A volte, nel mondo dei videogiochi, capita che gli astri si allineino all'improvviso, che si verifichi un qualche genere di circostanza inspiegabile che porta all'emersione di una grande opera di cui nessuno sembra in grado di spiegare il segreto. Qualcosa di simile è accaduto attorno al 2002, quando gli sviluppatori di Blizzard North unirono le forze con il resto del team mescolando le idee, i disegni, le musiche e l'ispirazione che, tutti insieme, portarono all'emersione di Diablo II e dell'espansione Lord of Destruction. Da quell'istante, l'evoluzione dell'originale immaginario di David Brevik è rimasta eternamente ineguagliata, il suo grande mistero non è mai stato realmente svelato. Nonostante ciò, è stato proprio a quell'antica odissea che i creativi della moderna Blizzard Entertainment hanno tentato d'ispirarsi per gettare le fondamenta di Diablo 4.
Il terzo episodio è stato infatti un titolo molto particolare, capace sì di accogliere decine di milioni di giocatori sulle sponde di Sanctuarium - persone che nella maggior parte dei casi hanno finito per apprezzare la sua versione definitiva - ma lasciando tuttavia un forte retrogusto dolceamaro in bocca agli appassionati della prima ora, che attendevano da un decennio il cupo ritorno dei Maligni. In tale contesto, l'originario team di sviluppo di Diablo 4 - che è dovuto passare attraverso a tantissime modifiche in seguito agli scandali che hanno colpito Blizzard - si è detto determinato a ricominciare proprio dal passato, dalle atmosfere che avevano reso grande il brand, una fantasia e una serie pilastri che sembravano ormai scomparsi: l'oscurità, la violenza, l'arrendevolezza di un mondo dannato e terrificante nel quale non sembra esserci alcuna opportunità di salvezza.
Il trailer di annuncio di Diablo 4 è riuscito a trasmettere perfettamente queste sensazioni, svelando le forme di una terrificante Lilith attraverso una splendida sequenza cinematografica che sembrava sbucata direttamente dai laboratori della Blizzard più antica, entità che era rimasta per lunghissimo tempo intoccata dai ragionamenti di stampo commerciale. Forte di simili presupposti, il momento della pubblicazione non poteva rivelarsi nient'altro che un clamoroso successo: l'esordio del quarto capitolo ha segnato di gran lunga il miglior lancio nella storia della saga. Poi, però, il vento ha iniziato a mutare molto velocemente a causa di quella che ormai sembra una maledizione legata indissolubilmente al nome di Blizzard Entertainment: la pessima gestione del bilanciamento e del supporto nel lungo periodo.
Siamo giunti alla fine del 2023 e all'orizzonte si sta avvicinando sempre di più lo spauracchio che ha recentemente tormentato la stessa eredità di Diablo, ovvero Path of Exile 2 di Grinding Gear Games, il secondo capitolo di quello che per un'immensa fetta di appassionati rappresenta ormai il vero contendente al trono degli aRPG, oltretutto nato sotto l'ala protettrice del colosso rivale Tencent. Con un DLC già annunciato all'orizzonte, adesso ha inizio il momento più delicato per l'attuale fiore all'occhiello di Blizzard Entertainment: Diablo 4 è stato un buon capitolo della saga, ma avrà le carte in regola per rivelarsi qualcosa di più?
I due volti di Blizzard Entertainment
Diablo 4 si è presentato sul mercato accompagnato da una sorta di pesante dualità: se da una parte ha messo in scena un'ottima campagna principale ed è parzialmente riuscito a recuperare l'immaginario oscuro del passato, dall'altra ha adottato una struttura simil MMORPG che ha investito di un ruolo più che mai fondamentale l'intero apparato del supporto successivo al lancio. La fantasia alla base dell'opera ha fatto indubbiamente centro: Sanctuarium si è presentato molto vicino all'universo privo di speranza che ha caratterizzato le radici della serie, un mondo talmente abituato alla violenza e alla disperazione da averle accettate come parte della sua cupa quotidianità. La vicenda del ritorno di Lilith è stata anch'essa molto apprezzata, la sua messa in scena si è dimostrata quasi inattaccabile, eppure non è riuscita a sfuggire fino in fondo dal processo di "disneyzzazione" che sta incrociando il cammino di molte IP della casa di Irvine.
L'estetica è cruda, ma mai troppo violenta. Lilith è spietata e seducente, ma è anche moralmente ambigua. Sanctuarium sembra uscito dal Berserk di Kentaro Miura, ma è anche brulicante di vita e di speranza. La sceneggiatura, più in generale, ricorda molto da vicino la svolta stilistica passionale che ha recentemente toccato l'epopea di World of Warcraft. In ogni caso, la più grande vincitrice è stata senza dubbio l'ambientazione, e in linea generale chi ha scelto di vivere Diablo 4 come fosse un'esperienza fatta e finita - godendosi l'interezza dell'avventura senza procedere nei regni stagionali - ha potuto apprezzare un eccellente capitolo della saga dei Maligni. L'essenza della serie risiede tuttavia nei sistemi, nella capacità di perdurare nel tempo, nella volontà degli sviluppatori di mantenere vivo l'universo persistente attraverso una costante iniezione di contenuti di alto livello, tentando di regalare agli appassionati una buona ragione per continuare incessantemente a mietere orde di demoni.
E, come da tradizione, è stato proprio allora che hanno iniziato a sorgere i problemi. Il fatto stesso che Blizzard Entertainment fatichi enormemente a lavorare sul bilanciamento non è mai stato un segreto: accade da quasi vent'anni sulle sponde di World of Warcraft, ha portato alla stessa creazione di un sequel dalle parti di Overwatch, e ha causato il costante stravolgimento delle classi che ha segnato la storia di Diablo III. In Diablo 4, tuttavia, la gestione è stata se possibile ancora più maldestra, non tanto perché si sono venuti a creare squilibri di sorta - che comunque non sono mancati - quanto più per il fatto che gli sviluppatori sono stati accusati dagli utenti di aver "nerfato il divertimento", ovvero di aver apportato modifiche ai sistemi che peggioravano l'esperienza di gioco e il comportamento delle classi, con l'unico scopo di rendere più lungo e più difficile il processo di completamento del proprio personaggio.
Se la prima stagione, quella degli Abietti, ha avuto un'accoglienza talmente disastrosa da portare al completo annullamento della patch precedentemente annunciata - e gli sviluppatori si sono addirittura dovuti scusare per non aver compreso le esigenze degli utenti - le cose sono nettamente migliorate con l'avvento della seconda, ovvero la Stagione del Sangue. Al momento, stando al responso dei forum ufficiali, la comunità risulta spaccata a metà fra chi è soddisfatto dello stato di salute e chi è fermamente convinto che il progetto sia "già morto", di certo un'esagerazione per un titolo che ha già fissato la data della prima grande espansione. Certo è che che la gestione di Diablo 4, nella nuova era dei giochi come servizi, rappresenta una delle sfide più difficili che Blizzard Entertainment si sia mai trovata ad affrontare: l'utenza consuma il contenuto a velocità folle, e lasciarlo a bocca asciutta significa vederlo migrare verso lidi più soleggiati.
Il futuro: l'espansione e il rivale
In occasione della BlizzCon 2023 il team di sviluppo ha presentato la prima grande espansione di Diablo 4, ovvero Vessel of Hatred, attualmente prevista per il 2024 inoltrato. Si tratta di una vicenda ambientata nella regione di Nahantu, all'apparenza molto simile all'area circostante la città di Kurast del secondo capitolo della serie: il trailer ha infatti mostrato una fitta giungla dalla quale svettano delle imponenti ziqqurat, e non è un caso che il nemico principale sia proprio Mephisto, il Primo Maligno che in passato risiedeva proprio nella capitale razziata del Kehjistan. Toccherà proprio a questo pacchetto ampliare effettivamente il mondo di gioco e soprattutto introdurre la prima nuova classe: se in molti si aspettavano che il Paladino o il Crociato facessero capolino nel corso delle stagioni d'intermezzo, bisognerà invece aspettare la fine dell'anno per scoprire quale sia il nuovo personaggio - del tutto inedito - immaginato dagli artisti di Blizzard.
Il problema fondamentale per la casa risiede tuttavia nella conservazione della base installata fino all'esordio di Vessel of Hatred: se da una parte le stagioni dovranno trovare il modo di tenere impegnati gli appassionati per quasi un anno, la minaccia più grande si nasconde senza dubbio nel ritorno di Grinding Gear Games. Il 7 giugno 2024 avranno infatti inizio le fasi beta di Path of Exile 2, titolo sviluppato con le risorse illimitate di Tencent che già in questa prima fase embrionale è riuscito a impressionare l'esigente comunità degli aRPG. All'orizzonte si possono quasi udire i tamburi di guerra, perché lo scontro sarà inevitabile: la patata bollente passa ora nelle mani degli sviluppatori di Blizzard Entertainment, che dovranno trovare un modo più che convincente per tenere i veterani incollati a Diablo 4, per accogliere nuovi appassionati a Sanctuarium e soprattutto per elevare l'asticella del contenuto stagionale.