505 Games è un publisher decisamente prolifico e variegato: la casa italiana è riuscita a imporsi nel tempo come punto di riferimento per titoli anche eccellenti, tormentoni, prodotti più ricercati. Abbiamo provato la beta di Grow: Song of the Evertree e le prime impressioni sono tiepide. Si tratta di un gioco che prova a fondere meccaniche sandbox, elementi di costruzione ed esplorazione, un sottofondo narrativo e uno stile artistico che possiamo definire sognante, con un risultato che a nostro modo di vedere prova a collocarsi su una fascia di pubblico abbastanza teenager.
Questo non è un male, anzi, il contrario: il titolo Prideful Sloth sceglie di donare al proprio gioco uno stile artistico colorato, pacioccone, quasi paffuto, bambinesco, molto rotondo e astratto e di unirlo a meccaniche tipiche dei giochi sandbox come coltivazione, pulizia, raccolta, costruzione. Va detto che le prime due ore servono da tutorial, ci vuole un po' per entrare nel mood.
Gli ultimi alchimisti
Alaria è il nome del mondo di gioco, un multiverso rarefatto un tempo felice e ora vittima dell'avanzata dell'avvizzimento. Purtroppo questa malvagità ha conquistato tutto, anche l'Evertree, l'albero della creazione e luogo dove erano ospitato tanti mondi. Sono fuggiti tutti tranne noi, i protagonisti affidati a un editor abbastanza semplice e, per ora, non troppo fornito, gli ultimi alchimisti in grado di poter fare qualcosa per lottare contro questa progressione malvagia. Saremo aiutati da un libro in stile disneyano, da una pentola dove provare a realizzare qualche formula alchemica e da una sorta di grifone, capace di portarci un po' ovunque sull'albero. Il prodotto mostra subito gli attrezzi a disposizione per prendere pratica con le meccaniche sandbox: annaffiatoio, martello, falce, accetta e via dicendo, tutti attrezzi che serviranno per superare i primi tutorial.
Ora, lentamente si entra nel gameplay in quella che è una piccola isola quasi fluttuante, agganciata a uno dei rami dell'immenso albero: le azioni che ciclicamente dovremo effettuare, in realtà, non hanno molto mordente, scorrono via in maniera fluida tramite un semplice susseguirsi di tasti premuti. Tre colpi per rompere la roccia, un colpo per l'erba, innaffiare, prendere l'insetto con il retino, il tutto con un sistema di movimento abbastanza pattinante e senza inerzia. Abbiamo finito, è ora di tornare alla base per poi, il giorno dopo, tornare lì per far crescere giorno dopo giorno il numero di azioni da fare, piante da innaffiare, elementi da distruggere in quella che è una progressione per migliorare quell'isoletta sperduta.
Il flusso di gioco, nella prima ora, è abbastanza inconsistente, ma l'idea che ci siamo fatti è che l'approccio è orientato o a chi apprezza moltissimo quel tipo di approccio al gameplay, o a una fascia anagrafica ancora teenager. Il terzo giorno dovremo prendere pratica con altri comandi, altri strumenti, il tutto per ora a un livello di lettura piuttosto immediato, senza particolare profondità. Anche il Canto, abilità del nostro protagonista utile per far crescere le piante e portare un po' di luce nel mondo, si inserisce nel giro di tasti da premere e azioni giornaliere da fare.
Mondo di gioco
Alaria ha sicuramente un tratto fantasioso, molto sognante, colorato e siamo convinti il motore che faccia girare il tutto sia l'Unreal Engine 4, viste le somiglianze stilistiche con titoli più noti. Questo permette all'ambientazione di essere abbastanza ricca di spirito e di dettagli, anche se per ora sono tutti puramente estetici, a cavallo tra sezioni dove l'esplorazione è limitata e il platforming praticamente non esiste.
Ora, a parte il dover portare avanti dell'attività, il vero fulcro del mondo di gioco di Grow è il momento di costruzione più tipica, quella in cui far nascere edifici, incontrare gli abitanti, approfondire il sistema di alchimia, di oggetti, di personalizzazioni.
La parte più tipicamente building si prospetta sicuramente più interessante del resto, capace di aprire il ventaglio e l'offerta estetica di Alaria oltre i canoni pre-costruiti. A conti fatti, l'obiettivo sarà arricchire sempre più l'albero di mondi, gestendo una routine di azioni che sulla carta è variegata, ma che all'atto pratico per ora si è prospettata come un semplice cambiare attrezzo e premere un bottone. Si avrà la possibilità di generare nuovi luoghi con differenti caratteristiche - deserti, mondi ghiacciati - foreste - inserendo nel mezzo esplorazioni di caverne, puzzle, speriamo anche gestione della fauna, resta solo da capirne il mordente nel medio e lungo termine, nonché la capacità di una struttura ludica abbastanza semplice, immediata e rilassata di generare continuo interesse nel giocatore.
Menzione a parte la colonna sonora con a capo Kevin Penkin, compositore di recenti successi del mondo Anime e della serie Star Wars: Visions.
Grow: Song of the Evertree per ora si prospetta come un titolo sicuramente ricco di contenuto, capace di offrire un punto di vista abbastanza sognante, astratto e molto fanciullesco al tema del gameplay sandbox. Per ora rimangono alcuni interrogativi su un flusso ludico che ci sembra molto didascalico, nonché su un mondo di gioco bello da vedere ma piuttosto vuoto. Va approfondito tutto il sistema di costruzione, avanzamento, gestione degli abitanti nonché le dinamiche che si innescano e incastrano con più mondi attivi.
CERTEZZE
- Stile artistico molto caratteristico
- Numerosi strumenti per personalizzare e creare
DUBBI
- Gestione piuttosto piatta delle azioni da fare
- Densità e level design dell'ambientazione
- Difficilmente interessante per anagrafiche più adulte