Monografie è una rubrica aperiodica che racconta i momenti essenziali nella storia di alcune società, franchise o personaggi di spicco che hanno lasciato il segno nel mercato videoludico.
Con l'uscita di Disgaea 5 Complete per Nintendo Switch abbiamo deciso di ripassare la storia di un franchise poco popolare ma sicuramente molto amato da chiunque abbia giocato almeno uno dei suoi episodi. La conversione per la nuova console Nintendo del Disgaea 5: Alliance of Vengeance uscito un paio di anni fa su PlayStation 4 ha dato l'occasione ad Atlus di mettere il pubblico alla prova e capire se c'è un futuro per i titoli strategici Nippon Ichi: le vendite degli ultimi non sono andate esattamente benissimo, almeno qui in occidente, e il quinto episodio aveva praticamente raschiato il fondo del barile. Sembra che Disgaea 5 Complete, invece, se la stia passando molto meglio già a livello di prenotazioni, e questo vuol dire che probabilmente vedremo nuove avventure ambientate nel Netherworld anche su Switch. Ma che cos'è il Netherworld? E che cosa hanno in comune i vari Disgaea? Perché si parla di "multiverso"? Facciamo un passo indietro e torniamo ai tempi della primissima PlayStation...
L'uscita di Disgaea 5 Complete per Switch è un'ottima occasione per ripassare la storia della serie
La strategia nella musica
Nonostante sia stata fondata nel 1991, Nippon Ichi Software diventa discretamente popolare solo nel 1998 con Rhapsody: A Musical Adventure, un gioco di ruolo strategico per PlayStaton sulla falsariga di Final Fantasy Tactics ma con una "minuscola" differenza: è un musical. Avete capito bene, i personaggi in questo bizzarro JRPG cantano e ballano, ragion per cui i giocatori già all'epoca potevano scegliere se ascoltare i brani in inglese o in giapponese.
La storia ruotava intorno a Cornet, una ragazzina capace di controllare dei pupazzi che diventavano poi le sue armi in combattimento, e alla sua missione di salvare l'amato principe Ferdinand, trasformato in pietra dall'incantesimo sbagliato della strega Marjoly, da sempre innamorata di lui. Pur non brillando tecnicamente, ed essendo molto semplice in termini di gameplay, Rhapsody gettò le fondamenta della filosofia Nippon Ichi: i suoi strategici non dovevano essere soltanto bizzarri, ma anche dannatamente buffi. Forse è per questo che si tratta del gioco più citato in assoluto nei titoli successivi; peccato che i suoi sequel (Little Princess: Marl Ōkoku no Ningyō Hime 2 e Tenshi no Present: Marl Ōkoku Monogatari) non videro mai la luce dalle nostre parti. Noi occidentali dovemmo aspettare infatti La Pucelle: Tactics, su PlayStation 2 e nel 2005, cioè ben tre anni dopo la pubblicazione nipponica, per giocare un altro RPG tattico di Nippon Ichi, benché censurato e alterato profondamente dal publisher di allora, Mastif, al fine di nascondere o occultare la simbologia religiosa. Anche se parlava della lotta tra una banda di esorcisti e i demoni dell'aldilà, La Pucelle era un gioco spassoso dove i personaggi si chiamavano come i piatti della cucina francese. Sul fronte del gameplay, invece, introduceva tutta una serie di meccaniche posizionali su cui Nippon Ichi avrebbe continuato a lavorare per anni. La Pucelle riponeva una grande enfasi nelle sinergie e nelle combinazioni, sicché era possibile - se non necessario - far lavorare i propri personaggi di concerto sul campo di battaglia. In un certo senso, La Pucelle: Tactics fu la lavagna su cui Nippon Ichi disegnò il suo primissimo Disgaea, che vide la luce su PlayStation 2 nel 2003.
L'ora oscura
Sottotitolato Hour of Darkness, il primo Disgaea comincia a spiegarci il Netherworld, una dimensione parallela divisa in vari regni presieduti, a loro volta, dagli Overlord. In questi regni, e in quello paradisiaco di Celestia, combattono senza sosta angeli e demoni: uno di loro è Laharl, figlio di un Overlord da poco deceduto che decide di riconquistare il trono di famiglia. A lui si uniscono alcuni personaggi esilaranti come Etna, la succube che controlla i Prinny, e Flonne, un angelo decisa a dimostrare che anche in Laharl c'è del buono. Il primo Disgaea era semplicemente esilarante.
La struttura episodica sposava bene la brevità delle missioni, specialmente perché era il primo strategico in cui "grindare" era un piacere: i personaggi potevano raggiungere il livello 9999 e infliggere miliardi di danni con attacchi speciali spettacolari. La parola d'ordine era "eccesso", ma Nippon Ichi non aveva dimenticato la profondità della strategia, riempiendo il gioco di meccaniche assurde come i Geo Panel da manipolare per cambiare i bonus dei terreni e la possibilità di sollevare i personaggi e lanciarli a destra e a manca. In quel primo Disgaea facevano capolino alcuni personaggi che sarebbero poi ricomparsi in quasi tutti i sequel e nei vari altri giochi targati Nippon Ichi, a cominciare dai Prinny, gli strampalati pinguini/diavoletti che sono effettivamente le mascotte della serie. Ai Prinny, nel 2008 e poi nel 2010, furono dedicati due deliziosi platform per PSP intitolati rispettivamente Prinny: Can I Really Be the Hero? e Prinny 2: Dawn of Operation Panties, Dood! Disgaea riscosse un ottimo successo in tutto il mondo grazie alla sua ironia, ai personaggi irresistibili e alla profondità strategica davvero incredibile. In Giappone, neanche a dirlo, gli furono dedicati fumetti e gadget in quantità industriale e Nippon Ichi si ritagliò uno zuccolo duro di fan. Nonostante ciò, ci mise tre anni a sfornare un sequel. In quei tre anni, infatti, lo sviluppatore giapponese preferì sperimentare con un paio di giochi intermedi. Il primo fu Phantom Brave per PlayStation 2, 2004, poi pubblicato per PSP col sottotitolo The Hermuda Triangle e per Wii col sottotitolo We Meet Again! In questo strategico, Nippon Ichi tentò senza troppo successo una via di mezzo tra l'ironia di Disgaea e una trama più seria in cui una piccola orfana affronta le forze del male col potere di schierare un esercito di spiriti vincolandoli agli oggetti materiali sul campo di battaglia. In termini di gameplay, Phantom Brave adottava un sistema di movimento scevro della tradizionale griglia: le unità possono essere mosse liberamente nel loro raggio d'azione, consumando una certa quantità di resistenza a ogni passo, sulla quale incide anche la tipologia del terreno. Meglio ancora, le mappe non hanno confini e ogni unità può essere anche scagliata fuori dal campo di battaglia verso morte certa. L'altro strategico sperimentale che Nippon Ichi realizzò nel 2005 è Makai Kingdom: Chronicles of the Sacred Tome. A differenza di Phantom Brave, Makai Kingdom si svolge espressamente nel Netherworld - o in una dimensione parallela dello stesso - e ha per protagonista Lord Zetta, un Overlord con manie di grandezza e mirabolanti poteri soprannaturali... che lo portano a distruggere il suo stesso mondo. Deciso a riformarlo, Zetta decide di sottomettere i suoi rivali o di aiutarli a raggiungere i loro scopi. Makai Kingdom (ripubblicato poi in versione Portable per PSP) impiegava il sistema di spostamento di Phantom Brave e quello di reclutamento di Disgaea in un'amalgama di caratteristiche cui si aggiungevano i veicoli e i punteggi nelle mappe. C'era comunque qualcosa che non quadrava nell'economia del gameplay, forse troppo caotico e sperimentale: la griglia e le caselle quadrate garantivano un maggior bilanciamento e un controllo più preciso della battaglia, perciò Nippon Ichi decise di fare un passo indietro e rivalutare il tutto in Disgaea 2.
Verso il futuro
Tra il 2006 e il 2014, Nippon Ichi si è tenuta impegnata. Disgaea 2: Cursed Memories riprendeva tutto quello che era ai piaciuto ai giocatori del precedente Disgaea e lo abbelliva e perfezionava. La nuova avventura, sempre ambientata nel Netherworld, ha per protagonista Adell, un giovane sopravvissuto alla maledizione lanciata da un Overlord di nome Zenon. L'obiettivo di Adell, ovviamente, è sconfiggere Zenon per spezzare l'incantesimo e magari sbarazzarsi anche di sua figlia Rozalin, dato che se l'è trovata involontariamente tra i piedi.
Sempre più sbilanciato verso la parodia, Disgaea 2 riproponeva alcune bizzarre meccaniche che avevano distinto il prequel da tutti gli altri RPG strategici dell'epoca. Due in particolare: il Dark Council e l'Item World. Il primo era una specie di minigioco in cui bisognava corrompere in tempo reale o sconfiggere in battaglia i senatori deputati a promuovere o bocciare le nostre richieste di potenziamento. L'Item World, invece, aumentava esponenzialmente la longevità del gioco, dato che si poteva entrare dentro gli oggetti come le armi e le armature e affrontare una serie di missioni in mappe generate casualmente per migliorare ancora di più l'oggetto selezionato. Disgaea 2 riscosse un buon successo e fu convertito per PSP col sottotitolo Dark Hero Days e una serie di extra che poi trovarono posto anche nella successiva versione per PC. Disgaea 3: Absence of Justice si fece attendere soltanto un paio d'anni. Nel frattempo, Nippon Ichi aveva fatto qualche altro esperimento nel campo dei videogiochi tattici con lo strategico in tempo reale GrimGrimoire e con quello più tradizionale Soul Nomad. I fan, però, volevano Disgaea e il terzo episodio era esattamente quello. Forse anche troppo. La formula, infatti, cominciava a essere stantia. Ora, non c'era nulla di male se il cuore del gameplay non era cambiato, specialmente ad anni di distanza, anche perché Disgaea 3 introduceva alcune interessanti novità come il Magi-Change, che permetteva ai mostri di trasformarsi in armi per le altre unità, o le Evilty che garantivano un'ulteriore personalizzazione dei personaggi. Il problema era soprattutto sul versante tecnico perché Disgaea 3, che era uscito per PlayStation 3 e poi in seguito per PlayStation Vita col sottotitolo Absence of Detention e un sacco di extra, sembrava a tutti gli effetti un titolo PlayStation 2. Fortunatamente, faceva ridere. E parecchio. La storia era incentrata su una scuola del Netherworld dove gli studenti modelli, essendo demoni, giustamente erano quelli che non frequentavano le lezioni e facevano a botte con tutti. Mao è uno di loro e decide di soverchiare suo padre, un Overlord, poiché gli ha rotto la console per videogiochi. È l'inizio di una vicenda veramente astrusa pure per gli standard di Disgaea, in cui il protagonista decide di diventare un eroe per ottenere la forza necessaria a conquistare il mondo. Insomma, insensatezza allo stato puro. Forse è stato anche per questo che Nippon Ichi ha tentato una narrativa un po' diversa in Disgaea 4: A Promise Unforgotten.
Invece che aggrapparsi alle macchiette e alle gag, gli sceneggiatori giapponesi hanno imbastito una trama un po' più strutturata che fa l'occhiolino alla politica, quella vera, perché anche nel Netherworld ci sono i burocrati e i corrotti. Il protagonista questa volta è un vampiro di nome Valvatorez che aveva giurato alla sua amata di non bere più sangue finché non fosse riuscito a spaventarla: peccato che lei nel frattempo sia morta e Valvatorez, vincolato dal patto, sia diventato un semplice impiegato statale dell'aldilà. Deciso a salvare tutti i Prinny condannati allo sterminio, Valvatorez istiga una ribellione che avrà conseguenze su scala cosmica per tutti. Disgaea 4 è forse il gioco cui si sono ispirati meno i sequel. Riprendeva quasi tutte le meccaniche precedenti (i Geo Panel, il Magi-Change e altro ancora) e ne aggiungeva altre ancora più elaborate e complesse, forse anche troppo. Nippon Ichi, a quel punto, doveva essersi reso conto che serviva di fare un piccolo passo indietro in termini di gameplay per non sopraffare i nuovi giocatori e un passo avanti in campo tecnico perché quegli sprite pixellosi proprio non si potevano guardare più. Mentre preparava il Disgaea 5: Alliance of Vengeance che da poco è stato convertito per Nintendo Switch, nel 2013 lo sviluppatore nipponico festeggiava i primi dieci anni della serie con un sequel diretto del primissimo Disgaea. Intitolato Disgaea D2: A Brighter Darkness, il nuovo RPG strategico per PlayStation 3 tornava a concentrarsi direttamente su Laharl e soci - nonostante le comparse di Flonne e Etna negli episodi precedenti - e introduceva un sacco di nuovi personaggi, compresa la forma femminile di Laharl. In più, proponeva una serie di meccaniche che sono state poi riprese in Disgaea 5, come il Cheat Shop che permette di alterare i parametri del gioco per personalizzare l'intera esperienza. Quella di Disgaea è, insomma, una serie che è stata costruita letteralmente un episodio sopra l'altro come una specie di muro di mattoni. Ogni nuova uscita aggiungeva un tassello a questo mosaico sotto forma di gameplay o di narrativa e anche quando graficamente non c'era molto da vedere, ogni Disgaea, persino i più deboli, garantivano una complessità che ancora oggi tanti RPG tattici si sognano. In questo senso, Disgaea 5 Complete rappresenta l'apice della serie: riassume il meglio e lima i difetti, diventando un ottimo punto di partenza per chi non ha ancora giocato nessun Disgaea.