Venti anni fa, quando Final Fantasy X debuttò nei negozi giapponesi, la serie Square (Enix lavorava ancora per fatti suoi) era all'apice della sua storia. Final Fantasy VII, grazie anche a Sony e PlayStation, aveva trasformato l'idea di Hironobu Sakaguchi in un fenomeno mondiale, e mentre Final Fantasy VIII l'aveva allineata a una nuova generazione di giocatori, Final Fantasy IX aiutò a non dimenticare il passato. Il decimo capitolo unì quanto imparato nell'ultimo decennio in un unico prodotto proiettato anima e corpo verso il futuro.
E il futuro dei videogiochi, come immaginato nei primi anni del nuovo millennio, non poteva che essere pantagruelico, indirizzato com'era verso una crescita costante e, si sperava, infinita. Anche i videogiochi, come la società, vivevano una sbornia ottimista che nel giro di pochi anni avrebbe dovuto fare i conti con un realtà composta da nuovi problemi, e nuove sfide per le quali nessuno era davvero preparato.
Ma quali sono gli elementi che ci fanno dire che Final Fantasy X è l'ultimo vero capolavoro della serie? Perché Square Enix non è più riuscita a replicare questa magia? Scopriamolo assieme.
Poetica lineare
Settando nuovi standard produttivi e narrativi, ma senza dimenticare cosa aveva reso i videogiochi così popolari fino ad allora, Final Fantasy X si concretizzò come uno dei massimi esponenti del medium. Il gioco venne accolto da un'unanime consenso che però, scopriremo poi, invece di spingere gli sviluppatori verso un bilanciamento degli ingredienti meglio dosato, li portò ad esaltare la natura cinematografica dei progetti successivi, a danno di una profondità sempre più atrofizzata.
Non solo una scelta creativa: questo alleggerimento è dovuto in larga parte alla necessità di avere una grafica sempre più dettagliata, di doppiare sempre più dialoghi. L'apprezzamento di Final Fantasy X stabilì un trend che pochi anni dopo arrivò anche in occidente, si nota infatti una certa simmetria con la traiettoria di Elder Scrolls da Oblivion, che sarebbe uscito circa quattro anni dopo, in poi: molte più voci e dettagli, ma anche molto meno gioco e libertà.
Il gioco evento
Del resto, al netto di ogni aspetto tecnico, delle musiche straordinarie, del carismatico cast, dell'ambientazione ispirata, della trama avvincente e di uno dei minigiochi più riusciti ed apprezzati di sempre, ci riferiamo naturalmente al Blitzball, Final Fantasy X era e rimarrà per molti anni il Final Fantasy più lineare di tutti.
Per vedere di peggio dovremmo aspettare l'uscita del tredicesimo gioco, e di conseguenza il ritorno come director di Motomu Toriyama. Questo dimostra che anche un ottimo gioco, se non addirittura straordinario, come Final Fantasy X, può avere influenze per lo più negative attraverso il suo lascito. Il grande successo di FFX, nonché il suo costo all'epoca proibitivo, diede anche il via a un'altra rivoluzione in casa Square che a prima vista può sembrare positiva, ma che invece a conti fatti ha creato una filiera che spreme ogni capitolo molto più di quanto è capace in realtà di offrire: sono gli spin-off che riciclano parte del cast e delle ambientazione e che permettono a Square di riempire il tempo, sempre più lungo, che separa l'uscita tra un Final Fantasy e il successivo.
Final Fantasy X-2, che trasforma il cast femminile di FFX in idol per creare una sorta di JRPG che prova ad essere anche un musical, è puro fan service al quadrato, simpatico, ma decisamente sacrilego nel maneggiare il materiale originale.
Kolossal ad ogni costo
Prodotti ottimi per fare cassa, ma spesso capaci di danneggiare il ricordo di un Final Fantasy che deve essere prima di tutto un evento, e non per via di uno sviluppo ripartito da zero una, due o tre volte, ma perché su un'idea chiara ci si è lavorato bene per tutti gli anni necessari.
Il successo di Final Fantasy X ha portato anche a una sorta di dipendenza da kolossal, con l'incapacità divenuta quasi cronica di pensare un po' più in piccolo, offrendo così esperienze più asciutte ed allo stesso tempo efficaci. Il meraviglioso disastro rappresentato da Final Fantasy XV è l'emblema di questa voglia di stupire ad ogni costo perdendo nel frattempo il bandolo della matassa, e con l'unico risultato di tenere in garage un gioco per un intero decennio, mossa suicida per qualsiasi software house che non si chiami Square Enix.
Apice e precipizio
Final Fantasy X è poi intriso di un fascino misterioso che esplode nella meravigliosa CGI. C'è davvero bisogno di ricordarvi l'incredibile opening? Auron che guarda la città dall'alto, Tidus che si concentra prima della sua prima partita ufficiale a Blitzball, Zanarkand di notte, Yuna che danzando viene sollevata da una colonna d'acqua mentre i resti dei caduti riemergono lentamente in superficie, sempre Yuna che questa volta comanda il cielo.
E che dire del primo assalto del misterioso Sin, l'indimenticabile bacio tra i due protagonisti. È tutto così poetico, esemplare, che forse meriterebbe più affetto dell'intoccabile Final Fantasy VII, ma non è facile innamorarsi di un prodotto quando anni dopo scopri la sua dolorosa dualità: l'essere apice e precipizio contemporaneamente.