Il 14 maggio 2019 usciva sul mercato A Plague Tale: Innocence, titolo sviluppato da Asobo Studio, una casa produttrice che, fino a quel momento, aveva portato alla luce principalmente titoli commissionati dalla Pixar per accompagnare l'uscita dei suoi film d'animazione, ma anche un esperimento come Fuel, che tanto si distaccava dal loro storico in ambito videoludico.
L'originale A Plague Tale, al debutto, iniziò subito a far parlare di sé, riscuotendo consensi sia da parte del pubblico sia della critica, diventando quasi una sorta di produzione di culto. Certo, la natura da progetto indipendente era evidente, ma ciò spinse il pubblico ad apprezzare ancor di più il titolo che, nonostante la ristrettezza dei fondi a disposizione, era riuscito a proporre un'esperienza comunque altamente interessante, in grado di stupire.
A due anni dall'esordio del primo capitolo, durante la conferenza Microsoft all'E3 2021, è stato annunciato il seguito delle avventure di Amicia e Hugo. Ma vale la pena essere esaltati?
In questo articolo vi spieghiamo perché attendiamo A Plague Tale Requiem.
Spoiler
Il seguente articolo contiene spoiler riguardanti gli eventi narrati in A Plague Tale: Innocence. Di conseguenza, vi consigliamo di continuare la lettura solo se avete portato a termine la campagna principale.
La storia continua
Che A Plague Tale sarebbe stata un'avventura in più capitoli già lo sapevamo (il sottotitolo, d'altronde, era abbastanza esplicativo). Il finale, comunque sia, lasciava presagire un proseguo degli eventi narrati. Da un lato, c'era quello scambio di sguardi di quasi complicità tra l'inquisitore morente e Hugo; dall'altro, quella lenta carrellata verso l'alto, che mostrava la ritrovata gioia infantile di Amicia e del suo fratellino, durante la quale si scorge un panorama portuale, segno anche quello di un viaggio da intraprendere, non concluso, che porterà la famiglia de Rune verso nuove sfide. E il collegamento lo vediamo sin dal primo video di presentazione di Requiem, dove, sul finale, ritroviamo un'ambientazione costiera, probabilmente mediterranea. Non sappiamo con esattezza dove le vicende ci porteranno, ma sembrerebbe una qualche regione iberica.
Il tema centrale del primo capitolo era l'innocenza perduta e ritrovata, che spinge a crescere molto in fretta in un mondo che non fa sconti a nessuno. Per tutto lo svolgersi delle vicende, i giovani protagonisti di A Plague Tale: Innocence variano tra la più vivida lucidità e il sogno magico, ammaliatore, che li porta a gettare un velo di fantasia sulla cruda realtà che si ritrovano a vivere.
Lo Château d'Ombrage diventa così sia simbolo di una costante e permanente infezione (caratterizzata dalle continue infestazioni dei ratti della peste) che un luogo "altro", lontano dalla realtà cruenta del mondo adulto; un ambiente dove sprigionare la fantasia e diventare personaggi mitici, nati dalla penna di qualche autore ignoto. E la forte dicotomia tra età adulta e infantile è sottolineata ancor di più dal finale, durante il quale, prima, vediamo un serioso Hugo scrutare l'inquisitore Vitalis durante i suoi ultimi respiri e, poi, troviamo il giovane a ridere e scherzare con la sorella, come se tutto ciò che si sono ritrovati a vivere non fosse mai accaduto.
Nel secondo capitolo ci aspettiamo un'esplorazione dei temi similare a quella proposta da Innocence, magari andando ad affrontare nuove problematiche.
Cosa aspettarsi a livello narrativo
Se vogliamo rimanere fedeli all'eloquenza dei sottotitoli, "Requiem" farebbe pensare a un'indagine sul lutto. Dopotutto, il primo episodio non si era soffermato più di tanto sull'importanza della perdita di figure genitoriali da parte di giovani ancora non adatti ad affrontare il mondo adulto da soli. Magari, dopo la costante fuga, c'è spazio per la metabolizzazione degli eventi, compresa la perdita di figure care ai protagonisti. Oppure, il titolo si riferisce alla perdita totale di quell'innocenza che era, in parte, riuscita a sopravvivere durante la prima odissea.
Dalle parole di Amicia proposte nel trailer, sembrerebbe che Hugo sia nuovamente fuori controllo per qualche motivo non meglio specificato (probabilmente riguardante la sua fumosa relazione con Vitalis, della quale non sappiamo praticamente nulla, specialmente di ciò che è successo durante il suo periodo di "formazione" sotto l'egida dell'Inquisizione). Tuttavia, il sussulto finale di Hugo farebbe pensare a una sorta di premonizione (tesi avvalorata dalla vorticosità del montaggio, caratteristica ricorrente nella rappresentazione visiva di questi eventi).
Se dovessimo trarre conclusioni solo da ciò che abbiamo a disposizione, ci verrebbe da dire che gli ultimi secondi della presentazione mostrano gli eventi direttamente collegati alla fine del primo episodio (con lo sbarco dei protagonisti in una nuova terra), mentre il resto rappresenta un'idea generale di ciò che accadrà durante lo svolgersi delle vicende narrate, che potrebbero avere luogo anche a diversi anni di distanza rispetto al primo capitolo, a giudicare dall'aspetto dei personaggi. Resta da capire se quest'ultimo è solo una revisione del design dei personaggi o un vero e proprio salto temporale (o, magari, entrambi).
Una mare di ratti
Il primo A Plague Tale stupì, in parte, anche per la costante minaccia rappresentata dai ratti della peste, in grado di invadere la scena nei momenti più inaspettati. Questi ultimi non guardavano in faccia a nessuno, attaccando incondizionatamente chiunque; il che li rendeva, oltre che un pericolo, molto spesso una risorsa.
L'unica pecca si trovava nella realizzazione di questi ultimi, caratterizzati da movimenti meccanici, poco realistici e, a volte, estranianti rispetto alla meravigliosa atmosfera creata dal team di sviluppo. Il limite di portare molti ratti con movenze realistiche su schermo era dovuto sia a un mancanza di risorse economiche, sia a una limitazione tecnica dovuta a una maggioranza di componenti hardware ancora non adeguatamente performanti. Ora, considerando anche l'esperienza ai limiti del fotorealismo acquisita durante lo sviluppo di Microsoft Flight Simulator e all'arrivo della nuova generazione di console, di schede grafiche e di processori all'avanguardia, Asobo potrebbe veramente spingere sull'acceleratore e realizzare qualcosa di tecnicamente rilevante.
Ci fa ben sperare quanto abbiamo visto nel trailer, nel quale viene mostrato un vero e proprio mare di ratti che si muove come una presenza fluida, in grado di pervadere l'ambiente circostante e inglobare tutto ciò che incontra al suo passaggio.
Viene subito da pensare alla simulazione degli sciami che gli artisti che lavorano con il digitale stanno perfezionando sin dalla fine del secolo scorso (torna nuovamente il nome della Pixar, che, con la variegata colonia di formiche di A Bug's Life, aveva portato a un altro livello la gestione di un gran numero di elementi a schermo).
È vero che ciò che abbiamo visto è stato realizzato con il motore di gioco e che, quindi, non rappresenta l'effettivo gameplay che ci troveremo ad affrontare, ma non dubitiamo a credere che questa sia la direzione che il team è intenzionata a prendere, ovvero la realizzazione di un antagonista "fluido", in costante mutamento, molto più invadente e attivo rispetto al passato (considerando anche il fatto che la marea di ratti non sembra più aver timore della luce del sole), dove rappresentava solo una porzione di mappa che non si poteva attraversare senza l'ausilio di una fonte d'illuminazione.
La svolta registica
In un videogioco che presenta una forte componente narrativa, ciò che viene raccontato è molto importante. Tuttavia, l'efficacia di una buona narrazione dipende anche da come la si mette in scena. Innocence era sicuramente in grado di emozionare, ma presentava animazioni abbastanza legnose, a tratti inespressive. Sulla stessa linea si trovava la regia delle scene d'intermezzo, molto ispirate, ma un po' troppo macchinose. Insomma, si vedeva che l'intenzione e il talento c'erano; ciò che mancava erano le solite risorse (e, forse, anche un pizzico di esperienza).
Già solo paragonando il trailer di presentazione di A Plague Tale Requiem a quello del primo capitolo risulta lampante un'evoluzione sotto questi due aspetti. I personaggi riescono a parlare con le sole espressioni del volto, mostrate anche per pochissimi secondi, mentre la regia ricalca quella cinematografica in modo non truffaldino, comprendendone le basi e le caratteristiche; non una mera imitazione del mezzo cinematografico, ma una decisa e consapevole attuazione a livello videoludico.
Certo, resta da vedere quanto questo trailer realizzato con motore di gioco coinciderà, poi, con il titolo vero e proprio. Ma, se la primissima presentazione di A Plague Tale mostrava, bene o male, ciò che poi abbiamo avuto modo di ritrovare all'interno del gioco, ci sentiamo fiduciosi riguardo ciò che è stato mostrato finora di Requiem.
Una scelta musicale non sospetta
La colonna sonora di A Plague Tale: Innocence, composta da Olivier Deriviere, è stata probabilmente un fulmine a ciel sereno all'interno del panorama videoludico. Generalmente, i videogiochi contano su delle scelte musicali assolutamente ispirate, a volte molto più di quelle cinematografiche, che contribuiscono a innalzare a opera di culto un gran numero di titoli. Il lavoro di Deriviere per A Plague Tale non era da meno, tanto che spesso il commento musicale esaltava l'impatto emotivo di una scena che, magari, le sole animazioni facciali non riuscivano a restituire. Sembrerebbe, tuttavia, che il compositore francese non tornerà per Requiem, come lascia intendere dalla risposta a un tweet che chiedeva delucidazioni a riguardo.
Ci chiediamo, quindi, chi si prenderà la responsabilità di questo arduo fardello. Per provare a rispondere a tale quesito possiamo solo basarci su quanto viene proposto durante il trailer di presentazione.
Lo splendido brano scelto per accompagnare le immagini non fa parte della colonna sonora ufficiale (a meno che non venga acquisito su licenza), dato che si tratta di Lunacy, canzone degli Swans che apre il loro album The Seer, del 2012. Potrebbe sembrare un dettaglio che non aiuta la nostra ricerca. Tuttavia, è utile tornare un po' indietro con gli anni e raggiungere il 2015, quando viene rilasciato il trailer di un film tratto dall'omonima opera di Shakespeare, Macbeth. Il brano è lo stesso, Lunacy degli Swans, e anche la porzione utilizzata coincide (parte dei primi due degli oltre sei minuti durante i quali si articola la canzone). Anche in questo caso, potrebbe trattarsi di una coincidenza bella e buona, se non fosse per la colonna sonora e il tono registico (rispettivamente curate da Jed Kurzel e suo fratello Justin Kurzel) che contraddistinguono la pellicola con la quale condividono la scelta musicale.
C'è qualcosa nella narrazione, nei suoni, nelle scelte visive della saga creata da Asobo che ricorda il lavoro svolto dai due fratelli nell'adattare l'opera shakespeariana. Il risultato compositivo di Deriviere sembrava contaminato da quei suoni (ovviamente, senza mai scadere nel plagio, bensì adattandoli perfettamente alla natura del gioco). Chissà che, magari, non siano riusciti a "mettere le mani" su Jed Kurzel, probabilmente l'unico, a nostro avviso, in grado di rimanere fedele a quelle sonorità senza soccombere alla pressione esercitata dall'eredità di Deriviere. Ma questi, più che fatti, sembrano sogni.
Ritorno alla furtività
Altro elemento che abbiamo avuto solo modo di intravedere è la già cruciale tematica della furtività. Se nel primo potevamo contare solo sulla nostra fidata fionda e su qualche intruglio alchemico, sembra che in A Plague Tale Requiem il nostro arsenale si espanderà considerevolmente. Infatti, Amicia sarà equipaggiata con una balestra e un coltello. Non crediamo che verranno introdotte altre armi utilizzabili in combattimenti più marcatamente corpo a corpo, ma probabilmente la fionda verrà interamente sostituita dalla balestra. Il che è un peccato perché, oltre a essere un'arma abbastanza originale all'interno del panorama videoludico, permetteva una complessità di approccio relativamente varia, con anche il malus del rumore provocato dall'eccessivo roteare dell'arma.
Potrebbe ancora trovare spazio la fionda all'interno del gameplay di Requiem, dato che sono due armi estremamente diverse e che potrebbero benissimo coesistere. Tuttavia, se aveste la possibilità di scegliere, utilizzereste una balestra che vi permette di eliminare i nemici in modo quantomeno silenzioso e preciso, oppure continuereste a fare affidamento su un'arma ingombrante e rumorosa che, tuttavia, necessita solo di una pietra per funzionare? Lasciamo a voi l'ardua sentenza. C'è da dire, però, che, mentre le armi di Innocence rispecchiavano un po' quella natura immatura, di impotenza principalmente fisica che contraddistingueva i due giovani protagonisti (le cui radici possono essere ritrovate nel racconto biblico di Davide e Golia), quelle presentate in Requiem sembrano l'evoluzione delle prime, decisamente più letali ed efficienti, adatte a chi ha già ucciso e non ha paura di farlo nuovamente.
Siamo ansiosi di vedere come queste nuove aggiunte andranno a influire sulle dinamiche di gioco e se, soprattutto, ci sarà una maggiore libertà all'interno delle aree di gioco, con una conseguente verticalizzazione degli spazi esplorabili.
Sostanzialmente sono questi i motivi per cui, a nostro avviso, vale la pena attendere A Plague Tale Requiem. Asobo Studio si è dimostrato un team capace sia di realizzare contenuti narrativamente avvincenti, sia di destreggiarsi tra le limitazioni tecniche, proponendo qualcosa che risulta sempre armonioso e dalla forte atmosfera, guidato da una sublime sensibilità artistica. Ancora è presto per tirare le somme o per comprendere appieno cosa possiamo aspettarci, ma rimaniamo comunque fiduciosi, specialmente per i possibili nuovi contributi a livello tecnico che possono scaturire da un progetto ambizioso come la serie di A Plague Tale.
Ora, però, vogliamo sapere cosa ne pensate voi. Vi aspettiamo nei commenti.