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Hideo Kojima, il podcast Brain Structure è una finestra sul suo modo di pensare

Abbiamo ascoltato Brain Structure, il podcast di Hideo Kojima, e abbiamo scoperto come questa apra una finestra sul suo modo di pensare, anche oltre i videogiochi.

SPECIALE di Multiplayer.it   —   21/09/2022

Se mai il mondo dei videogiochi aprirà la sua Hall of Fame (come quella degli sport americani) uno dei primi cinque nomi a venire inseriti sarà quello di Hideo Kojima. A lui dobbiamo serie storiche come Metal Gear, Boktai e Zone of The Enders nonché titoli acclamati come Death Stranding. Ora, quello che secondo molti critici e fan è uno dei primi veri autori di videogiochi, ha deciso di raccontare la sua storia e la genesi del suo processo creativo in un Podcast chiamato Brain Structure.

Ogni venerdì pomeriggio è disponibile un nuovo episodio sia in giapponese sia in italiano grazie a una partnership con Spotify che distribuisce il podcast in tutto il mondo. Questa non è la prima avventura radiofonica del maestro che è stato ospite di innumerevoli trasmissioni e ha tenuto altri podcast e programmi personali. Brain Structure, però, è il primo show che viene tradotto e distribuito in tutto il mondo senza limitarsi al solo territorio giapponese.

Scopriamo, dunque, perché Brain Structure, il podcast di Hideo Kojima, è una finestra sul suo modo di pensare e perché potrebbe valere la pena ascoltarlo.

A cura di Riccardo Lichene.

Il podcast è la storia per aneddoti di Hideo Kojima

Brain Structure, il podcast di Hideo Kojima
Brain Structure, il podcast di Hideo Kojima

Per comprendere il perché di un investimento così grande da parte di Spotify, basterà ripercorrere la carriera di Kojima come autore e game designer: scoprire come pensa e quali aneddoti hanno ispirato il suo lavoro ci farà capire cosa si nasconde dietro il suo genio. Kojima voleva scrivere per il cinema ma, giovanissimo e privo di agganci, ha deciso di ripiegare sul mondo dei videogiochi. Ha iniziato a lavorare alla Konami nel 1986 dove, appena un anno dopo, fa uscire Metal Gear, il nonno di tutti i giochi con elementi stealth che conosciamo. "Non ho mai apprezzato la mancanza di contesto dei primi sparatutto - ha detto nel primo episodio di Brain Structure - Non sapevamo mai perché A sparava a B. I miei genitori hanno vissuto la guerra e c'era sempre un motivo se qualcuno stava combattendo qualcun altro. Non solo volevo aggiungere del contesto alle mie storie ma volevo dare al giocatore la possibilità di non dover combattere per forza ad armi spianate. Il protagonista di Metal Gear non ha armi all'inizio, deve solo scappare, c'è un messaggio forte in questo".

Nel 1998 arriva il suo primo grande successo internazionale: Metal Gear Solid, un titolo che ha contribuito all'esplosione di popolarità della prima PlayStation e ha consolidato la figura di Solid Snake nell'immaginario popolare. Qui il suo stile cinematico ed emotivo inizia a prendere forma "Con l'arrivo dei CD abbiamo potuto mettere delle cutscene di un certo spessore nel gioco" racconta nel podcast, "questo mi ha permesso di potermi esprimere molto meglio e di sviluppare ancora di più i miei personaggi". Nella prima puntata si parla molto di come le innovazioni tecniche abbiano influenzato il processo creativo di Kojima.

Una scena di Boktai
Una scena di Boktai

Dai suoi racconti emerge un certo orgoglio per il design di Boktai, un gioco per Game Boy Advance uscito nel 2003. Il protagonista è un cacciatore di vampiri che utilizza la luce del sole per sparare con la sua arma: "Ho avuto l'idea di montare sulla cartuccia un sensore sensibile alla luce solare per cui se non giocavi quando eri fuori di casa eri molto limitato nel combattere i nemici e dovevi evitare gli scontri".

Il secondo episodio è tutto dedicato al rapporto del maestro con il cinema, in particolare tutto ciò che ha a che fare con lo spazio, gli alieni e le astronavi. La puntata fa molti riferimenti a Death Stranding e al senso di incredulità che il gioco scatena nello spettatore. Non mancano però anche delle citazioni a Zone of The Enders, una serie di videogiochi ambientati nello spazio con un gameplay incentrato sul combattimento tra grandi robot. Kojima è rimasto in Konami fino al 2015 quando la sua personale divisione all'interno della compagnia, la Kojima Productions, è diventata indipendente.

Il primo gioco del nuovo studio è stato proprio Death Stranding che ha conquistato critica e pubblico quando è uscito nel 2019. Sicuramente scopriremo di più su questo periodo della sua vita nei prossimi episodi del podcast.

Brain Structure, il podcast di Hideo Kojima

Death Stranding
Death Stranding

A livello strutturale, il podcast è uno strano dialogo con un'intelligenza artificiale chiamata Brain (cervello) incaricata di fare da tramite tra il processo creativo di Kojima e il resto del mondo. L'obiettivo dello show, infatti, è quello di comunicare ai fan come nascono i progetti videoludici del maestro giapponese. A metà tra intervista e talk show, Brain Structure non si distanzia troppo dalla struttura di un podcast tradizionale, a colpire è la personalità di Kojima che non ha paura di essere franco guardando al suo passato. "Quando ero a Konami, spesso nessuno voleva lavorare con me perché i miei progetti sembravano destinati al fallimento. Quando vedevano il gioco quasi finito, però, tutti cambiavano idea. É successa la stessa cosa con Death Stranding" ha detto sul finire della prima puntata.

Il podcast segue bene o male questa struttura: ripercorrere la carriera di Kojima attraverso i suoi giochi più iconici e gli aneddoti che lui stesso ha da raccontare al riguardo. A tutti coloro che si stessero chiedendo il perché di questa produzione, ci pensa il maestro a rispondere: "Sono cresciuto ascoltando la radio e penso che la sua evoluzione naturale siano i podcast. Tutti hanno almeno un dispositivo con cui ascoltarli. Io stesso ho fatto tanta radio in vita mia ma è sempre stata solo in giapponese, ora posso raggiungere i miei fan in tutto il mondo" dice all'inizio della prima puntata.

Vale la pena seguirlo?

Hideo Kojima
Hideo Kojima

Il primo impatto con un titolo di Hideo Kojima non si dimentica. Tutto, dal combattimento alla narrazione, è così diverso da quello a cui siamo abituati da sembrare alieno. Il suo stile è un gusto acquisito e, come il buon vino, superata la barriera iniziale c'è tanto di cui essere contenti. Cutscene lunghe e piene di spiegazioni, intere sezioni di gioco dedicate all'esplorazione e personaggi introversi che si aprono allo spettatore un poco alla volta sono solo alcuni dei suoi tratti autoriali distintivi. Chiunque fosse curioso di scoprire quali sono le origini di questo modo di fare i videogiochi e di come il suo stile si sia evoluto nel tempo, dovrebbe dare una possibilità a questo podcast perché, già nelle prime due puntate, sono emerse storie e retroscena che raramente erano già arrivati al grande pubblico. Già dal trailer dello show possiamo dare uno sguardo al vero e proprio processo creativo del maestro, in particolare a come nascono le sue idee: "La fonte delle mie idee è il mio desiderio di vivere a pieno ogni minuto di ogni giorno. Voglio avere esperienza e lasciarmi stupire da quante più cose possibile, permettendo a questi momenti di svilupparsi dentro di me per poi riutilizzarli nel mio lavoro". Ogni episodio dura circa 30 minuti e si conclude con un segmento a cura di Geoff Keighley, il volto dei Game Awards e del Summer Games Fest, che ricapitola le notizie della settimana dal mondo del gaming. La prima puntata è andata in onda venerdì 9 settembre e ne esce una ogni venerdì.

Un progetto interessante

Hideo Kojima davanti ai microfoni di Brain Structure
Hideo Kojima davanti ai microfoni di Brain Structure

Hideo Kojima e Spotify hanno messo insieme un prodotto divertente e interessante che non annoia e offre una prospettiva unica su una delle menti più influenti della narrativa videoludica e del game design contemporanei. Ci sono alcuni momenti che un tipico ascoltatore occidentale potrebbe trovare bizzarri, come l'enfasi sulle presentazioni, ma chi mastica il modo di fare nipponico non potrà che sorriderne.