A volte, quando hai finalmente la fortuna di incontrare i tuoi idoli ti rendi conto della verità: sono dei grandissimi stronzi!
Per fortuna, sebbene siano parole sue, questo non è il caso di John Landis, il regista statunitense che ieri sera ha illuminato, divertito ed interessato la calca di fan e giornalisti accorsi alla Feltrinelli di p.za Piemonte a Milano. Non s'accettano ignoranze, stiamo parlando dell'autore di "The Blues Brothers", di "Animal House", di "Un lupo Mannaro Americano a Londra" senza dimenticare il tormentone natalizio di "Una poltrona per due".
Mentre lo aspettiamo s'intravede qualche collega nella folla ma la maggior parte sono fan, spesso giovanissimi e persino il mio vicino di spalla cinguetta amabilmente: "Quando sono scappato dall'ufficio per venire qui non ci credeva nessuno! Chissà che diavolo di treno dovrò prendere per tornare casa... ma son certo che ne varrà la pena!".
Nota Doverosa:
Consegnare un pezzo in ritardo non è mai buona cosa, il rischio è di quelli seri, che l'editore ti si mangi a colazione o peggio. E' cosa saggia mostrarsi prostrati, umanamente dispiaciuti e armati di una scusa infallibile. La mia odierna è quanto di meglio potessi avere dalla mia parte: un suicidio e mezzo. O meglio, un suicidio ed un secondo probabile tale che han bloccato la metrò rossa milanese trasformando tante facce sorridenti di sani lavoratori, vecchietti beati e ragazzine sognanti in una imprecante, grigiastra massa informe. Una fiumana di gente che non appena c'è stata l'occasione mi ha presa, caricata sul treno, schiacciata, pressata, tenuta in equilibrio ed infine sputata sul mezzanino alla fermata di Pagano senza che io potessi dire "beh".
Ed eccolo, sorridente e disponibile, Landis afferra il microfono e debutta con: "Devo ringraziare il vicino Torino Film Festival per essere qui, anche se inizialmente non volevo saperne di fare una retrospettiva su di me... sapete, quando vi dedicano una retrospettiva, significa che siete morti!.". Nel giro di un'ora ripercorriamo tutta la sua carriera grazie alle domande del pubblico: "Sono stato fortunato a cominciare a lavorare negli anni '70, c'era molta più libertà rispetto ad ora. Certo, gli Studios di Hollywood stavano morendo... mentre oggi sono definitivamente sepolti!".
Nato a Chicago (Illinois) e trasferitosi ancora infante a L.A. il futuro regista e sceneggiatore non ha mai finito il liceo negandosi la possibilità di partecipare ai famosi Toga Party delle università Statunitensi. Ironia della sorte fu proprio un film a tema, "Animal House" il padre di tutti gli American Pie, a renderlo famoso. Il protagonista della pellicola è il compianto John Belushi; come lo convinse ad accettare la parte?
Belushi era un grande fan di film di arti marziali e s'innamorò di una pellicola di Landis "Ridere per Ridere" (The Kentucky Fried Movie). indovinate che genere cinematografico metteva alla berlina...
Passano gli anni e i film, ricordate "Una poltrona per due" (Trading Places)? Ebbene ad affiancare Eddie Murphy e Dan Aykroyd c'era un compassatissimo Denholm Elliott, il maggiordomo Coleman, un'attore inglese che Landis scelse proprio per il suo aplomb terribilmente british. Ridendo, Landis ci racconta come: "Quest'uomo tutto d'un pezzo, elegante e londinese, una sera a fine riprese si presenta completamente vestito di pelle. Da capo a piedi con tanto di berretto nero, schizza sulla sua Harley, ci saluta e parte a tutta manetta...", quando si dice la prima impressione.
C'è anche qualche ricordo italiano per l'autore di Thriller, lo splendido videoclip con Michael Jackson: "Ho avuto la grandissima fortuna di conoscere Fellini, la sua segretaria amava i Blues Brothers e decidemmo di fare uno scambio, lei incontrava me e io Fellini.
Andammo tutti a pranzo, mia moglie era incinta - incredibilmente incinta - e Fellini non fece altro che tenerle la mano tutto il tempo, un genio! Ho imparato che spesso, quando incontri i tuoi miti ti rendi conto di quanto siano solo dei grandissimi stronzi. Lui no. Lui era un genio e una persona squiasita che tutti vorremmo conoscere.".
Del libro a lui dedicato, vero motivo in essere della serata, quasi non si parla (A proposito: John Landis di D'Agnolo Vallan Giulia 320pp 35€), è più divertente ascoltare gli strafalcioni dell'interprete ormai stanco alle otto di sera o l'innocenza di una ragazzina che gli chiede: "Da che parte di Londra viene?". Resta il fatto che un "semplice" incontro per il pubblico si sia rivelato molto più interessante di tante conferenze stampa. Landis è stato effervescente, prodigo di ricordi spassosi che è un peccato non poter riportare in questo già chilometrico diario.
Il consiglio è banale: riscoprire questo regista dai primi film sino agli ultimi, comprese le esperienze televisive come Dream on - a proposito: "Avevo due ottimi sceneggiatori per Dream on, ma dopo qualche anno han deciso di abbandonare. E' stato un momento tristissimo per loro, non potete capire, dopo Dream on hanno scritto un'altro serial... si tratta di Friends, e adesso sono milionari!".