Vivi. Muori. Ripeti. Tre parole per racchiudere l'esperienza di qualunque titolo From Software cada sotto la classificazione di soulslike, anche solo parzialmente come potrebbe essere nel caso di Sekiro: Shadows Die Twice. Un leitmotiv che ci segue da dieci anni, tra ambientazioni dark fantasy e vittoriane dove muoviamo cauti i nostri passi solo per essere uccisi in malo modo persino dal nemico più insignificante di turno. Perché i soulslike non perdonano e se affrontare un boss può rivelarsi complesso, quando non una vera e propria frustrazione, spesso nella strada per arrivarvi si sgrana come minimo un rosario. La difficile vita dei non morti, cacciatori, shinobi al servizio di una causa più grande - ma non necessariamente nobile.
Eppure, tra imprecazioni e controller scaraventati per la stanza, i soulslike ci hanno regalato anche momenti indimenticabili, atmosfere da brivido e personaggi che hanno un posto speciale nel nostro cuore: per questo abbiamo deciso di stilare una lista di boss fight dei giochi From Software che, per un motivo o l'altro, ci sono rimaste impresse. Un compito tutt'altro che semplice, soprattutto perché ci siamo voluti limitare a un paio per gioco, ma la sfida è questa: cercare di cogliere il fascino di un titolo attraverso i suoi personaggi, una bellezza che non passa per forza da un combattimento ingegnoso, non soltanto almeno, ma anche dalla tragicità che li ammanta, dalla colonna sonora che accompagna uno scontro all'ultimo sangue, persino dal legame che abbiamo stretto con loro.
Demon's Souls: Maiden Astraea
Partiamo a marcia ingranata sulla strada della tragedia. Di per sé non è lo scontro a essere memorabile, sebbene l'idea che il cavaliere di Astraea, Garl Vinland, mantenga la propria posizione per impedirci di passare e non attacchi mai a meno di non trovarci a portata sia interessante. Il fascino di questa boss fight dipende esclusivamente dal personaggio in sé, dalla controversia che soprattutto accompagna Astraea: santa donna che ha intrapreso un pellegrinaggio per alleviare la sofferenza di coloro relegati nella Valle della Corruzione, l'orrore al quale ha assistito l'ha portata a rinnegare totalmente la sua fede e nel momento in cui la Nebbia è calata su Boletaria, anziché combatterla l'ha accolta scegliendo volontariamente di diventare un arcidemone - il primo umano a farlo nonché a mantenere il proprio aspetto, la sanità mentale e la personalità. L'ha fatto con l'intento di sfruttare il potere demoniaco per fare del bene e qui ci vengono offerte due chiavi di lettura: Astraea è davvero un faro di speranza, l'esempio che dal male è possibile ricavare qualcosa di buono, o piuttosto l'esempio di come l'oscurità possa corrompere anche il più puro dei cuori? Del resto non è stata la Nebbia a cambiarla per prima, quanto la crudeltà della Chiesa che serviva. Allo stesso modo, con il suo potere non ha davvero cambiato la realtà dei fatti, poiché i reietti della Valle sono rimasti tali a prescindere da quanto sollievo possa aver portato loro; senza contare poi che in quanto demone, il suo compito era diventato offrire anime all'Antico e per questo chiunque entrasse nella Valle veniva eliminato. Lasciamo la decisione a voi. In termini di game design, il suicidio di Astraea nell'attimo in cui uccidiamo Garl Vinland è la conclusione perfetta e unica di una tragedia annunciata.
Demon's Souls: Old King Allant
Senza ombra di dubbio uno dei boss più impegnativi di Demon's Souls, è un po' l'opposto di Astraea: Old King Allant lo si ricorda soprattutto per un combattimento dove la posta in gioco non è la sconfitta bensì i Livelli Anima che può sottrarci grazie all'attacco Soulsucker. Anzi, nel caso in cui i livelli persi dovessero accumularsi troppo, farsi uccidere è la soluzione migliore poiché potremo recuperarli dalla chiazza di sangue che rimarrà al nostro posto. Uccidere Allant non restituirà i livelli persi, il giocatore viene quindi sfidato non solo a preservarli tutti durante il combattimento ma anche a scegliere se siano più importanti quelli o una potenziale vittoria. Rapido e letale, si tratta di un avversario tanto impegnativo quanto soddisfacente da sconfiggere. In termini di lore, la figura che andremo a combattere non è davvero Allant, bensì un demone plasmato a sua immagine e somiglianza mentre le vere spoglie del sovrano riposano all'interno dell'Antico nella forma di una disgustosa (e debole) creatura. La questione più interessante della storia riguarda il figlio di Allant, Ostrava, che ha intrapreso un viaggio per smentire le dicerie sul padre solo per scontrarsi con una parziale verità.
Dark Souls: Sif/Artorias
Sono due boss ben distinti ma talmente legati tra loro che abbiamo deciso di considerarli come se fossero una cosa sola. Sif il Grande Lupo Grigio è il boss a guardia della tomba di Artorias il Camminatore dell'Abisso e la loro vicenda è la più tragica nell'intero l'universo di Dark Souls, seguiti compresi - non è un caso che Dark Souls: Prepare to Die Edition, dove viene espansa la loro storia, sia stato rinominato dai fan Prepare to Cry Edition. Pur senza conoscere fino in fondo le vicende che li legano, come del resto è stato per chiunque abbia giocato prima dell'espansione, lo scontro con Sif oscilla tra emozione ed epicità, con un discreto spazio per le legnate che nonostante tutto non ci lesinerà: del resto un lupo gigante che combatte tenendo fra i denti una spada altrettanto grande è di per sé d'impatto, aggiungiamoci la colonna sonora e siamo a posto. A rendere lo scontro ancora più difficile, sempre in termini emotivi, è la fine. Quando Sif è a un passo dalla morte gli si abbassano le orecchie, zoppica e i movimenti si fanno più lenti: e l'unico boss ad avere un tale cambiamento, il che rende ucciderlo un atto di pietà. Tutto questo giocando senza il DLC. Sfidando Sif dopo le vicende mostrate nel contenuto aggiuntivo, avremo un cambio nel filmato introduttivo in cui il lupo ci riconoscerà dall'odore ma nonostante tutto non potrà fare a meno di combatterci. Come aggiungere nuova tristezza a una tragedia già scritta.
Il Cavaliere Artorias è invece un boss unico del DLC, rimasto intrappolato nell'Abisso dopo essere stato sconfitto da Manus e corrotto dallo stesso (pur non avendo del tutto dimenticato la ragione della sua presenza lì, tanto da rendercene consapevoli in alcuni dialoghi tagliati). Saremo noi a donargli la pace che merita, dopo uno scontro all'ultimo sangue piuttosto impegnativo sebbene Artorias non possa utilizzare un braccio (quello con cui reggeva lo scudo, dato a Sif per proteggerlo creando attorno a lui un cerchio magico).
Dark Souls: Ornstein e Smough
Esiste davvero un boss che più di chiunque altro, in Dark Souls, vi abbia reso dissacranti? Soprattutto nel momento in cui realizzate che c'era un ordine preciso in cui eliminarli per non complicarsi anche troppo la vita? Probabilmente no. Ornstein e Smough sono iconici, nel primo capitolo della serie, quanto Sif e Artorias sebbene ragioni molto meno nobili. La coppia di guardiani che vi preclude l'accesso alla stanza della principessa Gwynevere gode di un ottimo gioco di squadra ed è facile cadere in inganno pensando che Smough, considerata la stazza, sia lento: lo è certamente più di Ornstein, che diventa una fastidiosa spina nel fianco se cercheremo di abbattere prima il compagno. Essendo però questa soluzione sconsigliata, concentrarsi sul Cavaliere di Gwyn rimane la scelta migliore in ogni senso possibile. Tuttavia, se già due nemici normali possono risultare fastidiosi in Dark Souls, non è difficile immaginare il filo da torcere che due boss al par loro possono dare. Solaire "Loda il Sole" di Astora si rivela un valido alleato, nel breve tempo che gli viene concesso da queste due macchine di morte.
Dark Souls II: Peccatrice Perduta
Dark Souls II è il titolo della serie che non spicca in particolar modo per boss memorabili, a prescindere dalla ragione. Non è stato affatto facile trovarne qualcuno che ci abbia colpito ma alla fine la prima scelta è ricaduta sulla Peccatrice Perduta, per l'interessante meccanica dei bracieri da accendere prima di cominciare lo scontro: si sa poco del suo personaggio, se non che si autoflagella per i peccati del passato e in particolare per quello peggiore di tutti - aver provato a riaccendere la Prima Fiamma. Oltre a questo, porta con sé un frammento di uno dei quattro Lord, la Strega di Izalith, a riprova di come nonostante lo scorrere del tempo il suo potere persista. La strategia dei bracieri, accessibili dopo avere lottato contro i Gargoyle della Campana, ci permette di tenere sempre traccia della Peccatrice ed evitare da parte sua un continuo utilizzo dei suoi attacchi più potenti, ovvero l'affondo e il salto con schianto. Al di là di questo e un richiamo alla Maschera di Ferro, la boss fight non spicca granché ma molto più di altre decisamente dimenticabili.
Dark Souls II: Re d'Avorio
Con i DLC, Dark Souls II ha alzato abbastanza l'asticella dei boss e ne ha presentati almeno un paio meritevoli, tra i quali abbiamo optato per il Re d'Avorio. Come la Peccatrice Perduta, anche questa boss fight ci è rimasta in mente per il modo in cui è stata gestita: girando per tutta Eleum Loyce è possibile infatti trovare e liberare tre Cavalieri di Loyce che ci assisteranno nello scontro, assieme a un quarto che sarà già presente sul posto. Dopo aver sconfitto le versioni "bruciate" dei cavalieri che escono dai portali, tre di loro di sacrificheranno per chiudere i portali impedendo ad altri nemici di uscire e lasciandoci da soli in un duello all'ultimo sangue contro quello che un tempo fu il misericordioso Re d'Avorio, prima che venisse divorato dalle fiamme del Caos. Pur non dimostrandosi impegnativo quanto il Cavaliere della Nebbia, rimane uno scontro che chiede una buona dose di impegno.
Dark Souls III: Sorella Friede
Con Dark Souls III si ritorna all'eterna indecisione su quale sia il boss migliore. Ancora una volta ci siamo trovati di fronte a una scelta difficile ma nel mazzo abbiamo ritenuto che Sorella Friede sia fra i più memorabili, per contesto, colonna sonora e intensità: è uno di quegli scontri in un continuo crescendo, pronto a ricordarci come Dark Souls sia una serie implacabile e ci illuda di essere al sicuro prima di colpirci con più forza di prima. Nel caso specifico, parliamo di un combattimento diviso in tre parti che aumentano di profondità fino a esplodere in un duello finale veramente impegnativo. Odioso e bellissimo al contempo, la lotta contro Sorella Friede dà lustro grazie al DLC a un gioco base di per sé ottimo. Da personaggio non ostile ne "Il dipinto di Ariandel", scopriremo esserne invece il boss finale. Friede è la più anziana tra le sorelle che hanno fondato la Chiesa Nera di Londor ed è inoltre una Fiamma Sopita, suggerendo che abbia tentato di vincolare o di usurpare la Prima Fiamma e, indipendentemente, abbia fallito il tentativo.
Dark Souls III: Abyss Watchers
Boss fight memorabile per come si svolge e gli evidenti richiami ad Artorias, gli Abyss Watchers sono rinchiusi in un interminabile loop a causa del loro giuramento di distruggere qualunque manifestazione di quell'Abisso che per primo Artorias ha cercato di debellare, venendone però consumato. Per questo motivo, nell'approcciare lo scontro, li vediamo uccidersi fra di loro e più in generale il pavimento disseminato di cadaveri: alcuni hanno ceduto all'Oscurità e sono stati corrotti, costringendo i compagni ad attaccarli nel tentativo di annientarli. Ed è la ragione per cui, a un certo punto, tre di loro prenderanno parte al combattimento - due come alleati e uno ostile - nel corso della prima fase, durante la quale ci sembrerà di essere degli estranei in un conflitto che non ci appartiene. L'abbigliamento degli Abyss Watchers, la guarigione del sangue a cui assistiamo durante la seconda fase e il calice che rivela la via del sotterraneo sono un evidente riferimento a Bloodborne.
Bloodborne: Lady Maria
Gli Abyss Watchers ci offrono un collegamento diretto per passare a Bloodborne, un soulslike slegato dall'universo di Dark Souls, ambientato nella decadente Yharnam dallo stile gotico e vittoriano, e sua volta ricco di boss fight memorabili. Tra questi non possiamo che citare anzitutto Lady Maria della Torre dell'Orologio Astrale, uno dei personaggi più misteriosi del gioco ma proprio per questo affascinanti, presentata nel DLC "The Old Hunters". Discendente dei Vilesangue, spiega la ragione per la quale possa utilizzare gli attacchi di sangue e il suo probabile, seppur fallimentare, tentativo di suicidio che mette in luce l'impossibilità di morire per chiunque appartenga a quella famiglia. A dispetto della sua discendenza, è stata una dei primi cacciatori a prender parte alla caccia sotto la guida di Gehrman, finendo col preferire l'uso di un'arma basata su destrezza e abilità (Rakuyo) anziché affidarsi al sangue. Quella stessa arma sarebbe in seguito stata gettata via da lei stessa, si suppone disgustata dal massacro compiuto al Villaggio dei Pescatori cui avrebbe preso parte. Durante il combattimento utilizzerebbe una replica, poiché quella vera viene trovata dal giocatore. Il fascino di un'ambientazione come la Torre dell'Orologio e il mistero dietro il personaggio di Lady Maria (di cui forse ci sarebbe piaciuto saperne ancora) rendono uno scontro già di per sé impegnativo ancora più coinvolgente.
Bloodborne: Gehrman
Dall'allieva al maestro. Lo scontro con Gehrman non è impegnativo di per sé ma senza dubbio evocativo, grazie soprattutto a una traccia musicale d'eccezione. Legato al Sogno del Cacciatore dalla sua stessa ossessione verso Lady Maria, della quale non ha mai accettato la scomparsa al punto da appellarsi a forze oscure per cercare nella Bambola da lui costruita una sostituta, senza però riuscirci. La sua è una figura essenziale in Bloodborne, l'inizio e la fine potremmo dire, il Primo Cacciatore e l'ultimo a sopravvivere in un interminabile sonno, eccezion fatta per il giocatore che si farà carico di liberarlo dal suo tormento (oppure no, la scelta dipende da noi). A dispetto della sua età, quale che sia, e del fatto di averlo sempre visto su una sedia a rotelle, Gehrman si dimostra perfettamente in grado di combattere - se non accettiamo la sua offerta finale - e dare vita a un serissimo combattimento.
Sekiro: Emma la Lama Gentile
Questo è uno di quei combattimenti sofferenti e sofferti, la cui potenza nasce tutta dal personaggio e dal rapporto che si viene a stabilire. Emma è un personaggio peculiare, un medico addestrato all'utilizzo della spada, ma soprattutto un'alleata: il suo è uno scontro che vi sarà difficile sbloccare nel corso della prima partita, a meno di non avere un allineamento che si può definire del caotico malvagio a un certo punto della storia. Non è un caso dunque che l'intensità di questo duello si percepisca con maggior forza in una seconda run, quando avrete imparato a conoscere Emma fino in fondo. Debole se analizzata sotto il profilo dei punti vita, si dimostra invece letale se sottovalutata perché dalla sua ha pochi ma efficaci colpi e una rapidità non indifferente. Non sono però questi i motivi per cui Emma ci è rimasta impressa bensì per la costruzione della scena che precede l'effettiva lotta. Le inquadrature, le luci e le poche parole pronunciate dipingono un quadro agrodolce e anticipano un combattimento all'ultimo sangue cui vorremmo assistere come spettatori, anziché esserne parte attiva. Pur non avendo la stessa forza emotiva del lupo Sif, è forse la boss fight che più gli si avvicina.
Sekiro: Isshin il Santo della Spada
A mani basse, la miglior boss fight di Sekiro perché mette definitivamente alla prova tutto ciò che il gioco ha insegnato fino a quel momento: una serie di quattro combattimenti uno in seguito all'altro, senza un attimo di respiro che non sia un filmato subito dopo il primo, in cui la velocità di reazione va di pari passo con quella di pensiero. Un duello che chiederà tutto l'impegno possibile, la capacità di leggere attraverso il nemico e anticiparne gli intenti, una serie non indifferente di sconfitte e imprecazioni fantasiose al termine delle quali ci aspetta tuttavia la ricompensa migliore che qualunque gioco potrebbe offrirci: la sensazione di essere davvero evoluti come giocatori, di aver assorbito più di quanto avremmo creduto possibile. Vi basterà giusto ricominciarlo da capo per realizzare quanto sia vero. Isshin è uno scontro implacabile, dal ritmo serrato, dove anche un solo errore potrebbe costarvi caro, ma il coinvolgimento e la scarica di adrenalina che ne conseguono sono le sensazioni più belle che si possano provare durante una boss fight.