Il più famoso dei vampiri qualche videogioco l'ha avuto, a partire dai quattro tie-in dedicati a Dracula di Bram Stoker per arrivare alla lunga serie di avventure pubblicata da Microïds, e benché molti di questi titoli siano dimenticabili, è ben più di quanto sia stato dedicato ad altri mostri celebri come la Mummia, la cui più recente apparizione cinematografica è disponibile su Infinity, il Dottor Jekyll e Frankenstein, tanto popolari al cinema e in TV quanto dimenticati nei videogiochi. Tutti e tre, infatti, non bazzicano console o PC dagli anni novanta e nessuno di loro è ricordato per aver rivoluzionato il mondo dei videogiochi, benché il Frankenstein: Through the Eyes of the Monster in versione Sega Saturn, con il Tim Curry di The Rocky Horror Picture Show e It, meriti senza dubbio una menzione. Il panorama però è a dir poco avaro di tributi nei confronti di creature che continuano a plasmare il genere horror, attirando frotte di spettatori quando si presentano sul grande schermo. Ed è un peccato tanto per i mostri più celebri quanto per esseri meno in vista come l'Uomo Invisibile, come Bigfoot e come tante altre leggende del terrore che potrebbero essere intriganti tanto come nemesi quanto come protagonisti di avventure, giochi di ruolo e quant'altro. A dimostrarlo basta il Dracula di Castlevania, motore di una serie che pur ispirata vagamente all'opera di Bram Stoker ci ha regalato perle assolute che hanno combinato l'evoluzione di un genere con un'ambientazione indimenticabile.
Mostri: nemesi perfette e protagonisti intriganti
La raffigurazione delle paure è il modo più comune per esorcizzarle, per renderle qualcosa di tangibile da cui scappare. Figli di questo bisogno, mostri come Frankenstein, Wolf Man, il Dr. Jekyll e l'Uomo Invisibile incarnano l'orrore in quanto parte integrante l'umanità più profonda, torreggiando rispetto alla gran parte delle nemesi e degli anti-eroi che ci vengono proposti oggi, ed è un peccato che siano snobbati nei videogiochi contemporanei. Un'avventura grafica a bivi dedicata all'Uomo Invisibile, di quelle che oggi hanno un gran successo se sviluppate con cognizione di causa, consentirebbe a uno sviluppatore di trattare temi di certo non abusati nel videogioco come la questione morale, quelle pulsioni umane che si scatenano quando nessuno ci vede e la privacy, garantendo al contempo una dimensione stealth diversa dal solito e un protagonista di spessore che nel mondo dei videogiochi ha messo piede solo attraverso un'avventura a schermate fisse di media qualità. Eppure sono proprio ingredienti di questo tipo che valgono alle serie TV sia premi che pubblico, e sono gli stessi che regalano una dimensione più matura, spesso esaltata da critica e fan, a diversi videogiochi. Videogiochi di una nicchia che non interessa a molti sviluppatori parecchi dei quali, tra l'altro, sono ancora alle prese con il limiti di un medium che fatica a superare certi confini tra pregiudizi assortiti e soglia di attenzione del pubblico. Ed è proprio in relazione a quest'ultima che è bene non dimenticare l'importanza della percezione di determinati personaggi nell'immaginario comune. Il Fantasma dell'Opera è un vecchio noioso mentre il Gobbo di Notre Dame è ormai un personaggio Disney tra l'altro presente in Kingdom Hearts 3D: Dream Drop Distance. Inoltre i mostri Universal hanno incassato un brutto colpo con la frenata del Dark Universe, probabilmente causata dalle polemiche e dagli incassi della Mummia con Tom Cruise. Com'è ovvio che sia buona parte del flop dipende dalle scarse qualità della pellicola, ma potrebbe anche evidenziare come la natura di alcuni dei mostri più classici si incastri male con la sterile azione condita dagli effetti speciali. Eppure abbiamo visto trionfare persino l'inferno di Dante in versione action e pensare un qualcosa di simile basato sull'Uomo Lupo non è per nulla difficile, così come non è complicato immaginare concept interessanti che abbinino creature leggendarie a generi consolidati senza per forza indugiare sulla pura azione. I videogiochi, lo sappiamo, hanno la capacità unica di trasformare lo spettatore in attore protagonista. Il ruolo attivo riempe i vuoti, crea meccaniche, giustifica e coinvolge il giocatore, combinando testi complessi con azione, stealth e quant'altro. Un videogioco può essere straordinariamente complesso, articolato e vario, può incorporare nel gameplay le abilità di una creatura in svariati modi trasformando un mostro in protagonista e può affondare gli artigli nel pensiero più profondo senza paura di risultare noioso. Certo, è più facile mettere in piedi uno sparatutto o un MOBA, ma gli sviluppatori capaci di andare ben oltre non mancano e speriamo che nel prossimo futuro colgano l'occasione di ripescare, rinfrescare e dare il giusto spazio ai mostri che hanno dato una forma, benché non sempre definita o antropomorfa, alle paure dell'umanità.
Demoni interiori e altre creature leggendarie
Antropomorfizzare la paura non è facile, e non è un caso che l'uomo nero non abbia una forma definita benché porti un nome che richiama ben altro. Dietro a possibili questioni razziali, infatti, c'è il babau o boogeyman o anche jabberwocky, la leggendaria creatura che ha un corrispettivo in ogni angolo del globo, ovunque un genitore abbia la necessità di creare uno spauracchio comprensibile per un bambino o provi il sadico desiderio di terrorizzarlo com'è stato terrorizzato lui da piccolo. E in questo caso qualche corrispettivo ce l'ha anche nei videogiochi horror che hanno adottato l'ineluttabilità della fine come meccanismo per impaurirci sempre di più, sfruttando anche la realtà virtuale per evitare che i nostri sensi ci aiutino a mantenere la calma. Manca però un titolo, magari un gioco di ruolo a metà tra l'immaginario e il reale, che guardi in profondità un meccanismo che ci riguarda tutti, così come manca un videogioco degno di questo nome dedicato a Moby Dick, un mostro che affonda le radici nelle credenze dei tempi del mito, una creatura che è il simbolo di tutto ciò che sfugge alla comprensione dell'uomo e l'incarnazione bestiale dell'ossessione che scaturisce dalla paura dell'ignoto. Pensando a una trasposizione ludica ci rendiamo senza dubbio conto delle complicazioni del caso, che vanno dall'ambientazione marittima all'unico e inafferrabile nemico, ma l'arrivo della realtà virtuale e l'evoluzione delle avventure grafiche rendono abbastanza semplice immaginarsi sulla prua del Pequod, magari nel bel mezzo di una tempesta, impegnati in una lotta contro i demoni dell'animo umano. Demoni che tra l'altro hanno già il loro posto nel gaming. Più volte la passione degli sviluppatori per Lovecraft ha messo in luce come il terrore alieno che emerge dal nostro abisso interiore funzioni decisamente bene con i videogiochi e questo ci porta direttamente in Cecoslovacchia, quando questa esisteva, alle calcagna di una creatura che pur mostro è una vittima di quell'orrore che si chiama normalità. Trasporre in un videogioco un qualcosa come La Metamorfosi non è facile, lo sappiamo, ma è proprio per questo che citiamo il capolavoro di Kafka che un videogioco di qualità l'ha avuto, corto e modesto ma decisamente interessante, e potrebbe presto averne un altro grazie a Ovid Works. Ed è abbastanza per affermare che quando si parla di videogiochi non c'è quasi nulla di impossibile, a prescindere dal genere, tanto da farci sognare un destino digitale migliore per quei mostri che ci guardano dentro come nessun altro. Mostri vulnerabili, mostri sfaccettati e mostri umani che hanno tutte le carte in regola per essere protagonisti o antagonisti di titoli capaci di spaziare dall'intimo allo spettacolare, anche scopiazzando e stravolgendo le opere originali laddove la novità possa portare qualcosa di sensato. Basti pensare al Calibano di Shakespeare, all'Efialte delle Termopili, al Barbablù l'ammazzamogli e al Bigfoot con tutta la mitologia che si trascina dietro. Per tutte queste creature lo spazio per creare videogiochi più o meno semplici abbonda, e speriamo con tutto il cuore che prima o poi qualcuno decida di occuparlo.