Dopo il Direct mostrato all'E3 2018 le azioni Nintendo sono crollate. Non è un trend che riguarda il mercato in generale, né che coinvolge le compagnie tecnologiche o quelle videoludiche nelle specifico: no, è un crollo che riguarda solo ed esclusivamente Nintendo. Difficile ipotizzare cosa lo abbia provocato: pare strano che dipenda unicamente dalla conferenza, considerata mediocre (nei contenuti ma soprattutto nelle modalità) dalla maggior parte del pubblico e della stampa, ma a questo punto non è un'ipotesi da scartare. I fatti certi, dai quali non si può prescindere, sono due: Switch continua in tutto il mondo a vendere bene, mentre il titolo Nintendo è in caduta libera da marzo in poi. Probabilmente il calo primaverile era dovuto al progetto Labo, che pur ricevendo molti apprezzamenti commercialmente non è decollato (per ora, ma è difficile che le cose possano cambiare drasticamente). In sostanza tra marzo e luglio 2018 è stata bruciata la metà di quello che Nintendo aveva guadagnato dal lancio di Switch in poi; di questo (circa) 50%, il 32% è stato perso dopo il Direct dell'E3. Le ipotesi principali, stando a Nikkei, sono due. O qualche insider ha saputo che il progetto Quality of Life è stato cancellato (difficile che qualcuno riponesse grandi speranze su di esso, comunque), oppure la "conferenza" E3 ha messo dei dubbi agli investitori sul futuro della piattaforma. Che, lo ricordiamo, Nintendo ha previsto di vendere in grandi quantità tra marzo 2018 e 2019 (venti milioni di unità).
Il lato negativo
Il Direct di un mese fa, pur non disastroso, è riuscito a deludere parecchie persone e, allo stesso tempo, a non soddisfare nessuno: dubitiamo che anche i fan di Pokémon o di Super Smash Bros. si siano divertiti. Lo spazio dedicato a Sakurai è stato ai limiti del ridicolo, e lo diciamo avendo grossa stima dello sviluppatore giapponese: anche presentando lo stesso materiale, quindi non aggiungendo alcun titolo, Nintendo avrebbe potuto ritmare meglio la conferenza. In questo probabilmente ha grosse colpe Breath of the Wild: nel 2016, pur avendo solo quel titolo, a Los Angeles riscossero molto successo. Ma quel gioco era - ed è - speciale. Un prodotto così importante Nintendo lo presenta ogni tre, cinque, o - più realisticamente - addirittura dieci anni. Invece da quella fiera in poi, che fu ideata in modo atipico perché edificata in condizioni critiche, la tendenza è stata quella di concedere le luci della ribalta al "grande-gioco-natalizio", lasciando il resto a mo' di contorno. Nel 2017 Super Mario Odyssey, nel 2018 Super Smash Bros. Ultimate.
Una serie che, per quanto più venduta e più giocata, non ha minimamente il prestigio di Zelda, né tantomeno Ultimate sembra un capitolo particolarmente importante o di rottura rispetto al passato, tale da giustificare una simile attenzione. Un atteggiamento opposto a quello di Sony o Microsoft, che condiscono le loro conferenze con filmati di giochi che arriveranno tra mesi o addirittura anni. Ecco, secondo Nikkei è proprio questo il problema: l'acquirente, sia quello esistente che quello potenziale, dovrebbe avere un'idea chiara sia di quello che la piattaforma propone, sia di quello che offrirà. E forse non hanno tutti i torti: da uno Star Fox Grand Prix dato per certo, siamo passati direttamente a una ventilata chiusura di Retro Studios. Ma l'elemento più grave di tutti probabilmente è che Nintendo ha scontentato soprattutto i suoi fedelissimi: quelli che hanno già giocato i titoli Wii U, e che hanno comprato Switch al day one. Per loro, per il pubblico tradizionale legato alle esperienze single-player, non è stato mostrato niente (o quasi). Evidentemente ci sono stati problemi e ritardi nello sviluppo, ma non avere entro la fine dell'anno (sicuramente) Fire Emblem: Tree Houses e (quasi sicuramente) Yoshi, è una grave colpa. Perché non solo era logico attendersi questi due giochi, ma era più che ragionevole aspettarsene almeno un altro dagli studi interni di EPD che, invece, quest'anno - Labo escluso - non pubblicheranno niente di inedito su Nintendo Switch.
Il lato positivo
I milioni di utenti che hanno acquistato Switch per giocare Breath of the Wild, ovvero una grande avventura single player, nel 2017 hanno avuto altri due giochi potenzialmente interessanti: Xenoblade Chronicles 2 e Super Mario Odyssey. Nel 2018, almeno da Nintendo, ed escludendo il DLC di Xenoblade Chronicles 2, praticamente niente. Questa fascia di pubblico è stata trascurata: va anche detto che progetti simili sono grossi, e richiedono anni di lavorazione. Tuttavia il 2018 di Switch non si può considerare negativo a tutto tondo, e soprattutto difficilmente si tramuterà in un insuccesso commerciale: questo perché, oltre a possibili sorprese come Octopath Traveler, bisogna ricordare che, pur non apprezzatissimi dalla clientela più raffinata, Super Smash Bros., Mario Party e Pokémon sono tre brand estremamente importanti e conosciuti. Dato il trio, stupisce ancora di più l'andamento in borsa, che di questo dovrebbe principalmente interessarsi: Kimishima, al suo ultimo atto da presidente, ha comunque precisato che non farà niente di drastico per invertire la tendenza, se non assicurarsi che la console possa perpetuare il proprio successo sul lungo periodo. Insomma, Nintendo oltre a presentare qualche altro gioco previsto per il 2018 (niente di grosso, statene certi), non farà nulla per addolcire gli investitori.
Il piano pare abbastanza chiaro: a Kyoto stanno provando ad allargare il bacino di utenza, anche a scapito di chi la console la possiede già. Non è un caso che Pokémon e Super Smash Bros. siano giocati e amati da tanti utenti che non necessariamente apprezzano le altre serie Nintendo (e viceversa). In conclusione, le nostre impressioni sono queste: le pubblicazioni del 2018 sembrano abbastanza scarse da indurci a prospettare un anno deludente, ma allo stesso tempo le reputiamo sufficientemente valide da non pregiudicare il florido presente di Switch. Kimishima ha più volte ricordato che il secondo anno di una console è fondamentale: be', oltre che con le parole avrebbe potuto affermarlo coi fatti. La resa dei conti comunque è solo rimandata: tra marzo 2019 e 2020 capiremo davvero quali e quanti miglioramenti, sempre che ce ne siano, apporterà l'unificazione della divisione fissa con quella portatile.