Due anni fa, Demagog Studio si è svelato al mondo con Golf Club: Wasteland, un bizzarro gioco di golf dalla narrazione malinconica e affascinante. Quel gioco è diventato il punto di partenza per un progetto piuttosto ambizioso, quantomeno se consideriamo la natura indipendente dello studio di sviluppo serbo. Nella mente del fondatore e direttore creativo Igor Simic, infatti, c'è il percorso di un universo narrativo che lega fra loro videogiochi e altri medium, provando a fare in modo che si parlino fra di loro. Non è certo una novità assoluta, anzi, la cosiddetta "crossmedialità" è stata spinta per anni da grossi publisher come Microsoft ed Electronic Arts ed è in fondo quel che più di recente è stato fatto attorno a giochi come Overwatch, Fortnite e altri, ma vedere uno studio indie impegnato a inseguirla con questa convinzione è decisamente più raro.
La fonte d'ispirazione
Come nasce, questa cosa? Forse dal fatto che Igor Simic non era destinato a sviluppare videogiochi. "Ho studiato alla Columbia University a New York," ci ha raccontato quando lo abbiamo incontrato a Dubrovnik durante il Reboot Develop Blue 2022, "e avevo seguito un corso, per un semestre, tenuto da Paul Schrader." Era il 2011, quando tutti nel mondo del cinema parlavano di Avatar, ma lo sceneggiatore di classici come Toro scatenato e Taxi Driver e regista di grandi film come First Reformed e Il collezionista di carte aveva ben altro per la testa. Secondo lui, racconta Simic, sarebbe stato meglio lasciar perdere il cinema e imparare a programmare. "Schrader disse che Grand Theft Auto fa più soldi, ha un pubblico molto più ampio ed è più interessante dal punto di vista della sperimentazione sulla narrazione tramite l'interattività. Disse che nel settore del cinema sono isolati, pensano che Avatar costituisca un cambio di paradigma, quando in realtà il vero game changer è GTA. Contemporaneamente, nel mondo dell'arte, Marina Abramovic, che tra l'altro è serba come me, aveva in corso una retrospettiva e disse che non è rilevante se pensi che l'arte sia valida o meno. La parte interessante è l'interazione, il sederti davanti a questa donna, guardarla negli occhi e interagire con lei. Non è un dipinto appeso al muro. Quindi, se trovi un modo per unire Marina Abramovic e Grand Theft Auto hai creato un'opera d'arte nuova."
L'importanza della contaminazione
In seguito a quell'incontro, Simic decise di non proseguire gli studi con il Master che aveva previsto e si mise a girare cortometraggi e sperimentare coi videogiochi. Per farlo, dovette riallacciare i contatti con i suoi vecchi compagni di scuola a Belgrado, che avevano studiato programmazione, e assieme si misero a sperimentare, sotto l'etichetta Demagog Studio, per dare vita ai progetti artistici di Simic. Dopo qualche tempo "mi han detto che l'arte era bella, ma magari era il caso di provare a creare qualcosa che avesse un potenziale commerciale. E abbiamo cominciato così."
Nel mentre, Simic stava comunque iniziando a ottenere riconoscimenti con le sue opere in ambito cinematografico, eppure ha deciso lo stesso di spostare l'attenzione sui videogiochi. "I miei cortometraggi sono andati a qualche festival, ma sono stati ricevuti in maniera migliore dal mondo dell'arte contemporanea. Una galleria in Germania mostrava i miei lavori e in qualche modo ho trovato un mio spazio su quella scena. Ma non sono un grande fan del mondo dell'arte, è sostanzialmente una specie di bolla composta da gente molto ricca. Però mi garantisce una certa libertà di espressione e credo che sia quella libertà a permettermi di trovare le idee per i videogiochi." L'obiettivo di Simic, comunque, è mescolare arte, videogiochi e cinema, anche perché pensa davvero che quella sorta d'integrazione costituisca il futuro dell'intrattenimento, dei rispettivi medium, anche da un punto di vista commerciale. E poi, la mescolanza è fondamentale anche dal punto di vista della creatività, tant'è che in Demagog Studio lavorano un architetto con un background nel cinema d'animazione e chi si occupa della componente sonora ha fatto il DJ a Tokyo per un decennio.
Simic, tra l'altro, pensa che sia ora di abbandonare i complessi d'inferiorità rispetto alle altre forme espressive: "Penso che ormai i vari medium si trovino tutti sullo stesso piano, senza più le gerarchie di un tempo. Tra l'altro, se ci pensi, gente come Fellini o Pasolini, i grandi registi italiani, già lo facevano! Pasolini scriveva poesie, era politicamente attivo tramite il suo cinema, lavorava a teatro. Visconti ha fatto opera e cinema. Fellini disegnava in maniera meravigliosa. Penso che se fossero attivi oggi, sperimenterebbero con i vari medium."
Tra l'altro, il cambio nei rapporti tra le forme espressive è inevitabilmente legato anche a una questione generazionale. I nuovi autori sono cresciuti avendo una familiarità con la tecnologia e i videogiochi che difficilmente apparteneva alle generazioni precedenti e questo si sente, si respira, anche per chi magari non è strettamente un videogiocatore. "Io non sono mai stato un grande appassionato," confessa Simic, "anche se ho giocato un po' da bambino e comunque, crescendo circondato dai computer, hai certamente maggiore familiarità." Ma lo si vede anche nel cinema moderno, così influenzato dal videogioco, a volte anche in maniere inconsapevoli: "Fa parte dello zeitgeist. E in generale penso anche che molto, nell'estetica del cinema contemporaneo, sia influenzato da internet e dall'estetica digitale. La serie TV Euphoria è sostanzialmente un lunghissimo videoclip musicale. The End of the Fucking World è adattato da un fumetto ma ha questa estetica che sembra quasi essere una rilettura non vintage di Wes Anderson, è il Wes Anderson dei millennial."
Questa contaminazione incessante è ancora un work in progress e secondo Simic bisogna trovare la sintesi corretta fra le varie forme espressive. "Ne stavo parlando con un famoso regista croato, Lordan Zafranović, che è quasi ottantenne ed è convinto che noi giovani non abbiamo ancora definito l'estetica di questo nuovo cinema digitale. Ed è interessante. Forse il cinema digitale non è la stessa cosa che viene fatta su pellicola fin dalle origini. Forse è un modo diverso di raccontare storie che richiede un'estetica diversa e per questo nel cinema contemporaneo si stanno sfumando i confini tra cinema e videogioco."
Prima il golf, poi la tattica, quindi le piattaforme
Come è nato il progetto di Golf Club Wasteland, che per altro ha da poco avuto seguito con High Water e vede all'orizzonte un terzo gioco, The Cub? "La cosa è iniziata quasi per scherzo. Quando era ormai evidente che Trump sarebbe stato un candidato presidenziale, Elon Musk stava diventando un imprenditore/celebrità, Bernie Sanders parlava dell'1%... Poi capitò quell'episodio di Trump che voleva utilizzare un terreno in Scozia per costruire dei campi da golf ma incontrò opposizione, mentre Musk parlava di andare a vivere su Marte... Mi venne l'idea. Uno scenario da catastrofe climatica in cui il 99% della gente è morto e una persona ha spazio per giocare a golf dove vuole. L'1% si trasferisce a Tesla City, su Marte, in attesa della morte di tutti noi altri rimasti sulla terra."
Da questa idea, Simic ha iniziato ad estrapolare spunti per proseguire il discorso in modi diversi, a cominciare dalla creazione di Radio Nostalgia From Mars, la stazione ascoltata dal protagonista di Golf Club Wasteland, che è diventata la colonna sonora del gioco disponibile sulle varie piattaforme di streaming. E gli spunti narrativi usciti da quella stazione radio, dal mondo di gioco, dai personaggi, sono diventati materiale per realizzare dei cortometraggi animati. "Mi sono ritrovato con persone che mi dicevano di essersi abituate ad ascoltare la radio per addormentarsi, senza aver mai giocato al gioco. In questo senso aiutavano anche i video su YouTube, che davano una connessione anche visiva al mondo senza che fosse necessario giocare al gioco. Insomma, è una cosa nata in maniera naturale."
L'intero progetto ha continuato a svilupparsi così, in maniera organica, senza che ci fosse necessariamente un piano definito fin dall'inizio. Sul finale di Golf Club Wasteland, il protagonista incontra un ragazzino. Perché non raccontarne la storia? Così è nato The Cub, un omaggio ai platform game disneyani anni Novanta, a cominciare da Il libro della giungla, ambientato in un futuro post apocalittico che pesca dall'architettura brutalista in cui Simic è cresciuto a Belgrado, che ci infila dentro "l'hip hop americano, ma anche quello italiano, quello francese, anche perché spesso nasce da immigrati, tra virgolette, che sono cresciuti ai margini delle metropoli in quei paesi e raccontano le loro storie... e di solito indossano magliette sportive. C'è qualcosa di interessante nel prendere quegli spunti, mescolarli e piazzarli nel futuro."
Altrettanto naturale l'ideazione di Highwater: "durante gli allagamenti in Serbia nel 2017, ho dato una mano dove necessario e ho notato la trasversalità estetica della cosa. La Serbia è un paese piccolo, ma quando ero negli USA ho visto gli allagamenti a New Orleans, di recente ce ne sono stati in Germania... è un fenomeno mondiale. E ho pensato all'idea di un personaggio in mezzo a un allagamento una settimana prima che i ricchi partissero per Marte, che vuole entrare nell'astronave riservata allo 0,1%, ai super ricchi. In quel senso, è una storia di migranti."
No ai predicozzi
Quindi, per Simic, quanto è importante comunicare qualcosa attraverso i suoi videogiochi? "Quello che facciamo, semplicemente, è prendere spunto da ciò che ci circonda per creare l'ambientazione. Ci basiamo sulla realtà, non è solo fantasia. Ma non vogliamo fare la predica. E francamente non penso che i film, l'arte, i giochi, la musica, debbano insegnare qualcosa a chicchessia. Sono delle esperienze e, se sono di valore, quelle esperienze possono essere commoventi, avere un significato, essere, ricche, arricchirti, essere fresche, farti crescere. Ma nessuna di queste parole che ho appena usato è moralista. Fanno parte di un vago reame che ha come una sua forza vitale. Per esempio, Shadow of the Colossus non ti insegna niente in maniera diretta. Ma c'è qualcosa. O ancora, in questo momento, al MoMA, a New York, c'è un'esposizione sui videogiochi. Caspita, i videogiochi sono entranti nel mainstream dell'arte contemporanea. Al MoMA! Ma quali giochi? Se vai sul sito ufficiale, c'è Getting Over it With Bennet Foddy. Il suo creatore è un professore alla NYU e il gioco è su un tizio con un piccone che scala una collina. È il mito di Sisifo in un videogioco, con una meccanica interessante, quasi fisica nel modo in cui devi giocare. Ha un messaggio che non è veramente chiaro, netto. E altri giochi in quella mostra sono incentrati soprattutto sull'interazione."
Insomma, secondo Simic sono altri i mezzi per veicolare un messaggio in maniera diretta, per esempio la politica, il giornalismo, la scrittura di libri. I videogiochi, dice, sono delle esperienze. "Se pensi al Giudizio universale nella Cappella Sistina, è un capolavoro non perché insegna qualcosa, ma per la sua potenza artistica. Io voglio tenermi lontano da questa visione delle cose secondo cui si devono usare i videogiochi per insegnare qualcosa, a meno di situazioni specifiche." Simic menziona infatti una scuola svedese in cui è stato utilizzato The Secret of Monkey Island per insegnare la lingua inglese, o un editore di libri scolastici americano che pubblicava videogiochi educativi, definendole applicazioni interessanti del medium videogioco. Ma, conclude, "sono davvero convinto che sia pessimo quando un creativo decide di voler insegnare una lezione alla gente."