Se state leggendo queste righe e non avete ancora completato Final Fantasy VII Remake, ve lo diremo una volta sola con le parole del caro, vecchio Gandalf il Grigio: fuggite, sciocchi! Seriamente, che ci fate qui? Questo speciale sarà "spoilerosissimo", perché andremo ad analizzare, discutere e sviscerare il finale del gioco. Un finale che ha scosso ogni certezza che avevamo su quest'opera in divenire e che sta facendo discutere tantissimo i fan vecchi e nuovi di Final Fantasy VII. Lo avevamo scritto anche nella nostra recensione che sarebbe stato quantomeno divisivo, e ora che è passata una settimana dall'uscita ufficiale del gioco e che molti lo hanno portato a termine, abbiamo pensato che fosse venuto il momento giusto di tirare in ballo questo proverbiale elefante nella stanza. Siamo buoni e ve lo ripetiamo: da questo momento in poi, entrate in un campo minato di spoiler. Proseguite a vostro rischio e pericolo.
I cambiamenti principali
È importante precisare che un buon 90% di Final Fantasy VII Remake ripercorre la medesima storyline dell'originale uscito nel 1997. Qua e là apporta qualche piccolo cambiamento per approfondire i personaggi, farci conoscere meglio Midgar e prolungare in modo più o meno naturale un'esperienza che, se fosse stata ricalcata perfettamente, sarebbe durata soltanto poche ore. Insomma, Final Fantasy VII Remake rispetta molto la sceneggiatura originale... però poi c'è quel 10% che ha scosso parecchio i puristi, piccoli cambiamenti che nella maggior parte dei casi non stravolgono la storia, ma che saltano subito all'occhio di chi conosce bene Final Fantasy VII. I cambiamenti più importanti sono tre in particolare.
Il primo è rappresentato dalle insistenti apparizioni di Sephiroth, l'arcinoto villain che nel titolo originale compariva molto meno in questa parte della storia. Nel Remake, invece, Sephiroth si manifesta spesso agli occhi di Cloud, quasi come un'oscuro presagio, alludendo al legame tra i due che nell'originale sarebbe stato svelato molto più in là. Il secondo cambiamento va a toccare la sceneggiatura, invece, con l'aggiunta di molteplici, seppur brevissimi, flashforward che, sotto forma di visioni o allucinazioni, mostrano prima a Cloud e poi a tutto il resto della banda dei momenti appartenenti al titolo originale. In queste brevi visioni Cloud rivive il suo scontro finale con Sephiroth, la morte di Aerith e altre scene clou che nel gioco del 1997 si svolgono molte ore dopo la fuga da Midgar. Queste allucinazioni colpiscono Cloud in momenti precisi, scatenate da parole o situazioni che richiamano quegli eventi, anche in questo caso sotto forma di didascalici presagi che solo i giocatori che hanno giocato Final Fantasy VII possono comprendere: a tutti gli altri sembrano probabilmente soltanto ricordi sepolti o qualcosa di simile.
I custodi del fato
Il terzo cambiamento apportato alla storia originale, il più importante di tutti, è rappresentato dai misteriosi spettri che abbiamo visto nei trailer e sui quali ci siamo interrogati per mesi. Nel gioco compaiono per la prima volta nel vicolo in cui Cloud incontra Aerith: il nostro protagonista trova la fioraia sotto l'attacco di un'entità invisibile ed è solo quando Aerith tocca Cloud per chiedere il suo aiuto che gli spettri diventano visibili. Da quel momento in poi, questi spettri compaiono frequentemente ogni qualvolta succede qualcosa di anche soltanto vagamente importante. Nel giro di poche ore, noi che conosciamo Final Fantasy VII, ci siamo resi conto che gli spettri sono intervenuti ogni volta che la storia sembrava deviare dal suo corso naturale. Gli spettri fanno in modo che Jessie inciampi e si sloghi la caviglia, costringendo Cloud a unirsi alla missione di Tifa e Barret dopo che quest'ultimo lo aveva congedato. Gli spettri si assicurano che Wedge, inaspettatamente sopravvissuto al crollo del pilastro nel Settore 7, precipiti poi dal palazzo della Shinra e muoia esattamente come nel gioco originale.
Potremmo fare molti altri esempi, ma il più eclatante è probabilmente nel capitolo 17, quando Sephiroth assassina il presidente Shinra sotto gli occhi della banda e poi, per buona misura, trafigge pure Barret. Il nostro energumeno dal cuore d'oro non sarebbe dovuto assolutamente morire in quel momento... e perciò gli spettri accorrono a guarirlo. A quel punto della storia, tuttavia, sappiamo già che cosa sono questi spettri, perché Aerith, toccando Red XIII nel capitolo precedente, gli ha trasmesso alcune nozioni che neppure lei sapeva di possedere. È proprio Red XIII a rivelarci il nome di questi "custodi del destino": si chiamano Numen (Whispers in inglese, sussurri) e rappresentano la volontà del pianeta. Il loro compito è accertarsi che il destino faccia il suo corso e che ogni evento si svolga seguendo il copione prestabilito, fino al momento in cui il pianeta scomparirà. Non a caso, la parola latina "numen" - da cui deriva la parola italiana nume - esprime il concetto di volontà o potenza divina.
Il rapporto che Aerith e Sephiroth hanno coi Numen non è molto chiaro. Aerith li percepisce, così come percepisce o prevede il futuro entro certi limiti, forse perché è l'ultima Cetra in vita e quindi profondamente legata al pianeta, ma non li comprende e non ha alcun controllo su di essi; ne è anzi atterrita, e nel capitolo 17, quando i Numen si riuniscono intorno a lei, dichiara come in trance di perdere una parte di sé ogni volta che la sfiorano. Probabilmente perché il corso della storia impone che Aerith muoia uccisa da Sephiroth, perciò i Numen rappresentano essenzialmente un presagio di morte per la nostra eroina. Molto più misterioso, invece, il legame tra Sephiroth e i Numen. Questi ultimi sembrano intervenire a più riprese per impedire a Sephiroth di cambiare il corso della storia - come nel caso summenzionato in cui il villain uccide Barret - ma Sephiroth a un certo punto sembra essere in grado di controllarli o domarli.
La battaglia decisiva
Final Fantasy VII Remake si avvia alla chiusura in modo molto simile all'originale, coi nostri che fuggono dal palazzo della Shinra: Cloud sulla Hardy-Daytona e il resto della banda a bordo di un camioncino. La battaglia sull'autostrada è essenzialmente identica, ovviamente più spettacolare, ma per tutto il tempo possiamo vedere i Numen che fluttuano intorno a noi, come se ci seguissero. Seminati tutti i nemici, i protagonisti si ritrovano faccia a faccia con nientepopodimeno che Sephiroth, mentre in lontananza i Numen avvolgono come uno sciame di vespe il palazzo della Shinra. È esattamente in questo momento che Final Fantasy VII Remake diverge completamente dal titolo originale del 1997. Sephiroth, infatti, si rivolge a Cloud e gli altri con battute quantomai criptiche, cui Aerith replica affermando con determinazione che Sephiroth è "uno sbaglio", e non in senso figurato: la sua intera "esistenza" è uno sbaglio perché lì, in effetti, non ci dovrebbe proprio essere!
Sephiroth suscita l'interesse dei Numen che, all'improvviso, abbandonano il palazzo della Shinra per avventarsi su di lui. Il loro arrivo, che non scompone minimamente Sephiroth, induce tuttavia una visione improvvisa di una scena che solo i vecchi fan di Final Fantasy VII avranno riconosciuto. All'improvviso vediamo infatti Zack Fair, un personaggio mai nominato nelle ore precedenti ma soltanto menzionato di sfuggita: era infatti il "primo amore" cui Aerith aveva accennato a Cloud nel capitolo 9. Se la comparsa di questo SOLDIER che somiglia molto a Cloud ha probabilmente spiazzato i nuovi giocatori, lasciandoli più confusi che persuasi, noi che abbiamo giocato anche Final Fantasy VII: Crisis Core abbiamo riconosciuto immediatamente le battute conclusive di quel titolo per PSP. Rivediamo infatti la stessa cinematica finale, aggiornata graficamente, in cui Zack affronta l'esercito della Shinra a pochi chilometri da Midgar. La scena è identica, le parole pronunciate pure, ma c'è una piccola differenza: in mezzo ai soldati della Shinra, e tutt'intorno a Midgar in lontananza, ci sono i Numen, e nessuno sembra accorgersi della loro presenza.
La visione si interrompe sul più bello. Tornati sul ponte, vediamo Sephiroth squarciare il muro di Numen dietro di sé e attraversarlo, sfidando Cloud a seguirlo. Quando il nostro eroe si appresta a farlo, Aerith lo ferma: guidata dall'istinto, la giovane alza una mano e schiarisce il portale attraversato da Sephiroth. Aerith dichiara che i nostri si trovano nel bivio del destino. Il dialogo seguente dovrebbe essere importante, ma in realtà è davvero confuso. Se non altro, la scena è girata meravigliosamente e Hamauzu l'accompagna con una combinazione di riarrangiamenti strepitosa. Aerith rivela che al di là dello squarcio in cui si è nascosto Sephiroth li attende una libertà, ma è una libertà che la spaventa. Sephiroth vuole proteggere il pianeta, ma secondo Aerith si sbaglia, perché non è così che deve andare: per di più, Sephiroth non riesce a sentire i lamenti di tutti coloro che sono morti e che sono tornati al pianeta (è un richiamo alle teorie delle planetologia menzionate a più riprese da Barret e dalla sua Avalanche). Bisogna fermare Sephiroth, insomma, ma Aerith avverte Cloud e gli altri che, se dovessero riuscirci, non cambierebbero solo il destino, ma loro stessi.
Se avete letto la nostra recensione, ricorderete probabilmente che abbiamo affermato di aver compreso l'intento dietro questo allucinante cambiamento, ma di non averne apprezzato l'esecuzione. Ecco, questo è esattamente ciò che non abbiamo apprezzato. Superando lo squarcio ci siamo ritrovati a combattere contro un boss totalmente anonimo. Intendiamoci, lo scenario - una Midgar che si disintegra letteralmente intorno a noi - è assolutamente spettacolare, lo scontro è super coreografico e la colonna sonora di Hamauzu dà una marcia in più a tutto l'ambaradan, ma il boss - Numen Praeco - somiglia davvero tanto, troppo al Darkside di Kingdom Hearts. Il Numen Praeco è un agglomerato di Numen che si erge sopra la banda, mentre combattiamo direttamente tre manifestazioni più piccole e ancora più anonime: Numen Rubrum, Numen Viridium e Numen Flavum.
Analizzando questi tre nemici - che rappresentano Cloud, Tifa e Barret, a giudicare dalle loro armi, oppure più probabilmente Kadaj, Loz e Yazoo, i tre cloni di Sephiroth che compaiono in Advent Children e impugnano le stesse armi - scopriamo che provengono da un futuro che le nostre azioni stanno mettendo a rischio: lo scontro è lunghissimo e i tre Numen, a un certo punto, si fondono persino in Bahamut Numen come ultima spiaggia. Cosa ancor più curiosa, durante la lunga battaglia i nostri eroi sono colti da fulminee visioni di un futuro che, ancora una volta, solo i giocatori dell'originale riconosceranno: rivediamo infatti la cinematica in cui Aerith perde la Materia Sancta nel momento della sua morte e anche la scena iniziale di Final Fantasy VII: Advent Children in cui Red XIII attraversa la pianura coi suoi cuccioli per affacciarsi sulle rovine di quella che molto tempo prima era stata Midgar.
Sconfitto il Numen Praeco, succede qualcosa che, in tutta onestà, non siamo sicuri di aver interpretato correttamente. I Numen si riuniscono in un punto nel cielo in cui appare improvvisamente Sephiroth. La scena è ambigua, ma noi riteniamo che quello non sia veramente Sephiroth, quanto un'ultima manifestazione dei Numen che, dopo essersi trasformati persino in Bahamut, tentano il tutto e per tutto assumendo la forma dell'uomo che ha rovinato la vita a Cloud.
Segue quindi un'altra cinematica spettacolare quanto inverosimile che ricorda tantissimo il summenzionato Final Fantasy VII: Advent Children. La battaglia con Sephiroth, il vero e proprio boss finale, si svolge sulle note della celebre One Winged Angel e si conclude con un adrenalinico faccia a faccia: Sephiroth, nel frattempo, ha estratto l'unica ala nera con cui è diventato famoso anni dopo Final Fantasy VII, ma quando Cloud gli sferra il colpo di grazia si dissolve in una nuvola di Numen che poco dopo esplodono in un lampo di luce, rafforzando la nostra ipotesi che quello non fosse il vero Sephiroth. Quest'ultimo, infatti, compare poco dopo in quella che sembrerebbe essere un'altra allucinazione di Cloud.
Il nostro eroe si ritrova da solo in un luogo che Sephiroth definisce i confini del mondo. Il dialogo in inglese, tuttavia, parla di "edge of creation", i confini del creato, e le battute di Sephiroth lasciano intendere che i due si trovino in una dimensione oltre il tempo e lo spazio, nel nulla cosmico cui è destinato a tornare il pianeta. Sephiroth vorrebbe che Cloud lo aiutasse a impedirlo e il nostro eroe, per tutta risposta, lo attacca. Il duello è impari e Cloud viene persino disarmato. Prima di scomparire nel nulla, Sephiroth rivolge a Cloud un'ultima, inquietante battuta: "Mancano sette secondi alla fine", gli dice. "Ma sei ancora in tempo. Il futuro è nelle tue mani, Cloud".
Il finale
E siccome questo delirio non era bastato a confonderci le idee, sopraggiunge la cinematica conclusiva a spiazzarci del tutto. Scomparso Sephiroth, la regia si sposta sulla Shinra - vi ricordiamo che la Midgar distrutta nello scontro finale era in un'altra dimensione, la Singolarità - e vediamo Rufus Shinra prendere il posto di suo padre come presidente della società. Nel frattempo Hojo, nel suo laboratorio, sembra compiaciuto che Sephiroth abbia portato via Jenova.
La scena stacca improvvisamente su Zack che, nel passato, si stupisce di essere sopravvissuto all'agguato della Shinra: in quel frangente, infatti, avrebbe dovuto morire, ma è a questo punto che la regia ci mostra un dettaglio molto strano, ovvero una cartaccia spazzata dal vento che raffigura Stamp, il cane mascotte menzionato a più riprese nel gioco. Il problema è che questo Stamp è completamente diverso: questo potrebbe significare che siamo in un'altra realtà, oppure è un indizio visivo che suggerisce ai nuovi giocatori - che a questo punto probabilmente si sentiranno un po' spaesati - che quella scena si svolge in un altro periodo. Nel capitolo 5, infatti, Barret parla di Stamp e specifica che in passato aveva avuto un altro aspetto, per poi essere stato ridisegnato. Tornando a Zack, proprio in quell'istante, i Numen che avvolgevano Midgar nel passato, presumibilmente per impedire al SOLDIER di entrare, esplodono in un lampo di luce come quelli che avevano assunto la forma di Sephiroth. Il destino, insomma, non vincola più neppure il passato.
Che i Numen trascendano il tempo ce lo suggerisce la scena successiva, ambientata nella Midgar del presente, sulla quale stanno piovendo le stesse scintille brillanti che erano state i custodi del fato. I superstiti del Settore 7 si prodigano a ricostruire il quartiere sotto le direzioni di Marle - nell'originale non era sopravvissuto quasi nessuno, ma nel Remake l'intervento di Wedge, che sarebbe dovuto morire prima, ha fatto sì che molti si salvassero - e nel Settore 5 abbiamo una sorpresa... quando Biggs riprende i sensi nell'orfanotrofio: anche lui, come Wedge e Jessie, sarebbe dovuto morire nel capitolo 13, e invece è ancora vivo. I guanti di Jessie sul comodino significano che è viva anche lei, oppure sono solo un cimelio della sua amica?
Infine, Marlene, al sicuro nella casa di Elmyra Gainsborough, percepisce suo padre che, ai confini di Midgar, promette di tornare da lei. La banda decide quindi di partire all'inseguimento di Sephiroth. Comincia a piovere. Cloud e Aerith, nel presente, incrociano metafisicamente Zack che, nel passato, sta trascinando Cloud verso Midgar, suggerendo che Zack sia sopravvissuto in una diversa linea temporale. Aerith volge lo sguardo al cielo e sulle note della canzone Hollow, composta da Nobuo Uematsu e cantata da Yosh dei Survive Said The Prophet, il gioco si conclude con un'ultima scritta in sovrimpressione: il viaggio verso l'ignoto proseguirà.
Che cosa cambia il finale?
Le ultime ore di Final Fantasy VII Remake insistono moltissimo su una serie di aggiunte, divergenze e modifiche che portano la storia su binari abbastanza diversi rispetto al passato, scoppiano in un vero e proprio delirio nell'ultimo capitolo e poi, improvvisamente, concludono questo primo episodio con Cloud e gli altri che lasciano Midgar per inseguire Sephiroth come nel gioco del '97. Sì, la conclusione somiglia all'originale, ma tutto il capitolo 18 che la precede getta le basi per una storia che potrebbe proseguire in modo diverso rispetto a quella che conosciamo. Aerith, dopo tutto, lo ha detto: sconfiggendo i Numen, avrebbero cambiato non solo il destino, ma anche loro stessi. In che modo questo si verificherà non possiamo prevederlo, perciò concentriamoci su quello che sappiamo.
Il fatto che Zack sia sopravvissuto è sicuramente il punto più controverso di questo finale. Col suo sacrificio, e consegnandogli l'iconica Spada Potens, Zack ha reso Cloud ciò che è oggi. Nell'originale, Cloud soffriva di un gravissimo caso di dissonanza cognitiva che l'aveva indotto a immedesimarsi in Zack, che peraltro era stato il primo amore di Aerith. Facendo sopravvivere Zack, lo scrittore Kazushige Nojima e il director Tetsuya Nomura hanno davvero stravolto la storia di Final Fantasy VII? In realtà no, almeno non per ora, perché il finale lascia intendere che la sconfitta dei Numen abbia cambiato il passato senza influenzare il presente. La Spada Potens non è magicamente scomparsa dalle mani di Cloud nel presente, perciò possiamo presumere che il Cloud che si allontana con gli altri da Midgar nel finale sia lo stesso che ha visto morire Zack e che ha preso in consegna la Spada Potens - e con essa, il suo lascito - prima di arrivare a Midgar.
C'è da dire che in questo Remake nessuno ha mai detto che Zack è morto, anche perché semplicemente non è mai stato nominato. Zack potrebbe aver accompagnato Cloud a Midgar, magari gli ha regalato la Spada Potens e poi è andato a spassarsela per anni al Gold Saucer, lasciandosi alle spalle la sua vecchia vita. Dubitiamo fortemente che la storia sia cambiata in questo modo ridicolo: è più probabile che Zack sia sopravvissuto in una linea temporale diversa, influenzata dalla sconfitta dei Numen e suggerita dal differente design di Stamp sulla cartaccia. In altre parole, il gioco dovrebbe essere finito rispettando tutti i punti cardine della storia conosciuta, morte di Zack compresa. In che modo questi cambiamenti nel passato interverranno sugli altri episodi, però, è un altro paio di maniche, ma potrebbe essere semplicemente un'altra linea temporale che Nojima ha accennato soltanto e che non svilupperà mai.
L'inaspettata sorte di Biggs dovrebbe avere una certa rilevanza, invece. I tre membri dell'Avalanche erano semplici macchiette, nell'originale, che il Remake ha approfondito tantissimo, pur non dedicando a Biggs lo stesso tempo riservato a Wedge e Jessie. Che proprio lui l'abbia scampata, quindi, non è poi così strano. Il Remake, tuttavia, ha anche lavorato parecchio sull'Avalanche, rivelandoci l'esistenza di un'altra cellula che sembrerebbe agire con l'appoggio di Wutai. Considerando questo dettaglio, e il fatto che la sceneggiatura del Remake tira in ballo spesso la fragile tregua tra Midgar e Wutai, non ci sorprenderebbe se Biggs sia sopravvissuto proprio per giustificare un approfondimento di questa storyline quando la banda arriverà finalmente nella città di Yuffie Kisaragi.
Tutto il resto, bene o male, non dovrebbe essere cambiato in modo significativo. È chiaro, però, che il viaggio dei nostri protagonisti cambierà, se non altro perché abbiamo lasciato Midgar già conoscendo le intenzioni di Sephiroth e la sua pericolosità. Non sappiamo quanto i protagonisti abbiano compreso delle visioni condivise dai Numen, entità che sembrerebbero essere state una parentesi importante, ma già chiusa, di questo capitolo. Quello dei Numen ci è apparso essere un vero e proprio deus ex machina concepito solo per deviare la storia dai suoi binari, scioccare i giocatori e concedere a Nojima e Nomura la possibilità di programmare i seguiti senza essere vincolati alle mastodontiche proporzioni dell'originale. E se ci fosse qualcosa di più?
La nostra interpretazione
Abbiamo compreso le intenzioni di Kazushige Nojima e Tetsuya Nomura, ma non possiamo difendere la maldestra esecuzione con cui le hanno espresse nel capitolo 18. Ma quali sono queste intenzioni? Be', è chiaro che con l'espediente dei Numen i due autori volessero rompere col passato e liberarsi dei vincoli che li legavano al copione del Final Fantasy VII originale. Il che, secondo noi, è perfettamente comprensibile. Nojima e Nomura sono due creatori di contenuti che hanno già lavorato a Final Fantasy VII ventitré anni fa: un gioco che li ha tenuti prigionieri per tutto questo tempo, obbligando ogni nuova idea a confrontarsi con quello che è facilmente considerabile come il picco di tutta la produzione Square Enix negli anni, sia dal punto di vista artistico, sia da quello commerciale.
Nomura, in particolare, deve aver sofferto molto questo confronto: si è cominciato a parlare di Final Fantasy VII Remake ai tempi di PlayStation 3, e in questi anni il director ha firmato tre Final Fantasy XIII e Final Fantasy XV, oltre ai vari Kingdom Hearts. Nonostante ciò, il remake di Final Fantasy VII, un gioco arcinoto e disponibile su pressoché qualunque piattaforma, è rimasto il più grande desiderio di un fandom spesso insoddisfatto da qualunque altra cosa.
Immaginate di essere un vulcano di idee - belle o brutte, non è questo il punto - e di firmare un contratto che vi costringa per un numero imprecisato di anni a rifare un gioco che avete già immaginato e sviluppato tanti anni fa. Tutte le nuove storie che vi frullano in mente non vedranno la luce perché i fan vogliono rigiocare Final Fantasy VII. Che Tetsuya Nomura sia eccentrico e capriccioso è cosa nota. Ormai si tende ad affermare che sia tutto colpa sua, dalla pioggia al Coronavirus, passando per i titoli Square Enix, ma la verità è che Tetsuya Nomura ha diretto Final Fantasy VII Remake, mentre a scriverlo è stato Kazushige Nojima. Questo, tuttavia, non significa che Nomura non abbia avuto alcuna voce in capitolo, e infatti quella parentesi delirante che si apre e si chiude prima del finale è chiaramente tutta farina del sacco di Nomura, che si ribella al destino, cioè la sceneggiatura originale di Final Fantasy VII, e sconfigge i Numen, cioè i fan più accaniti che non lo volevano cambiato di una virgola.
Come a dire: volevate Final Fantasy VII rifatto, vi abbiamo dato la prima parte, però adesso fateci fare quello che vogliamo coi personaggi che noi abbiamo creato e che appartengono a noi, non a voi. Quel momento, nel capitolo 18, con Aerith che conduce i protagonisti oltre la barriera dei Numen, è pura e semplice metanarrazione. Un'idea geniale, lasciatacelo dire, affidata allo scrittore sbagliato. Perché c'è un divario importante tra il capitolo 18 e praticamente tutto il resto del gioco. Si evince nei dialoghi improvvisamente criptici, nelle frasi lasciate a metà, nella simbolica contrapposizione di luce (Aerith) e oscurità (Sephiroth) e nel design del Numen Praeco e dei suoi anonimi minion. Quello è Nomura che scrive, non Nojima, e Nomura è fissato con alcuni cliché dell'animazione giapponese per ragazzi che ritroviamo in tutte le opere che ha firmato di suo pugno e che stonano fortemente con le tematiche che sorreggevano Final Fantasy VII nel 1997.
Perché Remake?
Abbiamo già giocato Final Fantasy VII, lo conosciamo, lo abbiamo nel cuore e se volessimo riviverlo potremmo farlo su una piattaforma qualsiasi. Il producer Yoshinori Kitase ha ripetuto in più occasioni che Final Fantasy VII Remake non sarebbe stato una copia carbone e che avrebbe reinventato Final Fantasy VII. E quando ha affermato che sarebbe stato curioso di vedere le reazioni dei fan, abbiamo accolto a braccia aperte il nuovo corso: ci sembra molto più interessante giocare qualcosa di diverso, piuttosto che qualcosa che conosciamo già. Ma allora... perché l'hanno chiamato Remake? Oggi è difficile contestualizzare questa parola, eppure sì, questo primo episodio di Final Fantasy VII Remake è proprio un rifacimento che rispetta gli elementi cardine della storia originale. Non è un reboot. Se Nojima avesse cambiato il cast e le origini di alcuni personaggi, per esempio, sarebbe stato un reboot. Facciamo un esempio cinematografico, sperando di farvi capire meglio: il primo Star Trek di J. J. Abrams è un reboot della mitica serie TV, il recente Aladdin in live action di Guy Ritchie è un remake dell'omonimo classico Disney.
Square Enix non ha fatto pubblicità ingannevole come ci è capitato di leggere in giro per il web: diciamo che ha omesso alcuni dettagli, ma non è del tutto vero neppure questo visto che alcune palesi differenze dall'originale si scorgevano già nei trailer. In pratica questa prima parte è un Remake, il resto... si vedrà. Siamo di fronte a una Rebuild of Evangelion in salsa Final Fantasy VII, né più né meno, solo senza Hideaki Anno al timone.
Che Square Enix abbia scelto un sottotitolo infelice, sapendo che molti fan si aspettavano una fedele riproposta in chiave moderna dell'originale, è altrettanto vero. Bisogna comprendere anche i motivi commerciali di questa scelta. Square Enix non è una ONLUS. Sviluppa i giochi per venderli. E ha cominciato un progetto in un numero imprecisato di episodi che, se fosse stato fedele al 100% all'originale, avrebbe corso almeno due rischi. Uno, i vecchi fan che hanno giocato l'originale avrebbero potuto decidere di non acquistare gli episodi successivi perché sanno come prosegue la storia. Due, i nuovi fan che non hanno giocato l'originale avrebbero potuto scoprire come prosegue la storia giocando l'originale o leggendola su una wiki a caso, e anche loro avrebbero potuto decidere di non acquistare gli episodi successivi.
La scioccante svolta nel capitolo 18, insomma, è una vera e propria esca. Nel bene e nel male, è stata pensata anche e soprattutto per mettere curiosità, incentivare i giocatori a proseguire nel "viaggio ignoto", e concedere alle menti dietro il progetto una rinnovata libertà creativa. Quello che è successo in quella strampalata, assurda Singolarità nomuriana non rovina mica il Final Fantasy VII originale. Che poi poteva essere scritto e spiegato meglio, senza ricorrere ai cliché e a una stucchevole maxidose di fanservice, è assolutamente vero. Probabilmente era una metanarrativa al di là delle capacità di questo Tetsuya Nomura a briglia sciolta, ansioso di liberarsi dalle catene del canon, per sempre prigioniero del suo egocentrismo. Per dire, nello stesso contesto, un Hideo Kojima sarebbe stato molto più efficace.
Ma chiusa quella parentesi, una volta sbucati dall'altra parte della barriera dei Numen, sotto quel cielo che a Aerith fa paura, abbiamo riflettuto su quanto ci siamo divertiti nelle ore precedenti. Final Fantasy VII Remake è un titolo eccellente con un brusco scivolone appena prima di un finale che promette esattamente quello che volevamo da anni: passare altro tempo insieme a Cloud, Aerith, Tifa e tutta la banda. Sarà che siamo arrivati a un punto nelle nostre vite in cui è diventato molto più difficile odiare i videogiochi e chi li inventa; magari siamo diventati più tolleranti e in questo momento aiuta avere un po' di speranza almeno nel nostro medium preferito, fatto sta che siamo curiosissimi di sapere dove Kitase, Nomura e Nojima vogliono portarci. Non passeremo i prossimi anni a chiederci soltanto in che punto si fermerà il secondo episodio, ma a scervellarci su quel che potrebbe o dovrebbe succedere. Dobbiamo ammetterlo: Square Enix è stata audace. Il rischio di rimanere delusi c'è. Abbiamo paura anche noi che Nomura esageri e stravolga troppo. Ma Final Fantasy VII Remake ci ha riportato in quell'indimenticabile universo superando spesso le nostre più rosee aspettative. Il beneficio del dubbio potremmo anche concederglielo, per il momento.