Sdoganato soprattutto da Square Enix coi suoi Final Fantasy, oggi il Japanese Role Playing Game è uno dei generi più amati in questo mercato e conta perciò milioni di estimatori e appassionati che seguono con attenzione ogni release, dalle più pubblicizzate a quelle che passano in sordina. Ma se provate a chiedere se conoscono Nihon Falcom, la maggior parte di questi fan strabuzzerà gli occhi e aggrotterà la fronte. Dopo tutto stiamo parlando di uno sviluppatore giapponese che negli ultimi anni ha pubblicato quasi soltanto Ys e The Legend of Heroes, che magari avete pure giocato senza sapere che Nihon Falcom ha quasi quarant'anni sulle spalle: la compagnia esiste infatti da prima della suddetta Square, e le menti dietro a Final Fantasy o Dragon Quest si sono ispirate anche ai videogiochi di ruolo sviluppati da Falcom.
Origini stellari
Masayuki Kato fonda Nihon Falcom nel marzo del 1981, battezzandola in un modo piuttosto originale: Nihon (日本) ovviamente sta per Giappone, mentre Falcom è un gioco di parole ispirato a Star Wars. Kato era infatti un grandissimo fan di Guerre Stellari, perciò pensò al Millennium Falcon di Han Solo e storpiò il nome in Falcom (ファルコム) perché quel -com finale fosse l'abbreviazione di computer: l'azienda, infatti, non era nata come uno sviluppatore di videogiochi, ma come un centro di assistenza tecnica, tant'è che Kato aprì un negozio Apple a Tachikawa, Tokyo, che poi è ancora la sede della compagnia dopo tanti anni. Nonostante le origini strampalate, Nihon Falcom debuttò nel mercato videoludico appena un anno dopo con Galactic Wars per PC-88, e a seguire pubblicò software di ogni genere, oltre ai videogiochi, per esempio programmi di scrittura e titoli hentai. Nel 1983, però, Falcom tentò coraggiosamente una nuova strada con Panorama Island, il suo primo RPG e uno dei primissimi videogiochi di ruolo ad affacciarsi sul mercato nipponico.
L'ottimo riscontro del pubblico convinse la società a investire sul genere, uscendo pochi mesi dopo con Demon's Ring, un'avventura per PC molto innovativa: all'epoca, praticamente tutti i giochi dovevano caricare le immagini ogni volta che il giocatore si muoveva in un ambiente, ma Demon's Ring lo faceva senza pause o transizioni. Il titolo attirò l'attenzione di Yoshio Kiya, un giovane programmatore che si fece assumere lo stesso anno con un'idea in testa che si chiamava Dragon Slayer: un nome che potrebbe sembrarvi estremamente banale, ma che in quegli anni influenzò gli stessi designer che, in seguito, diedero i natali a Dragon Quest, Final Fantasy, The Legend of Zelda e Phantasy Star. Kiya si era appassionato a Wizardry e Ultima, ma aveva voluto aggiungere il suo tocco nipponico alla formula, una formula che poi si sarebbe trasformata in un genere a sé stante col passare degli anni. Nihon Falcom, in un certo senso, ha inventato il JRPG, ma ha sempre mantenuto un profilo piuttosto basso, puntando sui suoi brand più famosi e sugli eventuali spin-off come Xanadu o Brandish, ma soprattutto Ys, prolifica serie che proseguirà presto con un nono episodio, alla quale abbiamo peraltro dedicato un'intera Monografia che vi consigliamo di leggere se volete saperne di più.
Intervista a Toshihiro Kondo
Abbiamo potuto porre alcune domande a Toshihiro Kondo, presidente dell'azienda che ci ha raccontato come è entrato nel team, quali caratteristiche distinguono Falcom e dove intendono andare in un panorama, quello dei videogiochi moderni, sempre più complesso.
Come è nata Falcom? Parlami dell'inizio dell'azienda.
Falcom è stata fondata negli anni '80 a Tachikawa, nei pressi di Tokyo. Al tempo non ero all'interno dell'azienda. Sono quasi quarant'anni che Falcom è attiva, qualcosa di abbastanza unico nel panorama dei videogiochi. Questa longevità è uno dei nostri principali motivi d'orgoglio.
Come sei finito a lavorare per loro?
All'inizio ero un semplice fan dell'azienda. Al tempo dell'università realizzai un fan site dedicato ai loro giochi: questa iniziativa mi permise di incontrare l'azienda e le persone che ci lavoravano, mi innamorai subito dell'idea di farne parte.
Siete considerati i genitori dei JRPG: come vivete questa posizione?
L'idea di aver contribuito alla nascita del genere suscita sempre un mix di orgoglio ma anche un senso di resposanbilità. Come dicevo ero grande fan di serie come Ys e The Legend of Heroes, una passione che inizialmente mi creò enorme ansia ma che con il tempo ho trasformato in un amore viscerale per quello che facciamo, per i giochi che realizziamo.
Quali sono secondo te gli elementi perfetti per una buona storia in un JRPG? E quali per un gameplay che funziona?
Penso che la cosa più importante, non solo per un JRPG, sia avere un concept molto chiaro in mente: quali elementi desideri che i tuoi giocatori apprezzino? Cosa farà distinguere la tua opera dalle altre? Se prendo come esempio la serie The Legend of Heroes, al tempo in cui fu immaginata la grafica iniziava ad assumere un ruolo fondamentale nell'economia dell'esperienza videoludica. Noi però non avevamo le risorse necessarie per combattere su quel fronte, quindi decidemmo di puntare tutto sulla storia. Dal mio punto di vista non c'è bisogno di un esercito di scrittori per scrivere una trama avvincente, ne basta uno capace di sedersi e idearne una molto buona. Fu un'ottima intuizione.
Quali sono i valori che vi distinguono come azienda?
In Giappone è abbastanza comune per un'azienda avere un motto, un sorta di linea guida; le scrivono anche sui loro siti internet. Quando mi unii a Falcom andai dal fondatore, Masayuki Kato, e gli chiesi "qual è il nostro motto?" lui mi rispose imbarazzato che non ne avevamo uno. Allo stesso tempo, quello che posso dire è che da noi lavorano persone con un solo obiettivo, ovvero fare giochi di qualità: è un mestiere complesso, che non sempre regala delle soddisfazioni, ma che ci ha insegnato a perseverare e continuare ad andare avanti nelle difficoltà. Penso sia un concetto molto semplice ma è quello su cui fondiamo il nostro lavoro quotidiano.
Nel tempo altre compagnie che fanno JRPG sono diventate più grandi: rimpiangete di non aver seguito il loro percorso oppure una dimensione più contenuta è quella in cui vi trovate meglio?
Per essere del tutto onesti la risposta è sì, di tanto in tanto proviamo un po' di gelosia per le aziende di maggior successo. Però l'idea di creare un team più piccolo è sempre stato nel nostro DNA: Masayuki Kato stesso mi disse che non aveva voglia né interesse nel gestire un numero eccessivo di persone, voleva concentrarsi unicamente sull'idea di sviluppare dei videogiochi. Quando ti ingrandisci molto, devi per forza delegare parecchio e rischi di perdere il focus iniziale. Inoltre la nostra dimensione ci ha permesso di mantenere un ambiente più familiare e, per chi ci lavora, questo penso sia un grande valore aggiunto. A dire il vero, i momenti in cui più rimpiango di non far parte di un team di dimensioni maggiori è quando mandiamo in approvazione i giochi alle prime parti: con noi impiegano molto più tempo che con altri.
Portate avanti un certo numero di serie che vi hanno resi popolari e riconoscibili. In futuro però ci sono anche altre idee e setting che vorreste prendere in considerazione per i vostri giochi?
Già con Ys IX stiamo provando qualcosa di nuovo. Il setting di base è quello della serie ma ci siamo ispirati ai giochi open world per proporre qualcosa di nuovo. Per il resto è difficile parlare di cose che non abbiamo annunciato; a me piacerebbe molto creare qualcosa che strizzi l'occhio all'universo Marvel, nel senso di realizzare un universo con personaggi iconici caratterizzati da diversi poteri. Sarebbe molto interessante.
Ys IX è già stato rilasciato in Giappone ma non ancora dalle nostre parti: cosa si possono aspettare gli utenti?
Di sicuro Ys è la serie che meglio si presta ai gusti occidentali. L'aspetto più interessante penso che sia legato al fatto che è interamente ambientato all'interno di una città. Di solito nei JRPG si va nelle città solo per comprare gli oggetti e parlare con i personaggi non giocanti, mentre in questo caso sarà il fulcro dell'intera esperienza. La città è una sorta di prigione: all'inizio non si potrà visitare nella sua interezza ma piano piano si aprirà all'utente, fino a diventare enorme. Ci sarà grande libertà di movimento ma anche d'azione, penso davvero che sia un capitolo adatto a tutti, non solo agli utenti giapponesi. Si tratta anche di un gioco più 'dark' che in passato.
Che obiettivi hai per i prossimi 5 o 10 anni?
Non è semplicissimo dare una risposta. Ipotizzare il futuro dell'industria è un compito complesso ma per noi l'obiettivo è sempre lo stesso: fare i giochi che ci piacciono, mantenendo alto il livello qualitativo e senza alterare il nostro DNA.