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Final Fantasy 16: gli sviluppatori di Square Enix raccontano il futuro della saga

Naoki Yoshida, Hiroshi Takai, Ryota Suzuki e Koji Fox raccontano Final Fantasy 16: che cos'è la saga di Final Fantasy per gli sviluppatori del sedicesimo episodio.

INTERVISTA di Lorenzo Mancosu   —   28/02/2023
Final Fantasy 16: gli sviluppatori di Square Enix raccontano il futuro della saga
Final Fantasy XVI
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Abbiamo incontrato i membri della Creative Business Unit III in un hotel di Londra, per intervistarli in occasione del primo confronto con l'attesissimo Final Fantasy 16. Si sono seduti di fronte a noi, in un salone buio, con i volti segnati dalla stanchezza ma con gli occhi colmi di determinazione. A sinistra c'era Naoki Yoshida, il patron dello studio, il gioiello della corona di Square Enix che ha trasformato Final Fantasy 14 da una cocente delusione al titolo più amato dagli appassionati di MMO di mezzo mondo. Accanto a lui sedevano Hiroshi Takai, il direttore del progetto, e Ryota Suzuki, un tempo artefice dei sistemi di combattimento di Devil May Cry 5 e Dragon's Dogma, ora al lavoro sulle nuove battaglie della fantasia finale. L'interprete a loro disposizione era nientemeno che "Koji" Fox, storico traduttore della casa che è cresciuto fino ad arrivare ad occuparsi della "lore" del quattordicesimo episodio, e che oggi è impegnato a pieno regime sul nuovo capitolo.

Sono passati otto anni da quando il CEO di Square Enix, Yosuke Matsuda, ha convocato nel suo ufficio Naoki Yoshida per informarlo che sarebbe toccato a lui l'arduo compito di costruire Final Fantasy 16. Un episodio fondamentale nell'economia della saga, dal momento che si sarebbe collocato in un periodo storico molto particolare: il tessuto degli appassionati si trova fratturato a metà tra vecchi e nuovi fan, istanze recenti - su tutte la tredicesima - sono state fortemente criticate, mentre l'avventura del principe Noctis ha alzato il sipario su un'inedita formula d'azione, ancora adesso osservata da alcuni con una certa diffidenza. Il nome di Final Fantasy, in passato, è stato sinonimo dei più grandi videogiochi in circolazione, esperienze imperdibili che sono diventate parte integrante della stessa storia del medium, e la Creative Business Unit III mira a riportare la saga fino alla grandiosità di un tempo, scommettendo su un'inedita visione creativa. E sembrano essere sulla strada giusta, come abbiamo constatato dopo aver provato Final Fantasy 16.

Che cos'è un buon Final Fantasy

'Koji' Fox, Hiroshi Takai, Ryota Suzuki e Naoki Yoshida
"Koji" Fox, Hiroshi Takai, Ryota Suzuki e Naoki Yoshida

Cos'è che rende grandioso un capitolo di Final Fantasy? Qual è l'ingrediente segreto che ha trasformato alcuni titoli della serie antologica in pietre miliari dell'industria? "Probabilmente daremmo tutti una risposta diversa, perché costruiamo un rapporto differente e viviamo sensazioni personali con ogni capitolo della serie", racconta Yoshida. "Per me la saga di Final Fantasy cambia con ogni episodio, ogni singolo videogioco ha una sua narrativa, dei suoi personaggi, un suo mondo, dei sistemi tutti suoi. Quando guardo a Final Fantasy nel suo insieme, gli elementi che preferisco e che rappresentano il grande filo conduttore sono la storia complessa, la grafica migliore possibile per la generazione di riferimento, l'esperienza di gioco profonda, e ovviamente il comparto sonoro, l'esperienza legata alle musiche. Finché tutti questi elementi funzionano, allora si può stare certi di trovarsi di fronte a un buon Final Fantasy, e sono convinto che siano tutti presenti nel sedicesimo episodio. Ah, ovviamente non ci si può dimenticare dei Chocobo e dei Moogle: anche loro sono molto importanti".

Praticamente Yoshida ci ha fatto leggere fra le righe quali siano gli elementi che stanno impegnando maggiormente la Creative Business Unit III; ma il sedicesimo capitolo non è un'opera pensata per parlare ai soli appassionati, e per precisarlo interviene il director Takai: "La cosa più importante è che con Final Fantasy 16 vogliamo portare più persone possibile nei confini di questo mondo. Per raggiungere tale obiettivo ci siamo concentrati sulla storia, lavorando a una componente narrativa ricca e coinvolgente; poi sui dettagli di un mondo complesso e profondo, e infine su un sistema di combattimento che sia al tempo stesso accessibile e godibile per ogni genere di appassionato". La sensazione è che Square Enix, per mezzo di Final Fantasy 16, sia determinata a riprodurre l'operazione di restauro e rilancio già avvenuta attraverso la pubblicazione di A Realm Reborn nei confini del MMORPG, stavolta nel contesto del giocatore singolo.

"Se vi sembra che Final Fantasy 16 sia un nuovo inizio per la serie, come lo è stato A Realm Reborn, non possiamo che esserne felici, perché è proprio quello che volevamo trasmettere. Ma è importante sottolineare che questo vale solo per Final Fantasy 16 e non è assolutamente detto che un giorno il diciassettesimo capitolo non torni alle radici della saga", afferma Yoshida, prima di aggiungere che: "L'idea non è semplicemente quella di creare la nuova visione di Final Fantasy 16, ma soprattutto quella di aprire le porte al vero potenziale della saga, a tutto ciò che potrebbe essere. Gli sviluppatori del futuro potranno guardare al nostro gioco e dire: 'Ok, allora si può fare un Final Fantasy completamente action, si può fare un Final Fantasy dal tono solo maturo, non esiste una formula obbligatoria a cui attenersi'. Insomma, si può ampliare lo spettro dell'esperienza e creare diverse formule che funzionino". La visione del producer apre a un utopico futuro nel quale la saga può diventare qualcosa di completamente diverso. Ma allontanarsi dalla tradizione, alla prova dei fatti, è estremamente difficile, come testimoniato dalla frattura fra vecchi e nuovi fan, tra coloro che ancora oggi rimpiangono il combattimento a turni e chi invece sognava da tempo la svolta d'azione, e Yoshida ne è ben consapevole. "Da persona di 50 anni che ha giocato a ogni singolo capitolo della serie, capisco benissimo che in tanti pensino alla saga di Final Fantasy solamente come a un gioco tattico, al punto che se si rimuove quel particolare elemento gli sembra che non si tratti più di Final Fantasy. Il problema è che questa voce si è fatta talmente forte da limitare tantissimo le opzioni per gli sviluppatori. Siamo stati portati a pensare: 'Ci sono tutti questi giocatori che si aspettano una formula precisa da Final Fantasy, quindi non possiamo fare qualcosa di diverso'. Ma la verità è che ci sono anche tantissimi videogiocatori, soprattutto giovani, che sono molto più abituati all'azione in tempo reale, spesso è addirittura l'unica formula che conoscono. La nostra volontà è quella di realizzare un gioco appetibile e accessibile per qualsiasi genere di giocatore, eliminando tutto ciò che possa limitare le opzioni di sviluppo, lasciando libertà totale ai creativi. Questa è la strada che abbiamo scelto di percorrere".

Tra passato e futuro

Il nuovo sistema di combattimento adotta una formula a base di pura azione
Il nuovo sistema di combattimento adotta una formula a base di pura azione

Poi si gira verso Ryota Suzuki, forse perché cosciente che la fetta di appassionati che rimpiangono l'impostazione a turni sia particolarmente nutrita, forse leggendo nei nostri occhi la nostalgia, e gli domanda di aggiungere la sua sulla questione. L'ex responsabile del sistema di combattimento di Devil May Cry 5 prende la parola con un sorriso: "Durante tutti i vent'anni della mia carriera mi sono sempre concentrato sui giochi action, è la mia specialità, è la cosa che so fare meglio. Fino ad ora tutto ciò che ho fatto, ogni sistema che ho creato, è stato cucito sulle sole esigenze dei videogiocatori action, indirizzato a persone che sapevo amassero quella particolare formula. Quando sono arrivato qui, mi sono reso conto di dovermi confrontare con un pubblico che molto probabilmente non è appassionato di videogiochi action. Il mio obiettivo è diventato quello di creare un gioco d'azione, ma non uno che risulti alienante per chi non è appassionato del genere: uno che possano giocare e apprezzare tutti quanti. Ma al tempo stesso è importante che soddisfi anche le esigenze della frangia più hardcore degli appassionati degli action. Ed è per questo che tutta la nostra filosofia ruota attorno a un concetto ben preciso: 'low floor, high ceiling', ovvero facile da imparare e difficile da padroneggiare al massimo".

Proprio per inseguire questo scopo il team ha optato per l'inserimento di una serie di accessori destinati a cambiare i connotati del classico selettore della difficoltà, fornendo una serie di aiuti ai giocatori meno esperti già pronti all'uso in modalità Storia. "L'idea è quella di trasmettere il feeling di giocare l'esperienza completa, pur sfruttando delle facilitazioni", secondo Ryota Suzuki. "Volevamo che gli appassionati di vecchia data di Final Fantasy potessero divertirsi anche in un genere a cui non sono abituati: molte altre compagnie e molti altri giochi, per raggiungere questo risultato, progettano sistemi di combattimento quasi automatici. Per noi invece era importante che i giocatori capissero anche cosa rende divertente un gioco d'azione, così abbiamo disegnato quegli accessori per - ad esempio - ridurre la prontezza di riflessi necessaria per compiere determinati gesti pur mantenendo viva tale prontezza di riflessi. In sostanza, prendere le sfaccettature più difficili della formula action e renderle un pizzico più facili senza assolutamente rimuoverle, in modo che sopravviva la sensazione di fare la differenza attraverso le proprie azioni".

Un sistema d'azione che dev'essere accessibile per tutti
Un sistema d'azione che dev'essere accessibile per tutti

La questione del sistema di combattimento è una semplice parentesi nella storia tecnica della Creative Business Unit III, un team che ha fatto sì innamorare milioni di fan tramite l'undicesimo e il quattordicesimo capitolo, ma che si trova alla sua prima esperienza nei confini di un episodio principale per il giocatore singolo. Yoshida ha voluto confermare un nostro pensiero: "La grande differenza tra sviluppare Final Fantasy 14 e Final Fantasy 16 è che il primo è come una lunga serie TV, mentre il secondo un grande film evento, il vostro è un paragone molto azzeccato. La discriminante è il tempo: lavorando su Final Fantasy 14 abbiamo molto tempo a disposizione per creare un'ambientazione e studiare una storia, e alla fine non è necessario concentrarsi più di tanto sui dettagli. Invece, quando si tratta di una grande produzione ogni secondo e ogni dettaglio sono importantissimi per la profondità dell'esperienza. Il pubblico si soffermerà costantemente su ogni piccola cosa. Pensate a una singola sequenza animata, anzi, a un singolo tavolo che si vede in un filmato: bisogna pensare al tipo di legno, all'età del tavolo, al fatto che sia bagnato o asciutto, che sia danneggiato, con quale telecamera e attraverso quali lenti è filmato. Ogni scena richiede molta più attenzione e una fase di riflessione decisamente più impegnativa".

Per il resto, il rapporto tra Final Fantasy 16 e il quattordicesimo capitolo non va oltre la fantasia e l'ispirazione: nel corso della demo, ad esempio, abbiamo affrontato Suparna e Chirada, aspetti minori dell'Eikon Garuda che sono apparsi anche nei confini del MMORPG. Sul piano delle meccaniche c'è qualche leggerissimo elemento che è sopravvissuto alla transizione, come specificato dal director Takai: "Uno si nasconde nel fatto che è molto importante che si capisca da dove arrivano gli attacchi. Come avrete notato, a volte capita che ci sia un grosso attacco in arrivo segnalato da un anello sul terreno, e questo è l'unico elemento che abbiamo pescato dall'MMO al fine di rendere le battaglie più gestibili e accessibili". Battaglie che, proprio nel tentativo di inseguire l'accessibilità, scelgono di non chiamare in causa il classico sistema di valutazione tipico del genere stylish-action. Ma tale assenza è solo parziale: "Nella modalità storia non si vede, ma in background il punteggio viene comunque calcolato", spiega Takai. "Non ha effetto sul gioco principale, ma c'è una modalità collaterale in cui il punteggio diventa visibile. Il livello di Caer Norvent mostrato nella demo, ad esempio, può essere rigiocato in un'altra modalità in cui ottenere i classici S Rank, A Rank e via dicendo. Ma ci tengo a precisare che questa è una modalità opzionale, è solo per chi è in cerca di una sfida aggiuntiva".

L'atmosfera di Final Fantasy resta sempre intatta
L'atmosfera di Final Fantasy resta sempre intatta

È evidente che tale scelta sia strettamente connessa alla volontà di raggiungere una platea più vasta possibile, e soprattutto all'idea di non alienare gli appassionati della prima ora. Yoshida torna sulla questione: "Faremo in modo che i punteggi possano essere pubblicati e visibili in tutto il mondo tramite delle classifiche. Però sapete, gran parte del pubblico gioca a Final Fantasy per la storia: abbiamo deciso di non inserire i punteggi nella modalità storia proprio perché può capitare di giocare, di divertirsi, di avere la sensazione di stare andando benissimo, e poi all'improvviso si arriva in fondo e si scopre che la valutazione è B. Ci si rimane male, il gioco passa dall'essere la storia di Clive ad una sovrastruttura che coinvolge l'abilità del giocatore, mettendo a repentaglio l'immersione".

Ciò non significa che secondo lui il tessuto delle battaglie non abbia mantenuto un'importanza preponderante, anzi: "Siamo molto fiduciosi nel sistema di combattimento, siamo convinti che sia ottimo e che premi anche un elevato livello di abilità, quindi abbiamo deciso di inserire questa modalità opzionale proprio per tutti coloro che vogliono scavare a fondo nelle battaglie".

Filosofia

Un'opera a metà fra passato e futuro
Un'opera a metà fra passato e futuro

Secondo Takai: "Ci troviamo nella classica situazione in cui per gli appassionati del genere è una funzionalità solo positiva, mentre per tutti gli altri - il fatto di vedere un punteggio e domandarsi costantemente se si sta giocando bene o male - può diventare una fonte di stress". E non è finita qui, perché Ryota Suzuki, che il sistema di combattimento l'ha realizzato in prima persona, ci tiene ad elaborare su un problema che avevamo decisamente sottovalutato: "Bisogna riflettere su un punto molto importante, specialmente nei confini di un gioco come Final Fantasy 16 che è indirizzato a un'utenza molto variegata: cosa significa giocare bene? Che cos'è un S Rank in Final Fantasy 16? È qualcosa di molto diverso: in passato, ad esempio lavorando a Devil May Cry 5, avevo una linea molto chiara riguardo cosa significasse giocare bene all'intera esperienza, allora potevo ricamare attorno a tale linea tutti i sistemi del caso. Ma Final Fantasy 16 non è solamente indirizzato al pubblico dei videogiochi d'azione, e quindi quella linea dovrebbe essere qualcosa di diverso, una zona grigia; inserire un sistema simile nella modalità storia rischia di dar vita a una fonte di distrazione da quella che è l'esperienza principale".

Il dialogo tra passato e futuro, il sistema di combattimento, l'anima di Final Fantasy: dalla chiacchierata sono emersi tutti i pilastri che sorreggono l'esperienza promessa da Final Fantasy 16. Ma secondo noi il successo della saga resta radicato anche nella sua offerta collaterale, nella possibilità di perdersi in un mondo vivo e ricco di segreti. Takai ci spiega come funziona: "Non abbiamo creato niente che sia veramente nascosto, degli elementi che possano essere trovati da pochissimi giocatori. Ma ci sono un bel po' di contenuti che vanno oltre la storia, ad esempio una serie di missioni opzionali che si attivano solo rispettando determinate condizioni. Poi abbiamo la Hunt, la classica caccia ai mostri, con dei 'Notorious Monsters' disseminati in giro per le mappe che devono essere trovati e abbattuti per progredire nella Hunt Board. Infine ci sono anche tanti minigiochi, bisogna semplicemente trovarli nel mondo di gioco, e anch'essi fanno parte dei contenuti collaterali. Niente di tutto ciò è super nascosto, ma sono tutti distanti dal cammino principale".

Le vibrazioni sono quelle di una volta
Le vibrazioni sono quelle di una volta

"Aggiungo che ci sono degli elementi di Final Fantasy 16 che sono orientati proprio ai giocatori che vogliano completare tutto quanto", interviene Yoshida. "Ad esempio il sistema di crafting delle armi, quello dei potenziamenti completi per il personaggio, e tanti altri segreti da sbloccare. Ma, ancora una volta, abbiamo creato questo titolo con l'idea che sia giocabile e godibile per chiunque allo stesso modo, tanto per coloro che vogliono semplicemente arrivare in fondo alla storia, quanto per tutti quelli che mirano ad esplorare ogni angolo del mondo e non vedono l'ora di trovare tutto quello che ha da offrire".

Una chiusura, questa, che mette ancora una volta l'accento sul messaggio che stava più a cuore agli sviluppatori: Final Fantasy 16 è un videogioco per tutti, indirizzato ai vecchi e ai nuovi fan, a chi conosce la saga e a chi l'ha solamente sentita nominare, agli appassionati del genere action e a chi ci si confronta per la prima volta. Insomma, per loro è l'opera che mira a riagguantare l'antica dimensione della saga di Final Fantasy, aprendo squarci su mondi alieni e popolati da personaggi straordinari, catturando nel suo vortice veterani e neofiti, riproducendo l'incantesimo che ha traghettato le sue atmosfere nell'Olimpo del medium.