147

Che cos'è l'innovazione che desideriamo dai videogiochi

Poco innovativo, more of the same, più grande e migliore: analizzando i videogiochi si viaggia alla ricerca di un misterioso concetto di innovazione. Che significa?

SPECIALE di Lorenzo Mancosu   —   25/10/2023
Che cos'è l'innovazione che desideriamo dai videogiochi

La più grande spina nel fianco del pur eccellente Marvel's Spider-Man 2 è la mancanza di innovazione. È bastato fare questa considerazione piuttosto ovvia per riaccendere una discussione che ciclicamente investe la maggior parte delle produzioni contemporanee: ogni volta che questo fantomatico concetto di "innovazione" viene messo sul piatto, si genera un quadro di difficile lettura e la domanda che più viene rivolta agli autori delle recensioni è: "Ma allora che cosa vi aspettavate a livello di innovazione?".

Cosa avrebbe dovuto fare Marvel's Spider-Man 2 - o magari anche Starfield - per essere considerato innovativo? La riposta più ovvia a questo genere di domande è anche quella più fastidiosa: la mancanza d'innovazione è un concetto che s'individua per sottrazione, e non per addizione. È il fatto che un videogioco sia sostanzialmente identico ai capitoli che l'hanno preceduto - o a una specifica corrente creativa di lunga data - a far percepire il senso di già visto, non l'assenza di una particolare meccanica ipotetica, qualcosa che esiste solo nella mente del recensore del caso.

La stagnazione delle formule creative, dal canto suo, è divenuta la causa principale di molte delle "crisi" che hanno investito alcuni fra i marchi più amati dell'industria. Non si può per esempio dimenticare la flessione che ha toccato la saga di Assassin's Creed dopo la pubblicazione di Unity e ha portato infine al rinascimento di Origins, o magari quella che ha travolto la serie di Halo a partire dal quarto episodio e non si è ancora esaurita, oppure ancora quella che di recente ha iniziato a farsi ravvisare in alcune delle produzioni di bandiera di Sony Interactive Entertainment. Marvel's Spider-Man 2 ha ricevuti voti stellari dalla stampa internazionale, ma è il terzo capitolo in una serie che nel bene e nel male risulta sempre uguale non solo a sé stessa, ma anche all'architettura di Ghost of Tsushima e di altre fantasie open world immaginate nel corso delle passate generazioni.

È un po' la stessa cosa che è successa nel cinema all'alba dei cinecomics: "Squadra che vince non si cambia", ha affermato Christian Colli nella recensione di Spider-Man 2, ed è senza dubbio il ragionamento che i produttori Disney hanno scelto di applicare per un decennio all'universo cinematografico Marvel, raccogliendo nel tempo successi straordinari. Ciò significa che è giusto restare eternamente ancorati a una formula vincente limandone solamente gli spigoli? Il sistema del seguito "più grande e migliore" può funzionare per sempre? Cercare di rispondere a queste domande è estremamente difficile, ed è solo un passo nel grande percorso che rappresenta la ricerca dell'innovazione.

Quanto è difficile "innovare" i videogiochi

Marvel's Spider-Man è condannato ad essere sempre uguale a sé stesso?
Marvel's Spider-Man è condannato ad essere sempre uguale a sé stesso?

Alla luce degli ultimi avvenimenti che hanno toccato l'industria, non c'è bisogno di spiegare estensivamente perché sia sempre più difficile poter parlare d'innovazione: fare un videogioco costa tantissimo, il rischio finanziario che ci si assume è straordinariamente elevato, pertanto i produttori scelgono di giocare sul sicuro, scommettendo non solo su formule rodate, ma soprattutto su marchi che siano garanzia di successo ancor prima della pubblicazione. Come affermato da Phil Spencer, "Si è visto un aumento dell'uso di grandi proprietà intellettuali di terze parti per cercare di ridurre i rischi", esattamente come accaduto nei casi di Spider-Man e del recente Hogwarts Legacy: nessuno dei due tenta d'inventarsi meccaniche trascendentali, limitandosi invece a mettere in scena nel modo migliore possibile la rispettiva fantasia restando ancorato a una concezione che inizia a sentire il peso degli anni. A questo proposito, il fatto stesso di sviluppare una produzione su licenza finisce in un certo senso per limitare la possibilità di inseguire l'innovazione: l'immaginario dell'Uomo Ragno quello è, i suoi poteri li conosciamo bene, la capitale dell'Arrampicamuri resterà per sempre New York, e la stessa cosa vale per quasi tutti i progetti che piantano radici in marchi consolidati. Quasi tutti, ma non tutti: ci sono esempi come quello di Alien Isolation, oppure quello della rivoluzione di Batman Arkham, che nella loro epoca sono stati in grado di regalare sfumature inattese alle formule conosciute.

Accanto ai tie-in, Spencer ha puntato i riflettori sulle serie di lunga data, svelando al mondo il segreto di Pulcinella. La settima generazione di console ha tratto il proprio successo dalla spremitura sfrenata dei brand, intesa come la riproposizione della medesima ricetta creativa in una variante "più grande e migliore" o sottesa al mantra del "more of the same". È allora che si sono imposte saghe videoludiche quali Gears of War, Halo, Assassin's Creed, Far Cry e tantissime altre, commettendo una sorta di peccato originale che oggi porta il pubblico e la critica a drizzare le antenne fin dall'esordio del secondo capitolo di una neonata serie. In passato eravamo molto più bendisposti verso un sequel che si limitasse a potenziare la formula originale - svolgendo il compito con attenzione e portando all'insegnante una mela bella lucida - ma questa filosofia è stata sfruttata talmente tanto da portare, in tempi recenti, a mal digerire anche il percorso di crescita di serie ancora giovani, proprio come successo nel caso di Horizon Forbidden West. Qual è allora la soluzione? Bisogna davvero introdurre meccaniche di gioco inedite, stravolgere le ispirazioni oppure mutare la natura di un progetto a ogni singolo episodio che s'immette sul mercato?

Che cos'è la vera innovazione nei videogiochi?

La vera innovazione si fa solo nel mercato indipendente?
La vera innovazione si fa solo nel mercato indipendente?

La spinta innovativa - per i motivi di cui sopra - è sempre più rara da incontrare nel mercato AAA. Nel sottobosco indipendente l'innovazione non è semplicemente più tollerabile sul piano economico, ma è spesso la ragione che traina al successo le produzioni più ambiziose: è in tale contesto che ha preso forma il genere roguelite, è lì che i metroidvania sono sorti a nuova vita, è sempre lì che hanno preso piede fenomeni su scala globale come quello degli sparatutto battle royale. Dal momento che una reale, profonda innovazione deriva nella maggior parte dei casi dall'emersione di una IP completamente originale, è evidente che un mercato AAA fondato sul proseguo di saghe durature e lo sfruttamento di marchi affermati fatichi a svolgere un ruolo pionieristico. Allo stesso modo, la corsa al perfezionamento della componente grafica ha senza dubbio appiattito il segmento della ricerca, dirottando la maggior parte delle risorse nella direzione dell'inseguimento del fotorealismo, che richiede investimenti sempre maggiori per un ritorno sempre più impercettibile. Ciò, di conseguenza, ha portato alla maturazione silenziosa degli Outer Wilds, dei The Witness, dei Return of the Obra Dinn, insomma, di tutte le piccole e medie produzioni che hanno trovato proprio nel segmento della ricerca la propria linfa vitale.

L'innovazione, d'altra parte, non coincide per forza con la rivoluzione: proprio come ricordato dall'episodio del Parliamone pubblicato pochi giorni fa, Nintendo è reduce da un 2023 che ha visto l'esordio di Super Mario Wonder, di Pikmin 4 e soprattutto di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, tre videogiochi che hanno corso grossi rischi per mettere in scena formule uniche e distintive, integrando meccaniche inedite e talvolta stravolgendo alcuni degli assiomi alla base della loro ricca genealogia. Il caso di Mario e di Zelda è emblematico: si tratta di serie ultratrentennali che hanno fatto della discontinuità creativa il proprio marchio di fabbrica, assumendo i contorni di saghe antologiche radicate proprio nell'idea di ridurre al minimo la continuità e puntare di volta in volta su nuove formule originali, seppur sempre riconoscibili. Questo è proprio l'ingrediente segreto che ha concesso alla Grande N di conservare il successo delle proprie IP attraverso i decenni, balzando tra l'Ocarina of Time e il Wind Waker prima di arrivare al Breath of the Wild, trasformando Super Mario 64 nella variante Sunshine e poi ancora una volta in Galaxy. Nintendo gode di un fantomatico privilegio derivante dal peso specifico della sua storia, oppure si tratta semplicemente della più grande innovatrice del medium?

Eppure c'è chi riesce a portare fresche ventate d'innovazione anche nel mercato AAA
Eppure c'è chi riesce a portare fresche ventate d'innovazione anche nel mercato AAA

Ciò che accade negli studi della casa di Kyoto è l'esatto opposto di quel che si verifica nella maggior parte delle altre fucine AAA, nelle quali lo scheletro delle opere viene spesso mantenuto invariato, la resa grafica è protagonista della crescita più incisiva, magari i fondali dell'avventura diventano più grandi, ma è sempre più raro imbattersi in guizzi legati all'essenza della formula e alla sua messa in scena. Il risultato è quello di trovarsi frequentemente di fronte a videogiochi che migliorano quasi ogni elemento del predecessore, ne limano i sistemi di combattimento, ne potenziano le attività offerte, eppure finiscono paradossalmente per avere un impatto generale minore rispetto a ciò che è venuto prima di loro. God of War del 2018 si è per esempio staccato con violenza dall'architettura dei predecessori ed è riuscito a vincere il premio per il Game of the Year, mentre il sequel Ragnarok, pur restando un ottimo videogioco, non è stato illuminato dalla stessa luce magica. Certamente non aiuta il fatto che in passato, al momento di un balzo generazionale, i videogiochi tendevano a evolversi prima di tutto sul piano concettuale, mentre l'assottigliarsi della crescita tecnologica ha portato inevitabilmente a cercare di evolvere ricette già note. Forse è proprio per questa ragione che i progetti contemporanei sembrano sempre meno innovativi: cambiano gli hardware, ma i software restano gli stessi, trascinandosi stancamente in lunghe fasi di pubblicazione cross-gen molto lontane dai netti stacchi che un tempo caratterizzavano l'avvento di una nuova macchina.

Il problema più grande dell'innovazione nei videogiochi - specialmente nei confini delle saghe affermate - è che non esiste finché non sceglie di palesarsi. Sarebbe stato quasi impossibile immaginare l'applicazione di una struttura da roguelike a un progetto AAA prima di Returnal, così come teorizzare una nuova modalità di successo negli sparatutto in prima persona prima dell'avvento del battle royale, magari un FPS volenteroso di integrare meccaniche RPG e di looting prima di Borderlands. È stato Super Mario Galaxy a dimostrare come si potesse stravolgere totalmente l'architettura del videogioco di Mario tridimensionale, così come Elden Ring ha provato che la struttura open world si potesse sposare con l'architettura inedita che FromSoftware ha costruito in Dark Souls. Finché non si presenta, quello d'innovazione resta un concetto che si può trattare solo per negazione, riconoscibile solo perché non si ravvisa, attraverso la sensazione di deja-vu e la percezione di trovarsi in una versione più ricca di un'esperienza già vissuta in passato.

L'innovazione è davvero necessaria?

Per loro stessa definizione è difficile che i prodotti tie-in riescano a innovare il medium
Per loro stessa definizione è difficile che i prodotti tie-in riescano a innovare il medium

È evidente che quella di essere innovativo non sia assolutamente una caratteristica necessaria per determinare il successo di un videogioco. Il medium è un contenitore talmente vasto e stratificato che esistono progetti che trovano nella continuità creativa la propria qualità distintiva, consegnando di volta in volta agli appassionati proprio quel che desiderano, potenziando formule semplici e dal sicuro successo che sono state in grado di far breccia nel cuore del pubblico. Il peso di tali opere, tuttavia, è destinato spesso a sfumare nel tempo proprio a causa dell'incapacità di incidere nel grande ordine delle cose.

A volte basta invece confezionare una singola grande innovazione impossibile da replicare per garantire decenni di successi, come accaduto a Rockstar Games con la saga di Grand Theft Auto, a FromSoftware con la struttura tecnica dei soulsborne, oppure a trentennali marchi di stampo arcade come Street Fighter. Se si desidera quel sapore specifico bisogna forzatamente cercare quell'azienda, come succede con il Big Mac, con la Nutella o con la Coca Cola, prodotti che al limite si concedono di modificare le confezioni senza mai stravolgere l'essenza che li ha portati al successo: il loro segreto sta proprio nella capacità di rimanere unici, di non sentire una reale competizione.

Saghe come GTA innovano solo sé stesse, ma resistono perché è impossibile imitarle con successo
Saghe come GTA innovano solo sé stesse, ma resistono perché è impossibile imitarle con successo

I videogiochi che "fanno genere da soli" sono spesso immuni alle critiche, mentre è molto difficile che a correnti inflazionate e facilmente replicabili sia riservato il medesimo trattamento in termini di giudizio analitico. I grandi giochi story-driven in terza persona celebrati da Sony Interactive Entertainment, le avventure dinamiche ambientate nei mondi aperti, come anche gli sparatutto in prima persona, tendono spesso a mostrare il fianco ad attacchi di questo genere proprio perché si muovono da oltre una decade in un mercato inevitabilmente saturo di competitor e imitatori. Il caso di Starfield in questo senso è emblematico: per anni Bethesda Softworks ha rappresentato l'avanguardia del moderno gioco di ruolo all'occidentale, ma alla luce dei lampi scatenati dal Disco Elysium di ZA/UM e il Baldur's Gate III di Larian Studios, sta diventando sempre più difficile non notare i limiti di una formula lontana dall'innovazione.

Non tutte le produzioni nascono e crescono allo stesso modo: Marvel's Spider-Man 2 resta un'esperienza straordinaria pensata per regalare agli appassionati proprio l'avventura che desiderano, esattamente come fece Horizon Forbidden West e come ha recentemente fatto Starfield. E va benissimo così, perché l'innovazione non è un obbligo, mentre quella di offrire agli appassionati ciò che hanno dimostrato di apprezzare è una delle cose più intelligenti che si possano fare in un momento tanto delicato. D'altro canto, il mantra dell'opera "più grande e migliore" non arriva quasi mai a lasciare un segno indelebile nella storia dell'industria, penalizzando un medium speciale che sulla carta conosce un solo grande limite: le idee e l'immaginazione di ciascun designer o autore.