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Death Stranding: un viaggio per immagini

In questo nuovo viaggio per immagini ci avventureremo nel mondo di Death Stranding.

SPECIALE di Mattia Pescitelli   —   17/04/2020
Death Stranding
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Dopo quasi cinque mesi dall'uscita della sua ultima fatica, Hideo Kojima sembra aver capito che il suo Death Stranding è un videogioco estremamente "fotogenico".
Non eravamo sicuramente gli unici ad attendere con trepidazione l'arrivo di una modalità fotografica concreta, che permettesse di immortalare nei modi più impensabili e peculiari questo titolo che ha diviso il mondo videoludico.
Lungi dal voler gettare nuovo carburante sui discorsi frivoli, poco rilevanti e abbastanza tossici che oggigiorno accompagnano spesso questo ma anche altri titoli, ci limitiamo a tornare sul gioco per due principali motivi: giocare (che ci sembra quello più rilevante) e raccontare la nostra solita avventura di un'ora di gioco attraverso parole e, soprattutto, immagini.
In occasione del lancio della modalità fotografica, quindi, ci siamo lasciati trasportare dai suggestivi paesaggi di Death Stranding per completare una consegna. In modo da alzare un po' il livello di sfida, abbiamo disabilitato completamente l'interfaccia di gioco, così da poter contare solo sulla nostra memoria e sul nostro senso dell'orientamento.
Quindi, dopo aver esplorato i mondi di Days Gone e Shadow of the Colossus, in questo viaggio per immagini ci addentreremo nell'America di Death Stranding.

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Riemerso

Delle luci a led lacerano l'oscurità con costante frequenza. L'ascensore, che sembra salire dalle più remote profondità della terra, arriva finalmente al capolinea.
Sam si sistema la tuta e controlla se il BB sta bene. Un ologramma sembra attirare la sua attenzione.
Ci spostiamo verso un terminale. Qui gli incarichi da portare a termine sembrano infiniti. Scegliamo una consegna non troppo lontana, ma che prevederà comunque una buona dose di agilità e, come sempre, fortuna. Memorizziamo la direzione verso la quale ci dobbiamo incamminare e ci apprestiamo a preparare tutto il necessario per il nostro viaggio.
Costruiamo diverse scale e corde d'arrampicata, che posizioniamo un può ovunque sul nostro corpo e sulla nostra schiena, quattro sacche di sangue, da mettere nell'apposita borsa, due unità termiche, che posizioniamo negli slot delle braccia. Dovrebbe essere abbastanza facile capire dove stiamo per avventurarci. Le sei casse da trasportare le posizioniamo su un hovercarro.

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Dopo aver ricontrollato la stabilità e aver fatto qualche test, ci dirigiamo verso la lunga salita che porta all'esterno. Una voce sintetica ci saluta. I cartelli olografici posizionati da altri corrieri ci danno conforto e determinazione. Zaino in spalla, ci dirigiamo verso la luce. Riemergiamo.

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Un sentiero impervio

La fresca aria montana carezza il volto di Sam. Il BB è felice e volteggia nella sua capsula. Tutt'intorno, picchi nevosi e affilati come lame tagliano le gelide correnti che vi si infrangono contro con quella forza che solo la natura può possedere.
Un passo alla volta, ci incamminiamo verso un pendio leggermente scosceso, ma comunque percorribile. Sam è visibilmente affaticato, ma non cede. Stringiamo le mani attorno agli spallacci e continuiamo imperterriti nella nostra scalata.
Arrivati in cima a questa piccola collinetta, guardiamo avanti a noi. La valle si estende a perdita d'occhio, avvolta dalla nebbia. Verrebbe da tirare un sospiro di sollievo, ma non è quella la direzione da seguire. La meta è alle nostre spalle.

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Una parete rocciosa che sembra non avere fine si erge dinanzi ai nostri occhi. Un'enorme cascata ha scavato a fondo nella pietra, creando così un dedalo roccioso. Nel canyon, l'acqua cade pesante, diventando un torrente. La nebbia lo cela.
La preoccupazione inizia ad assillarci (e non solo perché abbiamo con noi un hovercarro con sopra tutto il carico da consegnare). Il nostro cervello si mette in moto, alla ricerca di una soluzione poco pericolosa a questo problema estremamente spinoso.
Iniziamo a muovere il povero Sam avanti e indietro. Guardiamo ovunque. Ma non in basso. Quando il nostro sguardo casualmente si sporge oltre il piccolo dirupo, troviamo la soluzione che cercavamo: c'è il sentiero.

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Il ponte

Raggiunta la stretta via creata dal passaggio di altri nostri colleghi, ci dirigiamo nella direzione dell'imponente cascata.
Con fatica, arriviamo in uno spiazzo pianeggiante. Ci riposiamo qualche secondo, ci avviciniamo alla cascata per ammirare l'imponente spettacolo naturale, ci sporgiamo leggermente per vedere dove si va a infrangere. La nebbia non permette di scrutare chiaramente la fine di quel liquido viaggio verso il vuoto, anche se il suono intima un brusco schianto contro rocce aguzze. Dopo questa pausa rinvigorente, decidiamo di metterci nuovamente in cammino.

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Il canyon è già stato attraversato da qualcuno in passato, in quanto è presente una scala. È evidente che quella persona, però, abbia percorso questa via diverso tempo fa, dato che la struttura è diventata praticamente un ammasso di ferraglia arrugginito.
Con l'hovercarro che ci precede, mettiamo delicatamente i piedi sul fatiscente ponte improvvisato. Un passo alla volta, avanziamo. Il ferro scricchiola, come se dovesse andare in frantumi da un momento all'altro. Sotto di noi, il vuoto. La nebbia è ancora lì, illusione di una soffice caduta. La struttura cigola in modo sempre più forte. Manca poco.
Gli schizzi d'acqua della cascata sono ormai diventati come una pioggia. Solcano il volto di Sam, visibilmente teso. Sotto di lui, finalmente il terreno.
Siamo dall'altra parte e quello stretto, fatiscente ponte arrugginito è ancora in piedi. Gli lasciamo un like e ci rimettiamo in cammino.

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La via della montagna

La candida neve inizia a ricoprire il poco verde che riesce ancora a sopravvivere a quelle vertiginose altezze. Le rocce, da spigolose che erano, iniziano a confondersi tra loro; a diventare parte di un'unica, bianca distesa.
I piedi affondano. La neve arriva alle ginocchia di Sam. Fortunatamente, ad assisterci abbiamo un esoscheletro multiterreno, ideale per territori come questo.
Avanziamo nel vasto campo bianco. Dietro di noi, una lunga e profonda scia, uniformata dal passaggio dell'hovercarro.

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Fiocchi di neve iniziano a cadere. Il cappuccio automatizzato si attiva al primo contatto con essi. La preoccupazione va subito alle casse. Per il momento, non vengono danneggiate. Tiriamo un sospiro di sollievo e continuiamo.
Oltrepassata una cresta, vediamo un lago molto familiare, con al fianco un grande edificio. È senz'altro il laboratorio di Heartman. Data la familiarità con la zona, ci incamminiamo sul sentiero che porta verso di esso.
Il cielo si è aperto. La neve ha smesso di cadere. La forte luce del sole, riflessa dalle vetrate dell'abitazione, viene catturata dai minuscoli cristalli che compongono l'incontaminata trama del paesaggio circostante.
Con un po' di mestizia, ci lasciamo alle spalle il luogo sicuro in direzione del nostro obiettivo.
Il terreno inizia a inclinarsi, ma la distesa bianca non rende il fatto subito evidente. Lo notiamo quando Sam inizia ad arrancare. Ci giriamo e vediamo che la pendenza è decisamente aumentata. Però, non ci facciamo intimorire e continuiamo imperterriti la nostra scalata.
Quando il terreno trova nuova stabilità, ci imbattiamo in un cartello. Siamo in territorio CA. Non abbiamo tempo per aggirarlo, quindi ci addentriamo nella tana dei lupi.
Il cappuccio si alza. La neve cade nuovamente e questa volta le casse iniziano a deteriorarsi. La caccia è aperta.

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Spiriti del passato

Accovacciati, continuiamo lentamente il nostro cammino. Il cielo è cupo. La luce del sole fatica a filtrare attraverso le tempestose nubi. I lamenti di vecchi ricordi lacerano l'aria.
Ancora legate a questo mondo, le CA fluttuano nell'aria come la neve che fatica a cadere.
L'odradek inizia a volteggiare. Il colore diventa arancione. Ci fermiamo e tratteniamo il respiro. La zona è infestata. Continuiamo con cautela. Il sensore ruota a una velocità impensabile. Arrestiamo la nostra avanzata.
Una CA si trova esattamente di fronte a noi. Indietreggiamo lentamente. Tuttavia, commettiamo l'errore di non guardare alle nostre spalle. Così urtiamo un'altra creatura, che si allarma immediatamente.

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Il fitto strato di neve ci impedisce di muoverci in modo agile e, quindi, veniamo immediatamente catturati. Lo zaino, carico di scale e corde, ci fa sbilanciare.
Sam viene sommerso dalla pozza corvina, che lo strattona con forza, facendolo scivolare in modo inarrestabile verso un Creatura Arenata decisamente più grande e "densa" rispetto a quelle che poco prima stavamo cercando di schivare.
Edifici diroccati emergono dal liquido viscoso. Autovetture arrugginite e pali della luce li seguono, come a creare strade e vicoli di una fantomatica città sommersa.
Con noi non abbiamo assolutamente alcuna arma che possa nuocere alla salute di questa mitologica bestia.
La creatura si lancia all'inseguimento. Cerchiamo di rimanere il più possibile su strutture solide, così da poter sfruttare la nostra agilità. Tuttavia, l'hovercarro si scollega e cade, facendo disperdere il carico.
Arrancando nel liquido, cerchiamo di raccogliere le casse prima che la strana "seppia gigante" ci sia addosso. Fortunatamente, riusciamo a recuperare tutto prima che ciò accada. Per evitare di perdere nuovamente l'hovercarro, decidiamo di sfruttare l'esoscheletro e ci facciamo strada tra gli immaginari vicoli che si vengono a creare tra i palazzi. La strategia sembra funzionare, in quanto la CA ha perso le nostre tracce. Tuttavia, è questione di tempo prima che ci ritrovi.
Infatti, qualche secondo e la creatura svolta l'angolo, mostrandosi in tutta la sua mastodontica ferocia. Ci giriamo nella direzione opposta e iniziamo a correre, arrancando a causa del denso liquido.
Questo è il suo terreno di caccia. Qui siamo come una mosca bloccata sulla tela di un ragno. La creatura si avvicina sempre più. Sembra un treno lanciato alla massima velocità. Nessuna struttura riesce a fermare la sua "cavalcata".
È quasi su di noi. I tentacoli stanno per avvinghiarci nella loro ferrea morsa. Il pianto del BB penetra la carne e le ossa. Sam è esausto. Sta per collassare.
Ma, a un tratto, tutto si ferma. La creatura, la città. Ogni cosa si arresta. E scompare.

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I compiti di un corriere

Ripreso fiato e calmato il povero BB, torniamo sui nostri passi. Le casse sono estremamente rovinate, ma almeno il contenuto è intatto.
La neve torna a essere l'unico ostacolo di questa consegna. Sam barcolla continuamente. Il vigore deve essere arrivato a livelli minimi. Dopo aver lasciato una lunga scia nella neve, arriviamo nelle vicinanze di quelle che sembrano rovine di un'antica città. Talmente antica da essere divenuta tutt'uno con le rocce che la circondano.

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Ormai visibilmente persi, con le batterie dell'attrezzatura completamente scariche, ci fermiamo un secondo e cerchiamo di capire dove siamo finiti. Non riuscendo a decifrare bene la zona, ci incamminiamo per quello che sembra essere un vecchio sentiero.
Arrivati in cima a una piccola collinetta, i nostri occhi si illuminano. L'obiettivo è poco più avanti. Abbiamo trovato il bunker del Geologo.
Rinvigoriti da questa veduta, ci fiondiamo giù dall'altura. Riusciamo ad arrivare alla porta d'ingresso senza inciampare o perdere l'hovercarro, del quale ci siamo momentaneamente dimenticati di avere al nostro seguito.

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Entriamo nella struttura e ad aspettarci c'è un terminale. Non è sicuramente efficace come il calore umano, ma tanto basta. Accediamo a esso ed effettuiamo la consegna.
Di fianco a Sam emerge uno scaffale. Posizionato il materiale, un ologramma ci ringrazia della consegna.

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Dopo tutta questa fatica, tutti gli errori commessi, tutte le scommesse fatte, la votazione finale è stranamente una S.
Visibilmente sorpresi dal nostro risultato più che positivo, ci voltiamo e usciamo dalla struttura. Sam guarda il BB. Dorme.
Con un tacito accordo, ci rimettiamo in cammino, diretti verso mete ignote, alla ricerca di una consegna, di un voto, di un like, unico motivo del nostro contributo alla salvezza della specie. Ultima valuta di un mondo in rotta.

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