Qualche mese addietro dedicammo un lungo provato a Quake Champions in occasione dello sbarco su Steam in Accesso Anticipato. Il titolo è un interessante mix di influssi: da una parte il gameplay veloce, tecnico e basato sull'abilità del giocatore tipico della serie, dall'altra alcuni elementi, come la selezione di personaggi diversi dotati di abilità uniche, che riportano ai più moderni hero shooter. Uno sparatutto a cavallo tra una tradizione gloriosa e la necessità di rinnovarsi e stare al passo con i tempi, che a quanto pare sta guadagnando sempre più terreno e, ancora non rilasciato ufficialmente, inizia ad avere un seguito anche sul fronte degli esport. Nel corso del Dreamhack 2017, Bethesda ha invitato alcuni dei migliori giocatori del panorama competitivo a sfidarsi, dandoci modo di osservare come procede la costruzione della scena e di parlare con John Hill, esport manager di Quake Champions.
Duelli all’ultimo sangue
La formula del torneo prevedeva sia la presenza della modalità Duel, quindi con gli scontri uno contro uno che rappresentano da sempre l'opzione più tecnica ed estrema per i giocatori di Quake, sia di Sacrifice che mette a confronto due team da quattro. In entrambi i casi (ma soprattutto nel primo) Quake Champions si dimostra molto, molto divertente da guardare perché la percentuale di uccisioni che possono essere osservate dagli spettatori è alta in rapporto al totale, quindi non ci si perde praticamente nulla di quello che accade. Inoltre il ritmo velocissimo e l'assenza di tempi morti facilitano il compito per chi deve raccontare ciò che sta succedendo, restituendo uno spettacolo molto godibile. I team presenti al Dreamhack 2017 mescolavano vecchie glorie già attive su Quake III Arena e poi Quake Live, con nuovi arrivati già decisamente preparati. "Viviamo una situazione molto particolare nel mondo degli esport" ci spiega John Hill parlandoci proprio del contesto attuale, "la serie ha una fortissima base di veterani che giocano da anni e anni, che sono passati da tanti capitoli, ma allo stesso tempo ci sono le nuove generazioni che sono cresciute con serie più recenti. Per noi quindi la sfida è creare un ecosistema che possa funzionare per entrambi. Sia in termini di contenuti, divertimento e riconoscibilità del sistema di gioco, sia per quanto riguarda i risultati sul fronte competitivo. Percepiamo in maniera molto chiara l'affetto degli appassionati della prima ora, allo stesso tempo il fatto che il campione dello scorso QuakeCon abbia solo 19 anni è per noi una grossa vittoria, vuol dire che stiamo riuscendo nel nostro intento".
Durante il Dreamhack 2017 a spuntarla sono stati i quattro membri del Team Liquid, che hanno battuto in modo netto i ragazzi di Stacked: poi nella modalità Duel, in modo ugualmente netto, DaHanG ha letteralmente spazzato via Toxjq. Insomma gli americani hanno fatto il pieno lasciando a secco le compagini europee e mostrando un certo squilibrio nell'attuale panorama e-sportivo. In questo senso sembra che ci sia consapevolezza da parte di Bethesda relativamente a quello che ancora può essere fatto: "in futuro ci vogliamo impegnare per far crescere Quake Champions come esport lavorando su due aspetti. Da una parte vogliamo porre sempre più attenzione al supporto dei team, permettendo ai giocatori interessati di crearsi una professionalità ancora più strutturata e sostenibile. Dall'altra trasformare gli esport non solo in uno strumento promozionale ma anche in una fonte di guadagni. Siamo stati per un po' in beta, ora siamo in Accesso Anticipato: per noi questa fase è fondamentale perché ci stiamo impegnando per migliorare il gioco in vista del lancio ufficiale, mentre il movimento sportiva è già ben avviato e ci sta regalando molte soddisfazioni. Anche guardando al di fuori dei principali tornei, le community online stanno organizzando parecchie attività e stiamo distribuendo gli sforzi su numerosi territori, ad esempio attraverso la collaborazione con ESL Italy".
C'è la chiara volontà di far conoscere Quake Champions oltre i confini statunitensi e non solo a chi già era appassionato del brand. Un compito non facile perché la percezione che si potrebbe avere oggi di un arena shooter rischia di allontanare quella enorme base di appassionati cresciuti in tempi più recenti. Rischio che comunque non sembra l'azienda percepisca come tale. "Uno sparatutto in prima persona è sempre uno sparatutto in prima persona, penso che possiamo puntare alla stessa utenza di Call of Duty e Battlefield, non vedo limiti in quel senso. Giocando un FPS si acquisiscono abilità che possono essere facilmente trasferite ad altri titoli simili. Quake è, alla base, un gioco molto divertente in compagnia degli amici: certo permette di affinare le proprie abilità e lavorare parecchio per migliorare, ma vogliamo mantenere lo spirito originale del prodotto, che non richiede di essere dei super professionisti. Quando facciamo dei cambiamenti al bilanciamento passiamo ovviamente anche dall'opinione dei pro player, ma testiamo ogni modifica per essere sicuri che non diventi frustrante per tutti gli altri". Insomma dopo aver speso un paio di giorni a guardare i migliori giocatori del mondo e a parlare con chi Quake Champions lo vive ogni singolo giorno, torniamo a casa con l'impressione che la direzione sia quella corretta e chi ci lavora sappia esattamente quello che sta facendo. Cosa manca? Forse un riconoscimento largo da parte dell'utenza, che ancora non sembra aver abbracciato in massa il progetto. Le ragioni per questo "ritardo", se così vogliamo metterla, potrebbero essere molte ma l'impegno profuso da Bethesda lascia ben sperare: adesso non c'è che da attendere il lancio ufficiale e le prossime mosse dell'azienda per capire quanto questo rilancio possa essere un nuovo inizio per una delle serie più gloriose del mondo dei videogiochi.