Sono passati già cinque anni da quando Final Fantasy XIV è risorto dalle ceneri con il nome di A Realm Reborn. Ripartito da zero sotto la guida di Naoki Yoshida, l'RPG online di Square Enix è passato dall'essere uno dei peggiori giochi a portare il nome di Final Fantasy a uno degli MMO di maggior successo degli ultimi anni. Mentre spegne le sue cinque candeline, Final Fantasy XIV ha raggiunto ben 14 milioni di account creati. Merito anche del continuo supporto da parte del team di sviluppo giapponese, con patch, eventi in-game, crossover con altri franchise e, ovviamente, ricche espansioni come Heavensward e Stormblood. Durante la Gamescom 2018 abbiamo incontrato proprio il producer Yoshida e il sound designer Masayoshi Soken, per ripercorrere gli anni più difficili del progetto e parlare del passato, presente e futuro di Final Fantasy XIV.
Conosciuto nella community di Final Fantasy XIV con il nickname di Yoshi-P, Naoki Yoshida è diventato una sorta di eroe all'interno di Square Enix proprio perché ha trasformato uno dei più grandi flop dell'azienda in una piccola gallina dalle uova d'oro. La storia probabilmente la conoscete già: uscito su PC il 30 settembre del 2010, Final Fantasy XIV era un gioco pessimo, noioso, pieno di bug e con gravi problemi sia nel gameplay che nell'interfaccia. Neanche un mese dopo, il 27 ottobre, i massimi dirigenti di Square Enix decisero di dare le redini del progetto a Naoki Yoshida, dopo che questo spiegò loro la sua idea per rilanciare il gioco, e in quale direzione lo avrebbe portato. Tutto avvenne molto rapidamente, e il 3 dicembre Yoshida cominciò a discutere con tutti i membri chiave del team, dai designer ai grafici, passando per programmatori e sistemisti. Il 2 gennaio, appena i dipendenti del team furono rientrati dalle ferie di capodanno, Yoshida comunicò ufficialmente a tutti la decisione: avrebbero buttato via quasi tutto il lavoro fatto nei cinque anni precedenti, compresa la storia del gioco, e sarebbero ripartiti da zero. Masayoshi Soken, sound designer e compositore del gioco, ci ha raccontato di quel giorno in cui Yoshida si è presentato in ufficio e ha dato la notizia. "Stavamo lavorando normalmente al gioco", ci racconta Soken "quando questo tizio si presenta in ufficio dicendoci che dovevamo ricominciare tutto da capo. Ovviamente la prima cosa che ci siamo chiesti è stata 'chi è questo? Cosa vuole?', ma poi abbiamo capito che forse era proprio l'opportunità che stavamo aspettando. Il team era consapevole del fatto che Final Fantasy XIV non fosse in un buono stato: c'erano tante cose che volevamo fare, ma la situazione non ce lo permetteva. Era come se l'ufficio fosse pieno di spazzatura: sapevamo che bisognava portarla via, ma l'uscita era completamente chiusa, quindi non potevamo fare niente. Poi è arrivato Yoshida, ha sfondato la porta e ha detto 'ora diamo una pulita a questo posto!'.
Secondo Yoshida, lo sviluppo di Final Fantasy XIV da questo momento in poi ha attraversato tre fasi diverse. "La prima fase consisteva nel mantenere online la versione 1.0 di Final Fantasy XIV, continuandola ad aggiornare e correggere sebbene il team fosse consapevole che il gioco sarebbe cambiato completamente". Durante questo periodo, il 90% degli sviluppatori era al lavoro proprio sulla 1.0, e buona parte del tempo Yoshida la passò a mangiare e bere assieme a ogni membro del team; da un lato per chiedere feedback su quello che secondo loro funzionava o andava cambiato, dall'altro per cercare di motivare il gruppo e spiegare la propria visione sul futuro di Final Fantasy XIV. "Convincere il team di sviluppo che avrebbe dovuto creare qualcosa che sarebbe poi sparito nell'arco di pochi mesi fu difficile", ci spiega Yoshida, "e così abbiamo deciso di allentare la presa e dare a ciascuno di loro la libertà di proporre e realizzare i contenuti che volevano". L'importante per il producer era essere sicuro che il team dietro la 1.x si divertisse e che il morale in ufficio fosse alto nonostante la situazione critica in cui si trovavano. Lavorare in quella situazione, su un gioco dato per spacciato e che presto sarebbe stato buttato via, richiedeva fegato, e così tra le scrivanie dell'ufficio di Square Enix la versione 1.x venne soprannominata "Guts Version". Per Soken, a spronare il team dietro la 1.0 sono stati due elementi: "Da un lato, il merito è di Yoshida: sapendo la fine che avrebbe fatto la Guts Version, vedere il suo fuoco e la sua motivazione ci ha fomentato ogni giorno. Allo stesso tempo c'era l'idea di sorprendere il giocatore, visto che la nostra community non aveva la più pallida idea di quello che sarebbe successo".
In parallelo al mantenimento del vecchio Final Fantasy XIV, il team ha intrapreso quella che Yoshida definisce "fase due": lo sviluppo del nuovo gioco, A Realm Reborn. "La seconda fase è stata l'esatto opposto della prima", ricorda il producer. "Tutti quelli che stavano lavorando al nuovo gioco avevano degli incarichi e delle scadenze estremamente rigide. Scadenze che sono state condizionate dal fatto che avevamo promesso una versione PlayStation 3 del gioco fin dalla 1.0. E quello era un impegno che avevamo preso anche con Sony, quindi dovevamo assolutamente rispettarlo per non perdere credibilità ai loro occhi. I tempi però erano stretti, perché - considerato il ciclo vitale di PlayStation 3 - dovevamo pubblicare la versione console prima della fine del 2012, o al massimo entro marzo 2013. Così, mentre il resto del team stava lavorando alla vecchia versione, io ho cominciato a preparare il game design di A Realm Reborn. Per tre settimane ho praticamente vissuto dentro i fogli di Excel, annotando tutte le funzioni, le meccaniche, le idee di gameplay e game design. Visto che non avevamo abbastanza tempo mi sono chiuso in una stanza con una lavagna gigante, e chiamavo i membri dello staff uno a uno per spiegare quello di cui c'era bisogno. In quei giorni c'era un viavai incredibile. La fase successiva ha coinvolto poi i programmatori, perché bisognava essere sicuri che tutto quello che avevamo suggerito funzionasse una volta inserito nel gioco. A giugno del 2011, abbiamo cominciato a programmare A Realm Reborn". Il controllo maniacale di Yoshida e il suo micromanagement estremo su ogni singolo incarico del team hanno così permesso di ottimizzare i tempi, al punto tale da prevedere con precisione le persone necessarie per portare a termine i lavori. "Entrati nella seconda fase di beta, ci siamo accorti che l'interfaccia utente aveva mille problemi", ci viene raccontato. "Poche settimane prima della terza fase di beta abbiamo così deciso di rifare l'interfaccia da zero: avevamo raccolto così tanti dati nel frattempo da sapere che, in termini di ore uomo, ci sarebbero voluti 36 programmatori in più per finirla per tempo. Così abbiamo coinvolto nel progetto 36 programmatori in più e siamo riusciti a rispettare la scadenza. Immagino non abbiate mai sentito di un team che ha impegnato 36 programmatori solo per rifare l'interfaccia utente in poche settimane".
Una volta pubblicato A Realm Reborn e mandato in pensione il vecchio Final Fantasy XIV, per il team di Yoshida era arrivato il momento di passare alla Fase 3: concentrare le attenzioni del team sul mantenimento del nuovo gioco e lavorare a patch e aggiornamenti seguendo i feedback di una community che, nel frattempo, si stava espandendo grazie al passaparola dei fan e agli articoli entusiasti della stampa specializzata. Per Yoshida "Affrontare questa terza fase è stato come imparare a guidare un'auto, capendo bene quando bisogna spingere sull'acceleratore e quando sul freno. Fino a Heavensward [la prima espansione del gioco], è stato come spingere sull'acceleratore e andare il più veloce possibile senza mai toccare il freno, e quello ci ha stremati. Con Stormblood è stato molto più facile, perché ormai avevamo preso dimestichezza coi ritmi". Pubblicata nell'estate del 2017, l'espansione Stormblood è stata estremamente apprezzata da critica e pubblico per la qualità della storia, le nuove questline e le ambientazioni inedite da esplorare. Eppure non prendeva rischi né tentava di rinfrescare una formula che, nei cinque anni passati dal lancio di A Realm Reborn, è rimasta pressoché identica. Una parte della community sempre più numerosa chiede a gran voce nuovi contenuti e novità inedite, specialmente guardando al lavoro di rinnovamento che Blizzard sta portando avanti negli ultimi anni con World of Warcraft. Ai tempi della Guts Version, Yoshida chiedeva espressamente ai membri del team di giocare World of Warcraft per capire quelli che erano gli elementi che funzionavano meglio, ma oggi il gioco Blizzard non è più tanto "studiato" negli uffici di Square Enix. "Sono passati cinque anni da allora", dice Yoshida. "Molte persone che abbiamo assunto nel frattempo hanno giocato molto a Final Fantasy XIV quindi conoscono bene la direzione che ha preso il gioco. Invece di analizzare World of Warcraft, oggi invogliamo il team a provare soprattutto altri generi, in modo che abbiano nuove idee da implementare nel gioco senza limitarsi ai confini tipici degli MMO".
Al momento il team dietro Final Fantasy XIV non sente l'esigenza di una "Fase 4", di una rivoluzione. Al volante di questa auto rimessa in moto, Yoshida vuole continuare ad accelerare e frenare nel mondo di Eorzea, continuando ad arricchire l'esperienza con nuovi contenuti. "Sono passati cinque anni dal rilancio di Final Fantasy XIV, ma è ancora presto per pensare al dopo", ci spiega Yoshida. "Oggi lo staff è estremamente motivato e ci sono tantissime cose che vorremmo creare e aggiungere con le prossime patch ed espansioni. "In questo momento non sentiamo il bisogno di una Fase 4, ma nel caso dovessi lasciare il team e qualcuno dovesse prendere il mio posto, allora ci potrebbe essere la necessità di uno stravolgimento. Questo perché il lavoro del team è molto legato al mio modo di lavorare e di approvare ogni singola decisione, e non mi aspetto che qualcun altro usi lo stesso modus operandi". Su cosa farebbe dopo, Yoshida ci scherza su: "Attualmente non ho piani per lasciare la guida di Final Fantasy XIV, ma ipotizziamo che arriverà il giorno in cui i server del gioco chiuderanno: lavoro con tantissime persone di talento, quindi prenderei queste persone per creare qualcosa di nuovo e capace di sorprendere il pubblico. Quello, oppure io e Soken ce ne andiamo da Blizzard a sviluppare Diablo 4".