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I videogiochi su licenza sono destinati a non essere capolavori?

La licenza è un'arma a doppio taglio: spesso è sufficiente per raggiungere il successo, ma limita la creatività. I tie-in possono essere "solo" ottimi titoli?

SPECIALE di Lorenzo Mancosu   —   26/07/2023
I videogiochi su licenza sono destinati a non essere capolavori?

Non tutti i videogiochi nascono allo stesso modo. Prendiamo per esempio Nintendo e The Legend of Zelda: quando bisogna ideare un nuovo capitolo della saga, i produttori e il resto del team di EPD si riuniscono per condividere idee in libertà, pensando assurdità come l'Ascensus, oppure l'eventualità di sparare qualche isola nel cielo di Hyrule, senza contare che c'è sempre la possibilità di buttar via completamente l'ambientazione e ricostruirla da zero, magari nel mezzo di un oceano, cambiando del tutto l'ispirazione e i pilastri del gameplay. Così è come prendono forma la maggior parte dei nuovi videogiochi, ma non è un lusso che tutti gli sviluppatori si possono concedere.

In seguito alla presentazione di Marvel's Spider-Man 2 per PlayStation 5, si sono sollevate delle voci volenterose di criticare la "mancanza d'innovazione" che traspare da alcune sequenze del progetto di Insomniac Games, che sostanzialmente si prospetta come una variante più grande e migliorata del primo capitolo. L'originale mappa di Manhattan è stata ampliata fino ad includere parte della New York oltre il fiume Hudson, Peter Parker potrà contare sui poteri garantiti dal simbionte, mentre sembra esserci la possibilità di cambiare in qualsiasi momento fra il primo Uomo Ragno e il giovane Miles Morales.

Non tutti i videogiochi nascono allo stesso modo, dicevamo. I progetti su licenza, per esempio, sono indissolubilmente legati all'immaginario di riferimento, che siede inamovibile al centro delle lavagne che ospitano i brainstorming. Non maturano da un foglio bianco sul quale prende forma la creatività degli sviluppatori, ma devono rispettare una lunga serie di regole che spaziano dall'ambientazione, ai protagonisti, passando per le capacità su cui si fondano le meccaniche di gioco, per arrivare anche ai nemici e infine alla narrazione. I pezzi sullo scacchiere sono molto stringenti, ed è estremamente difficile estrarre dal cilindro un colpo di genio.

La fedeltà all'opera originale diventa un'arma a doppio taglio: da una parte consente ai prodotti di avere successo anche solamente se si limitano a riprodurre con cura quel determinato universo; ma la licenza, di contro, rappresenta un'ingombrante catena dalla quale è impossibile svincolarsi, assoggettando il progetto a controlli costanti e limitando inevitabilmente la libertà degli artisti. Sembra quasi, nell'ultimo periodo, che i tie-in possano risultare al massimo dei buoni videogiochi, spogliati della possibilità di puntare verso l'eccellenza. Sono davvero condannati a una vita da mediani?

Una storia complicata

Raiders of the Lost Ark è il primo titolo su licenza
Raiders of the Lost Ark è il primo titolo su licenza

Novembre del 1982: Atari pubblica Raiders of the Lost Ark per la sua 2600, il primo videogioco realizzato a partire da una licenza cinematografica, generando l'imprevedibile tsunami che avrebbe travolto l'intero mercato dei videogiochi. Anche se la terribile crisi del 1983 viene spesso associata all'andamento disastroso dello storico E.T the Extra-Terrestrial, la realtà è che tale formula continuò a conoscere per l'intero decennio una fortuna fuori dal comune; basti pensare all'efficacia dei bundle realizzati da Commodore UK, che includevano nel singolo pacchetto un Commodore 64 o un Amiga 500 assieme al Batman di Ocean Software, operazione che fu sufficiente a portare un incremento nelle vendite hardware che fino ad allora non si era mai registrato.

Una volta dimostrata la profittabilità della formula, colossi come Disney iniziarono a fare il proprio ingresso in scena raggiungendo risultati di straordinaria qualità, da Disney's Aladdin per Sega Genesis sviluppato da Virgin Games fino allo storico Castle of Illusion Starring Mickey Mouse che fece il suo esordio nei confini del Mega Drive. Gli anni '90 sarebbero stati ricordati come una strepitosa età dell'oro, e non solo per merito di kolossal come il Goldeneye 007 di Rare, uno dei titoli più venduti nella storia di Nintendo 64, nonché il primo capace di rivaleggiare direttamente con i ricavi della pellicola da cui era tratto. Nuove derive continuavano incessantemente a prender forma, da Bugs Bunny: Lost in Time fino a Toy Story 2: Buzz Lightyear to the Rescue, opere che partivano sì da una licenza gigantesca, ma che potevano contare su un certo grado di libertà che nel corso degli anni è lentamente venuta a mancare.

Gli anni '90 e 2000 sono stati l'età dell'oro dei tie-in
Gli anni '90 e 2000 sono stati l'età dell'oro dei tie-in

Al crescere dei ricavi e dell'esposizione mediatica, infatti, i detentori dei diritti hanno cominciato a invadere la cornice dello sviluppo. Esistono diverse testimonianze a questo proposito, e una delle più autorevoli è quella di Andrew Burrows di Warthog Games, sviluppatore di Harry Potter e la Pietra Filosofale, primo tie-in dedicato alla saga cinematografica nel fortunato ciclo maturato sotto l'egida di Electronic Arts; a suo dire: "Gli studi hanno iniziato a sfruttare la propria autorità per respingere le idee". Era il primo germoglio della filosofia che ha portato, per esempio, al disastroso sviluppo di Kingdom Hearts III, durante il quale Square Enix doveva interfacciarsi con tutti i detentori dei diritti per esaudire le loro richieste, trovandosi di fronte ad assurdità come le esigenze dei creatori di Frozen, che insistevano per avere intere sequenze del film originale riprodotte in scala uno a uno nei confini del videogioco, senza che le azioni dei personaggi fossero modificate in alcun modo per accomodare la narrazione dell'IP.

Ciò non significa che questa situazione abbia accomunato tutti i progetti su licenza, eppure - in netta controtendenza rispetto alla curva dei guadagni - molti videogiochi hanno iniziato a esser visti dai detentori dei diritti come semplici strumenti di promozione da tenere sotto rigido controllo. Insomma, il lungo cammino fatto di straordinari successi e desolanti fallimenti ha modificato profondamente l'approccio ai videogiochi tie-in, delineando infine il quadro contemporaneo: un mondo nel quale sembra ormai quasi impossibile che un titolo basato su una licenza possa rivelarsi un capolavoro conclamato.

Quali sono i migliori giochi su licenza?

Arkham Asylum ha cambiato le regole degli adattamenti
Arkham Asylum ha cambiato le regole degli adattamenti

È sufficiente volgere brevemente lo sguardo al passato per trovarsi di fronte a una strada lastricata di grandi e piccole gemme: abbiamo menzionato gli adattamenti di Indiana Jones, abbiamo trattato l'età dell'oro di Disney, ed era obbligatorio celebrare i risultati fuori dal mondo di Goldeneye 007. Ma che cos'è successo in seguito? Accanto alle produzioni che hanno costruito la propria fortuna capitalizzando sulla forza dei franchise, come il succitato Harry Potter secondo EA, hanno iniziato a emergere interessanti variazioni sul tema. Blade Runner del 1997 di Westwood Studios ha ad esempio inaugurato la corrente che sarebbe culminata in titoli del calibro di Star Wars: Knights of the Old Republic di Bioware, ancora oggi considerato il miglior videogioco in assoluto fra quelli dedicati all'epopea di George Lucas, già reduce da successi quali la serie Star Wars: Rogue Squadron.

Alcune fra le scelte più coraggiose hanno fatto capolino in tempi recenti, a partire dal Batman: Arkham Asylum di Rocksteady, titolo capace di imporre il nuovo standard che non solo rimane tutt'oggi ineguagliato, ma che ha preparato il terreno per l'avvento di dozzine di emuli. Altra grande sorpresa fu l'Alien: Isolation di Creative Assembly, capace di raccogliere riscontri più che positivi pur abbracciando delle soluzioni completamente diversi rispetto al tradizionale sfruttamento della sua licenza. Non bisogna poi dimenticare che l'intera serie The Witcher di CD Projekt ha spiccato il volo a partire dalla sfortunata serie di romanzi di Andrzej Sapkowski, riuscendo a regalare all'immaginario del polacco il riconoscimento internazionale che non aveva mai conosciuto su carta. E ci sarebbe da parlare, infine, anche di The Walking Dead di Telltale, che è addirittura riuscito - partendo dalle basi gettate da Robert Kirkman - a conquistare il premio per il Game of the Year dei The Game Awards, un'impresa che oggi sembra quasi impossibile da replicare.

I videogiochi tie-in oggi

Marvel's Spider-Man ha venduto più di 33 milioni di copie
Marvel's Spider-Man ha venduto più di 33 milioni di copie

La licenza è divenuta un'arma a doppio taglio, dicevamo. Nel caso del vecchio Spider Man 2, la semplice meccanica di oscillazione lungo le ragnatele è stata in grado di trainare l'opera fino al successo internazionale, regalando a milioni di appassionati l'opportunità di vestire i panni dell'Uomo Ragno. Eventualità, questa, che si è verificata tale e quale con la pubblicazione di Marvel's Spider-Man per PS4: l'esperienza definitiva dedicata a Peter Parker e alla sua Manhattan, un gigantesco parco giochi nel quale l'immersione era più che sufficiente per spazzar via qualunque criticità sul fronte delle attività e dei sistemi. Realizzare questo genere di titoli è un po' come stringere un patto col diavolo: rispettando l'immaginario di riferimento il riscontro commerciale è garantito, ma al tempo stesso c'è una forte tassa da pagare sul fronte delle meccaniche e dell'impronta artistica.

Nel corso del 2023 abbiamo assistito alla nascita del fenomeno Hogwarts Legacy, di gran lunga il videogioco più venduto e amato dell'anno; a celebrarlo, tuttavia, non sono stati assolutamente i videogiocatori navigati che si aspettavano una formula ludica impattante, ma tutti coloro che semplicemente sognavano da tempo una solida esperienza interattiva nel mondo di Harry Potter, anche se da decenni non toccavano una console. Ciò significa che la produzione ha perfettamente raggiunto il suo scopo, l'obiettivo che in fin dei conti accomuna tutti i titoli su licenza contemporanei: adattare l'immaginario nella maniera più semplice ed efficace possibile, realizzando ottimi videogiochi senza la benché minima intenzione di puntare al capolavoro.

Hogwarts Legacy è ancora oggi criticato, ma ha raggiunto tutti i suoi obiettivi e viaggia verso numeri astronomici
Hogwarts Legacy è ancora oggi criticato, ma ha raggiunto tutti i suoi obiettivi e viaggia verso numeri astronomici

Come si potrebbe concretamente "rivoluzionare" l'offerta del predecessore, ad esempio, in Marvel's Spider-Man 2 per PlayStation 5? È praticamente impossibile: il pilastro del progetto risiede nella messa in scena di un titolo d'azione open world nell'universo dell'Uomo Ragno, e l'unica strada percorribile è quella di renderlo più vasto e più vario, senza alcuna possibilità di stravolgerne l'anima. Situazione che, in passato, ha già toccato serie più e meno fortunate, da Batman Arkham fino a Middle-Earth, per non chiamare in causa l'intero stuolo di produzioni legate a Il Signore degli Anelli.

Star Wars Outlaws di Ubisoft, Suicide Squad di Rocksteady, i recenti Gotham Knights e The Lord of the Rings: Gollum, la futura esperienza dedicata a Wolverine: la storia di questo tipo di videogiochi è ben lontana dall'essere conclusa, e in epoca recente ha conosciuto la chiusura di interi studi di sviluppo, il rinvio a tempo indeterminato di alcune produzioni, mentre in casi più rari l'imposizione di nuovi record delle vendite. Esiste una strada per mettere tutti d'accordo?

La libertà e la licenza

Possibile che al 2023 non sia ancora uscito un capolavoro ne Il Signore degli Anelli?
Possibile che al 2023 non sia ancora uscito un capolavoro ne Il Signore degli Anelli?

Guardando al passato, è piuttosto evidente che i migliori risultati - in termini di qualità, innovazione e riscontro commerciale - siano sempre giunti in situazioni particolari. The Witcher, ad esempio, ha potuto sfruttare l'ambientazione, i personaggi e la costruzione del mondo senza alcun vincolo concreto per poi imboccare una strada inedita, inseguendo la formula RPG e concedendosi libertà che in altri contesti non sarebbero assolutamente possibili, specialmente in ragione del controllo che i detentori delle licenze oggi esercitano sulle opere. Star Wars: Knights of the Old Republic, ad esempio, metteva in scena situazioni e scelte narrative che difficilmente sarebbero gradite all'odierna gestione Disney.

L'opzione migliore è davvero diventata quella di accantonare la creatività per celebrare unicamente l'immaginario di riferimento? Se così fosse, probabilmente dovremmo abbandonare l'idea di assistere alla nascita di un nuovo videogioco su licenza destinato a toccare l'eccellenza. Sarebbe molto triste: per fare un esempio a caso, all'alba del 2023 non è ancora capitato d'incontrare la realizzazione del pieno potenziale de Il Signore degli Anelli, in un mondo nel quale gli RPG di stampo fantasy dominano incontrastati praticamente qualsiasi classifica di preferenza. Possibile che nemmeno il padre del genere riesca a dare i natali a un potenziale videogioco capolavoro?