Black Mirror è una serie televisiva britannica, creata dal visionario Charlie Brooker, che potremmo facilmente considerare l'erede spirituale dell'indimenticabile Ai confini della realtà. Giunto ormai alla quarta stagione, Black Mirror è un serial antologico: ogni episodio è slegato dagli altri ed esplora l'impatto, spesso sottile ma terrificante, che la tecnologia può avere sulle nostre vite. Sono scenari da fantascienza - neanche troppo - che fanno riflettere e in cui è facile sprofondare. La serie di Brooker ha già vinto sei Emmy e Bandersnatch, la puntata speciale disponibile da qualche giorno su Netflix, sta già facendo parlare tantissimo di sé, più che altro perché sulla nota piattaforma di distribuzione digitale non c'è nient'altro di simile. Bandersnatch, infatti, è una specie di videogioco, un episodio interattivo ispirato ai più tradizionali libri-gioco: nelle prossime righe vi spiegheremo come funziona e vi diremo se ci è piaciuto oppure no.
La trama
È il 1984. Stefan (Fionn Whitehead) è un diciannovenne introverso e disturbato: un lutto importante ha segnato la sua crescita e adesso il ragazzo si barcamena tra le attenzioni del padre e i colloqui con la sua psicologa. Stefan è anche un aspirante sviluppatore di videogiochi che sogna di lavorare per la Tuckersoft, una compagnia in espansione con cui è riuscito a fissare un appuntamento per mostrare il prototipo di un'avventura in prima persona a cui sta lavorando e che si ispira a Bandersnatch, un librogioco diventato famoso soprattutto perché l'autore è uscito fuori di senno durante la stesura.
In questo caso, la tecnologia che influenza la vita di Stefan e degli altri personaggi - tra i quali spicca Colin, il programmatore esperto interpretato dal bravo Will Poulter - siamo noi. Bandersnatch è un'esperienza continuamente metareferenziale che mescola le tematiche più astruse col preciso obiettivo di disorientare lo spettatore e, con lui, il protagonista della storia. Brooker non si è trattenuto dallo scrivere alcuni passaggi provocatori e controversi che contribuiscono a generare un profondo senso di smarrimento e di inquietudine durante la visione, grazie anche alla regia attenta di David Slade. Noi non siamo certo Stefan ma lui, poveraccio, è la nostra marionetta.
Il gameplay
Come abbiamo detto, Bandersnatch è un episodio interattivo: i primissimi istanti ci spiegano come funziona in modo chiaro e sintetico. Il sistema di controllo (touch screen, controller, telecomando) cambia a seconda del dispositivo di riproduzione che state usando ma il succo resta lo stesso. In alcuni casi dovrete infatti compiere una decisione tra due possibili alternative, selezionando quella che preferite entro dieci secondi. Se non ne sceglierete nessuna, sarà l'episodio a farlo per voi, proseguendo senza artifici o interruzioni: in questo senso, la visione scorre sempre fluida, sebbene alcune pause possano apparire un po' forzate. Se ci pensate, si tratta di un'esperienza molto simile a quelle offerte da videogiochi veri e propri come Until Dawn o Detroit: Become Human, anche se Bandersnatch propone meno bivi o snodi narrativi.
Il risultato è comunque sufficientemente complesso da spingere a visioni ripetute. I finali possibili sono almeno cinque e per ciascuno di essi esistono alcune varianti che dipendono da scelte compiute anche all'inizio della storia: in questo senso, è un po' fastidioso - per quanto logico - che non si possa tornare ad alcuni bivi ben precisi per cambiare opzione, ma soltanto velocizzare la visione saltando una decina di secondi alla volta. In alcuni punti, inoltre, Brooker arriva proprio a barare, costringendoci a compiere determinate scelte o manipolando la narrazione in modo che l'ultima scelta che abbiamo compiuto conduca sempre allo stesso esito, pur magari influenzando la storia in un secondo momento.
È questo, in definitiva, il punto debole di Bandersnatch, un'esperienza sicuramente interessante e divertente se presa come un videogioco più che come la puntata di una serie televisiva. Se il vostro intento è guardare Bandersnatch una volta soltanto, personalizzando il racconto in base alle vostre scelte, è probabile che alla fine resterete alquanto delusi. La trama è delirante e alcune biforcazioni non rendono affatto giustizia al messaggio che l'autore di Black Mirror vuole trasmettere, lasciando in sospeso certe sottotrame che prevedono una chiusura solo se si compiono determinate scelte. Per esempio, c'è un finale divertentissimo quanto folle, un'idea geniale che molti spettatori probabilmente non vedranno mai perché hanno scelto un'opzione invece di un'altra.
Bandersnatch andrebbe preso come un gioco vero e proprio, insomma: bisogna guardarlo e riguardarlo, cercando tutte le alternative possibili per mettere insieme i pezzi di una storyline sensata che si chiuda nel modo più logico e catartico possibile. Solo in questo modo si colgono tutti i riferimenti e i messaggi nascosti che Brooker e Slade hanno abilmente infilato in una battuta o in un'inquadratura. L'episodio speciale di Black Mirror sembra quasi esser stato cucito a misura di videogiocatore: i fan delle produzioni Quantic Dream lo apprezzeranno sicuramente, mentre per gli altri è un esperimento indubbiamente curioso e stravagante, una visione diversa dal solito che potrebbe dare inizio a una nuova serie di contenuti interattivi su Netflix.
Conclusioni
Multiplayer.it
7.0
La prima puntata interattiva di Black Mirror è un esperimento riuscito, ma per apprezzarla pienamente bisogna vederla e rivederla, cosa che molti potrebbero non essere disposti a fare. In questo senso, Bandersnatch ci è sembrato più videogioco che televisione. È chiaro che bisogna ancora trovare il giusto equilibrio, ma come inizio non c'è male.
PRO
- Ottimi gli attori e la regia
- Svariati finali e snodi da scoprire
- Facilissimo da "giocare"
CONTRO
- Per comprenderlo bisogna guardarlo/giocarlo più volte
- In qualche caso la possibilità di scegliere è solo un'illusione