Quando aveva vent'anni, Morten Brunbjerg incontrò un editor letterario, ormai in pensione, che si offrì di leggere il suo romanzo. Dopodiché, Brunbjerg si ritrovò fra le mani una quantità di note e osservazioni infinita, praticamente più testo di quello che era contenuto nel romanzo. Era la prima volta che riceveva del feedback da un professionista, da una persona che non fosse un amico o un membro della sua famiglia, quindi non poteva ignorarlo. Andò a finire che quell'uomo divenne il suo mentore e gli insegnò un sacco di cose, a cominciare da una massima che ancora oggi Brunbjerg tiene fissa in testa quando lavora: i personaggi non cambiano le storie, sono le storie che cambiano i personaggi.
Una quindicina di anni dopo, Brunbjerg è ormai un veterano nel settore dei videogiochi, uno scrittore che ha a curriculum collaborazioni a più livelli su svariati titoli (il più noto, forse, rimane Hitman: Absolution) e che di recente si è occupato di fare lavoro di "punch up" su quella cosetta bizzarra di Hi-Fi Rush. Ma cosa significa fare punch up? È una pratica tipica anche del settore cinematografico, tramite la quale vengono chiamati specialisti che si occupano di migliorare sceneggiature scritte da altri, tipicamente lavorando soprattutto sui dialoghi, per renderli più brillanti. Carrie Fisher, nota soprattutto per aver interpretato il ruolo della principessa Leia in Star Wars, è stata per un paio di decenni una fra le "punch up writer" più richieste a Hollywood. E sì, questo genere di lavoro viene fatto anche nel settore dei videogiochi.
Voglio fare la rockstar
Alla radice, Hi-Fi Rush è un gioco d'azione musicale in cui il protagonista vorrebbe essere una rockstar. Brunbjerg ha raccontato alla Nordic Game Conference che un grosso punto di svolta per il suo lavoro sulla sceneggiatura è stato il rendersi conto che la vera attrattiva di Hi-Fi Rush erano i personaggi. E per sfruttarla a dovere era necessario dare loro almeno un pizzico di profondità. Ora, nessuno può essere davvero sempre splendido, al massimo della forma, senza che si tratti di una facciata, di uno scudo dietro cui si nascondono delle insicurezze. E per questo, lavorando con John Johanas (accreditato come scrittore, ma anche director del gioco, oltre che di The Evil Within 2), Brunbjerg ha deciso di aggiungere una sorta di climax "personale" prima del climax narrativo originariamente previsto, in cui Chai mostra finalmente un po' di vulnerabilità. La cosa si è rivelata talmente efficace che, a posteriori, si sono pentiti di non aver introdotto svolte simili anche per altri personaggi.
Una lezione importante che Brunbjerg ha imparato nel corso della sua carriera è che bisogna cercare di allineare ogni componente del gioco con il tema principale del racconto. Nel caso di Hi-Fi Rush, il tema gira sostanzialmente attorno alla socialità, alla necessità di costruirsi un nucleo di persone attorno, perché anche le rockstar non possono fare tutto da sole. E quindi ne è nata una storia incentrata sull'amicizia e sulla famiglia, in cui il protagonista inizia il suo viaggio da solo ma mano a mano stringe amicizie e si costruisce una famiglia allargata. Se la cosa ha funzionato bene per Chai, è andata meno bene con i boss, che sono sì caratterizzati come una famiglia un po' folle, ma senza che questa cosa sia stata davvero approfondita, per esempio mostrando la loro difficoltà a collaborare come un gruppo unito.
Quando è stato proposto a Brunbjerg di lavorare su Hi-Fi Rush, lo scrittore danese è passato attraverso una serie di colloqui e ha avuto modo di leggere una prima bozza della storia. La sua prima impressione? Non ci si capiva niente, era piena di cliché da film d'azione e battutacce, con un protagonista fastidioso e caratterizzato come egoista. Chiaramente Brunbjerg racconta questa cosa esagerando, ma il punto è che, per quanto ben scritta, la sceneggiatura di Hi-Fi Rush non riusciva a comunicare bene il cuore del racconto, i temi, ma anche le caratterizzazioni e i dettagli. Brunbjerg fa l'esempio di QA-1MIL, che veniva descritto semplicemente come un grosso robot, senza dare dettagli sulle sue dimensioni folli e su altri aspetti. Per fortuna, una volta ingaggiato per il lavoro, Brunbjerg è stato invitato a Tokyo per incontrare il team, discutere del gioco con Shinji Mikani e John Johanas, provare la demo, studiare le interpretazioni degli attori e le animazioni, cogliere insomma il vero tono di Hi-Fi Rush.
Lavoro di cesoie
Sulle prime, gli è stato chiesto più che altro di tagliare più dialoghi possibile dallo script. E se vi sembra folle, considerando quanto parlano i personaggi nel gioco finito, provate a immaginarvi che razza di mostro tentacolare fosse la sceneggiatura iniziale. Dopo questo lavoro preliminare, si è passati alla fase di punch up vera e propria, dove l'obiettivo era appunto di rendere tutto più brillante. Per farlo, Brunbjerg ha utilizzato espedienti piuttosto semplici, ad esempio eliminando tutte le formalità, i saluti, quegli scambi di cortesia che non portano realmente avanti il racconto. E poi, spiega Brunbjerg, un trucco molto efficace consiste nell'evitare che i personaggi rispondano a domande dirette. Così facendo, non solo si snelliscono le conversazioni, si crea anche tensione, si alimenta il dubbio sulle intenzioni dei personaggi.
Il lavoro è andato avanti a quattro mani, con Brunbjerg e Johanas che aggiungevano sempre più battute e gag divertenti, ma col senno di poi, Brunbjerg si chiede se non sarebbe stato meglio eliminare qualcuno di quegli spunti per dare più spazio ai retroscena e approfondire meglio alcuni personaggi. Ma insomma, un lavoro del genere è basato su scelte e compromessi, e rimarrà sempre fuori qualcosa di buono. In generale, Brunbjerg ritiene che sia fondamentale accettare la struttura drammatica classica e imparare a utilizzarla nel proprio lavoro, eventualmente anche rielaborandola e scardinandola per fini drammatici, ma tenendola sempre come base solida su cui lavorare. Per esempio, in Hi-Fi Rush, ogni boss segna la fine di un atto del racconto, con relativa svolta di trama, conseguente svelamento di un mistero e così via. Poi, come detto, non è necessario seguire fino in fondo i dettami classici della narrazione, tant'è che Hi-Fi Rush non si sviluppa davvero su tre o cinque atti, o seguendo il viaggio dell'eroe tradizionale. Però è importante costellare il racconto di momenti drammatici, ricordandosi che, in termini di struttura, questi non devono costituire necessariamente svolte clamorose. Anche il semplice entrare attraverso una porta può bastare, se svolge la sua funzione nella struttura del racconto.