Alla fine ce l'ha fatta Microsoft a prendersi "ABK", ovvero il tris composto da Activision, Blizzard e King. Siamo alla fine di una telenovela durata quasi due anni e a un punto di svolta per l'intera industria dei videogiochi. Il processo di consolidamento va quindi avanti dopo aver visto diverse entità indipendenti cedere al gigante di turno, nessuna però grande come il conglomerato ABK ed è per questo che la notizia ha creato tanto scalpore, se non preoccupazione.
Ottimismo immediato
Gli effetti nel medio termine per i videogiocatori saranno soltanto positivi: Call of Duty continuerà ad uscire anche su PlayStation e probabilmente farà capolino persino sulla nuova console di Nintendo. Molto probabilmente verrà abbandonato il vecchio sistema Battle.net in favore di un pieno ritorno su Steam dei giochi Activision e Blizzard, oltre, naturalmente, all'arrivo scontato su ecosistema Xbox anche su PC. L'ultima buona notizia è che la maggior parte dei giochi della compagnia verrà messa a disposizione degli abbonati Game Pass, e non è detto che l'offerta non venga estesa all'analogo servizio di Sony, dove sono al momento presenti diversi giochi divenuti nel frattempo di Microsoft.
Quali strategie?
È sul lungo periodo che le cose potrebbero prendere una piega diversa e se vogliamo più buia. La probabilità che, finito il periodo di sovrapposizione tra passato e futuro, Microsoft trasformi queste nuove proprietà intellettuali in esclusive vere e proprie è piuttosto alta. Abbiamo visto cosa è accaduto alle produzioni Bethesda, no? Ci sono però due elementi che possono far ben sperare: il primo è Minecraft, rimasto multiformato anche dopo l'acquisizione, il secondo è la natura stessa di Call of Duty che può funzionare solo se disponibile dappertutto esattamente come Fortnite e qualsiasi produzione multiplayer di peso. C'è però anche da considerare che tra un quinquennio, quando la presenza di Call of Duty su PlayStation forse non verrà più data per scontata, sarà possibile giocare al titolo Activision in cloud praticamente su ogni schermo collegato in rete. Ci troveremo quindi davanti a necessità, nonché soluzioni, ben diverse da quelle di oggi. Sarà molto interessante vedere dipanarsi i piani di Microsoft, sempre che questi piani esistano davvero e non sia solo un acquisto compulsivo di software house come già avvenne in passato.
Occupare tutti gli spazi
Tutte queste acquisizione in fondo servono proprio a questo: a prepararsi al mondo videoludico che verrà, impedendo ad altri player di entrare nel mercato videoludico acquistando in blocco entità proprio come Activision, Blizzard e King. Le nostre teorie sono state confermate dallo stesso Phill Harrison che ha rivelato come Google abbia deciso di staccare definitivamente la spina a Stadia solo dopo che Microsoft ha fatto man bassa di Zenimax (quindi Bethesda, id Software, Arkane...). Effettivamente gli spazi di manovra sono oramai ridotti praticamente a zero, quel che resta fuori è per buona parte riconducibile al gruppo Embracer, Take 2, Sega, Electronic Arts, Ubisoft e pochissimi altri. E nessuno di questi si trova in una situazione finanziariamente rosea: ricordiamo che uno degli effetti negativi dell'aumento del prezzo medio dei videogiochi è stato un crollo delle vendite proprio dei titoli terze parti, senza considerare i le migliaia di licenziati che hanno contraddistinto l'ultimo anno videoludico.
L'opportunità
Il mondo dei videogiochi si trova in una strana situazione di mezzo: gli utenti non sono mai stati così tanti, eppure l'offerta fatica a conquistare un pubblico che si sta facendo fortunatamente sempre più selettivo, costringendo i grandi publisher a dei cambiamenti che però non hanno il coraggio, o i fondi necessari, di attuare. In soldoni: se Xbox ha comprato, significa che qualcuno ha venduto. Ma entrare a far parte di una grande e ricca famiglia, come quelle di Microsoft o Sony, ciascuna ricordiamolo con il proprio servizio on demand, potrebbe essere tanto una possibile svolta quanto l'ennesimo goffo tentativo di trovare una quadra a un business che arranca. Microsoft ha comprato una Activision da troppo tempo relegata quasi completamente a Call of Duty, una Blizzard che finalmente ha combinato qualcosa di buono con Diablo 4 dopo però tanti buchi nell'acqua, e King che è una storia di successo però dai connotati completamente diversi. Le cose stavano già andando piuttosto male, almeno dal punto di vista creativo. Microsoft invece potrebbe risvegliare diverse serie dormienti, tornare a valorizzare prodotti più piccoli ma anche più coraggiosi alla Pentiment.
Ricambio generazionale
Non possiamo sapere come proseguirà questa storia, possiamo però essere certi di una cosa: questa industria è sopravvissuta al crollo di Atari, a quello di Sega, all'assalto di Bandai e Apple, alla vendita di Rare, all'arrivo di Sony PlayStation e alla minaccia del mobile gaming e degli NFT e, nonostante tutto, è ancora in piedi. Ogni volta c'era chi dava i videogiochi classici per spacciati, e ogni volta siamo tornati a divertirci con i nostri hardware dedicati come se nulla fosse. Del resto, i videogiochi sono un medium giovanissimo, a tutti gli effetti il più giovane in circolazione, e il cambiamento e la mutazione sono parte integrante di ogni processo di crescita. L'importante in fondo è che per ogni Activision che viene comprata, nasca una Devolver Digital che in grado di prenderne il posto...