I Cavalieri dello Zodiaco rappresentano un passo importante nella diffusione dei manga e degli anime nel nostro paese. Trasmessa verso la fine degli anni '80 prima nelle emittenti regionali e solo in seguito sui canali nazionali, la serie animata tratta dal manga omonimo di Masami Kurumada rovesciava molti stereotipi imposti dall'animazione giapponese in quegli anni, raccontando le avventure di un manipolo di giovani eroi che non si vergognavano di piangere per i loro avversari o per i loro amici. Erano storie di coraggio e di sacrificio, di lealtà incondizionata e di compassione: nonostante fosse un cartone animato per ragazzi che seguiva una struttura abbastanza ripetitiva, chiunque sia cresciuto guardando Saint Seiya in TV è cresciuto, be', meglio. I Cavalieri dello Zodiaco, nella sua incarnazione classica, era un anime che più di tanti altri insegnava valori importanti. Il merito è stato anche dell'adattamento nostrano che ha stravolto a tratti le battute originali a favore di un tono aulico e solenne che ha contribuito a rendere la versione italiana assolutamente unica.
Tutto questo per dire che I Cavalieri dello Zodiaco sono un anime importante, iconico, che stranamente comincia a diffondersi in tutto il mondo soltanto ora, dopo aver riscosso un grande successo per anni soprattutto in alcuni paesi europei come l'Italia, la Spagna e la Francia. Forte degli altalenanti revival che si sono susseguiti negli ultimi anni (Saint Seiya Omega, Saint Seiya: Souls of Gold) e del lungometraggio in computer grafica distribuito nelle sale qualche anno fa, TOEI ha deciso di puntare un po' di più su questo brand che in Giappone persiste nella forma di vari spin-off e del sequel cartaceo ufficiale (Saint Seiya: Next Dimension) che Masami Kurumada disegna con una lentezza esasperante. Questa filosofia giustificherebbe la decisione di affidare a Netflix la produzione e la distribuzione digitale di una serie reboot che dovrebbe potenzialmente rivolgersi a un pubblico molto più vasto, facendo conoscere la storia dei Santi di Atena - non dobbiamo spiegarvela, giusto? - anche alle nuove generazioni che non l'hanno vissuta vent'anni fa. Il primo trailer di questo reboot, però, ha sollevato enormi polemiche. Ecco la nostra analisi e, in conclusione, anche la nostra opinione su quanto abbiamo potuto intravedere.
L'analisi del trailer
La prima cosa che ci accoglie nel trailer è la voce del Maestro dei Cinque Picchi, seduto davanti all'imponente cascata in compagnia di Fiore di Luna. È una scena accogliente e chi conosce la serie originale non potrà fare a meno di aver sorriso e aver pensato: "sono a casa". Il trailer prosegue rimandando saggiamente ad alcune scene iconiche dei primi episodi negli anni '80. In Grecia, Seiya si prepara a sfidare il gigantesco Cassios per l'investitura a cavaliere. Così iniziava anche il cartone animato originale: ovviamente Seiya vince il duello - staccherà un orecchio a Cassios anche in questo reboot? - e indossa l'armatura di Pegaso. Nel trailer vediamo il Gran Sacerdote metterla in palio e poco dopo Seiya la evoca usando una piastrina che ricorda i ciondoli usati dai cavalieri nel film La leggenda del santuario e nei primi episodi di Saint Seiya Omega. Una scelta controversa ma sicuramente più credibile dei nostri eroi che, negli anni '80, giravano il mondo con i cassoni che contenevano le armature - anche detti Pandora's Box - sulle spalle.
Vediamo quindi Seiya incontrare gli altri cavalieri (o santi) di bronzo. Scorgiamo, da sinistra a destra, Geki dell'Orso, Shun di Andromeda, Nachi del Lupo, Ban del Leone Minore e, per un solo istante, Ichi dell'Idra. Poi Seiya indossa la sua armatura che, sorpresa, ha già assunto la seconda forma. Oppure è la prima? Chiariamo: nella serie animata originale, i cavalieri indossavano inizialmente armature più compatte che comprendevano elmi interi e gonnellini. In seguito, dopo essere state riparate, queste armature assumevano una forma diversa, più snella e sofisticata. Nel manga di Kurumada, invece, la prima forma era direttamente questa, se non addirittura più spartana. Sotto questo punto di vista, quindi, il reboot di Netflix è più fedele all'opera originale, anche se le armature sfoggiano dettagli leggermente più elaborati come gli spallacci dell'armatura del Cigno o la pettorina dell'armatura di Pegaso. Si vedono pochissimo i diademi, ma potrebbe essere un caso relativo al trailer.
I quattro santi protagonisti si inchinano al cospetto di Saori Kido, la reincarnazione di Atena che in Italia era stata ribattezzata Lady Isabel. Fin qui, il reboot sembra rispettare il character design originale, un ibrido tra quello di Kurumada e quello del compianto Shingo Araki per la serie animata negli anni '80. "Siamo sotto attacco," esclama Hyoga/Crystal del Cigno... e qui cominciano le stranezze. Due elicotteri attaccano il quartetto a colpi di missili. Nell'opera originale non è mai successo nulla del genere ma... riflettendoci meglio, ha senso. I Cavalieri dello Zodiaco non sono eroi misteriosi, anzi sono famosi in tutto il mondo e la Guerra Galattica, il grande torneo in cui si affrontano, è popolarissimo. I loro poteri li rendono armi di distruzione di massa pericolosissime, nel caso in cui decidano di usarli contro i civili. Parliamo di ragazzi che si muovono alla velocità della luce e sferrano centinaia di pugni al secondo. Non ci sorprenderebbe se qualche governo volesse arginare una potenziale minaccia.
Non a caso, nella scena successiva Saori ordina ai suoi cavalieri di proteggere l'armatura d'oro del Sagittario. È il premio per il vincitore della Guerra Galattica e la vediamo scomporsi davanti a un losco figuro che, naturalmente, è Ikki della Fenice. Come nell'opera originale, anche nel reboot Ikki punta a impadronirsi dell'armatura d'oro, ma la scena successiva, coi carri armati e gli elicotteri che attaccano i nostri e Andromeda che devia una raffica di proiettili con le sue catene, suggerisce che Ikki stia collaborando con questo esercito per mettere le mani sull'armatura del Sagittario. Segue quindi la scena che ha sollevato un vero e proprio vespaio. Seiya si complimenta con Shun, e lei risponde: "te l'avevo detto!". Lei... perché Shun, nel reboot, è diventato una donna. E qui apriamo una lunga parentesi, abbiate pazienza. Shun di Andromeda rappresentava uno dei più importanti cliché che I Cavalieri dello Zodiaco demoliva negli anni '80.
All'epoca, i guerrieri più forti e coraggiosi erano maschi, spesso rappresentati da montagne di muscoli tutte d'un pezzo. Pensate a Kenshiro, all'Uomo Tigre, a He-Man che non era proprio giapponese ma che nella sua debole e pavida forma umana del principe Adam si vestiva di rosa. Shun di Andromeda indossava un'armatura rosa col seno perché rappresentava, appunto, la costellazione della principessa Andromeda d'Etiopia. Shun era anche un ragazzo androgino estremamente sensibile che odiava combattere e che preferiva morire piuttosto che uccidere i suoi nemici e spesso doveva intervenire il fratello maggiore Ikki a salvargli la vita. Shun era agli antipodi rispetto ai tipici protagonisti dei manga e degli anime per ragazzi, ma l'idea geniale era proprio questa: Shun era, a tutti gli effetti, uno dei cavalieri più forti in assoluto. Le sue Nebulose sono tra i momenti più epocali della serie, così come tutte le volte che Ikki arriva, gli salva la vita, le prende sonoramente e Shun si rialza e fa il culo a strisce al loro avversario. Perché Shun sembrava una ragazza ma aveva le palle quadrate.
Ora Shun è una vera ragazza in nome della "gender equality". Lo sceneggiatore Eugene Son ha spiegato che oggi è difficile proporre dei protagonisti soltanto maschi e bisognava introdurre un personaggio femminile nel cast, dunque si è scelto di rendere Shun una donna a tutti gli effetti. E così facendo si è sacrificata una delle caratteristiche più iconiche di Saint Seiya, trasformandola in un vero e proprio cliché. Son parla di una Andromeda forte e determinata, molto diversa dallo Shun degli anni '80 ma al contempo fedele allo spirito del personaggio. Solo che Saint Seiya aveva già molteplici personaggi femminili forti e determinati come la stessa Saori, Marin/Castalia e Shaina/Tisifone, Jun/Genêt del Camaleonte che, oltretutto, amava profondamente Shun. Avrà cambiato sesso anche lei? E che cosa succederà quando Ikki dovrà salvare sua sorella? Son cambierà completamente la storia, oppure Shun diventerà una vera e propria "donzella in difficoltà"? E non scomodiamo neppure la comunità LGBTQ che nel personaggio di Shun ha sempre visto un'icona importante, anche se non era omosessuale. Staremo a vedere ma non possiamo negare che i fan abbiano diverse ragioni di essere infuriati.
Lasciamo stare Shun, ora, e concentriamoci sul resto del trailer. I nostri eroi affrontano Phoenix che schiera i suoi cavalieri neri. Succedeva la stessa cosa anche nell'opera di Kurumada, ma c'è una differenza che, tutto sommato, sembra molto interessante. Nel manga e nell'anime originali, i cavalieri neri erano assurdi sosia malvagi dei protagonisti e indossavano armature identiche, ma nere. Era un'idea assolutamente bislacca dovuta probabilmente alla pigrizia di Kurumada. In seguito, i protagonisti si imbattevano nei cavalieri d'acciaio: alcuni scienziati avevano costruito tre armature cibernetiche ispirandosi a quelle dei cavalieri di Atena. Fortunatamente i cavalieri d'acciaio erano dalla parte dei buoni, ma comparivano soltanto nel cartone animato e sparivano dopo poche puntate (il recente sequel Saint Seiya Omega li ha ripescati, approfondendo la loro storia). Sembra che il reboot di Netflix abbia combinato le due idee, perché i cavalieri neri di Ikki indossano armature nere dall'aspetto decisamente tecnologico: possiedono un generatore centrale che alimenta la corazza con dei tubi.
È ancora più interessante il fatto che uno di questi energumeni sia Cassios. Il cavaliere mancato segue un percorso molto importante nella serie originale, che ancora una volta rovescia lo stereotipo del rivale malvagio ed egoista con una conclusione strappalacrime. Sembra che nel reboot si allei con Ikki e paghi un caro prezzo per il potere dell'armatura nera. Il fatto è che a questo punto il trailer assume connotati sempre più infantili e, tra una battuta e l'altra di Seiya sull'unione che fa la forza, si conclude con Hyoga, Shiryu e Shun che lo incoraggiano ad attaccare. Infine, Seiya scaglia il suo colpo più famoso, il Pegasus Ryuseiken che da noi è diventato l'iconico Fulmine di Pegasus, e il trailer si conclude con la sua istruttrice Marin che lo esorta a bruciare il Cosmo. Marin indossa una maschera, come ogni cavaliere donna che si rispetti. Perché lei sì e Shun no?!
La nostra opinione
Il trailer de I Cavalieri dello Zodiaco: Saint Seiya non ha riscosso molti consensi e l'opinione del fandom è largamente negativa. Le critiche più importanti sono rivolte soprattutto alla discutibile decisione di cambiare sesso ad Andromeda e all'aspetto tecnico. Quest'ultimo a noi non dispiace. È evidente che il reboot di Netflix non è una produzione ad alto budget, ma il character design è fedele e riconoscibile e le animazioni più che discrete. Ha un aspetto spartano, soprattutto nella realizzazione degli scenari, ma a nostro avviso è un po' esagerato parlare di "grafica da PlayStation 2". Si poteva fare di meglio, certamente, e forse sarebbe stato più saggio lasciar perdere la computer grafica per restare sui disegni tradizionali, come è successo con la recente serie animata di Castlevania o col reboot di Voltron sempre targati Netflix. Che poi, intendiamoci, sarebbe stato molto meglio acquisire i diritti dell'anime incompiuto di Saint Seiya: The Lost Canvas e concluderlo su Netflix, visto che è forse la migliore incarnazione in assoluto di questo brand, ma tant'è. L'aspetto tecnico, insomma, è davvero l'ultima delle nostre preoccupazioni.
Anche Star Wars Rebels era una spanna sotto a Star Wars: The Clone Wars, eppure ci ha raccontato alcune tra le migliori storie ambientate nella galassia lontana lontana di George Lucas. E molti temevano che Transformers Prime sarebbe stato una schifezza tremenda, quando invece si è rivelata essere una delle serie animate più godibili e avvincenti sui famosi robot trasformabili. Siamo un po' troppo vecchi per scandalizzarci e inneggiare all'abominio prima del tempo, quindi per ora vogliamo essere speranzosi e cautamente ottimisti. Quello che temiamo, semmai, è l'appiattimento della narrativa a favore di una maggiore diffusione su scala mondiale e, soprattutto, in termini di utenza. I Cavalieri dello Zodiaco non era un anime per bambini, mentre questo reboot dà l'impressione di voler essere indirizzato a tutte le età. Tutto è nelle mani dello sceneggiatore ma anche in quelle dei doppiatori italiani, perché sarà difficile, se non traumatico, sentire i cavalieri parlare con voci diverse da quelle di De Palma, Balzarotti o Fuochi.