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Nel nome della Dalia Nera

Finalmente provato con mano, L.A. Noire ci ha portato al centro di una serie di violenti omicidi...

PROVATO di Umberto Moioli   —   01/03/2011
L.A. Noire
L.A. Noire
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Versione testata: Xbox 360

E' interessante come Rockstar Games ha scandito le uscite lungo la generazione in corso. Dopo un primo periodo di studio dell'hardware a disposizione, la consuetudine vorrebbe il rilascio delle nuove proprietà intellettuali più forti, poi da reiterare almeno una seconda, quando non anche una terza e quarta volta. Modern Warfare per Activision, Battlefield: Bad Company per Electronic Arts e Assassin's Creed per Ubisoft sono tre esempi di questa tendenza: grandi giochi, lanciati al momento giusto per garantirsi una serializzazione all'interno del ciclo vitale delle macchine su cui sono stati partoriti. La casa di Grand Theft Auto ha invece sperimentato poco, con Table Tennis e Beaterator a fare da simpatici contraltari ai vari GTA IV e Midnight Club, aspettando fino a metà 2010 per rilasciare Red Dead Redemption e poi il pacchetto di espansioni stand alone Undead Nightmare. Nel 2011 la spinta propositiva della casa anglo americana non si fermerà e anzi finalmente ci permetterà di provare il frutto di anni di collaborazione con l'australiana Team Bondi. L.A. Noire, previsto per il prossimo primo di maggio, è stato già al centro di una lunga anteprima qualche mese or sono ma adesso, nel periodo in cui diversi componenti di Rockstar hanno raggiunto i colleghi a Sidney per rifinire gli ultimi dettagli, ci è stata data la possibilità di testarlo in prima persona. Come noto, l'avventura porterà nella Los Angeles del 1947, a vestire i panni del decorato reduce di guerra Cole Phelps ora al servizio del locale Police Department. La fine della guerra e il boom economico hanno creato un quantitativo di sogni e speranze in una popolazione che si sta riversando in massa nei grandi centri abitati, com'è la capitale città più popolosa dello stato californiano. Un periodo dove tutto è possibile e dove alle più grandi opportunità si mescolano le più crudeli ingiustizie e i crimini più efferati: un quadro perfetto per scalare i ranghi delle forze dell'ordine locali.

Benvenuti in Major League

A novembre avevamo introdotto il concetto di Scrivanie: pacchetti di missioni che rappresenteranno i reparti del dipartimento di polizia tra le cui fila Cole Phelps si muoverà durante la sua carriera. La prova concessaci si posizionava a metà gioco circa, quando l'alter ego del giocatore sarà da poco diventato la spalla del veterano Rusty Galloway alla Omicidi. Prima di metterci noi stessi all'opera, siamo stati introdotti in quella che il capitano Donnelly definisce come la Major League del dipartimento. La massima serie al cui interno Phelps dovrà dimostrare di sapersi muovere non solo grazie alle sue doti investigative, evidentemente già messe in luce nelle ore di gioco precedenti, ma di saperlo fare con il groppo alla gola suscitato da certe sanguinose scene del crimine.

Nel nome della Dalia Nera

Per farci assaporare questo clima, i responsabili Rockstar ci hanno innanzitutto fatto vedere l'introduzione del caso The Red Lipstick Murder - L'omicidio del rossetto rosso - con il ritrovamento del cadavere di una giovane donna con tagli e segni di violenti percosse. Il corpo riporta alcune scritte ma è il modus operandi dell'assassino a catturare l'attenzione: simile a quello che caratterizzò il caso Elizabeth Short, la Black Dahlia di cui anche Ellroy ha scritto e che Rockstar usa come spunto per animare il reparto Omicidi di L.A. Noire. Molta della fase centrale del gioco parlerà infatti del celebre delitto, con Phelps interessato a cercare possibili connessioni e il duo di anziani colleghi, Galloway e Donnelly, più comodi nell'affrontare ogni situazione come frutto di emulatori o coincidenze piuttosto che di un serial killer libero di circolare per le strade di Los Angeles. Toni cupi, immagini violente e anche un nudo completo femminile segnano in pochi minuti uno stacco abbastanza netto da quanto visto a fine 2010. Rockstar vuole insomma mettere in chiaro che il titolo offre un palette di sfumature molto vasta, partendo da un contesto realistico formulato attraverso un rigoroso studio delle fonti.

Preso in mano il pad, ci siamo tuffati in un secondo caso che in circa un'ora e un quarto si è lasciato giocare dall'inizio alla fine. La missione, intitolata The Silk Stocking Murder - L'omicidio della calza di seta - replicava per modalità quello descritto poco sopra: ancora un donna morta ammazzata, ancora con modalità che subito aprono tra Phelps e Galloway la questione relativa alle possibili connessioni con l'assassinio di Elizabeth Short. Il rinvenimento avviene in un vicolo ma la scena del crimine si dimostra ben presto più dinamica di quanto inizialmente immaginabile: segni di sangue sull'asfalto e poi su un muro di una vicina casa portano a salire la scala esterna allo stesso, fino al tetto e alla scoperta della borsetta appartenuta alla giovane.

Nel nome della Dalia Nera

La vittima, Antonia Maldonado, si apprende essere vissuta in una pensione nella periferia della città. Visitata la casa e fatta conoscenza con la proprietaria dello stabile, tale Ms. Lapenti, le tracce portano in due direzioni diverse: l'abitazione dell'ex marito Angel, con cui Antonia non era più da tempo in buoni rapporti al punto da avere in valigia alcune carte dell'avvocato relative all'oramai prossimo divorzio, e poi il bar El Dorado, teatro preferito per esercitare una certa propensione alla bottiglia. Inutile continuare la descrizione di una vicenda appassionante, ben costruita e pronta a concludersi in modo esplosivo, dopo tante indagini, con un inseguimento in macchina per rintracciare e fermare l'assassino. La narrazione in L.A. Noire si è dimostrata anche questa seconda volta curata e complessa, con l'uso di colpi di scena ed escamotage, come la radio montata nella volante su cui il giocatore e la sua spalla si muovono, per indicare quanto più naturalmente possibile i movimenti al giocatore. Lo stesso discorso vale per i personaggi che, per quanto conosciuti solo in modo superficiale, ben valgono i molti dialoghi e l'approfondimento che gli sviluppatori sembrano volergli dedicare.

Un aiuto dall'alto

In L.A. Noire il protagonista Cole Phelps avrà un livello, un po' come succede nei giochi di ruolo. Trovando gli indizi, completando con successo gli interrogatori e poi le missioni, si guadagneranno punti esperienza che a loro volta contribuiranno a far aumentare quel valore. I benefici ottenibili in termini pratici saranno due: nuovi capi d'abbigliamento tra cui scegliere unicamente per il gusto di sentirsi belli e gli Intuition Point. Di questi se ne potranno avere al massimo cinque contemporaneamente e serviranno ad accedere, qualora lo si volesse, a un sistema di aiuti che si declinerà in tre maniere diverse. Si potrà spendere un punto per vedere per qualche istante segnati sulla minimappa tutti gli indizi presenti nella zona. Oppure lo si potrà usare per togliere una delle tre opzioni tra Dubita, Credi e Accusa durante un confronto con un sospettato. O infine si chiederà un suggerimento su una decisione da prendere. In quest'ultimo caso la risposta non sarà frutto di alcun calcolo astruso ma verrà ricavata tramite Rockstar Social Club da tutte quelle date dagli altri giocatori, quindi registrate nei database installati a tal fine. Voi quale sceglierete: la uno, la due o la tre?

Il trucco c'è… ma non si vede

Che avesse letto i precedenti contributi o visto i video, oramai saprà come funziona L.A. Noire. Saprà del mix di raccolta delle prove e interrogatori. E saprà dell'uso della tecnologia Motion Scan, che permette di dare vita a dialoghi con espressioni facciali eccellenti, verosimili al punto da leggerci le intenzioni dei personaggi non giocanti al centro delle indagini. Dietro a tutto questo però, la struttura è rigorosa come è inevitabile per creare un'esperienza valida anche dal punto di vista ludico. Arrivati alla fine della missione giocata, ad esempio, abbiamo scoperto di aver ritrovato tutti gli indizi, tredici su tredici, e indovinato buona parte delle reazioni corrette a quanto dettoci nel corso degli interrogatori, tredici volte su sedici.

Nel nome della Dalia Nera

Ogni ritrovamento, confessione ottenuta o nuovo posto indicato sulla mappa da esplorare, è frutto di nuovi progressi che aprono diverse strade ma portano sempre allo stesso identico punto finale, all'unico modo in cui ciascun caso può concludersi. All'atto pratico queste connessioni sono sembrate molto ben mascherate e la fluidità con cui i pezzi del puzzle vengono a comporsi lascia intendere un gran lavoro di coordinazione tra i reparti di scrittura e design. Tra i vari aspetti positivi, c'è però una finezza che davvero ci ha impressionato per come è stata ideata e poi realizzata: il nostro collega, Rusty Galloway nel caso della Scrivania Omicidi, è una sorta di suggeritore in movimento che svolge il doppio ruolo di indirizzare quando necessario, e di rendere il lavoro di coppia qualcosa di concreto, non velleitario. Sulla scena del crimine e poi durante le indagini, Rusty si muove tra gli ambienti guardandosi attorno, aspettando qualche minuto e poi concentrandosi nelle aree di possibile interesse, richiamando infine l'attenzione di Cole qualora questo si trovasse in difficoltà. Nulla impone di seguirne le indicazioni e queste arrivano in modo graduale, ma è il normale rapporto di collaborazione tra due detective che lavorano assieme, quindi in termini di immersione questa soluzione funziona a puntino. In modo simile mentre si è in macchina non c'è il GPS - solo nel 1947 di Call of Duty, forse, potreste vederli... - ma basta premere un pulsante e Rusty è subito pronto a dare qualche suggerimento sulla prossima svolta da prendere. Il risultato è che in una città aperta dove si va a caccia di un singolo dettaglio, non ci si perde mai davvero, attenendosi al ritmo che Rockstar Games ha pensato per l'opera.

Tra l'altro tutta l'attenzione al background, alle fonti e l'impostazione originale, ben si presteranno a essere fruiti da un'utenza più ampia rispetto a quella dei soli giocatori hardcore. Ben inteso, L.A. Noire non è un titolo facile e anzi i primi minuti intimidiscono proprio perché le interazioni richieste non sono quelle usuali. Però non ci vogliono riflessi disumani oppure anni di allenamento per mettersi sulle tracce di un assassino.

Nel nome della Dalia Nera

Servono altre abilità e sono sfide che gli sviluppatori vogliono lanciare anche agli appassionati di altri media, soliti a guardare e leggere le storie con cui qui si interagisce. Tutta la parte di controllo di Phelps, a piedi e poi alla guida, ricalca invece quella di ogni altro titolo Rockstar, quindi moltissimi si sentiranno a casa sin da subito. Purtroppo nel caso The Silk Stocking Murder lo spezzone d'azione si limitava all'inseguimento in auto finale; saremmo stati curiosi di provare qualche altra curva sulle tracce dei cattivi e soprattutto le sparatorie, apparse al tempo del primo incontro l'elemento ancora da rifinire con maggior attenzione. Sarà per la prossima volta.

Rivoluzione egoista

Da un punto di vista visivo, L.A. Noire può essere considerato un traguardo tecnologico. Allo stesso tempo l'insieme di tool proprietari di Team Bondi è quanto di meno replicabile ci sia in circolazione. A impressionare non è infatti la tecnica in sé, il gioco non dimostra che si possa fare qualcosa che prima si pensava impossibile e non c'è un solco in cui altri si potranno inserire. Qui la magia la fanno una recitazione virtuale incredibile - sorretta da un cast d'eccezione - che punta sui movimenti del volto e del corpo, su come le mani vengono usate per gesticolare e come altri dettagli si comportano nei momenti di più o meno grande stress.

Nel nome della Dalia Nera

Le trentadue telecamere alle spalle del Motion Scan catturano immagini e voce assieme, il che rende un elemento come il doppiaggio - solo in inglese, in italiano ci saranno i sottotitoli - davvero di un altro livello. Il lip sync poi, è pressoché perfetto. Molto buono anche tutto il lavoro di rifinitura degli interni, delle scene del crimine e in generale degli ambienti più importanti: inserire un gran numero di dettagli non è qui solo fondamentale per facilitare l'immersione, ma anche per non dare l'idea che gli indizi siano forzatamente inseriti in un contesto altrimenti spoglio. Per ora sono gli esterni che ci sono piaciuti meno, con le grandi strade di Los Angeles ricostruite in modo curato ma forse un impatto generale non allo stesso livello di tutto il resto. Buona l'interfaccia che con la scusa del taccuino da detective, inserisce in un unico posto tutti gli elementi utili alle indagini.
Insomma quanto provato potrà rappresentare una piccola parte dell'offerta, ma è già stato piuttosto chiaro nel ribadire in che modo L.A. Noire intende lasciare un segno profondo nel 2011 in corso. Le novità in termini di meccaniche e tecnologia sono di grande interesse e qualora dovesse riuscire a fare bene anche le cose normali, il gioco non faticherà a diventare un acquisto obbligato.

CERTEZZE

  • Molti elementi originali
  • Casi e personaggi scritti ottimamente
  • Si prospetta longevo
  • Recitazione virtuale di altissimo livello

DUBBI

  • Certi scorci esterni necessitano di qualche rifinitura
  • Curiosi di provare una maggior quantità di scene d'azione