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It Takes Two e il bello di giocare insieme

In maniera sorprendente, It Takes Two si è ritrovato da outsider a serio candidato ad essere il miglior gioco del 2021: vediamo un po' perché

SPECIALE di Giorgio Melani   —   13/12/2021
It Takes Two
It Takes Two
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A poche ore di distanza dalla conquista di quello che può essere considerato il riconoscimento più rilevante nell'ambito videoludico, ovvero il GOTY dei The Game Awards 2021, proviamo a ricapitolare i motivi del successo di It Takes Two, un gioco strano che ha saputo conquistare tutti con la sola forza delle sue idee. Certo, ha avuto dietro un publisher colossale come EA, ma il gioco di Hazelight è stato costruito in un piccolo laboratorio sotto la guida di un creativo dal temperamento vulcanico e sappiamo bene come questi ingredienti possano dare vita sia a delle grandi imprese che a dei clamorosi scivoloni. Josef Fares e compagni, però, non sono proprio dei novellini: al di là delle esperienze maturate dall'autore in ambito cinematografico, essendo prima di tutto un regista, il team si è già fatto conoscere con un paio di giochi che hanno raggiunto notevole risonanza come Brothers: a Tale of Two Sons e A Way Out, ma mai al livello raggiunto da It Takes Two, che si conferma essere la summa del percorso creativo di Hazelight, nonché la rappresentazione più riuscita di un'idea persistente di Fares e compagni: il gioco multiplayer cooperativo.

In questa formula, nella sua interpretazione più pura, risiede il segreto del successo del progetto, che ha saputo stregare in breve tempo milioni di giocatori, pur non essendo nemmeno particolarmente zelante nell'arruffianarsi il grande pubblico, visto che la tematica trattata dalla storia è quasi un tabù per molti, almeno come soggetto da raccontare in un videogioco.

Si parla infatti di una coppia in crisi, di un divorzio incombente e dei riflessi drammatici di questo nell'equilibrio di una famiglia destinata a rompersi, con il desiderio disperato della figlia che - nel più classico stile dei film da famiglia anni '80 - riesce a compiere una magia e trasformare i genitori in bambole animate, costrette a collaborare con rinnovato affiatamento per poter tornare alla propria vita. Già nel contrasto tra la pesantezza del tema trattato e i toni faceti del gameplay si nota qualcosa di strano, ben lontano dai canoni imposti dai blockbuster videoludici, ma a questo bisogna aggiungere anche la qualità del gioco vero e proprio e il divertimento che è in grado di scaturire, in un imprevedibilmente perfetto equilibrio delle parti.

Tra pesantezze e volo libero

It Takes Two, i due protagonisti sono una coppia in crisi, vicina al divorzio
It Takes Two, i due protagonisti sono una coppia in crisi, vicina al divorzio

Al di là del divertimento scaturito dall'azione sul controller, la cosa che colpisce maggiormente in It Takes Two, guardato nel suo complesso, è la sua capacità di raccontare una storia pesante da digerire con il piglio di un teen movie avventuroso degli anni '80, o un cartone animato Pixar. Intendiamoci, c'è qualcosa di bizzarro nel modo in cui il soggetto viene trattato, che tradisce forse un approccio un po' naïf da parte degli autori, ma questo è anche un po' il marchio di fabbrica di Fares, e basta vedere uno dei suoi storici interventi di fronte alle telecamere dei Game Awards per capire che non abbiamo a che fare con un sottile equilibrista della tensione psicologica. Insomma, la storia di It Takes Two alterna momenti di grande intensità a scene di umorismo in grado di far ridere di pancia, mettendoci in mezzo anche delle situazioni talmente assurde da mettere a disagio (il sadismo della scena dell'elefantino può rimanere impresso più di quanto si possa pensare), segno di una scrittura non troppo bilanciata, anche rispetto a certe sceneggiature mature e profonde che troviamo ormai soprattutto nell'ambito indie.

Tuttavia proprio in questa stranezza si ritrova la genuinità di Fares: il suo celebre dito medio alle major videoludiche - che fa ulteriormente sorridere pensando al fatto che i suoi giochi sono pubblicati da EA - non sembra mai legato a una strategia comunicativa ben calibrata.

It Takes Two propone il buon vecchio multiplayer con schermo condiviso
It Takes Two propone il buon vecchio multiplayer con schermo condiviso

Non è un istrione costruito in maniera un po' ipocrita, ma proprio una sorta di scheggia impazzita che, con questo gioco, ha dimostrato in pieno la propria genialità, pur mantenendo degli evidenti squilibri nei toni che si riflettono nell'alternanza di scene drammatiche, umoristiche e semplicemente folli, con un messaggio di fondo che forse non è nemmeno del tutto corretto (separazione e divorzio sono temi di una tale profondità e complessità da non poter essere semplificati in una serie di prove di coordinazione per poter tornare insieme, anche se l'idea resta comunque piacevole).

A rendere il tutto ancora più esplosivo, è successo che questo strano pastiche tra Kramer contro Kramer e Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi si sia casualmente basato su un gameplay magistrale.

Giochiamo insieme

It Takes Two: il Book of Love del Dr. Hakim costringe i protagonisti ad affrontare varie prove
It Takes Two: il Book of Love del Dr. Hakim costringe i protagonisti ad affrontare varie prove

Siamo talmente abituati a inseguire delle performance da rimanere spiazzati di fronte a un multiplayer cooperativo che richiede una totale coordinazione anche solo per effettuare azioni apparentemente basilari. A guardare bene, al di là della competizione diretta che ormai è imperante nei videogiochi, anche le co-op sono strutturate per far raggiungere obiettivi specifici, supportandosi a vicenda per ottenere un qualche vantaggio personale. Non sono molti i giochi che impongono di affidarsi semplicemente l'uno all'altro per poter oltrepassare ostacoli contro i quali siamo sostanzialmente impotenti da soli, potendoli affrontare solo lavorando in coppia con un perfetto affiatamento. Sotto molti aspetti, It Takes Two ricorda i tempi in cui, in mancanza di un multiplayer strutturato, ci si trovava a dividere i controlli di un singolo joystick per trovare l'intesa perfetta. "Io sparo e te vai": questo è il livello di collaborazione che il gioco di Hazelight richiede, ed è fantastico da ritrovare specialmente giocando in presenza con schermo condiviso, ma anche con un buon amico in cuffia.

L'impianto di base è già interessante, ma è impressionante anche la capacità con cui questo è stato espanso e modellato nel corso del gioco intero. It Takes Two è una continua sorpresa, un succedersi di idee brillanti applicati al level design, tanto da rendere incredibile il fatto che si tratti del primo tentativo in assoluto, per Hazelight, di cimentarsi in un action platform 3D, visto che i titoli precedenti erano strutturati in maniera decisamente diversa.

It Takes Two, i due protagonisti alle prese con una delle prove del gioco
It Takes Two, i due protagonisti alle prese con una delle prove del gioco

Al di là di una realizzazione tecnica notevole, supportata da una direzione artistica sempre molto coerente, quello che stupisce è una qualità dei controlli che si piazza dalle parti dei titoli Nintendo in termini di risposta e feedback, cosa che risulta indispensabile per sostenere un gameplay strutturato proprio sull'interazione variegata con gli scenari. A tutto questo si aggiunge un ritmo forsennato di idee e situazioni differenti, che davvero rendono impossibile annoiarsi, anche se alla lunga il riciclo di "gimmick" emerge, prima o poi. L'essere continuamente sbalzati da una situazione all'altra, in scenari completamente diversi, fa un po' perdere il filo di una progressione sensata, mettendo tutto il game design a servizio delle idee proposte nei singoli micro-eventi, con un effetto che può sembrare dispersivo, ma caratterizza tutta l'esperienza di gioco.

Nulla di scontato

It Takes Two ci porta in scenari e situazioni completamente disparate
It Takes Two ci porta in scenari e situazioni completamente disparate

In questo senso, la scelta del soggetto da parte di Hazelight rivela la sua genialità: It Takes Two è un platform 3D atipico perché presenta continuamente nuove soluzioni di gioco, pertanto non c'è nulla di scontato nella sua struttura e ogni livello è una sorpresa che va capita e affrontata insieme. Mettere sulla scena due personaggi litigiosi, che mal si sopportano a vicenda, ha molto più senso rispetto alle solite coppie di personaggi affiatati e vincenti: ad ogni nuova sfida devono capire come agire, non senza contrasti iniziali, e trovare un accordo perfetto dopo qualche tentativo, trasferendo perfettamente sullo schermo quelle che sono le sensazioni dei giocatori stessi. Le coppie di eroi dei videogiochi (Ratchet e Clank, Banjo e Kazooie, Jak e Daxter, per dirne alcuni) sono rodate e temprate da anni di esperienza, sanno esattamente come muoversi in coppia per affrontare le avversità e sfruttano a dovere le rispettive abilità per superare i problemi.

Cody e May non hanno alcuna voglia di vivere incredibili avventure insieme, non vogliono salvare il mondo e probabilmente nemmeno il loro matrimonio, almeno all'inizio: vogliono semplicemente tornare alla normalità e superare il prima possibile le assurde sfide a cui vengono sottoposti dall'"odioso" Book of Love del Dr. Hakim. In questo modo, affrontano gli ostacoli con uno spirito misto tra improvvisazione e capacità di adattamento: "proviamo così, anzi fai così, io faccio questo, tu fai quello".

Lo stile cartoonesco di It Takes Two ha una giustificazione nella storia
Lo stile cartoonesco di It Takes Two ha una giustificazione nella storia

Così emergono anche situazioni che mai avremmo avuto modo di vedere in un gioco strutturato secondo un canone standard: uccidere un'aspirapolvere risucchiandone gli occhi o condannare a "morte" un tenero elefantino sono situazioni che emergono coerentemente con la situazione in cui i due si trovano, in una progressione emotiva veramente poco ortodossa ma trascinante. Le reazioni dei due malcapitati avventurieri riflettono un po' quelle dei giocatori stessi e così accade anche per l'entusiasmo nel superare le avversità che risulta, in questo modo, ancora più genuino e credibile.

It Takes Two è un gioco che può risultare apparentemente naïf come costruzione, narrazione e modo di affrontare un soggetto importante, ma che proprio per questo motivo è schietto e genuino: abbandona molti dei canoni e delle sovrastrutture tipiche dei giochi moderni, mettendo da parte eroi e mondi da salvare nonché una progressione compatta perfettamente diretta per riproporre semplicemente la gioia di giocare insieme, concedendo ai giocatori il piacere della scoperta e la libertà di tentare, fallire e infine riuscire, affidandosi l'uno all'altro.