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Cosa ci aspettiamo da The Division 2?

Qualche riflessione e un invito a immaginare come potrebbe essere il sequel di un titolo di grande impatto come The Division

SPECIALE di Mattia Armani   —   09/03/2018
Tom Clancy's The Division 2
Tom Clancy's The Division 2
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La Manhattan di The Division è un luogo terribile e magico, un concentrato di pericoli, dettagli e atmosfera che ha catturato l'attenzione di milioni di giocatori facendo dimenticare, almeno per le prime intense ore di gioco, alcune delle promesse non mantenute da Ubisoft. Ma le promesse mancate hanno avuto un peso, soprattutto sull'end-game, portando a un brusco calo di utenza una volta esaurita l'ottima ma limitata campagna. Qualcuno prima di allontanarsi ha affrontato per qualche ora i pericoli della Dark Zone e ha completato le assegnazioni al livello più difficile, ma solo una piccola percentuale dell'utenza iniziale è rimasta fedele al titolo Ubisoft. E questa fedeltà è stata in qualche modo premiata. In questi due anni The Division ha accolto nuove modalità PvP, un sacco di aggiunte alla Dark Zone come il tradimento, obiettivi ad alto rischio, eventi globali, equipaggiamenti top secret e migliorie assortite per un'esperienza che ha sempre e comunque potuto contare su un'ottima base, a partire dal gunplay per arrivare al limitato ma sfizioso loot system. Tutto questo ha consentito a The Division di sopravvivere fino all'annuncio involontario, e poi ufficializzato, di un sequel che è stato accolto in modo decisamente positivo, nonostante la completa assenza di materiali a supporto, segno che molti sono rimasti colpiti da quanto realizzato e sognano ancora di poter vivere appieno l'esperienza promessa da Ubisoft.

Un'eredità pesante

The Division 2 si farà carico della pesante eredità di un primo capitolo che per molti continua a risultare una cocente delusione, nonostante i venti milioni di utenti complessivi, i miglioramenti garantiti da un supporto continuativo e il netto incremento di interesse in corrispondenza della patch 1.8. Ma tutto questo non è riuscito a colmare la mancanza di quell'end-game capace di mescolare cooperativa e competitiva che lasciava intuire il primo spettacolare filmato con cui The Division è stato presentato al mondo. Aggiunte pur importanti come quelle delle modalità di sopravvivenza o della schermaglia non possono di certo competere con l'immagine di due team di giocatori in competizione per un obiettivo tra droni teleguidati, un certo grado di dinamismo e un respiro da MMO che non può essere certo compensato dagli HUB, per quanto integrati con grande abilità nel tessuto di gioco. Questo è quello che ci aspettavamo e questo è il livello di contenuti che vorremmo vedere nell'end-game di The Division 2, anche nella veste di specifiche modalità inserite in una formula, quella attuale, che difficilmente Ubisoft butterà via dopo due anni di continuo lavoro. Ciononostante ci aspettiamo comunque cambiamenti importanti per un titolo che non può permettersi il lusso di deluderci una seconda volta. E non può farlo perché deve distinguersi dalla concorrenza, già ricca e destinata ad arricchirsi con il pericoloso Anthem, e perché questa volta l'hype e la magia di una New York natalizia non basteranno più a colmare eventuali lacune. Tra l'altro non sappiamo se il sequel sarà sempre ambientato nella Grande Mela o se ci porterà in qualche altra parte del mondo, e non è facile prevedere quale possa essere la direzione scelta dagli sviluppatori. D'altronde da una parte dobbiamo tenere conto del dettaglio strepitoso e dell'efficacia dell'ambientazione del primo capitolo, entrambi difficili da ripetere o sostituire, e dall'altra dobbiamo mettere sul piatto l'importanza di un cambiamento radicale di immagine per dare a un sequel una precisa identità. Ed eccoci quindi a pensare a una nuova emergenza batteriologica, magari dai risvolti ancora più macabri, esplosa in città altrettanto iconiche come Londra, Tokyo, Parigi o, per restare in quegli Stati Uniti ormai familiari a tutti, una San Francisco capace di mescolare elementi architettonici europei con simboli della storia americana come il Golden Gate Bridge o Alcatraz. Oppure, tornando all'ipotesi del parziale riciclaggio volto al giocare sul sicuro, potremmo ritrovarci in una New York allargata, cosa che permetterebbe al team di conservare parte del lavoro già fatto, ampliando notevolmente la mappa di gioco.

Cosa ci aspettiamo da The Division 2?

La divisione torna in campo tra speranze e ambizioni

Come anticipato, diamo per scontato che la formula alla base sia fedele a quella del primo capitolo, cosa che ci porta a escludere l'introduzione dei veicoli al di fuori di nuove modalità appositamente pensate per accogliergli, ma ci aspettiamo di vedere novità rilevanti dal punto di vista dell'ambientazione, del gioco online e della complessità delle missioni. E sappiamo che tutto questo è alla portata di Massive Entertainment che tra l'altro può contare sul supporto di Ubisoft Annecy, Redstorm, Reflections, Ubisoft Bucharest e Ubisoft Shanghai. Con un tale esercito di sviluppatori le possibilità sono molte anche se questa volta l'annuncio non punta su promesse eclatanti quanto sull'esperienza maturata in questi due anni da un team deciso a realizzare un'avventura a prova di bomba. Un'avventura che, svela l'annuncio, potrà contare sull'evoluzione dello Snowdrop Engine già utilizzato per il primo capitolo. Questo dettaglio purtroppo non ci aiuta a capire molto, visto che parliamo di un motore che può essere impiegato tanto in gioco di ruolo quanto in simulazioni spaziali, ma attira la nostra attenzione grazie a un paio di righe di testo che parlano di novità funzionali alla realizzazioni delle ambizioni del team per The Division 2. Un passaggio che ci riporta senza alcun dubbio a quella promessa di un multiplayer end-game più articolato, interazioni tra più giocatori anche nella cooperativa e un maggiore dinamismo nel mondo che speriamo sia accompagnato da un'ulteriore profondità narrativa, non solo per quel che riguarda la storia ma anche per quanto concerne la struttura delle missioni.

Con tutto questo ben di Dio in campo saremmo già contenti, mettendo ovviamente nel mucchio nuove armi segrete, nuovi gadget, più interni sfruttati meglio, nuove minacce biologiche e, si spera, nuovi e più peculiari nemici, magari segnati o addirittura trasformati, senza per questo scadere necessariamente nella deriva zombie, dalla contaminazione. Ma c'è chi già sogna in grande, immaginando una Dark Zone strutturata quasi come MMO (improbabile) o una modalità in stile Battle Royale e qui siamo senza dubbio nel campo del possibile. L'enorme successo di questa tipologia, evidente dai numeri spaventosi di PUBG e Fortnite, basterebbe già a giustificare l'ipotesi che prende però un sapore diverso immaginando un'esperienza del genere nel mezzo di una metropoli mozzafiato. Ma non è il caso di lanciarsi in voli pindarici. Al momento, con poche informazioni in mano, c'è una sola domanda che conta: The Division 2 saprà mantenere quelle promesse che ancora ci rimbombano in testa per regalarci un end-game all'altezza? All'E3 vedremo qualcosa di concreto, ma il nostro quesito avrà una risposta vera quando il titolo vedrà la luce, un qualcosa che potrebbe accadere tra la fine del 2018 e la primavera del 2019 considerando che la roadmap del primo The Division dovrebbe giungere a fine corsa nel settembre di quest'anno.

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