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Destiny e il destino di Bungie: un gioco leggendario per uno studio in piena crisi

Gli ultimi dieci anni della storia di Bungie sono stati legati a Destiny, tra diversi passaggi di proprietà, grandi successi e pesantissimi fallimenti.

SPECIALE di Lorenzo Mancosu   —   17/08/2024
Il Viaggiatore di Destiny
Destiny 2: La Forma Ultima
Destiny 2: La Forma Ultima
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Nel corso delle ultime settimane Bungie è andata incontro alla seconda maxi-ondata di licenziamenti nell'arco di soli due anni, questa volta salutando 220 persone di cui 155 saranno ricollocate in altri rami dei PlayStation Studios. L'ultima volta che è accaduto qualcosa di simile era il novembre del 2023: dopo mesi di speculazioni ininterrotte riguardo l'eventuale rinvio dell'espansione La Forma Ultima per Destiny 2, la conferma ufficiale arrivò assieme all'annuncio della fine dei rapporti con 100 sviluppatori, tra cui spiccava anche qualche nome di peso come quello dello storico compositore Michael Salvatori.

Queste "ristrutturazioni" sono arrivate a strettissimo giro dal momento dell'acquisizione da parte di Sony, che aveva investito giusto nel 2022 $3,6 miliardi per assicurarsi i servizi dello studio e metterlo in una posizione di supervisione per quanto riguarda le fatiche "games as a service" previste durante la più recente gestione Jim Ryan. Fin dal momento dell'acquisto sono emerse diverse speculazioni relative all'effettiva gestione di Bungie, che apparentemente avrebbe mantenuto totale indipendenza e controllo creativo solamente a patto di rispettare determinati obiettivi finanziari; obiettivi che, allo stato attuale, sembra proprio che non siano stati raggiunti.

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La casa di Bellevue aveva in cantiere diversi titoli, tra cui il misterioso ritorno di Marathon già annunciato in pompa magna dalla proprietà: stando alle fonti di Jason Schreier, il numero totale di sviluppatori dismessi ammonterebbe a oltre 500 tenendo conto anche degli esterni, mentre il progetto stesso si troverebbe a rischio. Tutto ciò detto, l'ultimo decennio dello studio ha avuto luogo nell'orbita di un videogioco e uno soltanto, fra i più influenti nella storia moderna dell'industria, ovvero Destiny.

Dopo aver finalmente accolto l'espansione La Forma Ultima, ovvero la conclusione della decennale "Saga della Luce e dell'Oscurità" avviata dal primo capitolo che è stata molto ben accolta dal suo pubblico di riferimento, il portabandiera della casa si avvia verso un futuro che già risultava piuttosto incerto e che in seguito alla marea dei licenziamenti sembra ancora più fumoso. Ripercorriamo la storia di Destiny per gettare luce sulla gestione di Bungie e sul domani di uno studio nel mezzo della peggior crisi nella sua storia.

Le origini e Activision

Era il 2007 quando Bungie decise di scrivere la parola fine in fondo alla sua storia con Halo e alla partnership con Microsoft, annunciando l'abbandono immediatamente successivo alla pubblicazione di Reach. A cose fatte, nel 2010, la gestione Jason Jones mise in cantiere il misterioso Project Tiger - quello che si sarebbe trasformato in Destiny - e si gettò nella ricerca di un finanziatore volenteroso di coprire almeno parte degli elevatissimi costi di sviluppo; Sony e Microsoft scelsero di tirarsi indietro a causa della condizione insindacabile imposta da Bungie, che era determinata a mantenere a qualsiasi costo il controllo e la proprietà della IP. Fu allora che intervenne Activision Blizzard, che firmò un accordo di pubblicazione decennale mettendo a disposizione di Destiny $500 milioni per lo sviluppo e per il marketing.

Il periodo di reale indipendenza di Bungie sarebbe dunque durato pochissimo e nel corso del triennio successivo le basi del progetto furono gettate attorno all'opera creativa dell'autore Joseph Staten; tuttavia, con una finestra di lancio prevista per il dicembre del 2013, la visione di Staten fu cassata da Jason Jones portando alla partenza dello storico creativo e soprattutto a un pesantissimo stravolgimento dell'architettura di Destiny che avrebbe caratterizzato i seguenti dodici mesi, cristallizzando una volta e per sempre le regole del primo vero gioco come servizio a debuttare nel mondo console.

Destiny: Rivoluzione

Piaccia o meno, Destiny si è rivelato uno dei videogiochi più importanti di tutti i tempi: riuscendo a replicare l'atmosfera culturale che dieci anni prima era fiorita attorno al World of Wacraft di Blizzard, a partire dal 2014 si trasformò in un fenomeno di massa capace di proiettare le metriche dell'industria su console verso altezze mai viste prima. Nel primo mese sul mercato sfondò il tetto dei 15 milioni di utenti, oltrepassò i 25 milioni nella seconda metà del 2015, ma i numeri non accennarono a diminuire nell'interezza del ciclo vitale accogliendo di fatto un nuovo tipo di videogiocatori, quelli che trascorrevano la quasi totalità del proprio tempo libero sui pianeti del Sistema Solare.

Il Re dei Corrotti portò Destiny a toccare il suo apice
Il Re dei Corrotti portò Destiny a toccare il suo apice

Ancor più importante fu il fatto che riuscì a imporre un nuovo modello di business, uno che avrebbe tracciato il futuro dell'intera industria dei videogiochi nel corso del decennio successivo, ovvero quello del gioco come servizio. La progressione fu legata a doppio filo con l'iniezione di nuove espansioni, a partire dai primi due minuti contributi, ovvero l'Oscurità dal Profondo e il Casato dei Lupi. A tracciare la linea più netta fu, tuttavia, Il Re dei Corrotti, contenuto che spinse la produzione di Bungie a toccare il suo zenith: non era mai capitato che questa fetta di mercato accogliesse una tale mole di pubblico, ma soprattutto erano secoli che un singolo videogioco non riusciva a monopolizzare a tal punto l'attenzione delle masse, che si muovevano alla costante ricerca di guide, di tutorial e soprattutto delle comunità indispensabili per vivere l'esperienza al massimo.

Ancorandosi a una serie di eventi stagionali e alla promessa di costanti iniezioni di contenuti - la successiva sarebbe stata I Signori del Ferro nel 2016 - il modello proposto dalla compagnia cambiò le abitudini dei giocatori console tanto da influenzare l'interezza del mercato, spingendo la quasi totalità dei più ricchi colossi dell'industria a ricercare per anni il cosiddetto "Destiny Killer", ovvero l'ipotetico titolo che sarebbe riuscito a sottrargli una volta e per sempre la corona dell'intrattenimento. Alla prova dei fatti, quest'eventualità non si verificò finché il primo capitolo fu in grado di reggersi sulle proprie gambe.

Il Casato dei Lupi segnò la fine della storia di un fenomeno che ancora oggi conosce pochi pari
Il Casato dei Lupi segnò la fine della storia di un fenomeno che ancora oggi conosce pochi pari

Di fatto rimase in piedi a lungo: anche se numerosi utenti avevano interpretato l'accordo decennale tra Bungie e ABK come una sottile dichiarazione del voler aggiornare l'opera per almeno dieci anni consecutivi, entrambe le compagnie avevano già da tempo deciso di pubblicare una serie di sequel, e il primo si trovava in fase di produzione sin dal 2014. Nel corso dei suoi ultimi due anni di vita, Destiny non smise di pubblicare aggiornamenti ma si legò a una struttura più morbida e flessibile, perché all'orizzonte si stagliava ormai l'ombra del secondo episodio. Come molti araldi avevano profetizzato, l'unico vero "Destiny Killer" avrebbe potuto essere lo stesso Destiny.

Destiny 2: La Caduta

Comprendere il tessuto portante e la longevità di un gioco come servizio fin dall'istante del lancio non è affatto un compito semplice, ed è proprio per questo motivo che il sequel supervisionato da Luke Smith fu inizialmente accolto con entusiasmo nonostante le insistenti lamentele dei veterani.

Destiny 2 fu accolto con grande speranza, ma anche con grandissima preoccupazione
Destiny 2 fu accolto con grande speranza, ma anche con grandissima preoccupazione

Presentandosi come un classico 'nuovo inizio', Destiny 2 debuttò sul mercato nel settembre del 2017 facendo sfoggio di una formula che sacrificò la maggior parte delle costanti innovazioni introdotte nel triennio precedente, azzerando qualsiasi genere di progressione e riscrivendo sistemi di gioco essenziali come quello delle classi, ma soprattutto cancellando con un colpo di spugna tutti i contenuti del passato e spalancando i cancelli su un'offerta tanto nuova quanto contenuta.

Una volta che si spense il barlume della novità, in concomitanza con la pubblicazione delle prime due espansioni, nello specifico La Maledizione di Osiride e La Mente Bellica, il marchio di Destiny si trovò ad affrontare uno dei periodi più neri di tutta la sua storia, perché la quasi totalità dei Guardiani provenienti dall'episodio precedente decisero di abbandonare le sponde del Sistema Solare per abbracciare nuove destinazioni. Del resto, mentre i clan si scioglievano al cospetto di Bungie, il resto dell'industria era nel pieno del fermento in ragione delle nuove formule intenzionate a impadronirsi del mercato.

Destiny 2 I Rinnegati è tutt'ora considerata la migliore espansione dell'opera
Destiny 2 I Rinnegati è tutt'ora considerata la migliore espansione dell'opera

La compagnia ripose allora tutti i propri sforzi nella realizzazione de I Rinnegati, la prima espansione maggiore del sequel lanciata nel 2018: nonostante la straordinaria mole di aggiunte e la qualità di tale contenuto, tutt'oggi ricordato come l'epitome di quello che un gioco come servizio dotato di grande ambizione dovrebbe offrire alla base installata, fu proprio quella grande avventura a mettere nero su bianco una mesta constatazione: a prescindere dalla qualità, e forse a causa del lancio sfortunato, era evidente che il secondo capitolo non sarebbe mai riuscito a replicare il fenomeno Destiny senza abbracciare un violento cambio di paradigma. A tal proposito, nonostante la mole di elogi che la travolsero, anche I Rinnegati non riuscì a rispettare gli obiettivi di vendite fissati dal publisher Activision.

L'addio a Activision e l'indipendenza

Fin dall'istante della pubblicazione originale di Destiny c'era una particolare idea che si era profondamente radicata nella mente degli appassionati: tutte le colpe degli insuccessi dell'opera, specialmente la caduta di Destiny 2, non erano da imputare alle inadempienze di Bungie, bensì al 'padre padrone' Activision, da tantissimi visto come l'unico vero responsabile dietro le continue flessioni del progetto. Fu così che nel gennaio del 2019, quando fu annunciata ufficialmente la separazione fra le due società e la nuova indipendenza dello studio di Bellevue, gli appassionati si lasciarono andare ai moti d'esultanza.

Molte figure dello studio fra cui Luke Smith parlarono della libertà che avrebbe caratterizzato il futuro di Destiny 2
Molte figure dello studio fra cui Luke Smith parlarono della libertà che avrebbe caratterizzato il futuro di Destiny 2

Se da una parte i responsabili della comunicazione tennero a sottolineare come quella da Activision fosse una separazione assolutamente amicale, a stretto giro fu pubblicato un documentario che sottolineava marcatamente la ritrovata indipendenza creativa che avrebbe finalmente portato gli autori a fare ciò che realmente desideravano. La prova del fuoco si presentò nella forma di Ombre dal Profondo, che si rivelò la prima espansione a deludere apertamente anche la critica, ma che fu recepita da una ricca fetta di utenti come l'ultima incarnazione del lavoro svolto in continuità con la gestione del passato.

Risulta molto più difficile, invece, leggere quanto accadde in seguito, perché i risultati altalenanti si dovettero scontrare anche con una base installata sostanzialmente spaccata a metà: l'espansione Oltre la Luce del 2020 fu ben ricevuta, segnò l'inizio vero e proprio della variante free-to-play dell'opera e dei conseguenti nuovi modelli di monetizzazione, ma prese anche la difficile decisione di chiudere in un cassetto la maggior parte dei contenuti pubblicati in precedenza, tradendo di fatto l'idea dell'universo in continua espansione attraverso l'introduzione del "sunsetting" e rendendo di fatto quella di Destiny 2 un'esperienza monca, svuotata di attività che di fatto i giocatori avevano acquistato.

L'espansione Oltre la Luce ha segnato un picco di giocatori, ma ha tradito la formula dell'universo persistente
L'espansione Oltre la Luce ha segnato un picco di giocatori, ma ha tradito la formula dell'universo persistente

Inoltre, cavalcando le ali dell'entusiasmo, nel 2021 fu annunciata una corposa espansione dell'intero agglomerato di Bungie che sarebbe passata attraverso il quasi raddoppio della forza lavoro presente nella sede di Bellevue - i cui uffici divennero a dir poco enormi - così come l'apertura di un nuovo studio in quel di Amsterdam, con il fine di mettere in cantiere ulteriori IP e diversificare finalmente un'offerta ancorata a una singola produzione.

L'era di Sony e il gran finale pirotecnico

Il periodo di ritrovata indipendenza durò solamente tre anni, perché a gennaio del 2022 arrivò l'annuncio ufficiale dell'acquisizione da parte di Sony Interactive Entertainment, determinata spendere $3,6 miliardi per accaparrarsi tutta l'esperienza di Bungie in materia di giochi come servizi e aggiungere un nuovo gioiello alla sua corona.

Destiny 2 L'Eclissi ha portato l'opera a toccare il minimo storico di utenti attivi
Destiny 2 L'Eclissi ha portato l'opera a toccare il minimo storico di utenti attivi

Sul fronte di Destiny, il mese successivo a tale annuncio toccò a La Regina dei Sussurri, contenuto piuttosto apprezzato che fu tuttavia seguito dalla disastrosa Eclissi, considerata di gran lunga la peggiore espansione nella storia di Destiny, nonché quella che ha portato l'utenza a toccare i numeri più bassi mai registrati nell'ultimo decennio in quel di novembre 2023.

A far riflettere, tuttavia, erano le dimensioni e gli impegni effettivi di un'impresa che stava diventando pachidermica nelle funzioni: nonostante la presenza di una singola IP sul mercato capace di produrre reddito, Bungie poteva ormai contare oltre mille sviluppatori impegnati a lavorare sui diversi titoli non ancora annunciati in cantiere. Nel frattempo, avrebbe anche dovuto dedicarsi al lavoro di supervisione da svolgere in concerto con gli studi di SIE che, per esempio, lo scorso anno ha portato la casa madre a staccare la spina al gioco come servizio della serie The Last of Us.

La Forma Ultima segna di fatto la fine di Destiny 2, per lo meno sul fronte delle espansioni
La Forma Ultima segna di fatto la fine di Destiny 2, per lo meno sul fronte delle espansioni

Tutto questo mentre Destiny non riusciva più a esprimersi al massimo del proprio potenziale, ormai di ripetere il grande exploit dell'ottava generazione nonché di dar vita a una forma concreta del grande universo in continua tanto anelato nel corso degli anni, mancando di volta in volta le previsioni di vendita e deteriorando i rapporti con il publisher del caso, prima Activision e poi Sony. Certo, il capitolo finale La Forma Ultima è stato accolto fra gli applausi del pubblico affezionato, ma ciò che è recentemente avvenuto sul fronte societario non rappresenta certamente una conseguenza incoraggiante.

Sono stati in molti a speculare che i 100 licenziamenti del novembre 2023 fossero una sorta di toppa piazzata dal management nell'estremo tentativo di alzare i margini della società ed evitare di cedere l'interezza della gestione nelle mani di Sony, ma l'ultima grande ristrutturazione sembra aver segnato una volta per tutte la fine del vecchio direttivo, di fatto consegnando lo studio alle cure del mondo PlayStation. Al momento i riflettori sono tutti puntati sul CEO di Bungie Pete Parsons, che è stato fortemente criticato dai dipendenti dello studio e che ha recentemente reso pubblica la forbice del 45% che separava i risultati ottenuti dalle proiezioni desiderate da SIE.

Nonostante sia rimasto per dieci anni il centro di gravità dello studio, Destiny non sembra avere un futuro chiaro all'orizzonte
Nonostante sia rimasto per dieci anni il centro di gravità dello studio, Destiny non sembra avere un futuro chiaro all'orizzonte

La notizia peggiore, per lo meno dal punto di vista dei Guardiani, è che fra i progetti intaccati da questo intervento non figura Destiny 3, e non perché rimane un caposaldo inamovibile nelle strategia generale, ma perché apparentemente non era mai stato messo in produzione. Nel corso degli ultimi 25 anni la casa di Bellevue è riuscita a barcamenarsi in ragione della celebre "Bungie Magic" che le ha costantemente consentito di portare a termine progetti impossibili, ma alla luce dei risvolti più recenti risulta molto difficile immaginare un futuro roseo, specialmente per quel che concerne Destiny, una IP leggendaria che adesso, raggiunta la sua 'Forma Ultima', sembra destinata a navigare alla deriva per un bel po' di tempo.