Tutto l'opposto della dispersione della rosata, evidente e assolutamente "da calcolare" anche dalla breve/media distanza. Non stiamo parlando di criticità che rovinano l'esperienza di gioco, ma di problematiche comunque visibili che possono senza dubbio dar fastidio e che si spera verranno prese in carico al più presto.

La guerra non è un'avventura

C'è stato poi tempo per un primo incontro ravvicinato con la campagna single player. Avremo la possibilità di vivere alcune storie di guerra, differenti "attori" per differenti fronti. È stata quindi scongiurata la fallimentare impostazione del terzo e quarto capitolo, con una storia unica, con tutte i suoi cliché e debolezze in fase di scrittura. Mettere in scena la guerra attraverso gli occhi di differenti soldati di diversa nazionalità è una scelta azzeccata: ne guadagna la varietà e la coerenza narrativa visto che non saremo in presenza del classico super soldato capace di passare dal guidare un carro armato al pilotare un aereo manco fosse uno dei corpi speciali. La prima missione ci porta sul fronte occidentale, nei panni di un soldato americano di colore nel bel mezzo di una battaglia che sembra sul punto di essere persa. Scritte a schermo ci avvertono che stiamo per provare il combattimento di prima linea, dove non è prevista la sopravvivenza. E così è. Storm of Steel è un vero e proprio omaggio ai ragazzi che combatterono la Grande Guerra. Quando si lascia questa valle di lacrime appare la data di nascita e morte di chi abbiamo "interpretato" mentre una dolente voce narrante racconta lo scontro tra le aspettative della guerra e la sua terribile realtà. Non c'è game over, si passa ad un altro soldato, un mitragliere appostato su una collinetta pronto a respingere gli assaltatori tedeschi nella trincea sottostante, un fante che deve difendere una chiesetta diroccata e un carrista pronto a spazzare i crucchi in fuga. Poco più di dieci minuti per una piccola missioncina del tutto particolare ( è l'unica strutturata così) che ha il pregio di immergerci efficacemente nel clima della guerra, in mezzo al fango e alla brutalità del combattimento, dove la poco più che basilare intelligenza artificiale dei nemici è oscurata dalla bellezza del motore grafico Frostbite, davvero un mostro in termini non solo di modelli, texture e animazioni, quanto di qualità degli effetti speciali. Un grigio, tetro, sporco campo di battaglia non è mai stato così bello insomma.

Assalto corazzato

La seconda missione, Through Mud and Blood torna ad avere meccaniche classiche. Ci ha messo nei panni di un carrista inglese alle prime armi. Dei bei filmati ci mostrano il clima cameratesco dei componenti dell'equipaggio (avete visto Fury?) e ci introducono alla perfezione alla conquista delle postazioni tedesche guidando questi lenti pachidermi che soffrono il fango, tra trincee, postazioni fisse, case e muretti dove cercare riparo, o dar radere al suolo alla bisogna. Il gameplay è quello classico della solita fase su mezzi, reso più interessante dalla già citata lentezza del mezzo quando rimane impantanato, e dalla necessità a volte di fermarci per riparare il carro. Nulla di sconvolgente, ma una necessità in più che ravviva un poco una fase vista tante volte in giochi simili.

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Dove però Through Mud and Blood devia dai binari canonici è nelle fasi a piedi, col protagonista costretto ad andare in avanscoperta per proteggere l'avanzata del carro. Sono due fasi "stealth": la prima, sotto una fitta nebbia, ci impegna nel ripulire alcuni stretti incroci di notte nella foresta delle Argonne, con "incontri" via via sempre più affollati, mentre la seconda ci vede ripulire un piccolo villaggio da cecchini, soldati e postazioni fisse anticarro. In questa seconda fase abbiamo avuto vita facile: col binocolo è possibile marchiare i nemici appostandoci comodamente su un mulino, per poi ucciderli uno ad uno silenziosamente sfruttando anche la possibilità di lanciare sassolini per sviarli. Giocando al contrario ben più rumorosamente, muovendoci alla Rambo tra le case la musica non è cambiata. L'intelligenza artificiale anche qui non ha dato grande prova di se, non imbambolata certo, ma sin troppo allo scoperto e con fasi di ricerca della minaccia poco fruttuose. Uno stealth all'acqua di rose insomma, ottimo comunque per spezzare il ritmo delle lunghe fasi sul carro armato. E proprio tornando a bordo del pachiderma corazzato ci è sembrata decisamente stiracchiata l'ultima fase, un combattimento prolungato contro diverse ondate di carri armati all'interno di un villaggio. Ad onor del vero dobbiamo dire che DICE ha fatto del tutto per renderlo il meno noioso possibile, prevedendo la solita distruttibilità dell'ambiente che di fatto stravolge la sicurezza dei ripari iniziali e anche una buona diversificazione dei carri avversari, non solo in termini di potenza e agilità, ma anche di posizionamento dei punti deboli per distruggerli. Questo ultimo incontro con Battlefield 1 ha confermato tutta la bontà della beta estiva, con la gradita aggiunta della incalzante modalità Operazioni, ma nello stesso tempo ci ha lasciato qualche perplessità sulla precisione del gunplay. Su tutto spicca però un level design delle mappe sopraffino, una forte ricerca di un gioco cooperativo e del rispetto delle classi, un sistema di distruzione ambientale e meteo dinamico che amplia quanto di buono fatto nei precedenti episodi della serie e un motore grafico che non ha semplicemente eguali. Insomma ci siamo davvero divertiti molto, ma anche arrabbiati qualche volta di troppo.

CERTEZZE

  • Tecnicamente a tratti sconvolgente
  • Level design di prima classe
  • La nuova modalità Operazioni
  • Distruttibilità ambientale

DUBBI

  • Problemi di hitbox e bilanciamento armi
  • Intelligenza artificiale nella campagna