Quando mancano ormai meno di tre settimane dall'uscita del gioco, abbiamo finalmente avuto la gustosa opportunità di provare God of War Ragnarok, sia in versione PlayStation 5 che PS4. Sì, avete letto bene, stiamo già giocando la versione definitiva, quella completa che arriverà nei negozi il 9 novembre ma, purtroppo, per il momento ci dobbiamo limitare a offrirvi solo una manciata di prime impressioni su una parte molto ridotta del gioco, diciamo orientativamente le prime 4-5 ore della storia. O magari anche qualcosa di meno se scegliete di andare a velocità spedita ignorando tutte le parti secondarie visto che stavolta, fin dall'inizio, ce ne saranno diverse a disposizione.
In questo nostro provato, in cui ci terremo adeguatamente alla distanza da qualsiasi spoiler, cercheremo quindi di raccontarvi come abbiamo trovato il gioco, quello che concretamente abbiamo sperimentato con il DualSense tra le mani, cosa ci ha convinto fin da subito e cosa invece ci ha lasciato qualche dubbio che potrà essere fugato solo in occasione della recensione completa che, vi ricordiamo, arriverà sulle nostre pagine nel pomeriggio di venerdì 3 novembre.
Vi invitiamo quindi a farci compagnia mentre entriamo nei dettagli di quella che ufficialmente è la prima prova giocata di God of War Ragnarok. Ah, e se alla fine del pezzo qualcosa non vi ha convinto o siete rimasti con alcune curiosità in testa, diteci tutto nei commenti perché sarà nostra premura passare di là per cercare di fugare ogni vostro dubbio.
A che punto eravamo con la storia di God of War?
Ragnarok è il seguito diretto del God of War del 2018 e segue in modo pedissequo tutte le novità introdotte nel soft reboot ideato e diretto da Cory Barlog: cambio di camera, ambientazione norrena, dualismo tra Kratos e suo figlio Atreus, una narrazione più cupa e silenziosa, un sistema di combattimento ripensato da zero e, più in generale, microscopiche meccaniche da open world e gioco di ruolo innestate nel gameplay. C'è però un salto temporale tra i due capitoli, visto che il nuovo episodio è ambientato circa 3 anni dopo la fine del primo gioco con un Atreus diventato ormai adolescente, estremamente più consapevole della sua identità e dei suoi poteri, ed un Kratos costantemente alla ricerca di luoghi sicuri dove poter riposare e addestrare il suo erede. A fare da sfondo, il Fimbulwinter, il lunghissimo inverno senza fine che, secondo la mitologia nordica, dura per tre estati consecutive prima di segnare l'avvento del Ragnarok. A scatenarlo è stata proprio la coppia protagonista del gioco uccidendo Baldur, uno dei figli di Odino, nonché fratellastro di Thor. Questo nuovo God of War ci porterà fin dalle prime ore di gioco a incontrare proprio il dio del fulmine; Freya che da cruciale alleata si è trasformata nell'arcinemica di Kratos; il gigante Tyr, l'alter ego norreno del nostro protagonista, essendo anche lui il dio della guerra. E chiaramente il padre di tutti, Odino in persona, che non mancherà di farci visita per tentare di stringere un'assurda tregua.
Accanto alle numerose novità che, immaginiamo, aumenteranno nel corso della nostra epopea, non possono mancare anche numerosi ritorni. Oltre alla già citata Freya, Kratos e Atreus avranno la costante e ironica compagnia della testa di Mimir e saranno ben presto raggiunti da Brok e Sindri, i due nani artigiani che in parte fungono da spalla comica e in parte da guide ai 9 reami nordici. C'è meno cupezza, meno solitudine e meno grugniti da quello che abbiamo potuto apprezzare, perché il tempo trascorso sembra aver ammorbidito molto il rapporto tra Kratos e Atreus, e allo stesso tempo pare trasparire molta più leggerezza nei dialoghi e nelle situazioni incontrate, ma non sappiamo ancora se questo cambio di tono sia peculiare solo all'incipit dell'opera o se attraverserà l'intera narrazione.
Come già detto in apertura di articolo, lo spezzone di cui possiamo parlare in questo provato, riguarda le primissime ore di gioco che, oltre ad un adrenalinico inizio d'avventura, stavolta davvero all'altezza degli standard a cui ci aveva abituato la trilogia originale, ci ha permesso di visitare un reame inedito, Svartalfheim, già intravisto in diversi trailer, e quindi di sperimentare la rinnovata componente semi-open world all'insegna della libera esplorazione. O, come la chiamano i ragazzi di Santa Monica, wide-linear, ovvero lineare, ma aperta.
Un combattimento potenziato
Arriviamo subito al nocciolo della questione: cosa cambia, se qualcosa cambia, in questo Ragnarok rispetto al God of War del 2018, soprattutto per quello che concerne le meccaniche di combattimento? Chi scrive è stato probabilmente tra i più critici in occasione dell'uscita del primo capitolo e non si è tirato indietro davanti alla necessità di valutare un combat system sicuramente godurioso e ben gestito in termini di fisicità e immediatezza, ma che soffriva per una sua ripetitività di fondo, soprattutto in merito alle possibilità a disposizione del giocatore e per la cronica mancanza di boss.
Senza scendere troppo nei dettagli, ci sentiamo abbastanza tranquilli nel dire che le prime ore di gioco di God of War Ragnarok cancellano in un attimo quei dubbi e anzi evidenziano con forza come Eric Williams, il nuovo director che si sostituisce a Cory Barlog alla guida di questo episodio, pur mantenendosi bene al centro del solco scavato dal suo predecessore, ha cercato di deflagrare in un mare di opzioni aggiuntive le possibilità offerte a chi ha il pad in mano e deve scegliere come attaccare gli sfidanti.
Anche in questo caso dobbiamo chiaramente limitarci solo alle prime ore di gioco e non sappiamo se il gameplay si manterrà sullo stesso livello con il prosieguo della storia, ma quello che abbiamo visto ci è bastato per renderci conto che Ragnarok tenta di essere, se possibile, ancora più brutale e variegato quando si tratta di menare le mani. Innanzitutto, se si esclude il corposo prologo, ci ritroveremo da subito ad avere a che fare con entrambe le armi iconiche di Kratos: il Leviatano, l'ascia congelante che può essere lanciata e che bene ha rappresentato la cifra stilistica di questo reboot, e le Lame del Caos, eredità storica del dio della guerra. Questi strumenti di offesa avranno ognuno il suo albero dei talenti, come da tradizione, ma con molte più abilità e combo attivabili nel corso del combattimento.
Giusto per darvi un'idea, ogni arma ha ancora il suo colpo leggero e pesante sia corpo a corpo che dalla distanza più una serie di combo legate alla schivata; è sempre presente il sistema runico che permette di avere due attacchi speciali con ricarica, ma a questo si aggiunge una sorta di stato "caricato" dell'ascia o delle lame che permette sia di avere accesso ad attacchi ad area, ma anche di attivare delle ulteriori mosse addizionali a cui si può avere accesso solo fintanto che il Leviatano è congelato o le Lame sono infuocate. In aggiunta Kratos ha accesso a una reliquia equipaggiabile che può essere attivata, anche questa con cooldown, per avere dei bonus temporanei durante il combattimento e, udite udite, entrano in gioco due diversi scudi: uno più piccolo ideale per chi adora gli scontri ad alto tempismo che restituisce grandi soddisfazioni a chi riesce a gestire le parate perfette, ed uno gigantesco che permette di rimanere riparati ad oltranza. Permane anche il combattimento a mani nude e, chiaramente, la Furia di Sparta, essenziale per tenere a bada orde di nemici, boss di piccole e medie dimensioni e, al contempo, recuperare l'energia vitale.
E naturalmente in tutto ciò rientra anche Atreus che continua ad essere completamente autonomo e indipendente (e ancora immortale, almeno durante le nostre prime sessioni di gioco), ma fondamentale per gestire i nemici rallentandoli con prese o colpendoli con frecce scoccate in base al nostro comando. Esattamente come avveniva nel precedente titolo e, anche in questo caso, con alcune variazioni sul tema in termini di frecce speciali che sarà possibile equipaggiare.
Il risultato di questo aumento esponenziale di variabili di cui tenere conto durante gli scontri, comporta un'importante dipartita dal precedente God of War: non c'è più quella divisione rigida e schematica tra chi preferisce attaccare concentrandosi sui colpi speciali con cooldown e chi invece adora saltellare tra una combo e l'altra, ma il risultato è estremamente più fluido e amalgamato con decine di combinazioni diverse da alternare a seconda della composizione di nemici incontrati e in base alle nostre preferenze del momento. Purtroppo non è così semplice da spiegare a parole e un po' dovrete andare sulla fiducia, ma siamo convinti che ai primi video di giocatori esperti, capirete in un attimo quello che stiamo cercando di dirvi.
Equipaggiamento a tutto tondo
Anche sul fronte dell'equipaggiamento Ragnarok ha subito lo stesso "effetto popcorn" del combattimento: il gioco è infatti esploso in termini di opzioni concesse al giocatore. Ci sono le risorse da raccogliere per creare pezzi di armatura e parti delle armi, ma senza eccedere nel numero di possibilità almeno per questa fase iniziale di gioco: non aspettatevi un gioco di ruolo con decine di spallacci e centinaia di bastoni per il Leviatano.
E c'è poi il sistema di potenziamento, anche questo basato su reagenti e soldi, per migliorare l'equipaggiamento che utilizziamo maggiormente, mentre gli elementi magici come le rune e le reliquie obbligano a operare delle scelte visto che condividono la medesima esperienza di Kratos necessaria anche a migliorare le abilità e i talenti. Anche in questo caso, per intenderci, sembra che l'intenzione di sviluppo impressa da Williams sia nella direzione dell'aumento delle possibilità, più che verso un ripensamento o una ridefinizione di quanto già visto in God of War. E questo, per noi, è chiaramente un bene, anche se concorre ad alimentare quell'idea di "more of the same" che ha accompagnato Ragnarok fin dal suo esordio in video.
Per quel poco che possiamo dire dell'esplorazione e della componente più aperta di God of War Ragnarok, anche in questo caso il punto di partenza, nonché unico riferimento, è chiaramente il soft reboot del 2018. Eric Williams ci ha infatti confermato che anche per Ragnarok si è inseguita quell'idea di "wide-linear" che è stata alla base del successo del precedente episodio. Solo che in questo caso sembra che i ragazzi di Santa Monica abbiano voluto allungare ulteriormente il passo e per questo non facciamo fatica a credere a chi ha parlato di buone 40 ore di gioco per chi è intenzionato a finire al 100% l'offerta ludica di questo capitolo.
Non è solo una questione di missioni secondarie e varie attività da poter svolgere a fini collezionistici: ci sono molte più arrampicate, molta più esplorazione per scovare ogni singolo scrigno od oggetto, molti più enigmi ambientali da analizzare e risolvere. Tutto rigorosamente facoltativo, ma tutto fortemente stimolante se si è schiavi del completamento e se l'obiettivo è arrivare corazzati agli scontri successivi. Se volete a tutti i costi un confronto con altri titoli, rimaniamo molto più dalle parti di un Uncharted 4: Fine di un Ladro, assolutamente non di un Horizon: Forbidden West.
Sicuramente degna di nota anche la capacità di arricchire queste fasi più "rilassanti" con scontri improvvisi, molto spesso tra l'altro non con semplici avversari, ma con un nugolo di mini e medium boss che sembrano fare tesoro di quell'aspra critica mossa al primo titolo per la mancanza di sfidanti non comuni, separati dai normali nemici. Su questo fronte Ragnarok prova a invertire la rotta intervallando con regolare continuità, almeno nelle prime ore, rivali tradizionali, esplorazione e momenti più intensi dove ad attaccare c'è una qualche creatura inedita e decisamente più coriacea degli altri.
Bello da vedere, ma deve girare anche su PS4
Spendiamo le ultime parole sulla componente tecnica, per quanto questo sia, lo ripetiamo per l'ennesima volta, una prova basata su una sparuta manciata di ore. È chiaro ed evidente fin dall'avvio, anzi soprattutto nelle primissima sequenza del prologo, come Ragnarok sia un progetto cross platform realizzato però con grandissima cura e destrezza. Esattamente come i trailer ci hanno mostrato, non c'è davvero nulla che faccia gridare al miracolo o restituisca quel feeling da next-gen che continuiamo a cercare un po' dappertutto. Ma allo stesso tempo, ogni singolo elemento presente sulla scena trasuda qualità e grandissimo dettaglio.
Vedere girare Ragnarok su PS5 è un gran godimento specie nella modalità performance, che, alternata a quella che privilegia la risoluzione, permette di godere di un gameplay fermamente ancorato ai 60 frame al secondo, senza che lo splendore dello scenario risulti compromesso. Chiaro: non c'è ray tracing e non siamo di fronte a effettistica sbalorditiva, ma gli scorci degli ambienti sono veramente splendidi da vedere, mentre tutti i modelli dei comprimari e degli avversari che si alternano su schermo rispecchiano una qualità nella modellazione eccellente, che si può notare soprattutto durante le numerose cutscene o i lunghi dialoghi.
Ancora una volta siamo di fronte a una scelta registica che porta avanti l'idea di un'intera vicenda inquadrata come fosse un unico piano sequenza in presa diretta, senza che ci sia mai uno stacco di telecamera mentre la totale assenza di caricamenti, abilmente mascherati attraverso azioni contestuali e momenti narrativi, aiuta moltissimo a mantenere immerso il giocatore nelle vicende raccontate.
Abbiamo fatto girare Ragnarok anche su PlayStation 4 Pro dove sono presenti le due modalità grafiche, ma quella che privilegia le performance, e punta quindi ai 60 FPS, ci è sembrata decisamente meno stabile, pur rimanendo ampiamente al di sopra dei 30 frame al secondo. Tra l'altro senza ripercussioni importanti sulla qualità visiva, ad eccezione di una sostanziale diminuzione di dettaglio nelle zone più aperte, in particolare il reame ampiamente esplorabile di Svartalfheim.
Visto che siete stati in molti a chiedercelo, confermiamo anche gli 84 GB richiesti per l'installazione su PlayStation 5 (ma si può iniziare a giocare dopo i primi 28 GB di download) e i 107 GB richiesti invece su PS4.
Speriamo sia chiaro da questo lunghissimo articolo che God of War Ragnarok ci è indubbiamente piaciuto nelle prime ore del suo gameplay. È più concreto, vario, profondo e sfaccettato in gran parte delle sue meccaniche di gameplay se confrontato con il primo God of War e sembra davvero fare tesoro di tutti gli elogi mossi al capitolo originale, rispondendo contemporaneamente alle poche critiche rivolte al soft reboot. Quello che bisognerà analizzare nell'interezza dell'opera è se il cambio di tono della narrazione e la maggiore estensione degli elementi secondari, riescano a mantenere l'equilibrio dell'opera del 2018, offrendo allo stesso tempo abbastanza elementi di novità da tenere lontano lo spettro del "more of the same". Noi, per ora, crediamo che Santa Monica ci sia riuscita e non vediamo l'ora di proseguire l'avventura in vista della futura recensione.
CERTEZZE
- Il combattimento è ancora più vario e profondo sia in termini di dinamiche che di avversari
- Per chi non vuole solo la storia, sembrano esserci molte attività secondarie
- Fluidissimo su PS5, si difende bene anche su PS4
DUBBI
- Per la next-gen c'è ancora da aspettare
- Il cambio di tono e di atmosfere potrebbe lasciare spiazzati