Il mercato dei videogiochi è fatto di correnti. Alcune di esse si muovono in superficie, come giganteschi tsunami impossibili da ignorare, travolgendo gli studi di sviluppo e convincendoli ad imboccare determinate direzioni creative. Altre, silenziose e quasi invisibili, prendono invece forma nelle profondità, ma non per questo risultano meno potenti o meritano minore attenzione. Questa constatazione è ciò che ha portato un gruppo di sviluppatori di Ubisoft a staccarsi dal cordone ombelicale della grande madre e mettersi in proprio, piantando il primo seme che sarebbe germogliato in Amplitude Studios.
La passione verso la tattica, la strategia, l'anima più hardcore dei videogiochi, non è un sentimento che si sposa bene con le esigenze del pubblico di massa. Ma la verità è che esistono enormi nicchie di pubblico che condividono quella medesima passione e che oggi, troppo spesso, si sentono messe da parte. Da Endless Space a Dungeon of the Endless, da Endless Legend fino a Humankind, Amplitude Studios ha scelto di ancorarsi alla sua particolare visione creativa e di tirare dritto, confrontandosi costantemente con i destinatari delle opere finite e mettendo la propria ispirazione davanti a ogni altra cosa.
Fra i primi a puntare sull'accesso anticipato, i creativi di Amplitude Studios si sono resi conto dei pregi e dei difetti di tale formula, arrivando a creare vere e proprie piattaforme come Games2Gether e OpenDev. Si tratta di strumenti che consentono al pubblico di dire la propria in materia di design, di valutare determinate funzionalità di gioco, dando vita a un confronto diretto fra autore e fruitore che solitamente manca dalle sponde dell'industria. Certo, ciò non significa assolutamente mettere nelle mani del pubblico il peso delle scelte autoriali, ma coinvolgerlo in prima persona sul piano delle meccaniche.
Nelle scorse settimane siamo stati ospiti di Amplitude per provare Endless Dungeon, l'ultimo roguelike hardcore della casa, ma abbiamo sfruttato l'occasione per esplorare lo studio, parlare con gli artisti e con i programmatori, farci spiegare dai dirigenti la filosofia della casa. Ecco tutto quello che ci hanno raccontato Romain de Waubert, lo Studio Head, e Jean-Maxime Moris, il Creative Director di Endless Dungeon.
Dentro la mente di Amplitude
Amplitude Studios, dal 2016 parte della famiglia di SEGA, è strutturato come un organismo dinamico che lega diverse cellule. In questi giorni il reparto di sviluppo è in fermento per Endless Dungeon, pertanto sono le immagini di tale opera a campeggiare sugli schermi degli sviluppatori, ma gli uffici sono divisi in vari nuclei interconnessi. C'è un piano interamente dedicato a Humankind, ci sono stanze per la ricerca e sviluppo nelle quali i designer si affrettano a ridurre a icona le schermate dei PC non appena notano occhi indiscreti, ci sono sezioni interamente dedicate alle piattaforme create dalla casa - come ad esempio Amplifiers - che mirano a coinvolgere direttamente i giocatori nelle fasi di sviluppo. Quest'ultima è una caratteristica essenziale dello studio, che dopo aver tastato le acque della formula in accesso anticipato si è resa conto di tutti i limiti del caso.
In Amplitude siete stati fra i primi a scommettere sull'accesso anticipato, e ora avete sfruttato piattaforme e strumenti come OpenDev. Volete raccontarci qualcosa di più di questa filosofia di sviluppo vicina al pubblico?
"Siamo stati fra i primi nell'industria a puntare sull'early access, tanto tempo fa. Abbiamo sempre desiderato che i nostri titoli fossero testati dagli appassionati molto presto, ma siamo arrivati a una serie di realizzazioni: la prima è che l'accesso anticipato è un ottimo strumento, ed è ancora migliore per determinati tipi di giochi, alcune opere possono funzionare veramente benissimo con quella formula. Ovviamente ce ne sono altri, come gli story-driven complessi, per cui non sarebbe assolutamente adatta, ma le particolari conclusioni a cui siamo giunti nel nostro caso sono state ancora differenti".
"Ci siamo resi conto che per noi è stato molto complicato seguire con un buon lancio dopo un accesso anticipato, perché la maggior parte dei giocatori, dei giornalisti e degli influencer sapevano già tutto quel che c'era da sapere del gioco. Cosa restava da dire a quel punto? Il lancio vero e proprio diventava una sorta di extra-tempo, uno show a tarda notte anziché l'evento in prima serata. Un altro grande problema che abbiamo riscontrato è quello di dover continuare a sviluppare cose nuove nel momento stesso in cui ricevevamo feedback sugli elementi già pronti. C'erano un sacco di cose da ultimare e al contempo iniziava la fase di debugging, perché arrivava una pioggia di feedback portata dall'early access".
"Con OpenDev ci siamo posti due obiettivi: il primo era quello di non rilasciare fino al lancio la versione completa del gioco, in modo da preservare tante cose da raccontare e da mostrare al momento della pubblicazione, mantenendo intatto l'elemento sorpresa. Il secondo, invece, era quello di condividere con il pubblico singoli elementi di gameplay in modo da poterli testare uno per volta. Battaglie, politica, economia, è proprio così che ci siamo mossi con Humankind. Di volta in volta l'intero team si concentrava assieme ai giocatori su un singolo aspetto dell'opera, consentendoci di sistemare tutto il sistemabile; nel frattempo, venivano pubblicate notizie ed emergevano le prime informazioni riguardanti il gioco. La cosa più importante è che quando il titolo viene pubblicato mantiene la freschezza, migliorando il rapporto con i publisher, con gli influencers e con la critica, che si trovano per le mani qualcosa di nuovo e di unico. C'è però da dire che dipende molto dal genere di gioco in sviluppo: in certi casi l'accesso anticipato potrebbe funzionare molto meglio, diciamo che il sistema di OpenDev rappresenta il perfetto adattamento alla nostra produzione".
Quello del feedback ricevuto dagli utenti è un argomento spinoso: spesso gli utenti pensano che non venga mai considerato, mentre alcuni critici sostengono che lo sviluppatore dovrebbe andare sempre per la sua strada. Voi lo tenete veramente così tanto in considerazione?
"Abbiamo dei sistemi per tracciare e sintetizzare il feedback, a volte lo leggiamo personalmente. Il team analizza costantemente tutto il materiale che viene prodotto, è proprio questo lo scopo delle nostre piattaforme. A volte vengono aperte tantissime discussioni simili ed è fondamentale che giungano nelle mani degli esperti e di chi si occupa di una data meccanica. Ricordo ad esempio quando è stato fatto l'OpenDev per l'economia di Humankind e il responsabile ha ricevuto tutto il feedback, l'ha analizzato assieme alla sua squadra. Si tratta di un compito molto più difficile di quanto si potrebbe pensare, proprio perché è molto complesso distinguere tra gusti, opinioni e buone idee. Bisogna sempre incrociare tutto con i dati al fine di capire cosa stia accadendo realmente rispetto alla percezione della frangia più vocale del pubblico. Con Humankind abbiamo fatto un sacco di tracciamento dati per individuare queste differenze.
"È un problema fondamentale nel rapporto fra sviluppatore e comunità di giocatori: a volte arrivano delle critiche molto interessanti, decisamente interessanti, ma bisogna prestare grandissima attenzione a quelle che definirei le voci più rumorose, quelle bisogna prenderle con le pinze. Un problema può sembrare immenso, poi incrociando i dati si scopre che i numeri raccontano una storia molto diversa. Arrivano report che mostrano una tendenza molto forte fra i giocatori, ma vien fuori che c'è un numero molto più elevato di giocatori silenziosi che vanno nella direzione opposta. Ovviamente può succedere anche il contrario, ovvero che una voce minimizzata cresce e riesce a dare forma a problemi e situazioni reali, finché la maggioranza dei giocatori inizia a cavalcarla".
Le radici della casa e la nuova anima
Qualche settimana fa abbiamo parlato con gli sviluppatori di Final Fantasy 16: ci hanno detto che volevano spostarsi verso la formula d'azione parzialmente per coinvolgere un pubblico più grande per l'opera. Avevate anche voi in mente questo genere di deviazione per Endless Dungeon, e l'avete fatta per motivi simili?
"Direi sì e no, a entrambe le questioni sollevate. Sì, in Endless Dungeon si spara molto, si distruggono orde di nemici senza pietà, ma resta sempre e comunque un videogioco molto tattico. C'è un sacco d'azione sullo schermo, ma ciò che conta è quello che accade nella mente dei giocatori in termini di preparazione, pianificazione, esecuzione della strategia. Detto questo è vero che ci siamo spostati verso la formula twin-stick-shooter, ma se l'abbiamo fatto è stato prevalentemente per spostarci verso la piattaforma console. È indubbio che i giocatori console siano più vicini all'azione rispetto alla nostra tradizionale utenza PC, quindi la demografica non è stata il motivo principale della transizione. Endless Dungeon sarà un gioco più orientato all'azione, ma rimane pur sempre molto tattico".
"Inoltre c'è ancora questa idea diffusa che i videogiochi strategici e tattici siano indirizzati a una nicchia, ma vi possiamo assicurare che in realtà c'è un pubblico enorme. Sì, è una nicchia, ma è gigantesca. Per noi Endless Dungeon si tratta più che altro di una chiusura del cerchio, di un ritorno a un titolo che abbiamo fatto in passato (Dungeon of the Endless) sfruttando l'idea del successore spirituale per dare ai giocatori maggiore controllo sull'esperienza e migliorare quelle basi. Non è stato assolutamente il mercato a guidarci in questa direzione: è stata la volontà di costruire sulle radici di quel vecchio gioco".
Sempre i ragazzi di Final Fantasy 16 ci hanno detto che loro hanno fatto tale virata per consentire agli sviluppatori di domani di fare ciò che volevano. Voi che ne pensate? È possibile che un giorno vedremo un videogioco "Endless" che sia, ad esempio, uno sparatutto in prima persona?
"Fintanto che sopravvive un forte elemento di strategia e di tattica attorno al gameplay, sulla carta non c'è nessun problema. Sono convinto che per noi sia possibile fare qualsiasi cosa, potremmo affacciarci praticamente su ogni genere. L'unica condizione è che sia sempre costantemente presente un forte aspetto strategico e tattico, che è il nostro DNA".
Endless Space, Dungeon of the Endless, ora Endless Dungeon. Poi c'è anche Endless Legend. Immaginiamo di catapultarci dieci anni nel futuro: come vi immaginate l'universo Endless?
"Credo che abbiamo dei grossi sogni, mi piacerebbe che l'universo Endless possa diventare qualsiasi cosa vogliamo. Per noi è sempre stato essenziale continuare a sviluppare quell'universo che i giocatori amano, di regalargli nuove storie, di caricarlo di significati. Non abbiamo smesso di lavorare per gli ultimi dieci anni e credo che essenzialmente il pubblico voglia vedere dei nuovi videogiochi, ma non nascondo che ci piacerebbe vedere anche dei nuovi fumetti o degli altri media, oltre a pubblicare le cose su cui stiamo lavorando. Alla fine della fiera credo che tutto ruoti attorno a mettere più carne al fuoco per i giocatori. Come detto tutte le nostre produzioni condividono un certo grado di strategia e tattica, e ci sono tantissimi generi che non abbiamo ancora esplorato che possono incorporare queste caratteristiche. Ovviamente stiamo pensando a come potremmo espandere ulteriormente quello che facciamo nell'universo Endless".
La filosofia di sviluppo e la difficoltà proibitiva
Dungeon of the Endless è uno dei giochi più difficili che ho giocato, e anche Endless Dungeon sembra molto difficile. Voi siete fra i pochi studi che ancora puntano sul livello di sfida elevato, nonostante ci siano esempi di successo come FromSoftware. Come mai questa scelta?
"Parlando di FromSoftware, sono un grande fan dei loro giochi, li ho giocati tutti anche se non ne ho mai finito uno, ma perché non sono abbastanza bravo, non mi sono mai messo seriamente ad imparare. Credo che la cosa interessante sia il fatto che, sapete, ho sempre avuto un sacco di regole e sono sempre esistite un sacco di regole in materia di game design. E quando ho iniziato a giocare le opere di FromSoftware ho dovuto rimettere in discussione tutto il mio credo, tutto ciò che pensavo di sapere dei videogiochi. Loro facevano un sacco di cose che avevo sempre considerato cattivo design, eppure quel senso di frustrazione funzionava a meraviglia, il viaggio era molto più importante dell'obiettivo finale. FromSoftware ha dimostrato che si possono fare dei giochi molto difficili, con tantissimi fondamentali da apprendere, e credo abbiano aperto nuovi orizzonti per l'industria intera".
"Penso che i giocatori stiano capendo sempre di più che ci sono alcuni giochi nei quali vale la pena preservare quella vecchia sensazione, quella in cui se arrivi in fondo sei uno dei pochi eletti che ce l'ha fatta. O almeno quelle opere in cui è più importante vedere quanto riesci ad arrivare lontano piuttosto che arrivare semplicemente in fondo. Questo è ciò che vogliamo fare noi, spingere i giocatori, in sostanza trasmettergli quella sensazione, portarli a chiedersi: 'Ok, cosa succede ora, adesso che ho potenziato tutto, che il mio personaggio è al massimo, quanto potrò spingermi lontano questa volta, come cambierà il gameplay, come muteranno le mie strategie'. E poi non bisogna dimenticare che i titoli di FromSoftware hanno la componente multigiocatore, e noi dal canto nostro abbiamo optato per la cooperativa: all'aumentare dei giocatori coinvolti si moltiplica anche il piacere".
A questo proposito, Dungeon of the Endless è esploso quando è stato introdotto il multigiocatore cooperativo. Endless Dungeon invece è stato interamente costruito per quel genere di esperienza. È corretto?
"Credo proprio che l'essenza della modalità cooperativa si possa sintetizzare in questo concetto: se hai un buon set di meccaniche e regole per l'esperienza in giocatore singolo, l'ingresso in scena della cooperativa funziona sostanzialmente come un moltiplicatore del divertimento per ciascun giocatore che introduci. Ovviamente aprendo a troppi giocatori l'esperienza rischia di trasformarsi in un caos, ed è per questo che nel nostro caso abbiamo optato per squadre da tre persone. Creare un gioco cooperativo è difficile, è un terreno difficile perché i publisher spesso non sono interessati, è molto rischioso. Ma noi abbiamo la fortuna di essere circondati da ottime persone e abbiamo potuto puntare su questa opportunità. Molta della spinta risale proprio a Dungeon of the Endless: nel suo caso la cooperativa è uscita molto tardi, parecchio dopo il lancio, era molto ruvida, sicuramente non la migliore possibile, eppure è diventata comunque enorme. Allora abbiamo capito che la cooperativa può aprire molte porte".
Molti dei roguelike che hanno raggiunto un grande successo poggiavano su una progressione orizzontale che si spingeva molto oltre il finale. Avete pensato a qualcosa del genere per Endless Dungeon?
"Il primo strato direi che è quello della progressione meccanica, pertanto abbiamo bilanciato il gioco discostandoci dalla corrente classica dei roguelike. I roguelike solitamente seguono un sentiero preciso: tendono a rendere ogni partita dopo la prima sempre più facile. L'approccio che abbiamo scelto è un po' diverso; certo, alcune cose si possono potenziare in modo permanente, si potranno rendere alcune sfide un pelo più facili, ma il nostro spirito è quello di incrementare sempre di più il numero di opzioni disponibili finché ciascuno non trova quella perfetta per lui, di consentire ai giocatori di testare vari stili di giochi quando si coopera in multigiocatore. Ma anche dopo questa sorta di realizzazione personale, il gioco è bilanciato e studiato per spingere a proseguire nell'avventura e sbloccare nuovi elementi. Inoltre nella narrativa non c'è solamente un finale - ovviamente non voglio fare alcun genere di spoiler - e in linea generale ci sono molti contenuti orientati alla narrativa, pezzi d'informazione e filmanti che bisogna collezionare per svelare specifici aspetti della storia della stazione spaziale. Inoltre abbiamo integrato le missioni dei singoli eroi, le note ambientali, ulteriori incentivi che spingono a proseguire oltre la prima conclusione, momento in cui, per inciso, non si ha assolutamente sbloccato tutto".