Torniamo a immergerci nelle gelide acque della mitologia norrena, alla ricerca delle origini di alcuni dei pilastri narrativi presenti nella nuova "saga" di God of War. Questa volta, andiamo alla scoperta di Týr, misterioso dio della guerra, spesso associato al Marte del pantheon romano. Vediamone le origini e quale destino potrebbe avergli riservato Santa Monica Studio all'interno di God of War Ragnarok.
Un’etimologia particolare
Abbiamo già avuto modo di fare la conoscenza di Týr quando abbiamo parlato degli eventi del Ragnarok. Tuttavia, c'è ancora parecchio da dire riguardo questa divinità, le cui origini risalgono alla "notte dei tempi", o giù di lì. Infatti, la presenza di Týr nella tradizione mitologica norrena non è priva di punti oscuri e zone opache. Partiamo dall'etimologia del suo nome, capace di darci già qualche coordinata rivelatrice nei confronti del personaggio.
Il nome Týr è stato fatto risalire, passando per influenze proto-norrene, al proto-germanico "Tiwaz", parola che può essere tradotta con "(il) Dio". Da qui, possiamo tracciare una linea per lo più retta che ci riporta alle radici proto-indoeuropee di diversi epiteti atti a indicare una divinità (dal sanscrito al latino). Il nome della divinità, quindi, deriva da una tradizione terminologica che sta a indicare le divinità in generale; non si riferiva, almeno inizialmente, a qualcuno in particolare.
La trama si infittisce, dato che anche nelle poche testimonianze pervenuteci riguardo la mitologia norrena, spesso, lo stesso termine "Týr" viene accostato a personalità come quelle di Odino e Thor. Il pensiero più condiviso tra gli studiosi suggerisce come, probabilmente, quello che prima era solo un epiteto per indicare una "divinità celestiale" sia stato, con il tempo, assimilato a tal punto da diventare la divinità stessa, portando a un definitivo distacco dalla primordiale associazione che legava la parola a una o più entità vernacolari, le cui fonti storiche sono ormai scomparse assieme ai loro seguaci.
Týr attraverso le fonti storiche
Proprio per il suo ambiguo legame con le radici proto-indoeuropee, la storia di Týr precede di molti secoli l'età d'oro norrena. Già Tacito ne esaminava le similitudini con il dio Marte quando parlava delle popolazioni germaniche ai confini dell'Impero romano nel suo trattato etnografico dal titolo "Germania". Al tempo di questa "interpretatio romana", il termine con il quale tali popoli facevano riferimento alla divinità era ancora Tiwaz. Per un periodo, sembra perfino che le due divinità si siano fuse in una qualche sorta di amalgama religioso, divenendo fonte di venerazione per diversi abitanti sul limitare dei territori romani. Ne sono la prova alcuni reperti archeologici rinvenuti in epoca moderna, come l'altare votivo eretto nei pressi del Vallo di Adriano dedicato a "Marti Thingso" o "Mars Thingsus", traducibile in "Marte dell'assemblea". L'assemblea a cui si fa riferimento è il "thing" dei popoli germanici, durante il quale le persone libere di tali società si incontravano per discutere fatti governativi. Ovviamente, c'è sempre lo zampino dell'interpretatio, che ha associato prontamente Tiwaz a Marte, tuttavia specificandone l'alterità rispetto alla controparte romana.
Analogamente, l'interpretatio germanica ha spinto i popoli teutonici ad associare Marte alla loro divinità, tanto da spingerli a utilizzare il nome di quest'ultima per indicare il martedì (il Tuesday inglese, infatti, deriva proprio da Týr).
Dopo le invasioni barbariche, sembra che Týr sia stato lentamente sostituito da divinità come Odino e Thor, tanto che il secondo sembra aver "ereditato" tutte le caratteristiche (capacità di controllare i fulmini simile a Zeus o Giove; carattere belligerante e impulsivo tipico del dio della guerra Ares) che, a rigor di logica, dovrebbero essere associate al dio che condivide le origini etimologiche con le principali personalità dei pantheon di matrice protoindoeuropea. Týr, a questo punto, si è definitivamente scisso dalla sua forma originaria. La personificazione (come spesso accade quando si iniziano a perdere le tracce del passato) ha preso il sopravvento, divenendo parte integrante di una tradizione mitologica che lo vede aleggiare al suo interno come una qualche sorta di presenza fantasmatica.
Týr nella mitologia norrena
Nonostante l'antichità della figura, le testimonianze dirette e più corpose relative a Týr provengono per la maggior parte dagli scritti sulla mitologia norrena che ci sono pervenuti e, anche in quel caso, le informazioni sono poche e frammentarie. La sua stessa parentela è dibattuta. Se, infatti, nell'Edda poetica (la raccolta di poemi norreni di tradizione orale contenuta all'interno del Codex Regius islandese) viene indicato come figlio dello jötunn Hymir, nell'Edda prosastica di Snorri Sturluson (sorta di manuale per una migliore comprensione della poetica norrena, scritto nel XIII secolo), invece, viene indicato come uno dei figli di Odino. In queste due testimonianze scritte, il dio appare in circostanze differenti e sempre abbastanza brevi.
Nell'Edda poetica, nonostante venga citato nei poemi Sigrdrífumál, Lokasenna e Hymiskviða, solo negli ultimi due rappresenta più di una citazione. In Lokasenna, durante una festa organizzata dagli dei, Loki irrompe e inizia a canzonare (proprio come durante le sfide di rime viste in Assassin's Creed Valhalla) con gli dei presenti. In disparte, Týr assiste all'attacco verbale che Loki riserva a turno a ogni dio. Quando inizia a insultare Freyr, tuttavia, la divinità si intromette e comincia a rispondere a tono. Riferendosi alla recente perdita della mano destra causata dal lupo Fenrir, Loki (padre della bestia) constata come Týr non possa più ricoprire il ruolo di "braccio destro" della giustizia. Il dio, al contrario, gli fa notare come, per quanto a lui possa mancare una mano, ora a Loki manca suo figlio, che rimarrà intrappolato fino all'arrivo del Ragnarök.
Nel poema Hymiskviða, invece, mentre alla ricerca di un recipiente abbastanza grande nel quale creare birra sufficiente a dissetare tutti gli dei, a Týr torna in mente il magico calderone con il quale suo padre, il gigante Hymir, produce enormi quantità di tale bevanda. Questa notizia porta il dio e Thor a dirigersi verso la dimora del gigante, intenzionati a "prelevare" questo portentoso calderone. Nonostante il tentativo di non farsi notare, Hymir riesce a scovarli e li invita a restare per cena. Dal momento in cui Thor chiede al gigante se può fornirgli un'esca per pescare, Týr scompare dal racconto per ritornare solo durante le battute finali, quando prova a sollevare il grande calderone, senza, però, riuscirci.
'Ad Ovest degli Élivágar vive/Hymir il saggio, al limite del cielo./Mio padre possiede un bollitore, un grosso calderone, in dura lega.'/'Che dici, otterremo quel bollitore di liquidi?'/'Sì, amici, se useremo l'astuzia!'
Nell'Edda in prosa (all'interno della quale quest'ultimo poema che abbiamo citato ritorna in forma diversa, senza calderone e senza Týr) la divinità "trova posto" principalmente nel Gylfaginning (l'inganno di Gylfi), dove, oltre a una descrizione dettagliata della personalità del dio, viene raccontato anche dell'episodio relativo al sacrificio della sua mano, necessario per intrappolare Fenrir (temuto dagli dei a causa di una profezia che lo vedeva protagonista della loro caduta), e della sua morte durante il Ragnarök, causata dallo scontro con il canide Garmr (a guardia dei cancelli che conducono a Hel), durante il quale si tolgono la vita a vicenda.
C'è ancora un ase che si chiama Týr; egli è il più coraggioso e il più ardito, e ha grande potere sulla vittoria nelle battaglie. È bene che lo invochino gli uomini valorosi.
La divinità viene menzionata anche nello Skáldskaparmál, sempre all'interno dell'Edda di Snorri, dove il dio degli scaldi Bragi racconta come funzionano i kenning (la sostituzione per perifrasi del nome di qualcuno o qualcosa) agli altri dei, riuniti durante un banchetto. Tra i diversi esempi (la maggior parte contenenti la parola "Tyr", possibilmente come epiteto per indicare la natura divina dei suoi interlocutori), Bragi ne fa alcuni anche riguardo al dio da noi esaminato, tutti sorprendentemente privi del termine "Tyr" al loro interno, sottolineando ancora una volta il carattere fumoso di questa figura mitologica, a metà tra la personificazione e un ideale divino difficilmente districabile dalle intricate radici che affondano in profondità all'interno di un territorio, in parte, perduto.
Týr in God of War Ragnarok
Ormai, stando ai trailer di presentazione del gioco e alla zona centrale del primo capitolo, dove si ergeva una mastodontica statua dedicata al dio, è indubbio che Týr rappresenterà un importante snodo narrativo in God of War Ragnarok. Per ora non abbiamo molte informazioni a riguardo, ma, facendo riferimento anche ai racconti di Mímir presenti nella precedente avventura, possiamo iniziare a capire quale sia la strada intrapresa da Santa Monica Studio con questo personaggio.
Innanzitutto, sappiamo che Týr, nel gioco, è il figlio di Odino e di una gigantessa. Vedendo come gli dei trattavano i suoi simili, il semidio decise di scortali in salvo verso terre sicure. Ma Odino, venuto a conoscenza del "tradimento" del suo primogenito, ordinò di uccidere tutti i giganti e d'imprigionare il figlio. In Ragnarok, saremo noi a liberarlo dalle catene e, con tutta probabilità, a chiedere il suo aiuto per far cessare una volta per tutte l'impero di terrore imposto dagli Æsir.
Considerando questi fattori, possiamo notare alcune caratteristiche prese in prestito dalla tradizione mitologica norrena e riadattate alla narrazione di God of War. In prima battuta, Týr rimane (almeno per il momento) un dio della guerra benevolo e caritatevole, molto in linea con quanto tramandato dagli scritti pervenutici. Inoltre, resta il legame con il mondo degli jötunn attribuitogli dagli antichi poemi contenuti nell'Edda poetica (dove, ricordiamo, viene descritto come il figlio del gigante Hymir).
Da notare, inoltre, come presenti entrambe le mani, evidenziando il non ancora avvenuto incontro con il lupo Fenrir che, considerando i racconti di Mímir, già esiste all'interno del mondo di God of War, nonostante sia tradizionalmente considerato come uno dei figli di Loki (probabilmente, anche nel caso del lupo come in quello del serpente Jormungandr, vale la stessa regola del viaggio "spaziotemporale", che li ha catapultati anni prima della loro nascita). Staremo a vedere come si svilupperanno questi eventi: se ci sarà effettivamente uno scontro tra Fenrir e Týr prima che diventino alleati o se la lotta con un'altra divinità riporterà alla canonicità visiva norrena o, ancora, se Santa Monica abbia deciso di percorrere strade alternative che ha ritenuto più opportune per lo sviluppo della sua nuova lettura del frastagliato e misterioso arazzo mitologico dei popoli germanici.
Abbiamo fatto ritorno da questo viaggio alla scoperta di Týr, tra tradizione mitologica e rimodellamento videoludico. Vi aspettiamo nei commenti per conoscere le vostre speculazioni riguardanti il ruolo della divinità all'interno di God of War Ragnarok.