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Il destino di Bungie: dal successo di Destiny fino alla crisi e ai licenziamenti

Una Bungie colpita dai licenziamenti avrebbe rinviato La Forma Ultima, il capitolo finale di Destiny 2. Ripercorriamo la vicenda, tra grandi successi e cadute rumorose.

SPECIALE di Lorenzo Mancosu   —   08/11/2023
Il destino di Bungie: dal successo di Destiny fino alla crisi e ai licenziamenti
Destiny 2: La Forma Ultima
Destiny 2: La Forma Ultima
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Il 1 ottobre del 2007 ha rappresentato una data fondamentale per gli equilibri dell'industria dei videogiochi: fu proprio allora che Bungie mise nero su bianco la volontà di separarsi da Microsoft, lasciando nelle sue mani giusto le quote necessarie per occuparsi della pubblicazione degli ultimi e imminenti capitoli della saga di Halo. Quell'idillio sarebbe durato solamente altri tre anni: attraverso la pubblicazione di Halo Reach nel 2010, lo studio allora guidato da Harold Ryan scrisse la parola fine in fondo alla sua relazione con l'universo degli Spartan, riagguantando un'indipendenza creativa alla quale anelava ormai da tempo. Stretta nel poderoso abbraccio materno di Xbox, non sarebbe infatti mai riuscita a esprimere al massimo la propria creatività, legata com'era all'epopea del Master Chief.

In quel momento, Bungie avviò una piccola rivoluzione: dopo aver assunto decine di sviluppatori e acquisito un cinema multiplex da oltre 7000 metri quadri per trasformarlo nella storica sede di Bellevue, si rinchiuse nei nuovi uffici al fine di regalare una forma concreta all'universo sci-fi che da anni serpeggiava fra corridoi e sale riunioni. Mentre Microsoft cessò di leccarsi le ferite investendo 343 Industries del difficilissimo compito di riportare in vita la saga di Halo, la nuova Bungie stava per intraprendere un percorso completamente diverso, gettando le fondamenta di un mercato che oggi ha raggiunto dimensioni colossali: quello del game as a service su console.

Fu proprio in quel periodo che prese forma Destiny, una delle pubblicazioni più importanti degli ultimi quindici anni, un videogioco che avrebbe cambiato per sempre le regole del mercato, trasformando il concetto stesso di "engagement" nell'unità di misura del successo di un'opera, prima di spianare la strada all'idea del monopolio del tempo libero degli appassionati. L'ondata di marea generata in quell'istante andò oltre ogni possibile aspettativa, portando all'emersione di un nuovo genere e finendo per stravolgere completamente l'evoluzione dell'ottava generazione di console.

Oggi, a dieci anni di distanza dall'istante in cui Destiny piombò nel mercato come un meteorite, il nome di Bungie si trova nuovamente in calce alle principali notizie del settore, ma per motivi molto diversi: la compagnia - ora nel portafoglio di Sony Interactive Entertainment - ha subito una violenta ondata di licenziamenti che ha visto anche la partenza di volti storici, una conseguenza diretta dell'inesorabile tracollo che ha toccato la sua IP di bandiera. Come si è arrivati fino a questo punto? Ripercorriamo la storia moderna di Bungie, dal trionfo di Destiny fino alle avvisaglie della crisi, per arrivare ai licenziamenti e a un futuro più che mai incerto.

Destiny e l'era di Activision

Pur di accaparrarsi Destiny, Activision strinse un accordo senza precedenti lasciando l'IP nelle mani di Bungie
Pur di accaparrarsi Destiny, Activision strinse un accordo senza precedenti lasciando l'IP nelle mani di Bungie

Al momento della separazione da Microsoft, il direttivo di Bungie mise sulle scrivanie di Xbox e Sony Interactive Entertainment il pitch di "Project Tiger", nome in codice di quello che sarebbe divenuto Destiny, proponendo convenienti accordi di esclusività legati a una clausola e una soltanto: Bungie avrebbe dovuto mantenere i diritti di proprietà sulla nuova IP. Una soluzione, questa, che non piacque per niente ai produttori di console, spingendo la compagnia a coinvolgere una terza parte, o meglio, una persona che aveva fiutato l'affare da miglia di distanza: nientemeno che Bobby Kotick. Fu così che Activision firmò un accordo di pubblicazione della durata di dieci anni, concedendo allo studio di Bellevue di mantenere la piena proprietà della IP e di intascare al tempo stesso un investimento più che corposo. Kotick credeva infatti nel progetto al punto tale da scommetterci $500 milioni fra costi di sviluppo e spese riservate al marketing.

Intascata parte del tesoretto, Bungie mise insieme un vasto gruppo di sviluppatori e artisti d'élite, coinvolgendo nomi del calibro di Joe Staten e Martin O'Donnell, Michael Salvatori e persino Peter Dinklage, facendo scendere in campo direttamente il fondatore Jason Jones e sfruttando al massimo le straordinarie competenze tecniche maturate nell'arco di decenni. Il neonato Tiger Engine avrebbe potenziato l'architettura di Halo per abbracciare una filosofia del tutto originale, volenterosa di fondere l'essenza degli FPS sci-fi con un universo vicino al dark fantasy tradizionale, determinato ad abbracciare gli assiomi alla base dei classici MMORPG. Allora furono gettati i sette pilastri di design sui quali avrebbe dovuto inerpicarsi l'esperienza offerta da Destiny: un mondo di gioco fondato sulla "magia spaziale", una serie di attività diversificate, delle ricompense uniche e impattanti, una nuova esperienza per ogni serata, un universo sociale e condiviso, un titolo adatto a tutti i palati e soprattutto capace di adeguarsi alle tempistiche di chiunque.

Destiny portò una rivoluzione nel mondo console, imponendo i giochi come servizi e monopolizzando il tempo dell'utenza
Destiny portò una rivoluzione nel mondo console, imponendo i giochi come servizi e monopolizzando il tempo dell'utenza

Destiny fu infine pubblicato il 9 settembre del 2014 e lasciò un cratere profondissimo nell'industria dei videogiochi: raggiunse quota 30 milioni di giocatori nell'arco di un singolo anno, toccando il suo apice in concomitanza con l'espansione Il Re dei Corrotti e portando quasi un miliardo di dollari di ricavi nelle casse di Activision. La sua eco fu tale da spingere dozzine di attori del mercato a investire sui giochi come servizi, preparando il terreno per la fioritura di diversi emuli - come per esempio il The Division di Ubisoft - e aprendo la strada a una nuova era costellata di produzioni nate per durare nel tempo. L'imprevedibile effetto collaterale risedette tuttavia nella nascita di un nuovo genere di comunità online sull'ecosistema console, un gigantesco movimento che maturò attorno al progetto replicando il fenomeno che dieci anni prima aveva trascinato World of Warcraft nell'Olimpo della cultura di massa: esistevano milioni e milioni di giocatori che trascorrevano l'interezza del proprio tempo in rete sulle sole sponde di Destiny.

Per certi versi, l'opera divenne più grande di quanto preventivato dagli stessi creatori, ma soprattutto dal publisher estemporaneo. Activision aveva infatti in mente un piano ben preciso: pubblicare nuovi episodi di Destiny con cadenza biennale, riempendo i vuoti attraverso espansioni e perseguendo la creazione di un grande affresco della durata di dieci anni. Un progetto, questo, che non si dimostrò semplicemente difficile da sostenere, ma inadatto a conservare inalterato l'immenso bacino d'utenza raccolto nell'arco dell'anno d'esordio. Destiny 2 finì infatti per bucare l'originale finestra di lancio del 2016 e fu conseguentemente rinviato a fine 2017, orchestrando inconsapevolmente la rottura con Activision e soprattutto il primo esodo dei giocatori di vecchia data.

Destiny 2 e la nuova indipendenza

Destiny 2 non riscosse il successo preventivato, portando una grossa fetta d'utenza ad abbandonare la nave già da La Guerra Rossa
Destiny 2 non riscosse il successo preventivato, portando una grossa fetta d'utenza ad abbandonare la nave già da La Guerra Rossa

Per velocizzare le tempistiche già di per sé lievitate, Activision stessa mobilitò un team di sviluppatori interni e assegnò Vicarious Visions al pieno supporto di Destiny 2 che, sotto la guida di Luke Smith, avrebbe dovuto avviare la seconda fase dell'ipotetico processo decennale. Alla fine, il prodotto finito vide luce il 7 settembre del 2017, aprendo una voragine insanabile nelle file degli appassionati: approssimativamente la metà dell'originale base installata non gradì assolutamente le novità portate dal sequel, su tutte la cancellazione totale di quanto accumulato nell'arco del primo capitolo - inconcepibile per una produzione di stampo MMORPG - e le modifiche agli impianti di gioco, tra una componente PvP decisamente più quadrata e un universo parecchio lontano dall'essenza dark fantasy del predecessore. Anziché crescere, al netto dell'esordio PC sulla piattaforma Battle.net di Activision Blizzard, la serie andò incontro a un violento declino in concomitanza con le prime due espansioni, portando un ulteriore ventata di cambiamenti che non incontrarono il beneplacito del pubblico.

A mutare era stato infatti anche il sistema di monetizzazione, bloccando una lunga serie di elementi cosmetici dietro un muro di microtransazioni e casse premio prima di spingere il direttivo a imbastire un'inedita struttura stagionale per adeguarsi alla rivoluzione dei pass battaglia. Proprio in questo periodo, il colosso cinese NetEase scelse di investire $100 milioni per ottenere una seduta nel consiglio di amministrazione di Bungie, facendo riflettere molti analisti riguardo l'esistenza di una frizione sotterranea. Un conflitto che si sarebbe presto palesato: in seguito alla pubblicazione de I Rinnegati - contenuto di grande qualità che riuscì a riconquistare una grossa fetta di appassionati - Activision e la casa di Bellevue annunciarono nel 2019 la volontà di terminare in anticipo il loro accordo decennale, lasciando come da contratto la proprietà della IP nelle mani di Bungie. Per lungo tempo sono state formulate speculazioni relative alle ragioni della rottura: in tanti sostengono tutt'ora che la presenza di Activision si fosse fatta troppo ingombrante, nonostante il direttore delle comunicazioni di Bungie David Dague abbia più volte tentato di mettere a tacere le voci affermando che si trattasse di semplici divergenze sul piano creativo.

Non sono mancati momenti di trionfo: I Rinnegati e Oltre la Luce hanno fatto registrare risultati eccellenti
Non sono mancati momenti di trionfo: I Rinnegati e Oltre la Luce hanno fatto registrare risultati eccellenti

Certo è che in seguito all'annuncio Bungie tenne una presentazione speciale riguardante il futuro di Destiny 2, sostanzialmente rivendicando la riconquista della propria libertà creativa, affermando di poter finalmente esprimere il marchio al massimo del potenziale. Nonostante l'universo persistente non si presentasse nel pieno della salute, lo studio decise comunque di raddoppiare gli sforzi, assumendo centinaia di nuovi dipendenti e ampliando enormemente la sede di Bellevue, comunicando contestualmente la volontà di aprire una nuova sede dalle parti di Amsterdam per fornire supporto a un nuovo progetto allora avvolto nel mistero, un titolo che avrebbe dovuto essere pubblicato attorno al 2024.

Bungie era ormai un colosso da 1200 dipendenti, forte di un'IP dalla storia quasi decennale, volenteroso di espandersi ulteriormente attraverso nuovi media e franchise. La domanda irrisolta, nell'arco di tutti questi anni, è rimasta sempre la medesima: davvero la casa madre di Destiny poteva permettersi tutto questo? Il secondo capitolo dello sparatutto sci-fi - la cui storia è costellata di alti e bassi - necessitava davvero di un'infrastruttura pachidermica di questo genere? Una potenziale risposta ai quesiti giunse il 31 gennaio del 2022, quando Sony Interactive Entertainment comunicò l'intenzione di acquisire l'interezza della compagnia spendendo 3,6 miliardi di dollari, dei quali 1,2 sarebbero stati destinati al mantenimento del nucleo di sviluppo. Dopo aver passato il vaglio della Fedetal Trade Commission, l'operazione fu ufficializzata il successivo 15 luglio, trasformando Bungie in una sussidiaria di SIE a tutti gli effetti.

Era PlayStation e licenziamenti

Bungie è al lavoro su Marathon, ma il suo ruolo nei PlayStation Studios è quello di supervisionare i giochi come servizi
Bungie è al lavoro su Marathon, ma il suo ruolo nei PlayStation Studios è quello di supervisionare i giochi come servizi

Ormai non ci sono più dubbi riguardo il ruolo immaginato dalla dirigenza di Sony per Bungie: l'inserimento nell'organico mira prevalentemente ad accaparrarsi la competenza di una compagnia che ha svolto un ruolo pionieristico nel tessuto dei giochi come servizi. La casa madre di Destiny sta mettendo la sua esperienza al servizio degli studi di casa PlayStation e dei numerosi partner impegnati sui GaaS al centro delle strategie di PS5. Nel frattempo è stato presentato al pubblico il primo teaser di Marathon, rifacimento in salsa PvPvE - struttura resa popolare da Escape From Tarkov - che punta a recuperare uno dei primi videogiochi di Bungie per fargli imboccare una direzione inedita. E Destiny, in tutto questo? Dopo gli ottimi risultati di Oltre la Luce, espansione pubblicata nel 2020, Bungie ha pubblicato a inizio 2022 La Regina dei Sussurri, cui nel febbraio del 2023 ha fatto seguito l'Eclissi, senza ombra di dubbio il contenuto meno redditizio degli ultimi anni, protagonista di un netto cambio di rotta sul fronte artistico e sul piano dell'atmosfera, uno che non è stato assolutamente gradito dal nucleo dell'utenza.

L'ultima fatica ha infatti portato un calo del 45% nei ricavi generati da Destiny 2 nel 2023, riducendo la media di giocatori attivi su Steam attorno alla soglia dei 40.000, di gran lunga il peggior risultato da quando la produzione è presente sulla piattaforma. In tale cornice, lo scorso 30 ottobre, è emersa la notizia del licenziamento di 100 dipendenti sul totale dei 1200 che compongono lo studio: fra le figure allontanate figurano anche nomi storici come quello di Michael Salvatori, mentre la decisione è parte di un'operazione di taglio dei costi che ha investito l'interezza dell'agglomerato di Sony Interactive Entertainment. Stando ai report di Bloomberg, i licenziamenti sono ascrivibili al crollo che ha caratterizzato l'ultima annata di Destiny 2, che avrebbe portato al conseguente rinvio dell'espansione finale del titolo - ovvero La Forma Ultima - così come di Marathon, ufficiosamente slittato al 2025.

Il futuro di Bungie

Destiny 2 La Forma Ultima sta venendo reimmaginato completamente, forse per preparare a Destiny 3
Destiny 2 La Forma Ultima sta venendo reimmaginato completamente, forse per preparare a Destiny 3

Il 2 novembre, poco dopo l'annuncio dei licenziamenti, Bungie ha condiviso un post sul sito ufficiale per parlare apertamente della questione; dopo aver speso parole di commiato per i compagni di viaggio che hanno perso il lavoro, i responsabili della comunicazione hanno riassunto senza mezzi termini quelle che sono state "le settimane più difficili nell'intera storia dello studio". "Sappiamo di aver perso la vostra fiducia", hanno proseguito rivolgendosi agli utenti, ben consapevoli che tanto L'Eclissi quanto le ultime Stagioni abbiano rovinato in via definitiva i rapporti col grande pubblico. L'ondata di sfiducia non si è limitata a investire gli ultimi contenuti pubblicati, ma si è mossa anche nella direzione de La Forma Ultima, la cui presentazione è stata accolta in maniera disastrosa dalla comunità.

"Al momento ci sono 650 sviluppatori impegnati attivamente su La Forma Ultima", con il fine di realizzare un'esperienza che segni la degna conclusione di quella Saga della Luce e dell'Oscurità che ha caratterizzato l'ultima decade di Destiny. Nel corso delle prossime settimane, Bungie ha intenzione di svelare il suo programma a breve termine per salvare baracca e burattini - il primo passo dovrebbe risedere nella Stagione che avrà inizio a fine novembre - mentre nel corso dei mesi successivi mira ad alzare il sipario sulla nuova visione alla base non solo de La Forma Ultima, ma del complicatissimo cammino che seguirà la chiusura di questo peculiare capitolo. Nel futuro della casa esiste un Destiny 3? I giocatori si troveranno nuovamente di fronte alla perdita di tutto ciò che hanno accumulato? Marathon finirà per monopolizzare le risorse dello studio? Le domande senza una risposta sono ancora tantissime, e l'unica certezza risiede nel fatto che Bungie debba urgentemente recuperare il rapporto con gli utenti, perché la frattura recente sembra decisamente più profonda del solito.