Embargo dopo embargo siamo arrivati alla disamina totale del multiplayer di Battlefield 1 dopo averlo solo scalfito con l'inedita modalità Operazioni. La recensione vera e propria col voto finale arriverà domani alle 12, quando completeremo la nostra copertura del gioco parlando della campagna single player.
Dopo aver spiegato in maniera corposa l'inedita modalità Operazioni nel nostro precedente articolo di quattro giorni fa, è giunto il momento di scrivere del multiplayer tout-court, delle sue caratteristiche e dei contenuti che offre. Il setting della prima guerra mondiale non ha stravolto le meccaniche classiche del titolo, rimaste inalterate e rese per certi versi più immediate e accessibili, pur rimanendo punitive se giocate alla leggera, a tutto vantaggio della dottrina cooperativa del gioco. Battlefield 1 non mette in scena la statica guerra di posizione che ha caratterizzato buona parte della guerra del 1914-1918, ma la piega alle sue caratteristiche, centrandone però lo spirito e l'atmosfera. È quindi un Battlefield al cento percento, con tutti i suoi tanti punti di forza e qualche debolezza. Fucili a colpo singolo, biplani e pachidermici carri armati non fanno per nulla rimpiangere lanciarazzi a ricerca, fucili d'assalto, jet e tecnologici tank con la telecamera per la visione notturna.
Continua la marcia verso la recensione di Battlefield 1: oggi tocca al multiplayer!
Rispetto dei ruoli, sempre!
Avremo a disposizione quattro classi "standard": assalto è quella designata per il combattimento a corto raggio, dotata di mitragliatrice o fucile a pompa, versata anche nella lotta anti carro con gadget dedicati; supporto ha come arma primaria una mitragliatrice pesante, ottima dalla breve e media distanza. La precisione non è proprio eccezionale in "full auto", ma è una classe necessaria quando si deve far tenere la testa bassa agli avversari. Il mortaio è poi la classica ciliegina sulla torta. Il medico è fondamentale, cura e "fa rinascere" i compagni di squadra, mentre il suo (poco potente) fucile semiautomatico è perfetto per le medie distanze. Lo scout è il cecchino della situazione: colpire da lontano è imperativo, ma alla bisogna può utilizzare munizioni anticarro quando la situazione si fa decisamente pesante. A queste classi si aggiungono quelle speciali, carrista e pilota d'aereo, con armi e percorso di crescita dedicato, e poi ci sono quelle Elite: troviamo il terrore della mischia dotato di lanciafiamme, il lento e corazzato "tank umano" armato con mitragliatrice pesante e lo specialista della caccia ai carri, grazie al suo fucilone con proiettili perforanti. Provandole tutte a lungo, possiamo dire con assoluta certezza che Battlefield 1 premia chi rispetta il proprio compito sul campo di battaglia, anche perché le armi sono davvero tarate per quello che devono fare. È difficile, insomma, essere efficaci dalla lunga/media distanza con un'arma non pensata per quell'utilizzo. La balistica alleggerita rispetto ai precedenti episodi viene in nostro soccorso, certo, ma la dispersione della rosata è notevole. Gli assalti devono essere coordinati bene, anche perché, dato l'ottimo level design, è praticamente certo esser presi d'infilata o alle spalle se non si ha la giusta copertura. La squadra è fondamentale: stare vicini e giocare di concerto, questo è il "segreto" della vittoria. Non c'è spazio per i lupi solitari; le mappe vanno studiate, non prese d'assalto a testa bassa. La personalizzazione del nostro alter ego - la scelta di altre armi e gadget - è senza dubbio corposa, ma non così elevata come negli episodi più recenti. Poco male: ogni arma ha a disposizione fino a tre versioni modificate della stessa, che ne favorisce ad esempio l'uso dalla lunga o dalla media distanza, in utilizzo statico o d'assalto. Se poi ci mettiamo che ogni arma ha spiccate caratteristiche proprie e un feeling particolare, tirato il grilletto, da subito avvertibile e riconoscibile, non possiamo che ritenerci soddisfatti.
Level design sontuoso
Qualcuno potrebbe dire che le armi non sono poi così tante e che la scelta dei preset rimuove il gusto dell'utente nel testare ogni singolo accessorio, ma per quanto provato possiamo dire che le varianti in gioco sono comunque molte e tutte con un vero valore aggiunto. Lo stesso discorso vale per i gadget, tanti e di vario tipo, che impattano decisamente il nostro stile di gioco. Permangono le già citate problematiche di hitbox e bilanciamento delle armi (con spesso un time to kill tutto da studiare) che, a dirla tutta, ci sono sembrate meno invasive rispetto al precedente incontro. Ottima invece la diversificazione dei mezzi, soprattutto quella dei carri, con punti di forza e debolezza ben chiari. Non sono impossibili da far saltare in aria; la classe assalto deve fare il suo dovere, ovviamente, ma senza dubbio hanno tutta la potenza necessaria per spazzare un obiettivo difeso malamente senza sembrare una macchina di morte inavvicinabile.
Potenti senza esserlo troppo, insomma. Le modalità di gioco sono quelle a cui siamo abituati: Conquista, Corsa, Dominio e Deathmatch a squadre. A queste si aggiunge Guerra dei piccioni, una variante del Cattura la Bandiera. Bisogna trovare un piccione, portarlo ad un punto sicuro della mappa, scrivere le coordinate dello sbarramento d'artiglieria e lasciarlo libero. Per gli avversari non è finita, però, perché possono sempre tentare di abbatterlo in volo. Una modalità divertente, ma un semplice passatempo, al pari del Deathmatch a squadre. Conquista sembra fatta apposta per le mappe disegnate dai ragazzi DICE, ma anche le porzioni più piccole di Operazioni, Corsa e Dominio (con o senza mezzi) sono esaltanti tanto quanto la loro diversificazione interna. Del trio di mappe che compone l'ambientazione mediorientale e la coppia Kaiserslacht ne abbiamo parlato a lungo quattro giorni fa, oggi ci preme invece tessere le lodi del resto del pacchetto. Partiamo da i campi di battaglia italiani. Monte Grappa ci porta nelle Prealpi venete, facendoci rivivere l'epopea della Seconda Battaglia del Piave. Una mappa imponente, dove si parte a fondo valle e si scala la montagna passando per ripide mulattiere e sentieri scoscesi, trincee fatte di muretti a secco e gallerie, in alto fino fino ad una fortezza che sarà davvero difficile da prendere visto quanto è protetta e fortificata nel mezzo di bunker scavati nella roccia, con tanto di cannoni a guardia della valle. A colpire, oltre ad un aspetto visivo semplicemente eccellente, è il dislivello tra la cima e il punto di partenza in basso: da vertigini. In pratica un vero inferno per gli attaccanti, sempre esposti al tiro dei difensori in alto, mentre il cielo terso delle Alpi fa da sfondo al grigio "brillante" della montagna e al verde dei prati. Dalla montagna ci si trasferisce al mare, con I confini dell'Impero. Un'altra mappa monumentale, forse meno iconica rispetto a Monte Grappa, ma ugualmente eccellente e di grande impatto. Siamo sulla costa oltre Venezia: anche qui abbiamo dislivelli notevoli, grazie alle colline che scendono quasi a picco fino al mare, tra piccoli villaggi, trincee naturali ed enormi cannoni costieri grazie ai quali tenere sotto tiro estese porzioni di mappe. La parte centrale è di fatto un paradiso dei cecchini; le linee di tiro sono davvero notevoli, il tutto però viene bilanciato dai combattimenti ravvicinati tra le casette e ovviamente all'interno e all'esterno del castello all'estremità opposta del punto di inizio. Una mappa concettualmente simile a Fao Fortress, solo che al posto di dune e stagni troviamo una porzione di costa aspra e frastagliata a rendere il tutto ancor più complesso.
La luna boscosa di Argonne
Con Blitz nella sala da ballo e La Foresta di Argonne torniamo sul fronte occidentale. "Blitz" ci fa combattere fuori e dentro un enorme palazzo stile Reggia di Versailles, con tanto di giardini, saloni, cortili, alte mura e balconate fatte apposta per i cecchini. Sulla carta parrebbe una mappa "banale" ma anche qui i tocchi di classe non mancano. Il palazzo è più in alto rispetto ai giardini; scalinate e balaustre sono di fatto quasi piccole trincee, le lunghe linee di tiro sono spesso interrotte e non mancano anche all'aperto strozzature per creare delle vere e proprie "killing box".
A variare ancor di più l'ambientazione c'è anche uno scalo ferroviario, ad una estremità, dove combattere tra i vagoni fermi. Ariosa, ma capace di creare delle sanguinose mattanze in spazi relativamente stretti, la foresta di Argonne è un'altro campo di battaglia di grandissimo spessore. Chi ha giocato tanto a Star Wars Battlefront si ricorderà con piacere i combattimenti sulla luna boscosa di Endor. Argonne parte da un layout simile e lo rende più complesso e articolato, per certi versi più claustrofobico. È forse la mappa meno immediata e leggibile del pacchetto, ma questo non è un punto a suo sfavore, tutt'altro. Bunker sotterranei, ponti, crateri, il letto di un fiume, piccole radure e trincee bruciacchiate, in un continuo saliscendi visto che non è c'è di fatto un metro piatto. Bellissima, complessa e difficile da padroneggiare, soprattutto per i cecchini. Se poi si alza la nebbia, diventa un vero e proprio massacro alla cieca. In chiusura non possiamo non citare la distruttibilità ambientale, vero e proprio "game changer" delle meccaniche di gioco. Siamo davvero sui livelli di Bad Company: mancano eventi apocalittici come quelli visti grazie al Levolution nell'ultimo episodio (ma abbiamo i dirigibili, le corazzate e i treni blindati ) ma possiamo dire che davvero non se ne sente la mancanza. Le esplosioni a terra creano crateri, praticamente tutto può essere raso al suolo (non tutta la città di Amiens o il marmo del palazzo reale di Blitz, comunque) ma più in generale, anche grazie al meteo dinamico, ogni partita può essere davvero diversa dall'altra. L'ambientazione facilita certamente la distruzione, ma mai come ora ogni riparo dà l'idea di essere temporaneo: ogni casupola può essere sbriciolata, a volte rendendo le mappe irriconoscibili. Basta citare San Quintino prima e dopo la battaglia. Quello che era un ridente paesino, fatto di dolci colline, fattorie e mulini può diventare un inferno grigio, tra fango, trincee e filo spinato, dove non c'è più nulla in piedi, dove dietro ogni detrito può nascondersi un nemico. È chiaro, quindi, che il multiplayer di Battlefield 1 ci è davvero piaciuto. Su tutto spicca un lavoro certosino fatto sulle classi, la diversificazione delle armi in base al loro "ruolo" e un level design monumentale, sia da un punto di vista prettamente estetico che, ovviamente, di gameplay. Nulla di nuovo in casa DICE in tal senso, ma mai come ora la qualità è davvero alta e soprattutto omogenea. Permangono comunque alcuni difetti "storici" e qualcuno potrebbe lamentare contenuti non proprio numerosissimi, ma davvero siamo davanti ad un offerta multiplayer in day one davvero ricca e compiuta.
CERTEZZE
- Level design sontuoso
- Classi e feeling delle armi
- Distruttibilità ambientale
- Tecnicamente di altissimo livello
DUBBI
- Permangono sporadici problemi di hitbox
- Time to kill spesso troppo variabile
- "Solo" 9 gigantesche mappe