151

Ghost of Yotei e le donne guerriere giapponesi: mito fantasioso o solida realtà?

Le polemiche in rete per la nuova protagonista Atsu sono già numerose: in realtà, in Giappone nei secoli passati non sono mai mancate le donne guerriere.

SPECIALE di Giulia Martino   —   26/09/2024
La protagonista di Ghost of Yotei

La chiusura dell'ultimo State of Play è stata affidata all'annuncio di un sequel di grande peso, con una importante novità. Addio allo Spettro Jin Sakai di Ghost of Tsushima, e anche al Giappone del XIII secolo; benvenuta Atsu, nuova portatrice della maschera dello Spettro e protagonista di Ghost of Yotei, ambientato in un anno di immensa importanza per il Paese del Sol Levante: il 1603. Solo che - come abbiamo visto accadere più e più volte nel corso del tempo, ad esempio in occasione delle polemiche relative alla co-protagonista di Alan Wake II - non hanno tardato a levarsi le voci indignate di chi ritiene "storicamente non accurata" la presenza di una donna guerriera nel Giappone del XVII secolo.

D'altronde, anche per Assassin's Creed Shadows si sono verificati episodi simili: a nulla vale che il samurai nero Yasuke sia stato realmente al servizio del grande Oda Nobunaga, perché l'odio nei confronti di questo personaggio videoludico (co-protagonista di un titolo non ancora uscito: è bene ricordarlo) non accenna a placarsi. E questo nonostante il fatto, innegabile, che non è necessario essere realmente esistiti per poter essere presenti all'interno di un videogioco: il vampiro rubacuori Astarion non è indicato nelle cronache degli storici, eppure sta benissimo ed è molto amato dai suoi fan in tutto il mondo, e così anche lo spadaccino Link, la splendida Lara Croft, la coraggiosa Samus Aran.

In ogni caso, le polemiche sulla figura di Atsu sono un'ottima occasione per fare chiarezza sulle donne guerriere giapponesi dei secoli passati, sospese tra verità e mito, e dare un'occhiata a come sono state rappresentate nel mondo videoludico finora. Dando un bel calcio alle mille sciocchezze che si leggono su Internet di questi tempi.

Il potere delle donne nel Giappone antico

Contrariamente a quanto possono pensare i male informati, le donne ricoprivano ruoli attivi e di prestigio, sia sul piano politico che su quello religioso, fin nel Giappone antico: ben sei imperatrici si avvicendarono sul trono imperiale tra il 592 d.C. e il 770 d.C. Anche nei miti le figure femminili avevano un'importanza fondamentale.

Izanami, creatrice dell'arcipelago del Giappone insieme al marito Izanami, dopo la morte si trasforma in una figura demoniaca assetata di vite umane
Izanami, creatrice dell'arcipelago del Giappone insieme al marito Izanami, dopo la morte si trasforma in una figura demoniaca assetata di vite umane

Basti pensare alla dea Izanami, creatrice dell'arcipelago giapponese insieme al marito Izanagi: dopo essere morta di parto, Izanami diviene la leader delle armate dell'oltretomba, come raccontato nel Kojiki, il primo testo di narrativa giapponese a esserci pervenuto. In uno scontro faccia a faccia indimenticabile per ogni lettore, Izanami promette all'ex marito di uccidere mille persone ogni giorno; Izanagi le risponde che allora lui costruirà millecinquecento capanne per il parto, un riferimento al tabù nipponico (e non solo) legato al sangue emesso dai corpi femminili, considerato impuro e, quindi, necessariamente da isolare rispetto alle case d'abitazione.

Per tornare al mondo reale, gli annali giapponesi dell'VIII secolo d.C. confermano, a ogni livello - anche provinciale - la presenza di donne a capo di clan familiari e anche di interi villaggi. I principali studiosi delle figure femminili giapponesi (tra cui Takamure Itsue, figura pionieristica negli studi storici di genere in Giappone) concordano nel rintracciare la presenza di una tipologia di governo duale nel Giappone antico, con la presenza di una donna come capo religioso e di un uomo come titolare del potere politico e amministrativo.

La presenza di figure femminili dotate di potere politico, religioso è militare è attestata anche nel Giappone antico: insomma, la figura di fantasia di Atsu ha numerosi precedenti reali
La presenza di figure femminili dotate di potere politico, religioso è militare è attestata anche nel Giappone antico: insomma, la figura di fantasia di Atsu ha numerosi precedenti reali

Non mancano, però, fudoki - ossia registri provinciali contenenti informazioni storiche, economiche e politiche - contenenti testimonianze di donne investite del potere politico e/o militare, tra cui Ukinawa Hime, "una donna ostinata, che non voleva pagare le tasse" al principe locale, come si legge nella trascrizione curata da Michiko Yamaguchi Aoki in Records of Wind and Earth: A Translation of Fudoki, With Introduction and Commentaries, volume pubblicato nel 1997. Fu il ruolo militare attivo di donne come Ukinawa Hime a spianare la strada alle guerriere dei secoli successivi, passate alla Storia con il nome di onna bugeisha.

Tomoe Gozen, colei che poteva fronteggiare mille uomini

"Ah! Se solo potessi trovare un degno avversario! Vorrei combattere un'ultima battaglia dinanzi alla Vostra Signoria". Parole di Tomoe Gozen, unica donna guerriera dell'Heike monogatari, opera letteraria risalente al XIII secolo che ripercorre le gesta della famiglia Taira, rivale del clan Minamoto.

La figura di Tomoe Gozen ha avuto un enorme successo nelle arti visive giapponesi, in particolare nel XVIII secolo: sono numerosi i dipinti ukiyo-e dedicati a questa figura femminile eroica e combattiva
La figura di Tomoe Gozen ha avuto un enorme successo nelle arti visive giapponesi, in particolare nel XVIII secolo: sono numerosi i dipinti ukiyo-e dedicati a questa figura femminile eroica e combattiva

I Taira e i Minamoto furono protagonisti della feroce lotta per la successione imperiale nel 1156, che si risolse nella vittoria del clan Taira, anche se i contrasti non sopiti portano alla guerra Genpei venticinque anni dopo e alla fondazione del governo di Minamoto no Yoritomo a Kamakura.

Tomoe viene dipinta come un'arciera provetta, abile anche nel combattimento corpo a corpo. Fedelissima di Minamoto no Yoshinaka, era al comando di trecento samurai nel corso della guerra Genpei. Durante la battaglia di Awazu, nel 1184, decapitò il samurai Honda no Morishige e presentò la sua testa al suo signore. Sembra che Tome Gozen utilizzasse l'arma che nei secoli successivi si sarebbe affermata come strumento di combattimento femminile per eccellenza: la naginata, arma inastata dotata di una lama ricurva all'estremità, della lunghezza complessiva di circa due metri e mezzo. Adattissima a falciare le gambe dei cavalli in corsa per disarcionare il cavaliere e a mantenere a distanza il nemico, divenne l'arma d'elezione di molti samurai fino al XIV secolo e, per molto tempo, delle donne della classe samurai che desideravano difendere la propria casa e che venivano addestrate meticolosamente al suo utilizzo.

Una guerriera di nome Tomoe è presente in Ghost of Tsushima: si tratta di un evidente omaggio alla grande Tomoe Gozen
Una guerriera di nome Tomoe è presente in Ghost of Tsushima: si tratta di un evidente omaggio alla grande Tomoe Gozen

Tomoe Gozen si è guadagnata, nel corso dei secoli, lo status di guerriera giapponese per eccellenza, anche se la sua vita è per larga parte avvolta nel mistero. Nello Heike Monogatari è descritta come una donna "dalla pelle chiara e dai capelli lunghi", "di eccezionale bellezza". Come guerriera, "poteva fronteggiare mille uomini"; inoltre, "poteva piegare l'arco più robusto, a cavallo e a piedi". La sua descrizione, presente pure in altre cronache dello stesso periodo, si attaglia perfettamente a quelle dei guerrieri presenti nello stesso Heike Monogatari e nella letteratura dell'epoca. A partire dal '700, Tomoe fu una presenza costante nelle arti giapponesi, dai dipinti ukiyo-e e del grande Utagawa Kuniyoshi fino alle numerose opere del teatro No e Kabuki di cui fu protagonista. Insomma, non è un caso se sia in Ghost of Tsushima che in Sekiro: Shadows Die Twice troviamo delle prodigiose guerriere chiamate proprio Tomoe.

Le onna bugeisha nel periodo Sengoku

Arriviamo dunque al periodo Sengoku, la cui chiusura coincide con l'anno in cui sarà ambientato Ghost of Yotei. Il periodo degli Stati combattenti ebbe inizio nel 1467 e fu tormentato da numerose guerre civili, chiuse con la formazione del governo Tokugawa nel 1603. Fu in questo periodo che in Giappone arrivarono le armi da fuoco portate da Occidente, ben visibili nel trailer di Ghost of Yotei. Furono molto utilizzate, dato l'enorme numero di conflitti territoriali che ebbero luogo nell'arcipelago in questi secoli. E - come ci raccontano gli storici - le donne non restarono in disparte a guardare.

In primo luogo, le donne delle famiglie samurai avevano la responsabilità di proteggere la casa familiare nei lunghi periodi d'assenza delle figure maschili di riferimento, spesso impegnate in guerre interminabili. Ciò le portava ad avere pieni poteri nell'organizzazione del castello del clan e nella sua difesa in caso di necessità. Come riportato da Yoshiaki Kusudo nel suo Shiro to Hime: Nakeru! Sengoku Hiwa, edito da Kadokawa nel 2015, l'addestramento delle ragazze di alto rango comprendeva l'equitazione, il combattimento con la naginata e il tiro con l'arco, oltre all'uso del pugnale e della spada corta. Le donne in età da marito ricevevano dal capofamiglia un pugnale da portare sempre con sé.

Molte donne delle famiglie samurai nel periodo Sengoku erano addestrate al combattimento, visto che gli uomini erano lontani dai rispettivi castelli anche per lunghissimi periodi di tempo
Molte donne delle famiglie samurai nel periodo Sengoku erano addestrate al combattimento, visto che gli uomini erano lontani dai rispettivi castelli anche per lunghissimi periodi di tempo

Nel santuario di Oyamazumi sull'isola Omishima è conservata l'unica armatura giunta fino ai nostri giorni che sia stata chiaramente modellata per essere calzata su un corpo femminile. Secondo i locali, si tratta dell'armatura di Ochi Tsuruhime, guerriera vissuta nella prima metà del XVI secolo, morta giovanissima e considerata una sorta di Giovanna d'Arco del Sol Levante. Armata di spada, guidò l'esercito dell'isola per difenderla dalle pretese espansionistiche di Ouchi Yoshitaka, di cui affrontò (e sconfisse) il generale Obara Nakatsukasa no jo.

Non è l'unica onna bugeisha di cui abbiamo testimonianza in questo periodo, anzi: nel 1586, la difesa del castello di Tsurusaki fu in mano a Myorin'in, vedova del signore locale, che vestita in armatura integrale e armata di una temibile naginata difese il castello da sedici assalti, guadagnando tempo fino all'arrivo dell'alleato Toyotomi Hideyoshi. Ci sono poi Ujinaga Kaihime, eccellente nelle arti letterarie e in quelle militari, e sua nonna, condottiera responsabile della difesa del castello Kanayama nel 1584, quando aveva settantuno anni; Kaihime si spostava in su un cavallo nero e combatteva con una naginata ereditata dalla madre. Sono soltanto alcuni dei nomi che si possono scoprire dando una scorsa alle pubblicazioni sul tema, che portano a constatare come la presenza delle onna bugeisha fosse diffusa in tutto l'arcipelago giapponese.

Dal periodo Edo in poi

Potremmo fermarci qui, visto che Ghost of Yotei è ambientato nel 1603, all'alba dell'arrivo al potere di Tokugawa Ieyasu in seguito alla battaglia di Sekigahara. La storia delle onna bugeisha, però, non si arresta, sebbene i secoli tra il 1603 e la Restaurazione Meiji nel 1868 abbiano rappresentato un periodo di pace quasi ininterrotta per il Giappone.

Nel 1868, un manipolo di donne si unì ai guerrieri che difendevano il castello Aizu-Wakamatsu: le loro gesta sono state celebrate solo in anni recenti, in particolare dopo il terremoto e lo tsunami del 2011
Nel 1868, un manipolo di donne si unì ai guerrieri che difendevano il castello Aizu-Wakamatsu: le loro gesta sono state celebrate solo in anni recenti, in particolare dopo il terremoto e lo tsunami del 2011

Vero è che nell'educazione femminile nelle classi agiate si abbandonò ben presto l'insegnamento delle arti marziali, divenute decisamente meno utili con la cessazione dei conflitti locali. Tuttavia, nel volume di Yamakawa Kikue dal titolo Woman of Mito Domain: Recollections of Samurai Family Life, edito da Stanford University Press e pubblicato nel 2001, è contenuta la testimonianza relativa a una donna, Matsunobe, abile cavallerizza ed esperta nell'uso della naginata.

Fu nel corso della Guerra Boshin (1868-1869) che le guerriere ebbero una nuova occasione per brillare. Durante le battaglie di Aizu e la difesa del castello Aizu-Wakamatsu, nel 1868, numerose onna bugeisha combatterono accanto agli uomini, come riportato da Stephen Turnbull nel suo ricchissimo Samurai Women 1184-1877, pubblicato da Osprey Publishing nel 2010. A distinguersi furono in particolare Yamamoto Yae, armata di un fucile Spencer, e Nakano Takeko, celebre per la sua abilità nel maneggiare la naginata. Un plotone di ben trenta donne combatté in prima linea: nelle loro fila si annoverano Nakano Koko e le sue figlie Takeko e Masako, quest'ultima di soli sedici anni. Tutti i membri del plotone Joshigun - così venne chiamato - legavano i capelli corti fino alle spalle in un codino, come se fossero dei ragazzi. Prima della battaglia, Takeko compose una poesia che legò alla sua naginata. Uccise sei uomini prima di essere raggiunta da un proiettile mortale; la giovanissima sorella la decapitò per evitare che la sua testa fosse portata via come trofeo dai nemici.

Onna bugeisha come Yamamoto Yae e le donne della famiglia Nakano sono chiari esempi dei molteplici ruoli ricoperti dalle donne giapponesi nel corso della Storia
Onna bugeisha come Yamamoto Yae e le donne della famiglia Nakano sono chiari esempi dei molteplici ruoli ricoperti dalle donne giapponesi nel corso della Storia

I combattenti di Aizu ebbero la peggio, ma la grande Yamamoto Yae diede un forte impulso all'educazione - non soltanto femminile - fondando, insieme al marito, l'università Doshisha di Kyoto. La sua figura fu utilizzata dall'emittente nipponica NHK per ispirare le popolazioni della regione del Tohoku, duramente colpite dal terremoto e dal successivo tsunami del marzo 2011. Nel 2013 fu realizzato un documentario su Yamamoto Yae: si parlava della determinazione che seppe infondere nella popolazione di Aizu dopo la durissima sconfitta del 1868, e delle sue gesta come "Tomoe Gozen di Aizu", come è descritta nel sito dell'università Doshisha. Cresciuta a contatto con le armi da fuoco - proveniva da una famiglia di istruttori di artiglieria - si interessò ben presto a cannoni e fucili, diventandone un'utilizzatrice esperta. La notte tra il 6 e il 7 novembre 1868, in seguito alla sconfitta dell'armata di Aizu, incise una poesia sul muro del castello che stava per lasciare ai vincitori: "Domani notte,/ stranieri di altre terre/ ammireranno/ il chiaro di luna/ rimasto nel nostro adorato castello".

Presenze eversive

Molto si è scritto sulle onna bugeisha giapponesi; spesso, però, figure come Tomoe Gozen vengono rapidamente bollate come semplici invenzioni prive di importanza, travolte dalla rappresentazione pressoché totalmente maschile dell'eroismo del samurai.

Da questa immagine, tratta da un documentario realizzato da Smithsonian Channel, traspare la determinazione delle donne giapponesi che decisero di partecipare in prima persona alla guerra, ambito tradizionalmente associato alla mascolinità
Da questa immagine, tratta da un documentario realizzato da Smithsonian Channel, traspare la determinazione delle donne giapponesi che decisero di partecipare in prima persona alla guerra, ambito tradizionalmente associato alla mascolinità

In effetti, nella storiografia giapponese le onna bugeisha sono poco presenti, e il naturale processo di selezione delle fonti operato nel tempo ha portato a una sorta di sparizione selettiva di molte delle storie delle guerriere del Sol Levante, anche a causa del processo di costruzione dell'identità nazionale che, nella seconda metà del XIX secolo e nella prima metà del XX secolo, portò alla negazione della molteplicità delle esperienze femminili, come evidenziato nel volume collettaneo Women and Class in Japanese History, edito dal Center of Japanese Studies dell'Università del Michigan nel 1999.

La totale subordinazione della donna all'uomo nella storia giapponese - così come nel resto del mondo - è null'altro che un mito conveniente per convincerci che "le cose sono sempre andate così", una comodità per regimi autoritari di stampo conservatore che trarrebbero solo svantaggi dalla narrazione delle molteplici esperienze femminili nel corso del tempo e dello spazio. La determinazione di Tomoe Gozen, il coraggio di Yamamoto Yae, la giovanissima Masako che decapita la sorella per non lasciare il suo corpo in mano ai nemici: tutti modelli potenzialmente eversivi e capaci di ispirare le donne a non restare al posto che altri hanno scelto per loro, ossia il focolare e il ruolo di cura della famiglia. L'insofferenza di molti davanti alla presenza di una onna bugeisha come protagonista di Ghost of Yotei, in uscita nel 2025 (non nel 1025!), testimonia come la presenza di donne fuori dai contesti cui sono normalmente ascritte è ancora capace di generare violenti moti di indignazione dallo stampo chiaramente conservatore.

Figure come Tomoe Gozen sono ancora oggi ispiratrici per una visione diversa del ruolo della donna nella Storia, troppo presto confinato ai ruoli stereotipati di moglie e madre, ma in realtà molto più complesso e sfaccettato
Figure come Tomoe Gozen sono ancora oggi ispiratrici per una visione diversa del ruolo della donna nella Storia, troppo presto confinato ai ruoli stereotipati di moglie e madre, ma in realtà molto più complesso e sfaccettato

A conferma del bisogno di controllo da parte della politica sui media popolari e sui contenuti da loro veicolati, basti pensare alla censura di determinate rappresentazioni e tematiche nel cinema giapponese durante l'occupazione statunitense seguita alla sconfitta del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale. Nella sua Storia del Cinema Giapponese (Marsilio, 2010), Maria Roberta Novielli illustra le ragioni del divieto imposto ai drammi storici, e più in generale alle pellicole che rappresentavano i valori della cultura feudale. Le figure delle onna bugeisha rimasero nascoste nel cassetto: molto meglio promuovere un immaginario femminile basato sulla dicotomia della madre santa e della scaltra seduttrice. E anche con la fine dell'occupazione, le guerriere nipponiche rimasero celate nell'ombra, e molte fra loro sono condannate a un eterno oblio.

Arriviamo così al 2024 e al mondo dei videogiochi, in cui guerriere sensuali come EVE di Stellar Blade vanno difese a tutti i costi dalla "propaganda woke" che minaccerebbe di eliminarle, mentre personaggi come Atsu - che, a quanto visto finora, pare decisamente meno incline a soddisfare l'occhio del pubblico maschile eterosessuale, maggioranza nel mondo videoludico - sono soggetti a un fuoco di fila che non lascia spazio su Reddit, nei forum, nei commenti del trailer di Ghost of Yotei pubblicato da PlayStation su YouTube. Ben venga quando una guerriera nutre l'immaginario erotizzante prevalente nella rappresentante femminile all'interno della cultura manga e pop; meno bene quando si vuole svolgere un'operazione, come sembra quella di Ghost of Yotei, basata su dati storici e priva di tutine attillate. Basti pensare alla visibilità che hanno avuto in queste ore i commenti su X dello YouTuber Endymion, tra il cui il seguente: "Il seguito di Ghost of Tsushima ha come protagonista una donna samurai giapponese perché ovviamente sì. Non si fermeranno finché ogni serie costruita sulla mascolinità sarà occupata dalle donne. Si spera che Ghost of Yotei sia un piccolo spin-off, ma se si tratta di un seguito e lei è il nuovo personaggio principale al posto di Jin Sakai, vaffanculo. Ragazzi, sono così stanco della narrativa della donna forte". Deve essere un momento davvero difficile per Endymion. Che poi, nella figura di Atsu non vi sarebbe nulla di male a prescindere, anche se le onna bugeisha non fossero mai esistite - cosa che in molti, contro le evidenze storiche, stanno affermando online, in queste ore. Se fossero andati a dirlo a Yamamoto Yae e al suo temibile fucile Spencer, con ogni probabilità non sarebbe finita bene.